giovedì 6 luglio 2017

Il rumore di una bottiglia di plastica


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Questa legge è una legge che andava fatta e meravigliommi che non c'era. 
Sebbene limitata nel suo campo d'azione (poteva essere più incisiva), è una legge che, in quanto legge - almeno sulla carta - dovrebbe soffocare sul nascere la tentazione autoritaria dei vari apparati e funzionari pubblici nei confronti delle persone che, a torto o a ragione, hanno a che fare con la Dike statale. Repetita: almeno sulla carta.

E sin qui.

Altra considerazione, a margine di quanto segue:

«L'articolo 613-bis c.p. punisce con la reclusione da 4 a 10 anni chiunque, con violenze o minacce gravi ovvero agendo con crudeltà cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza ovvero che si trovi in situazione di minorata difesa, se il fatto è commesso con più condotte ovvero comporta un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona. La pena sale da 5 a 12 anni se a commettere il reato è un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio.»

Orbene, dirò una cazzata, ma credo che alla luce dell'articolo sopra riportato, il 41bis (l'articolo che regolamenta il carcere duro per i mafiosi e i terroristi) debba essere completamente rivisto perché le misure specifiche adottate in tale regime carcerario sono tortura bella e buona (anzi: brutta e cattiva), giacché «chiunque» somministri tali misure (vi prego di leggerle) difficilmente lo potrà fare senza provocare sofferenza fisica e traumi psichici alla persona affidata alla sua custodia.

Non sostengo che bisogna essere teneri coi terroristi, i mafiosi e i criminali che commettono reati meritevoli di severe pene detentive. Piuttosto, credo che occorra riformulare le misure restrittive, perché le attuali cozzano - a mio avviso - con la presenza di una legge che - finalmente! - punisce i reati di tortura commessi dallo Stato.

Come farlo? Credo le nuove tecniche di controllo microelettronico consentirebbero trattamenti più umani e meno degradanti «per la dignità della persona». Perché, fino a prova contraria, anche Riina è una persona. Anche Nadia Lioce è una persona [*] e uno Stato che per sorvegliare e punire sconfina nella tortura è uno Stato indegno, oltreché debole.

Infine, un saluto e una requie a Doddone Meloni, che non conoscevo, morto in seguito a uno sciopero della fame, in un carcere italiano.

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[*Il 7 luglio la brigatista rossa sarà processata anche per oltraggio a pubblico ufficiale e disturbo dell’occupazione e del riposo del personale: circa tre anni fa, infatti, la donna avrebbe più volte battuto una bottiglia di plastica sulle sbarre della sua cella, causando un rumore intollerabile.

6 commenti:

Olympe de Gouges ha detto...

quel tipo di carcerazione viene usato come tortura, lo sanno tutti e lo sanno bene
è fatto apposta e non cambierà

Luca Massaro ha detto...

Penso che, per certi versi, sia molto più umana la pena di morte perché è una vendetta molto più compassionevole.

Sabina_K ha detto...

Andando indietro nel tempo, all'epoca degli anni di piombo, molti terroristi furono oggetto di sevizie, violenze e torture, riportandone anche danni permanenti. Un paio di anni fa ne parlò la trasmissione della Sciarelli, perché fu identificato il funzionario Ucigos Nicola Ciocia, alias Professor De Tormentis, l'uomo che aveva sistematicamente guidato le pratiche di tortura in quegli anni.
Non c'è bisogno di prendere le parti dei terroristi, che rimarranno indifendibili fino alla fine della Storia, per dire che in quella situazione lo Stato si macchiò di crimini altrettanto orrendi. Eppure, né Ciocia, né altri furono mai perseguiti.
Genova, ahimè assai più di recente, ripropone e insegna...

Luca Massaro ha detto...

Grazie del tuo prezioso commento, Sabina.

Olympe de Gouges ha detto...

@ Sabina
perché "indifendibili fino alla fine della Storia"?
di quale storia stai parlando, quella scritta dai sodali di Ciocia?

Sabina_K ha detto...

Perché persero per strada il senso dell'ideale per cui erano partiti.
Perché quando c'è il sangue di mezzo non c'è difesa che tenga, e questo vale per tutti.
La Storia non è certo quella di Ciocia e dei suoi sodali, ma non è neanche quella di chi ha ucciso, a prescindere dalle "ragioni" per cui l'ha fatto.
Non me la sentirò mai di difendere chi uccide, nemmeno se, "teoricamente", potrei essere vicino alla sua idea politica.
Se lo facessi, non mi sentirei più in diritto di chiedere giustizia per le vittime e per i torturati, di qualunque parte/idea politica. Sarebbe come mettere una firma, per esempio, sotto la vicenda "Guantanamo".
Questo è il mio parere, null'altro.
Diverso dal tuo, null'altro.