lunedì 31 luglio 2017

Il riscatto

Il Solleone è, solitamente, il periodo più indicato per dire cazzate e una più, una meno, in particolare a futuri fini elettorali, per accalappiare cioè il consenso di una fetta di giovani elettori neolaureati, disoccupati o poco occupati, comunque senza posto fisso e prospettive pensionistiche orripilanti, un boccaperta governativo ha buttato l'amo in un lago pieno di internauti che abboccano facile facile. E sia concesso loro sperare in bene, smettiamola con l'invidia sociale tra mortidefame: vi abbuoneranno gli anni di università? E pigliateli e metteteli in saccoccia.

Per celia, una dozzina d'anni fa, feci anch'io domanda all'Inps per il riscatto della laurea, ma ancora è - ho verificato oggi - una domanda in fase di lavorazione (così come quella per la ricongiunzione dei contributi, domande entrambe fatte nel dicembre 2005 e ancora, ripeto, in fase di lavorazione).

Qualche mese fa chiamai il call center e una operatrice che rispondeva dall'Italia (ci tengono a dirlo che rispondono dall'Italia, spero per loro dalle isole Formiche), mi disse, appunto, che la mia domanda era in fase di lavorazione e che l'esito mi sarebbe stato comunicato via raccomandata, con scritto l'importo del riscatto e le modalità di addebito, e che avrei avuto tempo un mese per non accettare, altrimenti sarebbe valso il silenzio assenso con conseguente prelievo sullo stipendio.

A me queste faccende burocratiche mettono ansia, anche perché una raccomandata può arrivare senza farci caso (senza che firmi io, per intenderci) sicché oggi richiamo l'Inps e un'altra, più simpatica, operatrice, che rispondeva anch'essa dall'Italia, si è informata presso l'ufficio competente e mi ha risposto che non mi devo preoccupare, che non c'è il silenzio assenso e l'addebito sullo stipendio, e che basta non pagare il primo bollettino affinché tutto decada.

«Mi scusi, potrei tuttavia sapere, in linea di massima, a quanto ammonta l'importo del riscatto?», le ho chiesto.
«Un vero e proprio riscatto, credo», risponde divertita l'operatrice, pur non dicendomi una cifra ma indicandomi che nel sito dell'Inps c'è la possibilità di calcolarlo approssimativamente.

Così ho fatto, indicando come parametro soltanto gli anni del mio corso di laurea (4).


20.624,13 euro sulla base del reddito minimale degli artigiani e dei commercianti.
Ma dato che il mio reddito, anch'esso minimale, è leggermente più alto, ho rifatto il calcolo ottenendo che, per riscattare la laurea, dovrei esborsare circa 27 mila euro.

Embè: spero che la mia domanda resti in fase di lavorazione permanente.


Quando i coglioni fanno oh

Benché negli ultimi anni - facciamo pure: dall'ultima legislatura - quelli de il Giornale mi stanno meno sul cazzo di quelli di la Repubblica, ieri sera, cercando qualcosa che facesse il paio con l'idiozia di un cantante che faceva oh, ho trovato questa roba, che pubblico ora, come memento:



In effetti, da tempo avevo il sospetto che controllori e agenti fossero una categoria a parte rispetto alla cittadinanza, così come i sacerdoti, i maniscalchi, gli arrotini e i pizzicagnoli.
Il punto è che noialtri cittadini sempre buoni ultimi anche come vittime, cribbio.

____________

Notarella, a scanso di equivoci: perché le cose accadono e hanno uno svolgimento che, giocoforza, sfocerà in un patatrac, rimando al post odierno di Olympe de Gouges.

Di mio aggiungo due cose: non sono boldriniano. Non penso cioè che i migranti siano la punta di lancia della rivoluzione, anzi: piuttosto del casino e del rompimento di coglioni, soprattutto quelli che poi, nello spaesamento generale, vanno a ingrossare le file della micro e macro criminalità. Ma neanche penso che sia possibile "aiutarli a casa loro". Come può l'Occidente - o meglio: il sistema economico e produttivo capitalista - responsabile di aver raso al suolo le forme elementari di sussistenza in loco, trasformando ogni individuo da produttore immediato a soggetto in cerca di lavoro e di salario, creare le condizioni di un'economia florida di stampo fordista in Africa? L'Africa, quello che ha da produrre (prodotti minerari e agricoli) lo produce già, tramite qualche company che, con pochi scherani, controlla un certo quantitativo di schiavi e al resto calci in culo e avanti su a cercar fortuna in Europa.

domenica 30 luglio 2017

Generazione di sconvolti


Quando, nel '78, rapirono Aldo Moro io e miei amici non osavamo più andare per boschi per tema di imbatterci in un rifugio delle Brigate Rosse. 
Mentre quando rapirono Cirillo, nei boschi ci andavamo eccome: a fumare hashish.

Un amore percepito

Sopra un certo limite, la città assorbe così tanto caldo che, al posto della percezione, subentra la visione. È impossibile, infatti, che tu, con un vestito senza spalline color vinaccia, camminassi sullo stretto marciapiede delimitato dalla rete metallica che protegge i lavori in corso, fermi, della futura tranvia, impossibile: eppure, anche se difficilmente lo eri, vedendoti, ho immaginato che fossi lì, per freddarmi, con la tua pistola ad acqua, alla quale aggiungevi sempre un decilitro di saliva, per colpirmi col tuo dna impoverito, che mi restava addosso a lungo, meglio di un deodorante, sino alla prossima doccia, che avrei fatto a Pasqua, per purgarmi dai peccati, che erano tanti, soprattutto in potenza, perché nel passaggio dalla potenza all'atto i miei peccati sono risultati sempre un fallimento.

Vederti, immaginarti in quel deserto di alberi e di persone, è stata una lenta e dolorosa rielaborazione del lutto, del tuo morirmi addosso senza poterti fare un funerale per bene, almeno sarei venuto a trovarti al cimitero, nella calma desolata di cipressi assetatati che si vedono passare accanto infrequenti annaffiatoi destinati, ahiloro, a rari fiori vivi che decorano le lapidi, le più seppellite, appunto, da amori di plastica.

Rapidamente, lo specchietto retrovisore ha rimpicciolito la tua figura, praticamente un puntino sui tacchi di sughero e colla, che il clacson di una macchina precipitosa ha fatto scomparire in una nuvoletta di vapore. Ci ho scritto dentro: vedi se ti riconosci e se almeno, per una volta, anziché sorridermi, compassionevole, mi mandi a fare in.

sabato 29 luglio 2017

A una poetessa

Non andare leggendo ad alta voce
i tuoi versi tra gli alberi, altrimenti
la quercia, il faggio, la betulla, il noce,
si trasformano in salici piangenti.

Luciano Folgore, (1888-1966)

_________________
Da Poesie satirica nell'Italia d'oggi, a cura di Cesare Vivaldi, Guanda, Parma, 1964

venerdì 28 luglio 2017

Senza limiti

[Passavo di qua, è notte, ho visto bianco e, come un piccione in volo (data l'ora, sarebbe meglio dire un pipistrello) libero fino a un certo punto (come i piccioni e i pipistrelli, ho anch'io le mie necessità), provo a sporcare il bianco sottostante, non di inchiostro, la sua parvenza, la mia impronta digitale.]

***
E così Jeff Bezos ha superato Bill Gates come uomo più ricco del mondo. Tutti gli anni fanno questa gara, chissà perché la fanno ma soprattutto: i media ne sono compiaciuti, ammirati, tutti a portare un cero al santino vincitore.
«Tutto nella vita, John, è questione di fissare un limite, e bisogna decidere da soli dove fissarlo. Non lo si può fissare per gli altri. Si può provare, naturalmente, ma non funziona. Obbedire a regole stabilite da altri non equivale a rispettare la vita. E se si vuole rispettare la vita, bisogna fissare un limite.» John Berger, Qui, dove ci incontriamo, Bollati Boringhieri, Torino 2015
Dunque i vincitori, o meglio: non personalizziamo troppo le maschere di carattere, avremmo potuto essere anche noi come loro, da nostri garage, coi nostri cacciavite a stella, diventare capi d'impero, se solo avessimo girato per il verso giusto quel cacciavite, anziché usarlo per quello che doveva servire... Dicevo: i vincitori non si sono fissati un limite, perché il sistema economico e produttivo nel quale operano, limiti non si dà, se non quelli che incontra, inevitabilmente, nel cammino verso la desertificazione o la sommersione del pianeta. Ma non la facciamo troppo lunga...

***
Mai che facciano una gara inversa, quella a chi è più povero del mondo: troppi vincitori a pari merito?

giovedì 27 luglio 2017

La palla delle generazioni

C'è uno «scritto» di Christian Raimo pubblicato dar sito Minima Moralia che ho provato a leggere fino a un certo punto, saltellando tra i capoversi, nei tempi di recupero tra un esercizio e l'altro, in palestra, così non vedevo l'ora di tornare a faticar per interrompere la fatica della lettura, appunto.

Sarà perché sono un provinciale poco ammanicato senza pretese e quindi esente (almeno credo) dal tipico atteggiamento risentito di chi vede qualcuno che occupa una posizione di prestigio immeritata: per me tutti meritano, anche quel mio compagno di corsi universitario che a forza di portare la ventiquattr'ore e porgere l'ombrello in caso di pioggia al prof ordinario, insisti insisti, ce l'ha fatta a ottenere un posto fisso come ricercatore di chissà che tipo di ricerca filosofica.

Quindi, lo dico in virtù del mio aplomb e del mia marginalità: con questa razza odierna di intellettuali che occupano i posti di nicchia (nicchia nicchia ponza ponza) dell'informazione, niente, non si fa una sega nulla, non si segano tralicci della luce, non si lanciano sampietrini in testa alla testedicazzo a prescindere, non si scortecciano gli alberi genealogici della classe dominante, si perpetua il dominio attuale e si fanno discorsi che mamma mia dire del cazzo sarebbe un complimento.

Eppure Raimo dice anche cose che, isolate e sintetizzate meglio (non lo farò io, ecché, c'ho scritto jocondor?), potrebbero risultare interessanti come piattaforma programmatica per buttarsi sotto, quando sotto non c'è una piscina o il mare, ma l'asfalto.

Stringo, che già abissalmente lungo e tedioso è lui. Riprendo giusto due passaggi, quelli che più mi hanno sdraiato in terra come un lottatore di sumo: il primo, quando egli racconta di aver intervistato una precaria cognitiva che rimediava circa settecento euro al mese, dalle quali sottraeva duecento per l'affitto condiviso con altre quattro donne a Tor Pignattara e, inoltre, trecento euro per «fare analisi».
«Ne aveva assoluto bisogno perché si sentiva piuttosto depressa [...] Alla fine di quella lunghissima intervista, che si era tramutata in un botta e risposta sulle condizioni materiali e morali di vita negli anni Zero italiani, me ne andai a casa triste. Dovevo ammettere che la mia situazione non era troppo differente dalla sua; eppure, oltre questa sorta di empatia e di ri- specchiamento, non era scattato nessun senso di identità condivisa, nessun grumo di coscienza di classe, come si sarebbe potuto dire.»
Ora, sarò superficiale e quindi poco intellettuale, tuttavia, se mi posso permettere, se volevi veramente far scattare un "senso di identità condivisa", o anche un "grumo di coscienza classe", dovevi invitarla a cena, cazzo, magari spendendo i soldi avuti per l'intervista che ti avevano commissionato.

Infine, secondo passaggio:
«C’è un episodio spesso ricordato da uno scrittore, Giorgio Vasta. Era la primavera del 2011 e la casa editrice Laterza ospitò un incontro che coinvolgeva quelli che in una lettera aperta sul Sole 24 Ore erano stati chiamati tq, intellettuali vari trenta-quarantenni. A un certo punto qualcuno, forse Vanni Santoni, forse Nicola Lagioia, per dare forza retorica al suo intervento, tirò fuori, quasi come sberleffo, un dispenser con del- le pilloline, dicendo una cosa del tipo: "Io sto così, mi capite!". Fu un attimo, che una alla volta, dieci, venti persone presero dalle loro borse, dalle loro tasche, i loro dispenser, le scatoline, le confezioni, le bottigliette di sonniferi, Xanax, melatonina, Tranquirit, Rescue e fiori di Bach vari. Si trattò di un momento di grande riconoscimento, a conti fatti l’atto fondativo di quel movimento di lavoratori della conoscenza che si sarebbe chiamato tq appunto.»
Sarò stronzo, tuttavia io, al sopra descritto mainstream culturale, preferisco (al momento preferivo, finché non tornerà in pista) di gran lunga gli affacci e le mosse estetizzanti di Lapo Elkann campione di razza che non si nasconde nei bunker della discrezione empirea (come fa il fratello o altri figliocci beneducati di papà). Almeno lui è divertente e rivela la superficie, la crosta esotica delle miniere inesplorate del capitale.

Conosci tu il paese

Conosci tu il paese dei floridi aranceti
che ha su cento abitanti settanta analfabeti?

Il paese poetico, dall'aure profumate
che riceve le rondini a suon di fucilate?
Il paese del sole, il paese dei sogni,
dove il popol beato fa in piazza i suoi bisogni?
Dove assessor di pubblica igiene e uffizïali
di pubblica nettezza sono i polli e i maiali?
Dove sotto lo sguardo di mille indifferenti
sono esposte le bestie a' più crudi tormenti?

Mario Rapisardi, Epigrammi, 1888 (?)

mercoledì 26 luglio 2017

Guardare e non toccare

Stupirsi e indignarsi che Macron, riguardo alla Libia, si sia mosso in solitaria (dopo il placet americano) mi sembra davvero fuori luogo: accontentarsi di essere comprimario, per il governo italiano, è già qualcosa e quindi «guardiamo con speranza agli sviluppi di Parigi» giusto per ricordare che, presanculo per presanculo, almeno non ce lo mettano di traverso, gli alleati francesi, anche per mantenere belli aperti i sorrisi al prossimo bilaterale Italia-Francia o Francia-Italia dipende dove sarà giocata in casa la prossima riunione per scambiarsi i gagliardetti.

Ma io non voglio dar colpa a Gentiloni o a chi l'ha preceduto e neanche a Berlusconi che un tempo ebbe l'ardire di accogliere in pompa magna al G8 di L'Aquila il compianto colonnello:


Voglio dare la colpa a tutti i responsabili di governo e parlamento che non hanno saputo, almeno in un caso come quello libico dell'ultimo decennio, offrire all'Italia una politica che sapesse salvaguardare al meglio gli interessi strategici della nazione, né più né meno di quanto facciano le altre nazioni alleate sulla carta, ma nei fatti concorrenti sul piano della contesa geopolitica ed economica internazionale. 
Esempio esagerato: perché l'Italia, che aveva tutto l'interesse, non ha tentato di difendere un alleato come Gheddafi, anche la decima parte di quanto (ecco l'esagerazione) Putin ha difeso (sta difendendo) Assad? Macché: oltre a fornire basi e impianti, l'aviazione italiana partecipò attivamente alle operazioni di attacco contro il regime libico:
«I Tornado ECR italiani sorvolarono nuovamente, con esito finale positivo, lo spazio aereo libico facendo da deterrente contro i radar di Gheddafi, pronti a colpirli se fossero entrati in funzione» via.
E questo accadde sapendo benissimo che da tutto ciò sarebbe derivato il caos e la presanculo (un etto d'acciughe, all right).


Incomprensioni 6

Umberto ci fece sedere sul divano, a me e Alessandro, certamente più disinvolti nell'entrare in casa di un ragazzo più grande di noi, come se quattro parole, due rassicurazioni e lo scudetto della Salernitana scambiati il giorno precedente, fossero stati sufficienti a infonderci una maggiore fiducia nei suoi confronti. Quella volta, per praticità, avevamo portato con noi gli album dei Calciatori, così potevamo subito attaccare le figurine che mancavano. Dopo averne trovate e attaccate una dozzina, Umberto – che ci aveva lasciati liberi di frugare nella collezione di doppioni da soli perché, disse, aveva da fare una telefonata – ritornò per chiederci se andava tutto bene e se, quando finito, avessimo voluto dare un'occhiata a questi. «Sono anch'essi doppioni», ci avvisò, «infatti, ogni tanto insieme alla copia mensile, vengono allegate ristampe di numeri precedenti, probabilmente con l'intento di convogliare nuovo pubblico per incrementare le vendite. Se volete, quindi, potete portarne a casa qualche numero».
«No, no» risposi, anche troppo rapidamente, per non lasciare intendere che, in verità, li avremmo presi volentieri quei giornali.
Oltre che ai fumetti erotici, che sfogliammo avidamente, ci soffermammo con particolare attenzione su una sorta di fotoromanzo, tipo quelli che mi capitava di vedere su Grand Hotel della zia, ma in versione porno: Supersex.
A interessarci in questo caso, come per i fumetti, oltre alla visione dei genitali nudi e dei vari tipi di coito praticati, erano le nuvolette di dialogo che animavano la storia, alcune talmente memorabili che lasciavano impronte notevoli nelle nostre imberbi tavolette di cera. Esempio: scena, un ring. Protagonisti: un uomo e una donna nudi, coi guantoni, mimano un combattimento che, di lì a poco, si trasformerà in un amplesso. A un certo punto, l'uomo, a terra, stremato, mormora: «Col tuo quintale di zinne e il tuo metro cubo di sorca non sono ancora suonato». Noi, invece, sì.

lunedì 24 luglio 2017

Le Borse piene


Articolo interessante, che però elude la questione principale: perché siamo arrivati a un punto in cui le Borse planetarie valgono più del Pil terracqueo? Proviamo a rispondere:

perché il capitale ha un unico scopo: fare più soldi dai soldi. E fare soldi con il ciclo produttivo classico (investimento, produzione, estrazione di plusvalore dal pluslavoro, commercializzazione e vendita) è sempre meno redditizio, per le contraddizioni strutturali del sistema capitalistico (tutte spiegate e riassunte dalla Legge marxiana sulla caduta tendenziale del saggio di profitto). 
Per ovviare a tale tendenza regressiva, il Capitale, sin dai suoi esordi, reagisce alla mancata valorizzazione sul terreno concreto della produzione, dirigendosi nelle alte sfere dell'astrazione, ossia in quello che Marx, già nel 1857, appellò con il nome di Capitale fittizio.

«l'enorme espansione del capitale fittizio ha fatto svanire anche l'ultima traccia di qualsiasi rapporto con l'effettivo processo di valorizzazione del capitale (produzione) e consolidato l'idea assolutamente falsa che rappresenta il capitale come automa che si valorizza per se stesso. Il livello patologico di questo squilibrio, i rapporti finanziari truffaldini che nulla hanno a che fare con i reali bisogni sociali, è tale che il sistema è assolutamente fuori controllo e nessun contenitore legale riuscirà, semmai, a contenere con qualche efficacia la proliferazione di questo genere di attività speculative. Il sistema sta scavando la fossa per sotterrarci tutti sotto una valanga di bugie e d’illusioni.»
È, infatti, un'idea assolutamente falsa quella che il capitale possa valorizzare se stesso all'infinito, giacché i miliardi di miliardi creati con i vari trucchetti finanziari, quantitative easing compreso, non corrispondono affatto a  una reale creazione di valore, ma sono soltanto promesse di valore futuro, sono la credenza sconsiderata che un domani il sistema economico vigente, stati compresi, possa ritrovare lo stesso slancio fordista sperimentato nel Novecento: con due guerre mondiali nel mezzo.

sabato 22 luglio 2017

Un uomo, come te

Mattina. Appena uscito dal macellaio (fetta di groppa alta per farci una tagliata), m'incammino sotto i portici del natio borgo urbano quando, da dietro una colonna, spunta un venditore ambulante, di colore, barba lunga, bianca (un po' alla Morgan Freeman, anche se certamente meno curata: segno, forse, ch'egli non è dell'ultima ondata migratoria), vestito di jeans compreso il giubbotto (con ’sto caldo), che mi si para davanti con espressione frammista di tristezza e disperazione:

- Buongiorno. 
- [... buongiorno...]
- Compra tu me qualcosa, per favore.
- [... e cosa compro? Non mi serve niente...]
- Per favore, compra. Anch'io sono un uomo, come te.
- [... sono un uomo?..]
- Gente mi guarda come non fossi uomo, io.
- [... non sei un uomo?..]
- Prendi qualcosa: accendini? Calzini? 
- [... fantasmini...]
- Guarda questi, come sono belli, con stelle.
- [... «He told me»...]
- Cinque euro, sì, cinque euro.
- [... il resto della groppa...]
- Grazie, amico, grazie.
- [...al...]

venerdì 21 luglio 2017

Presentare semestrali

*

I chiari di luna riflettono sulla terra i loro bianchi raggi e le ombre nere della notte si allungano a dismisura. Taluni affilano i coltelli con Aspekt. Talaltri, calmi, si addormentano davanti alla Grande Storia (nazisti fanno sempre audience) proprio nell'attimo in cui sono trasmesse immagini di persone uccise per impiccagione o fucilati. I russi entrarono ad Auschwitz e trovano, tra altre cose, balle ricolme di capelli, tonnellate di capelli. È più sottile un capello o un foglio da cinquanta euro? Tira più un ‘ad’ o mille Panda rosse con la scala sopra, attrezzate per ovviare ai guasti tecnici?

Poniamo 25 milioni: a quanti individui con un Cud da 25 mila corrispondono? Mille.

Garibaldi: il ceffo di cui sopra non dovrebbe essere bisnipote di Carlo, sicché l'impresa s'ha da fare.

giovedì 20 luglio 2017

Angelus Novus

Luisella camminava con aria inflessibile; gli occhi, puntati come fendinebbia, illuminavano i piedi e i polpacci delle persone che la precedevano. Dietro sentiva, distante, un respiro affannoso seguirla, di qualcuno che cercava di non farsi accorgere, appunto, che la stava seguendo. Seguendo per cosa? Per il vestito attillato che modellava il suo corpo perfetto da ogni punto di vista? [Ognuno scelga e immagini il suo punto di vista]. Lo sapeva perfettamente che avrebbe dato nell'occhio con quel vestito. «L'importante è non dare alla mano», si era detta, persuadendosi che un po' di sguardi addosso avrebbero confortato la sua autostima. Ne aveva bisogno. La sera precedente Massimiliano le aveva detto che non avrebbe fatto in tempo a tornare per quel fine settimana e che, dunque, la due giorni alle Terme Benessere sarebbe saltata. Fosse stato per lavoro, avrebbe capito e accettato. Invece lo sapeva che lui le avrebbe preferito la mamma. Già, la mamma: la chiamava così, lei, anche se non lo era, perché tecnicamente era la matrigna, colei che aveva risposato il padre, rimasto vedovo da poco tempo e neanche dopo un anno riaccompagnato a questa, «L'ha fatto per i soldi, lo sai benissimo», gli aveva sempre detto e non era la sola a dirlo e a pensarlo, ma tutto l'entourage di mogli e fidanzate dei fratelli Tamarroni.

Arrivata a destinazione in anticipo, Luisella decise di aspettare l'ora esatta prima di entrare dall'estetista, concedendosi qualche minuto di vetrine. D'improvviso, mentre stava per varcare la soglia della speranza in un negozio di polacchine marchigiane, un signore - «Sicuramente lo stesso che mi stava seguendo», ebbe subitanea l'impressione - con un tesserino affisso alla polo verderame e taccuino e penna in mano, presentandosi come giornalista di cronaca del locale quotidiano, si rivolse a lei in questi termini:
«Mi scusi signora, sarebbe così gentile da lasciare una dichiarazione in merito ai saldi stagionali?»
Luisella, aggiustandosi con nonchalance il top che rischiava di scendere oltre misura, rispose:
«Non ho niente da dire, soltanto da mostrare [W. Benjamin]. E se tocca, meno».

Non abbiamo granché

«È evidente che ci si può sempre mettere davanti a un foglio di carta e cercare di dire quello che si ha nella testa. Ora, in generale, nella testa non abbiamo granché. Abbiamo buoni sentimenti, idee generose, impressioni intelligenti, inizi di frase e tutte queste cose non servono a niente. Ci vuole qualcosa, una specie di modello letterario, qualcosa che vi permetta di procedere in maniera un po’ più sicura. […] Cioè, insomma, non esiste una scrittura naturale, non esiste l’ispirazione, non c’è niente che mi aiuti, che si trovi al di sopra della mia testa e mi aiuti a produrre del linguaggio. La scrittura è un atto culturale e unicamente culturale. Esiste soltanto una ricerca sul potere del linguaggio.» Georges Perec, 1967
In questi quasi dieci anni di scrittura bloggheristica c'è una cosa che ho imparato a non aspettare: l'ispirazione. È un buttarsi quotidiano, il mio, senza metodo, ma con disciplina di cui ancora mi stupisco. Produco un linguaggio? Linguacce. Faccio ricerca sul potere del linguaggio? Fregnacce. Ma alla fine del salmo, vado a letto più tranquillo.
______________
Antonella Bavetta ci regala una splendida descrizione de La Vie mode d'emploi, di Georges Perec. 

martedì 18 luglio 2017

Sommessa notte

Blue, Green, and Brown (1952) by Mark Rothko
Mark Rothko, Blue, Green, and Brown, 1952

Sommessa notte che sciogli i riflessi della luna
come un cucchiaio di zucchero nel caffè:
fa' che di mille sogni uno passi per la cruna
della mente a ricomporre le tessere in segno

di colui che un tempo - chissà perché -
credette che la felicità fosse opportuno
viverla in altro momento, senza pensare che
essere felici è insieme necessità e fortuna

da vivere per intero fin sull'orlo all'abisso
in lieta compagnia o soli come un bambino
che torna a casa e si guarda a lungo, fisso

nello specchio che gli rivela se è destino
consumare se stessi come un lumino
di cera si consuma davanti a un crocifisso.


Per quest'anno non cambiare





Una mattina mi son svegliato e ho trovato l'invasor¹.

_________
¹ Da un punto di vista del trituramento testicolare, l'invaditrice è sicuramente quella di destra, che per quanto io faccia resistenza per non sapere chi cazzo ella sia, alla fine mi toccherà saperlo, e vaffanculo a tutti coloro che me la vogliono suppostare in mente a forza.

domenica 16 luglio 2017

Incomprensioni 5

Nonostante i capelli allungati e l’aria da fricchettone, Umberto ancora collezionava, tra altre cose, figurine Panini. Le altre cose erano giornaletti erotici e porno che trovammo in bella vista sugli scaffali della sua cameretta.
Umberto viveva da solo con suo padre – direttore delle locali Poste – da alcuni anni. Quand’era ancora alle medie, infatti, sua madre aveva lasciato lui e il marito, per tornare in Austria (dov’era nata) e andare a vivere con “quello” che era stato il primo amore e dal quale aspettava una bambina (la sorella di Umberto: di costei parleremo – forse – in una prossima occasione, tanto per allungare il brodo di un racconto che mi sta sfuggendo di mano, se qualcuno lo trova in terra, per favore, lo raccolga).

Insomma, vivendo da solo con il padre, Umberto si permetteva di collezionare e tenere in bella vista giornaletti erotici senza farsi troppi scrupoli. Chiaramente, a me e Alessandro, gli occhi caddero proprio lì; ma non tanto sulle riviste porno fotografiche, no: ciò che più ci colpì, furono i fumetti. Umberto se ne accorse subito che li guardavamo, ma non disse niente. Si limitò ad aprire un cassetto, incredibilmente pieno di figurine. «I miei doppioni», disse, sorridendo. «Guardate pure se trovate ciò che vi manca. Ma intanto, datemi i vostri, che controllo». Così facemmo e, in poco tempo, ne trovammo almeno una decina. «Bene, ragazzi: adesso dovete andare. Tra poco torna mio padre, e devo far finta di studiare. Voi tornate domani, se volete. Magari un po’ prima: che ne dite verso le quattro?»

Umberto era un bel ragazzo, occhi verdi, e mia sorella maggiore ne era innamorata. Mia madre lo sapeva, e approvava, addirittura cercando di combinare il fidanzamento. Infatti, una volta si permise sfacciatamente e senza dire niente a suo marito (mio padre), di invitare Umberto e il suo papà in occasione della festa del patrono. Ricordo ancora la faccia che fece mio babbo quando – a cose fatte – lo seppe. Dopo aver tirato quattro o cinque madonne secche, dichiarò a voce alta, con le finestre aperte, nella speranza che il padre di Umberto lo sentisse (abitavano tre piani sotto di noi), che a lui i democristiani stavano tutti sul cazzo, a prescindere, e che non gli importava una sega nulla di festeggiare il patrono, protettore di chissà cosa cazzo che. Ma nonostante la sfuriata, il pranzo con gli ospiti ebbe luogo. Umberto neanche una volta rivolse parola a mia sorella, che non gli levò un attimo gli occhi di dosso. Il padre parlò in pratica sempre con mia madre, del più e del meno e delle attività della parrocchia. Mio padre, invece, restò tutto il tempo taciturno ad aspettare il dolce e poi il caffè e che si levassero dai coglioni che c’era la formula uno.

L’indomani, alle quattro, io e Alessandro ci presentammo da Umberto con nuovi doppioni.

Il lascito perduto de la Repubblica

Languidezze bloggeristiche, sfinimenti, mancate ispirazioni: oh dio degli elzeviri domenicali, aiuta tu un indefesso redattore di facezie a ritrovare lo spirito per redarle, appunto, senza farsi vincere dal tedio, dal vuoto pneumatico che estenua la concentrazione, come adesso, appunto, che son qui a pensare come chiudere questo giro di frase e, zac! - mi si chiude un occhio, mentre l'altro è catturato dallo svolazzo di una rondine disturbato dal grecale che rinfresca, benvenuto, il circondario. Ecco l'ho chiusa, l'invocazione, senza neanche specificare una richiesta al dio suddetto.
Ma Pietro Citati è sempre vivo? E Ceronetti come sta? E oggi il mendicante dello Spirito Santo con la barba bianca e l'animo nero, che vuole un posto assiso in Paradiso pur professandosi ancora non credente per finta coerenza (non fu lui che disse che, appunto, «la coerenza è la virtù degli imbecilli»?), l'ha scritto il suo insulso editoriale?

Sì.

Un grande plauso al redattore che ha compilato titolo e sommario: fossi un agente letterario lo metterei subito sotto contratto, giacché uno che riesce a riassumere quanto Scalfari scrive, ha nelle corde sicuramente un capolavoro letterario.

«La vecchiaia è una fase della vita culturale europea e poi anche americana, che non si chiude di botto».

Già. Non tutti sono all'altezza di Mario Monicelli.

E comunque Nietzsche a un certo punto cominciò ad abbracciare i cavalli. 

venerdì 14 luglio 2017

Almeno sul breve

Veloce, ché stasera ho da fare altro che stare a ragionare troppo intorno a un post di Giglioli, dal quale estraggo queste due frasi interessanti:
«Questo mi chiedo e non ho molte risposte tranne che sì, le persone contano, almeno sul breve della politica. E noi in Italia non siamo stati molto fortunati nell'esprimere queste persone».
Per quel che vale questo giochino, che è un giochino in fondo del cerca trova, ossia: trova i responsabili del disastro politico degli ultimi... aspetta, no, non andiamo troppo indietro, restiamo sugli ultimi sette-otto anni... ebbene, le persone che politicamente hanno contato sul breve, e che sono lungamente da criticare, avversare, affanculare, io direi - e non mi si taccia di berlusconesimo che vecchi post muffiti dimostrano quanto lo abbia avuto a culo il nostro caro amato presidentissimo di Arcore - da Monti in poi, prendiamo - prima di Renzi - Bersani e tutto l'entourage a guida piddìna d'allora: un disastro politico inaudito: non ne hanno azzeccata una: con la scusa dello spread sono stati complici di una delle leggi più antisociali della storia repubblicana, ovverosia, la Legge Fornero: e ne sono andati persino orgogliosi perché «altrimenti l'Italia sarebbe andata in bancarotta». Bravi, nel senso manzoniano. Invece di andare a votare subito, aspettare il 2013 e vincere per un pelo: sufficiente per prendere l'assurdo premio di maggioranza alla Camera, grazie al Porcellum: e poi andare in cerca di alleanze al Senato: anche qui: bum! Bersani e tutta la segreteria: un disastro assoluto. Ok, con l'imprevedibile successo del M5S (?) e la forza - e lo sberleffo - ottenuto, era difficile andarci d'accordo, ma: siamo sicuri? Fare due o tre cose soltanto insieme, necessarie (riforma legge elettorale, legge sul conflitto di interessi, qualcosina di sinistra a scelta) sarebbe stato possibile. E invece: Bersani si fece prendere per il culo dai pentastellati e poi dopo, aribum!, disastro per eleggere il nuovo presidente della repubblica, ossia: rieleggere Napolitano: ecco, fine: perché Napolitano è stato il padre politico di Renzi, hai voglia a dire il contrario. E quindi, sul breve: Napolitano, Bersani, Renzi: la fine della sinistra, la fine della storia politica breve del partito democratico.

P.S.
Noi italiani non è che non siamo stati molto fortunati, no: la fortuna c'entrerebbe se i politici fossero estratti a sorte. E quindi: 
Risultati immagini

giovedì 13 luglio 2017

Estraneo a se stessi


«Non solo le mie azioni che descrivo, ma me stesso, la mia essenza. Ritengo che sia necessario esser prudente nel giudicare di sé, e parimenti coscienzioso nel testimoniare, sia in male sia in bene, indifferentemente. Se mi sembrasse di essere buono e saggio o quasi, lo canterei a voce spiegata. Dire di sé meno di quel che si è, è stoltezza e non modestia. Valutarsi meno di quel che si vale, è vigliaccheria e pusillanimità, secondo Aristotele. Nessuna virtù si giova della falsità; e la verità non è mai materia di errore. Dire di sé più di quello che si è, non è sempre presunzione, spesso anche questo è stoltezza. Compiacersi oltre misura di ciò che si è, cadere in uno smodato amore di sé, è, secondo me, la sostanza di questo vizio. Il supremo rimedio per guarirne è fare tutto il contrario di quello che ordinano di fare costoro che, proibendo di parlare di sé, proibiscono di conseguenza ancora di più di pensare a sé. L’orgoglio risiede nel pensiero. La lingua non può avere che una parte molto lieve. Occuparsi di sé, sembra loro che sia compiacersi di sé; frequentare e praticare se stessi, amarsi troppo. Forse. Ma questo eccesso nasce solo in coloro che non si saggiano se non superficialmente; che vediamo attendere ai loro affari, che chiamano fantasticheria e ozio occuparsi di sé, e fare castelli in aria coltivarsi e costruirsi: ritenendosi un altro, estraneo a se stessi.»

Montaigne, Saggi, Libro II, Capitolo VI, edizione Adelphi.

mercoledì 12 luglio 2017

Addio Alitalia

Sarò sintetico e crudo come un carpaccio di baccalà: se avessi alte responsabilità di governo: insomma: se fossi il primo ministro Cattivoni (o Ignorantoni, o Zoticoni), io, senza tanti peli pubici sulla lingua, a quella mezza sega di Micron, alla sega intera della Merkel e al Granduca di Lussemburgo, direi: 
«Non volete aprire porti alle navi cariche di migranti? E teneteli chiusi. In cambio, però, dovrete aprire tutti gli aeroporti per prendere e non restituire tutta l'Alitalia: la flotta e il personale di volo e di terra (compresi i pensionati con struscio) e pure i vecchi capitani coraggiosi e i nuovi capitani gubitosi. E non se ne parli più».

La forma elementare

«La ricchezza delle società nelle quali predomina il modo di produzione capitalistico si presenta come una "immane raccolta di merci" e la merce singola si presenta come sua forma elementare. Perciò la nostra indagine comincia con l'analisi della merce.
La merce è in primo luogo un oggetto esterno, una cosa che mediante le sue qualità soddisfa bisogni umani di un qualsiasi tipo. La natura di questi bisogni, per esempio il fatto che essi provengano dallo stomaco o che provengano dalla fantasia, non cambia nulla. Qui non si tratta neppure del come la cosa soddisfi il bisogno umano; se immediatamente, come mezzo di sussistenza, cioè come oggetto di godimento o per via indiretta, come mezzo di produzione.
Ogni cosa utile, come il ferro, la carta, ecc., dev'essere considerata da un duplice punto di vista, secondo la qualità e secondo la quantità. Ognuna di tali cose è un complesso di molte qualità e quindi può essere utile da diversi lati. È opera della storia scoprire questi diversi lati e quindi i molteplici modi di usare delle cose. Così pure il ritrovamento di misure sociali per la quantità delle cose utili. La differenza nelle misure delle merci sorge in parte dalla differente natura degli oggetti da misurare, in parte da convenzioni.
L'utilità di una cosa ne fa un valore d'uso. Ma questa utilità non aleggia nell'aria. È un portato delle qualità del corpo della merce e non esiste senza di esso. Il corpo della merce stesso, come il ferro, il grano, un diamante, ecc., è quindi un valore d'uso, ossia un bene. Questo suo carattere non dipende dal fatto che l'appropriazione delle sue qualità utili costi all'uomo molto o poco lavoro. Quando si considerano i valori d'uso si presuppone che siano determinati quantitativamente, come una dozzina di orologi, un metro di tela di lino, una tonnellata di ferro, ecc. I valori d'uso delle merci forniscono il materiale di una loro particolare disciplina d'insegnamento, la merceologia. Il valore d'uso si realizza soltanto nell'uso, ossia nel consumo. I valori d'uso costituiscono il contenuto materiale della ricchezza, qualunque sia la forma sociale di questa. Nella forma di società che noi dobbiamo considerare i valori d'uso costituiscono insieme i depositari materiali del valore di scambio.
Il valore di scambio si presenta in un primo momento come il rapporto quantitativo, la proporzione nella quale valori d'uso d'un tipo sono scambiati con valori d'uso di altro tipo; tale rapporto cambia continuamente coi tempi e coi luoghi. Perciò si presenta come qualcosa di casuale e puramente relativo, e perciò un valore di scambio interno, immanente alla merce (valeur intrinsèque) si presenta come una contradictio in adjecto.»

Karl Marx, Il Capitale, I, 1 (i).

C'erano tante merci in vendita su PrimeDay: non ne ho acquistate punte. Di nessuna ho avuto voglia, necessità, urgenza, per farne che di questo e quello, epperò: vedi quante merci, quanta forza lavoro consumata per realizzarle. 
Tutte esprimevano il loro valore in forma di prezzo. Tutte avevano un prezzo più o meno scontato.
Quante merci saranno state vendute? Quante altre, invece, resteranno a raccogliere polvere sugli scaffali di magazzino? Merci merci merci: ognuna con il suo valore d'uso messa lì, in bella mostra, nello scaffale virtuale del negozio online.
Quasi tutte con le stellette e le recensioni dei clienti che ne descrivono qualità e difetti, tutte a dire: «Comprami, comprami, comprami: ti farò felice. O quantomeno: farai felice coloro che mi hanno prodotto e messo in vendita».
In principio è la merce e la merce è Dio, ossia la forma elementare, la base sulla quale si fonda l'organizzazione sociale (delle Nazioni dis-Unite) e il sistema economico e produttivo. 
Non ho mai capito bene se siamo noi a produrre e comprare merci o, viceversa, le merci a produrre comprare noi...
Fammi andare al mercato, va.
  

lunedì 10 luglio 2017

Indietro

«L'ho scritto io, questo libro [¹]. Può sembrare un'aggravante, forse lo è. Ecco perché ci ho messo così tanto. Lo ribadisco per sottolineare che non è un'operazione commerciale per far discutere la gente nella stagione delle prossime Feste dell'Unità»

anzi no: Feste dell'

[*]

____________
¹ Il titolo dell'ultima fatica letteraria di Matteo Renzi è Avanti. Perché l'Italia non si ferma, Feltrinelli, 2017.

So bene che per un politico usare l'indicativo è d'obbligo. E tuttavia, fossi stato un consulente editoriale della Feltrinelli, o - peggio - un membro dello staff renziano, avrei insistito affinché egli avesse scelto il congiuntivo perché è un tempo delle possibilità, e perché a volte - foss'anche soltanto a livello geologico - l'Italia è bene che stia ferma, eccome.

domenica 9 luglio 2017

Incomprensioni 4

Seguito di 1, 2 e 3

Eravamo ragazzini che ancora si divertivano con poco, data l'epoca in cui la microelettronica da intrattenimento consentiva, al massimo, i televisori Mivar a colori, oppure, per i videogame, ci toccava andare al bar per giocare con flipper, space invader o il pac man avente un joystick da carrello elevatore.
A volte, istigati da qualcuno più grandicello che faceva già le medie, ci imboscavamo per (tentare di) fumare le prime sigarette (e superare lo schifo in bocca che lasciavano, le Muratti in particolare, con il filtro a carbone, che ancora sputo). Per il resto, scuola a parte e compiti annessi, consumavamo le ore in piazza o al campetto per giocare a calcio, scambiarci le figurine e poco più.
Un pomeriggio di tardo autunno, dopo una partitella, io e Alessandro, che era, allo stesso tempo, amico e compagno di classe, ritornavamo a casa insieme perché abitavamo nello stesso palazzone di dodici piani situato in un quartiere periferico della città. Durante il percorso, fummo affiancati da un ragazzo, che più o meno aveva il doppio della nostra età, forse era all'ultimo anno di liceo, boh, non ha importanza, e che – più importante – anche lui abitava nello stesso nostro condominio. Una volta giunti davanti al portone d'ingresso, Umberto si rivolse a noi con aria seria e disse: «Eravate voi, ieri, lungo il fiume, a fumare, vero? Pensate un po' cosa direbbero i vostri genitori se lo sapessero».
A me e ad Alessandro si seccarono le gambe già secche. Timidamente, tentai una smentita che venne subito confutata dalla disperazione del mio amico che, implorando, rispose: «Per carità, Umberto, non dirlo. Mio padre mi riempirebbe di botte».
«No, no, non dirò niente, tranquilli. Anch'io non fumo in casa, nonostante i miei sappiano che fumi. Però alla vostra età, suvvia, siete troppo piccoli».
«Sì, sì, promettiamo che non lo faremo più», continuò Alessandro, quasi con le lacrime agli occhi».
«Bene, bravi. Piuttosto: potrei chiedervi un piacere. Potrei scambiare i doppioni delle figurine con voi?»
«Sì, certo».
Da bravi sventurati, io e Alessandro rispondemmo.

sabato 8 luglio 2017

Vedrò i tuoi occhi

Vedrò i tuoi occhi lucidi
dissipare ogni finzione
raccontarmi
quello che le parole
non contengono
perché nessuna è
capace di ripetere
ciò che resta intrappolato
nelle palpebre.

E stai: spalle
lievemente arcuate
a contenere imbarazzo e
a difesa dell’esistente
per non mettere in dubbio
la vita svolta finora
all’insegna del pesce d’oro:
caratteri minuti e ben impressi
a significare
che la vita è questa e non un’altra
e quindi i sogni
stiano riposti nel secondo
cassetto dell’armadio.

Ma pure i cambi di stagione e
la luce della luna –
insieme al vento che si leva
nelle ore di mezzo
in mezzo al niente
dando l’impressione netta
di percepire sotto i piedi
il movimento rotatorio
della Terra –
regalano ancora
sospensioni al quotidiano gioco
del fare che si disfa
e la cattura di attimi
che sfidano la dimenticanza
e danno tregua
alla malinconia.

E tu ci sei, ti vedi
di nuovo esistere là
anche se fuori sembra tutto fermo
nel caldo che imprigiona
i corpi nella finzione.

giovedì 6 luglio 2017

Il rumore di una bottiglia di plastica


[via]

Questa legge è una legge che andava fatta e meravigliommi che non c'era. 
Sebbene limitata nel suo campo d'azione (poteva essere più incisiva), è una legge che, in quanto legge - almeno sulla carta - dovrebbe soffocare sul nascere la tentazione autoritaria dei vari apparati e funzionari pubblici nei confronti delle persone che, a torto o a ragione, hanno a che fare con la Dike statale. Repetita: almeno sulla carta.

E sin qui.

Altra considerazione, a margine di quanto segue:

«L'articolo 613-bis c.p. punisce con la reclusione da 4 a 10 anni chiunque, con violenze o minacce gravi ovvero agendo con crudeltà cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza ovvero che si trovi in situazione di minorata difesa, se il fatto è commesso con più condotte ovvero comporta un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona. La pena sale da 5 a 12 anni se a commettere il reato è un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio.»

Orbene, dirò una cazzata, ma credo che alla luce dell'articolo sopra riportato, il 41bis (l'articolo che regolamenta il carcere duro per i mafiosi e i terroristi) debba essere completamente rivisto perché le misure specifiche adottate in tale regime carcerario sono tortura bella e buona (anzi: brutta e cattiva), giacché «chiunque» somministri tali misure (vi prego di leggerle) difficilmente lo potrà fare senza provocare sofferenza fisica e traumi psichici alla persona affidata alla sua custodia.

Non sostengo che bisogna essere teneri coi terroristi, i mafiosi e i criminali che commettono reati meritevoli di severe pene detentive. Piuttosto, credo che occorra riformulare le misure restrittive, perché le attuali cozzano - a mio avviso - con la presenza di una legge che - finalmente! - punisce i reati di tortura commessi dallo Stato.

Come farlo? Credo le nuove tecniche di controllo microelettronico consentirebbero trattamenti più umani e meno degradanti «per la dignità della persona». Perché, fino a prova contraria, anche Riina è una persona. Anche Nadia Lioce è una persona [*] e uno Stato che per sorvegliare e punire sconfina nella tortura è uno Stato indegno, oltreché debole.

Infine, un saluto e una requie a Doddone Meloni, che non conoscevo, morto in seguito a uno sciopero della fame, in un carcere italiano.

_____________________
[*Il 7 luglio la brigatista rossa sarà processata anche per oltraggio a pubblico ufficiale e disturbo dell’occupazione e del riposo del personale: circa tre anni fa, infatti, la donna avrebbe più volte battuto una bottiglia di plastica sulle sbarre della sua cella, causando un rumore intollerabile.

mercoledì 5 luglio 2017

Il fine supremo

«Colui che, chiudendo tutte le porte [dei sensi], bloccando la mente all''interno del cuore, fissando nella testa il proprio soffio vitale, praticando la meditazione yogica ed emettendo quella preghiera che è l'unica sillaba imperitura, OM, e non pensando che a me, se ne va, abbandonando il proprio corpo, quegli raggiunge il fine supremo». Bhagavadgita, Canto VIII, 12-13, Adelphi.

- O Beato Signore, ciò che descrivi, equivale alla morte?

- Non proprio, bensì all'estinzione dell'io.

- E colui che riesce a estinguersi raggiungendo il fine supremo, che cosa sarà?

martedì 4 luglio 2017

I promise

Ho qualche racconto in sospeso: faccio ammenda. Sono pigro. Parto sempre coi peggiori propositi. Debuttare mi viene facile, poi percepisco che i neuroni si annoiano, peggio: faticano quando vanno a ricercare il filo e a dispiegarlo in una trama consistente. Allora li lascio liberi, sai che: mica li pago, mica mi pagano, mica ho in mente di romanzare davvero, mica ho il genio nabokoviano di avere tutto in mente, di getto, la storia e il libro, dalla A alla Z e poi spaziare dentro l'alfabeto, non importa dove e come, avanti e indietro e viceversa, riempire cartelle, ricomporle, dettarle alla propria moglie o segretaria, catturare farfalle e mettere i piedi sotto il tavolo di un albergo fuori stelle lungolago Lemano... Io ho da fare la spesa. Da cucinare. Da rompermi i coglioni e meno male, evviva le distrazioni, le digressioni, il pensiero di questo e quello, il freno, il rimandare a domani quasi sempre quello che posso fare oggi, e l'oggi riservarlo alla beneamata noia.

È entrata una falena: non si preoccupi, io non spillo. 

Con questo, I promise, cercherò di ricuperare qualche bandolo e annodarlo, i giorni in cui sentirò meno il peso della testa attaccata al collo.

domenica 2 luglio 2017

Quando guardo a sinistra

Ultimamente, quando guardo a sinistra, mi sento come uno che guarda passare i treni e non ci sale, perché sa in anticipo che la destinazione è un binario morto.

Ultimamente, quando guardo a sinistra, mi sposto a destra, ma non perché sposo la destra, bensì perché lascio la sinistra sul posto, allontanandomene, irreversibilmente.

Ultimamente, quando guardo a sinistra, comprendo la freccia del tempo. La sinistra dei rimpianti (che io non ho onestamente mai avuto modo di rimpiangere) non ritornerà mai a essere quella sinistra che lampeggia ogni tanto nei ricordi dei nostalgici e nel brontolio susseguente della prole che sentenzia: «Babbo, mi ha rotto i coglioni con questo Berlinguer».

Ultimamente, quando guardo a sinistra, vedo molte persone della sinistra di governo impegnate a dire che fanno cose di sinistra, anche quando fanno l'elemosina.

Ultimamente, quando guardo a sinistra, penso a Repubblica, capirete.

Ultimamente, quando guardo a sinistra, perdo l'orientamento, apro maps, scrivo “sinistra” e mi appare Sinistra, Ecologia e Libertà via delle Porte Nuove: capirete.

Ultimamente, quando guardo a sinistra, constato che dal 2013, in varie versioni, il Partito Democratico, forte di una maggioranza parlamentare ottenuta in vizio di una legge porcata, governa - e io mi dico che cazzo guardo a sinistra a fare.

Ultimamente, quando guardo a sinistra, penso che non ci sia più alcuna sensatezza nel dire sinistra, giacché dentro i confini del sistema economico e politico (politico ed economico) vigente, il senso della politica è non far mancare pasti alla belva (e la belva va affamata prima che ci divori tutti).

Ultimamente - e sia l'ultimo ultimamente - quando guardo a sinistra, osservo la mia mano sinistra e le chiedo perdono perché le ho quasi sempre preferito Federica.