domenica 29 ottobre 2017

Off-Line


[*]

Guasto sulla linea adsl: una volta mi sarei disperato di più. 
Che cosa faccio senza? Più televisione? No. Più letture extra rete? No. Più gite fuori porta? Nemmeno. Sto già fuori porta. E dentro la porta. Non ho aspettato certo Roberto Calasso a capire che quella del turista è una vita similmente virtuale a quella vissuta in rete.
E, dunque, come l'ammazzo il tempo, data anche l'ora in più di tempo che il ritorno all'ora solare [**] concede?
Ho telefonato due o tre volte a Durazzo, dove gentili operatori della compagnia telefonica alla quale sono abbonato mi hanno prima informato che avevo il diritto di parlare con altri operatori dell'Unione Europea - e io gli ho risposto di no, non ce n'era bisogno, ché forse gli europei, italiani compresi, saprebbero l'italiano peggio di voi e poi, in un certo senso, mi fa piacere che una persona extra Unione parli la mia stessa lingua - e, successivamente, essi mi hanno spiegato che sì, sulla mia linea c'è guasto e che gentilmente dovrei pazientare almeno settantadue ore (in pratica sino a domani, se va bene, slow-web). Nondimeno, nel frattempo, mi hanno assicurato che i loro tecnici si sarebbero impegnati a ripristinare quanto prima il servizio correttamente; e che si scusano per il disagio; e che - se potessero - mi offrirebbero pure un caffè. A Durazzo. Purché ci vada di corsa, a 20 Mbps.
_________________
[*] Ho inserito il tubo di Paola Turci perché mi garba l'abbraccio finale.

[**]
Fossi un duca con poteri esecutivi, lascerei sempre l'ora legale o solo la solare oppure introdurrei il sistema dei quarti d'ora, per stare più in linea con l'orologio biologico).


giovedì 26 ottobre 2017

-tellum

Quand'ero bambino, sapevo tante cose sul calcio, lo seguivo con passione, leggevo la Gazzetta, guardavo la Domenica Sportiva. Gradualmente, crescendo, la passione si trasformò prima in un moderato interesse che, successivamente, si evolse in disinteresse accentuato, fino al totale menefreghismo. Del calcio, infatti, da più di dieci anni oramai, sento soltanto un'eco lontana, quella che rimbalza sulla pareti dei media e si ripete, talvolta, nelle voci delle persone che incontro. Sulla mia parete normalmente - questa è un'eccezione - tale eco si frange e cade a terra.
Non è snobismo, per carità, è che, in prima istanza, il gioco in sé che non mi dice più niente, di più: mi annoia profondamente, anche i dribbling di Messi - e ho detto tutto; in secondo luogo, il contorno del calcio, e cioè: squadre, bandiere, società, tifosi, direttori sportivi, presidenti, costume, copertura mediatica, eccetera, lo trovo abominevole, intollerabile, rivoltante - ma lo dico per me, e non ho nessuna pretesa di convincere nessuno, anche se, come esperimento sociale, mi piacerebbe, per magia, che gli stadi fossero deserti, che gli abbonamenti alle pay tv sul calcio si riducessero sino a scomparire, giusto per scoprire dove si convoglierebbero tutte le attenzioni che tale attività umana, totalmente asservita ai dettami tardocapitalistici, desta.

Parimenti, la politica, che - convengo - non è uno sport (sarebbe meglio, forse, ché almeno un pallone d'oro all'anno qualcuno lo meriterebbe). Una volta mi interessavo agli accadimenti, leggevo editoriali, mi schieravo - soprattutto a sinistra - ero preso, insomma, da una accesa passione politica, che mi faceva persino leticare coi parenti e amici prima democristiani o socialisti e poi berlusconiani.

Poi ho letto Marx - anche e soprattutto tramite la mediazione di interpreti impareggiabili, quali Olympe de Gouges e altri autori della WertKritik (critica del valore), e di quella roba chiamata politica, che appare sui giornali o in tv, che si dibatte e starnazza in stanze di partito o in parlamento, io provo un enorme disprezzo e irrecuperabile disinteresse. 

Tutto questo soltanto per dire che io delle merde secche di vacca che se, inavvertitamente, ci cammini sopra fanno puf!, io, dicevo, non parlerò più (o, almeno, mi prometto di non parlarne e saprò smentirmi - e smerdarmi - da solo se lo farò).

lunedì 23 ottobre 2017

Che barba, che noia

Non è che ci si può mettere a fare letteratura tutti i giorni che dio mette in terra, impossibile, oltreché tedioso, neanche fossi pagato per farlo, ma forse, in questo caso, due fregnacce. E anche la diaristica: non è che ci si può mettere a raccontare i cazzi propri tutti i giorni, tedioso, oltreché impossibile, mica vivo toccando solo la tastiera, ho anche da fare altro, da mangiare, da comprare da mangiare e riduco tutto lì, alla sussistenza - e meno male l'aria è ancora gratis. Cosa dire della politica, poi? Meglio tacere, giusto ogni tanto bacchettare il babbeo di turno quando la spara troppo grossa da non resistere all'idea inutile di sbertucciarlo, la bertuccia, fargli capire che ha il culo rosso più della faccia, come il culo. Mentre dal lato spirituale, filosofico, che cosa resta da raccontare più? Bazzecole. La gratuità non ha prezzo. Come la fellazione che Valentina Nappi ha praticato a un gruppetto di suoi fans. Se lo saranno fatto il bidet prima di? Una bella raspata di sapone di marsiglia? Una spruzzatina di citronella? Ma io, nel caso in cui, avrei partecipato se? Ci ho riflettuto sopra e sono addivenuto a una conclusione: sono schizzinoso, e mi farebbe specie che una me lo prendesse in bocca subito dopo che l'ha preso a un altro senza discontinuità igienica, un gargarismo, una sorsatina di aranciata equosolidale. Boh. Sono poco orgiastico, lo ammetto, forse perché con Dioniso ho leticato da bambino, o perché pavento che questo stanco rituale conduca, alla fine, a un sacrificio cui non voglio partecipare, né come carnefice, né tantomeno come vittima.
Quindi, che cosa mi resta da scrivere? Le recensioni degli articoli acquistati su Amazon? Fatto. Che barba, che noia, eccetera.
Epperò, alla fine ci sono riuscito anche questa volta a trasformare per iscritto le insensatezze di una vita che dimostra di essere qualunque.

Bisogna camminare coi tempi

«Era stata, quella volta, una riunione divertentissima; molti degli intervenuti avevano meno di trenta o al massimo trentacinque anni, ma erano già conosciuti, e notati dalla stampa; non soltanto austriaci, ma gente di tutto il mondo, attirata dalla voce che in Cacania una donna dell'alta società stava aprendo una strada allo spirito attraverso l'orbe. […]
Di quali parole straordinarie si servivano! Esigevano temperamento intellettuale. La categoria del ragionamento rapido, che afferra il mondo alla gola. Il cervello ipersensibile dell'uomo cosmico. Che altri verbi avevano proclamato?
Il ridimensionamento dell'uomo sulla base di un piano di lavoro mondiale all'americana, attraverso il mezzo fisico della forza meccanizzata.
Il lirismo, congiunto alla penetrante drammaticità della vita.
Il tecnicismo: uno spirito degno dell'età della macchina. […]
Predicavano l'accelerismo, cioè l'accrescimento massimo della velocità delle esperienze, sulla base della biomeccanica sportiva e della precisione acrobatica.
Il rinnovamento fotogenico per mezzo del film.
Poi uno aveva detto che l'uomo era un misterioso spazio interiore, sicché bisognava dargli un rapporto col cosmo mediante il cono, la sfera, il cilindro. Ma fu affermato anche il contrario, cioè che tale concetto individualistico dell'arte era superato, e che bisognava ispirare all'uomo dell'avvenire un nuovo senso della casa costruendo edifici popolari e villaggi. E mentre si era formato così un partito individualistico e uno sociale, un terzo sostenne che solo gli artisti religiosi sono sociali nel vero significato della parola. Un gruppo di nuovi architetti rivendicò poi per sé il comando perché lo scopo dell'architettura era appunto la religione; con influsso concomitante anche sull'amor di patria e la fedeltà alla terra. Il gruppo religioso, rinforzato da quello cubico, replicò che l'arte non era una questione dipendente bensì una questione centrale, l'adempimento di leggi cosmiche; ma nel seguito della discussione il gruppo religioso fu poi nuovamente abbandonato da quello cubico, il quale finì per allearsi con gli architetti nel sostenere la tesi che il rapporto col cosmo era meglio ottenuto mediante le forme spaziali, che rendono valido e tipico l'elemento individuale. Fu enunciata la proposizione che bisognava proiettarsi nell'anima umana per poi fissarla nelle tre dimensioni. Qualcuno, in tono energico e battagliero, chiese se erano più importanti diecimila persone affamate o un'opera d'arte. In realtà, poiché erano quasi tutti artisti d'una specie o dell'altra, erano unanimemente persuasi che la guarigione spirituale dell'uomo si deve cercare soltanto nell'arte, solo che non erano riusciti a mettersi d'accordo sulla natura di questa guarigione e sulle esigenze da porre in suo nome all'Azione Parallela. Ecco che a questo punto il gruppo originario sociale riprese il sopravvento e fece udire nuove voci. Il quesito, se fosse più importante un'opera d'arte o la miseria di diecimila affamati, si trasformò in quest'altro: se diecimila opere d'arte compensavano la miseria di uno solo. Artisti poderosi dichiararono che non è lecito all'artista darsi tanta importanza; basta con l'autoincensamento, essi proclamavano, l'artista sia affamato e sociale! Qualcuno disse che la vita era l'unica e la massima opera d'arte. Una voce energica interruppe: Non è l'arte che unisce, bensì la fame! Una voce conciliante ricordò che il mezzo migliore contro l'esagerata opinione di sé era una salubre attività artigiana. E dopo quel tentativo di compromesso qualcuno approfittò del silenzio causato dalla stanchezza o dal disgusto reciproco per chiedere di nuovo placidamente se credevano sul serio di poter concludere qualcosa prima che fosse ristabilito il contatto tra l'uomo e lo spazio. Fu il segnale per la ricomparsa tumultuosa del tecnicismo, dell'accelerismo e di tutto il resto, e il dibattito si prolungò senza decisioni. Alla fine però si misero d'accordo, perché bisognava andare a casa e venire a qualche risultato; perciò tutti consentirono in una conclusione all'incirca così formulata: il tempo attuale è tempo d'attesa, impaziente, indisciplinato, infelice; il Messia che s'invoca e si aspetta non è tuttavia ancora in vista».


Robert Musil, L'uomo senza qualità, traduzione di Anita Rho, Vol. I, Einaudi, Torino 1957

sabato 21 ottobre 2017

Lui e il Pd

Disse, da qualche parte, Mao Tse-tung:
«Dopo aver subito uno scacco, bisogna trarne una lezione e modificare le proprie idee in modo tale da farle corrispondere alle leggi del mondo esterno, e così si potrà trasformare lo scacco in un successo; è quel che è espresso dalle massime: la sconfitta è la madre del successo e ogni insuccesso ci rende più cauti».

Per contro, c'è chi, a ogni insuccesso, diventa più spavaldo e più buffone.

«È tutto così sorprendente, così incredibile, così assurdo. Con una parola sola direi così surreale. Giro l'italia e non c'è stata una persona che mi abbia chiesto chiarimenti sulla mozione [contro Visco], ma dei problemi reali della gente e invece si guarda sempre al dito e mai [al culo].» 

«Il vero problema sono le crisi bancarie, sono le decine di miliardi messi dallo stato per salvarle. Io e il Pd non possiamo difendere l'attuale assetto di potere, non possiamo stare dalla parte dei presunti salotti buoni della finanza [ci vanno bene anche i mezzanini]

«Noi stiamo con i risparmiatori [come ci ricorda sempre il babbo di Maria Elena]».


venerdì 20 ottobre 2017

Procurato sesso

Egli si è procurato i favori sessuali di molte attrici facendo leva su un potere, per quanto riprovevole, non coercitivo, bensì negoziale che aveva nei confronti di coloro le quali ambivano a rivestire un ruolo da protagonista nei film da lui prodotti.

***
Egli si è procurato i favori sessuali di molte donne, alcune anche minorenni, facendo leva sul potere del denaro tout court, esercitato nei confronti di coloro le quali hanno messo in vendita il loro corpo, alcune liberamente, altre meno liberamente, anzi: invitate dalle stesse madri a farlo per superare, per un tempo limitato, l'impasse della miseriaccia infame.

***
Egli si è procurato i favori sessuali di molte donne, tutte maggiorenni, perché avevano messo un annuncio sul giornale nel quale dichiaravano di andare a trovarle a casa ché lo avrebbero fatto godere veramente tanto, tanto quanto?, mediamente 100 euro diviso i giorni tra un incontro e l'altro, moltiplicando poi il risultato per il senso di frustrazione e anche di colpa per un amplesso che, in fondo in fondo, aveva il valore di poco più di una sega.

***
Egli si è procurato uno schiaffo da alcune donne, tutte maggiorenni e sopra i trenta, perché, mentre gli sculettavano davanti, lui ha osato posare prima gli occhi sulle terga e poi, in alcuni casi, quelli degli schiaffi, ha allungato la mano in preda a una morbosa voglia di toccare il paradiso.

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Egli si è procurato i favori sessuali di una donna, la moglie, una volta a bimestre, perché il sesso cementifica il rapporto di coppia, anche se lui e lei non amano essere murati. Vivi.

giovedì 19 ottobre 2017

Spigolature politiche


Lombardia e Veneto hanno proclamato un referendum per chiedere più autonomia. Berlusconi, da statista di lungo corso e promotore di una scuola di formazione politica di buon governo, dichiara che, tale referendum, dovrebbe essere esteso a tutte le regioni italiane.
Anche quelle autonome?

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Di Maio invoca la presenza di osservatori internazionali per il rischio brogli alle prossime elezioni regionali siciliane. E se l'Ocse mandasse ispettori kazaki?

***
Il #TrenoPD, Destinazione Italia, Binario Morto, è un treno merci?

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Salvini: il Ruspepierre italiano

mercoledì 18 ottobre 2017

Il destino dell'artista


«Molte società del passato hanno insistito affinché le loro valutazioni specifiche sulla verità e sulla morale fossero raffigurate dagli artisti. Di conseguenza, l’artista egizio dovette produrre un prototipo prefissato una volta per tutte; l’artista cristiano dovette attenersi alle prescrizioni del secondo Concilio di Nicea o essere colpito da anatema oppure, come il monaco nell’era iconoclasta, lavorare nel pericolo e di nascosto. Potremmo osservare che i nudi di Michelangelo furono alla fine costretti a ricoprirsi con le braghe e con i drappi appropriati. L’autorità formulava le regole e l’artista vi si atteneva. Non tratteremo in questa sede di coloro che, con la loro audacia, hanno dato periodicamente nuova linfa all’arte, salvandola dall’imitazione narcisistica di se stessa. Possiamo sostenere con esattezza, che durante questi periodi, l’artista era costretto a piegarsi a tali regole o a fingere un’aria sottomessa, affinché gli fosse concesso esercitare la sua arte.
Il destino dell’artista oggi è lo stesso: il mercato, rifiutando o rendendo disponibili i mezzi di sussistenza, esercita, come si può osservare, la stessa coercizione. Vi è pertanto una differenza vitale: le civiltà prima ricordate detenevano il potere temporale e spirituale per far valere, per sommi capi, le loro richieste. I Fuochi dell’Inferno, l’esilio e, sullo sfondo, la ruota e il rogo, servivano da correttivi là dove la persuasione veniva meno. Oggi il mordente è la Fame, e l’esperienza degli ultimi quattrocento anni ci ha dimostrato che questa fame non è così impellente come l’imminenza dell’Inferno e della Morte».

Mark Rothko, L'artista e la sua realtà, Skira, Milano 2007

Salvo i pochi, bravi o supposti tali, fortunati che hanno incontrato i gusti del mercato, per il resto degli artisti, blogger compresi, occorre produrre arte senza alcuna pretesa di ricavare da essa i mezzi di sussistenza. Arte libera, quindi - nei limiti di una libertà concessa dalla nostra epoca, dalla nostra società.
Quello che c'è di buono in  tutto ciò è che, almeno, non si tarla la mente con il cruccio dell'incompresione. 
Non capite quello che voglio dire? Importa sega -  e avanti.

Aggiunta.
Il mordente è la Fame... e la fame non è così impellente.
Già, perché è colpa dell'affamato avere fame, sempre per il famoso adagio del merito.

lunedì 16 ottobre 2017

Non è vero che tutto fa brodo

Ho aggiunto una didascalia

Il procedimento di cottura del brodo classico di carne prevede di cuocere a fuoco lento e di schiumare sovente le impurità che salgono e si stabilizzano sulla superficie, sì che il brodo, alla fine, risulti più limpido.
Ma: a) se uno prepara gli ingredienti e poi non mette la pentola sul fuoco, il brodo non viene; oppure, b) se uno accende il fornello a fuoco sostenuto, dimenticandosi poi di abbassarlo e di togliere il coperchio, il brodo fuoriesce impetuosamente dalla pentola pasticciando di impurità la stessa e il piano cottura, con un risultato finale non del tutto soddisfacente.

Fuor di metafora, il produttore Harvey Weinstein (il cappello di prete di sinistra) è stato tenuto in pentola a fuoco spento (punto "a") perché, nonostante fosse risaputo da anni che era un porco profittatore, la stampa lo proteggeva; mentre Bill Clinton (il fusello di destra) fu messo subito in pentola a fuoco vivace, col risultato di un brodo insulso.

Ma che gli americani non sappiano fare il brodo è risaputo.

***
Tra i (pochi) vantaggi di non avere né soldi né potere, c'è quello che mai nessuno/a ti verrà a rinfacciare di aver esercitato su di lui/lei pressioni per farti un pompino. I veri proletari si vedono anche da questi particolari.
Infine, o voi di Repubblica che tanto siete pronti a lanciare campagne con l'hastag, non vi sembra che a questa  (#quellavoltache) manchi qualcosa? Come cosa? 
#nonglielomorsi. 

sabato 14 ottobre 2017

Atto indolore

C'è un momento
del giorno
in cui mi pento
di non peccare abbastanza
di non essere pronto
di non essere porno
di non dare sostanza
alla materia che mi compone
non mostrarla come la danza
di Salomè
a un padrone. 

Vorrei peccare ma
non saprei da quale peccato 
cominciare: dire, fare,
fornicare, scrivere
un testamento
in cui chiedo perdono
in partenza
del peccato rimasto in potenza
come un atto mancato.

Peccherò prendendo la mira
colpirò là dove io penso
sia peccato non farlo
e soltanto a bersaglio
colpito capirò
se il peccato è compiuto
senza esserlo stato.

O Signore: 
ho molto peccato
in pensieri e in parole
in opere e in omissioni.
Mi pento? Mi dolgo?
Non ne ho il cuore:
ritrovarmi qua
a non sapere
come peccare
credo che sia
il solo peccato
che devo scontare.

mercoledì 11 ottobre 2017

Tout se tient


Quanto accade con la nuova proposta di legge elettorale chiude il cerchio del Patto del Nazareno e offre nuovo impulso al Partito della Nazione, poiché garantisce e conferma la continuità politica ineludibile tra i due (ex) più grandi partiti d'Italia, sancendo, di fatto, la loro interscambiabilità. La piattezza governativa, nella finzione destra-sinistra sinistra-destra, rassicura i potentati, acquieta i mercati, da continuità agli intrallazzi soliti e limita, anzi: schiaccia l'azione di governo alla miopia del presente. In Italia, infatti, non esiste altra lotta politica: conservare il potere per il potere, nel perimetro che la congiuntura economica concede. 
Non perché se vincessero i Cinquestelle qualcosa cambierebbe, forse le facce, inizialmente meno di merda, sortiranno l'effetto sorpresa, ma poi la normativa (non scritta) vigente sarebbe rispettata.
Più di questo la farsa della democrazia rappresentativa non può. Resta solo l'amarezza di constatare che, allo stato presente, l'unico atto di ribellione possibile è il non voto, il non partecipare alla liturgia delle elezioni, sì che quelle facce che poi sorrideranno credendo di avere vinto (vinto sì, per loro, cinque anni, 60 stipendi da parlamentare più le indennità, le tredicesime e la liquidazione) percepiscano, sia pure per un istante, il baratro che li divide, lo strappo irricucibile formatosi tra potere e popolo.

lunedì 9 ottobre 2017

Latte e miele

«Rupi Kaur è una giovane donna che non ha paura di affrontare temi privati o dolorosi: molestie, alcolismo e masturbazione. Poi c’è l’affaire ciclo: quando nel 2015 posta su Instagram una foto che la ritrae sdraiata su un letto, i pantaloni della tuta e le lenzuola macchiati di sangue, Instagram censura l’immagine, e lei risponde: “Non mi scuserò per non avere nutrito l’ego di una società misogina che vuole vedermi in mutande ma cui non va giù una piccola macchia di sangue”, insomma, grazie, Instagram, per avere confermato quello che volevo dimostrare, e cioè che abbiamo un problema con il corpo femminile.» Rivista Studio.

Mi chiedo: se raccolgo un quantitativo di versi spersi in questo luogo e mi autopubblico, indi apro un account su Instagram e mi ritraggo davanti al pc con i pantaloni della tuta da ginnastica grigio chiaro (sfumature) inumiditi di sperma sul cavallo, avrò qualche possibilità di essere censurato per poi dichiarare: 
«Non mi scuserò di aver nutrito l'ego di una società misantropa che vuole usi le salviette», 
sì che le cosiddette colonne di destra dei giornali online del globo terracqueo diano risalto alla mia vicenda, quarti d'ora di celebrità moltiplicati per n volte il numero degli internauti che vi indulgeranno con un innocente clic e solo questo sarà la causa della sproposita attenzione mediatica che mi sommergerà di follower infoiati e smaniosi, dipoi, d'avere, più che le poesie, le mie mutande firmate (e bagnate), allora e solo allora potrò sperare che quelle poverine poesie puttanine siano ricercate dagli editor di stocazzo che - per accosti e raccomandazioni varie - decidono di pubblicare, appunto, soltanto puttanate già rodate di chilometri di bava socialmedia?

Come scrive la poetessa:
«Non sei tu a/ dover farti volere/ sono loro a dover volerti».
Vediamo se abboccano.

domenica 8 ottobre 2017

Ricostruire l'anima de li mortacci

Battisti festeggia con una birra. E se fosse stata orina? Perché quella è orina, sicuramente, la stessa prodotta dalla stampa italiana incontinente, frettolosa di dare in pasto, non tanto alla giustizia (la giustizia passa sempre in secondo piano), quanto all'opinione pubblica, qualcosa di colpevole da addentare, a portata di mano ma non troppo, uno che l'acciuffarlo metterebbe d'accordo tutti, da sinistra a destra, passando per il centro, uno meritevole di marcire in carcere nel patrio suolo, per la pacificazione nazionale e per chiudere definitivamente i conti con una pagina di storia italiana che vide i colpevoli solo da una parte, i fuorilegge, mentre gli uomini di legge erano e sono tutti valentuomini operanti nell'interesse esclusivo della nazione. La parabola di Luciano Violante sia da esempio:
Nel 2004, per primo a sinistra, lei disse al Corriere: «Lo Stato non può essere titolare del perdono davanti a diritti di questa ferocia. Chi siamo noi per esercitare questo potere?». La pensa così ancora oggi che è passato tanto tempo dagli anni di piombo?
«Bisognerebbe chiederlo agli assassinati. Io credo che il perdonismo non aiuti. È un modo per non affrontare la realtà nella sua oggettiva durezza. Dobbiamo fare un passo avanti nella responsabilità se vogliamo ricostruire l’anima del nostro Paese».
Se esistesse un aldilà anche per gli Stati nazione, l'anima dell'Italia in quale cazzo di inferno finirebbe? 
«Mi chiedo se l'Italia di oggi - e quindi noi tutti - non debba cominciare a riflettere sui vinti di ieri; non perché avessero ragione o perché bisogna sposare, per convenienze non ben decifrabili, una sorta di inaccettabile parificazione tra le parti, bensì perché occorre sforzarsi di capire, senza revisionismi falsificanti, i motivi per i quali migliaia di ragazzi e soprattutto di ragazze, quando tutto era perduto, si schierarono dalla parte di Salò e non dalla parte dei diritti e delle libertà». Discorso di insediamento a Presidente della Camera, 9 maggio 1996

sabato 7 ottobre 2017

In caso di emergenza

Sabato mattina, più o meno verso dieci. Due signore sulla sessantina, entrambe vestite eleganti ma non in modo sfarzoso, si avvicinano al citofono di un condominio e suonano un campanello. Risponde una signora.
«Chi è?»
«Buongiorno signora, siamo due testimoni Geova. Volevamo mostrarle una rivista dove si spiega come comportarsi in caso di calamità naturali».
«Lo so già».
«Come lo sa già?».
«Sì, prego la Madonna e mi tocco quelle che non ho». 

giovedì 5 ottobre 2017

Nobel a Kazuo

Ho scritto un romanzo. S'intitola: Il cassetto. Lo apro, ma come quasi sempre accade coi cassetti Ikea, mi resta in mano il pomello. Bestemmio? No, con calma, riavvito il pomello. Indi, con delicatezza, tiro il cassetto, ma si sfilano le zeppe zigrinate e mi resta la testata del cassetto in mano, mentre il fondo del cassetto, leggermente avanzato, si inclina, facendo precipitare il contenuto per terra. Bestemmio? No, raccolgo bollette di luce e telefono, qualche penna, un metro da sarta, un cacciavite, alcune vecchie fotografie di prima del digitale, la garanzia scaduta del frigorifero, ma del romanzo, nessuna traccia. Eppure ero sicuro di averlo messo nel cassetto. Di che cosa parli non ricordo esattamente, perché d'abitudine tendo a dimenticarmi di quanto metto nel cassetto. O forse ho sbagliato cassetto... O, peggio, ho sbagliato romanzo... Di Ishiguro.

mercoledì 4 ottobre 2017

La maggioranza di una minoranza

Le scene della prepotenza polizziotta (due zeta apposta) hanno fatto molto male e il governo spagnolo, primo ministro in testa, è stato un coglione a ordinare un simile trattamento che, prevedibilmente, ha reso vittime chi vittima non era, e chi subisce soprusi e acquista lo status di martire ha molte più garanzie di successo rispetto a chi si atteggia e si comporta da bastonatore (o da carnefice).

Ma a parte l'ostruzionismo governativo, in tanti sono andati a votare in Catalogna. Tanti quanti?


Alla consultazione, nonostante l'intervento e le cariche della polizia inviata da Madrid, hanno partecipato 2,26 milioni di persone (42,3%) degli aventi diritto, secondo quanto ha reso noto il governo locale. 


Dunque, il 57,7 non è andato a votare. Perché impedito dal governo? Non credo, anzi: senza le cariche dei gendarmi, è presumibile che la percentuale dei votanti sarebbe stata leggermente inferiore (e se le analisi del voto dimostrassero questo, si avrebbe un'ulteriore prova che Rajoy s'è comportato da coglione).
Perché, insomma, la maggioranza degli aventi diritto al voto per il referendum consultivo sull'indipendenza, si è rifiutata di esercitarlo? «Cazzi loro», sghignazzano i vincitori, che si ergono come sempre a paladini del sacri principi della democrazia.

martedì 3 ottobre 2017

L'inizio di una poesia


A volte la poesia è impossibile, si blocca nel non detto, resta all'interno di una immaginazione priva di parole, come se questa sia possibile, una volta tanto. Rapidi, i sensi si organizzano per tentare di catturare le impressioni del mondo circostante, trasmettendo al corpo una falsa complicità con la natura. La mente riassembla quello che resta dell'assorbimento, nel tentativo vano di restituire in versi il vissuto – ma la pagina resta bianca e l'immaginazione ride.

Inutile forzare la mano; piuttosto, aspettare che la mano si liberi da ogni forzatura e scorra, fintanto che le parole unite, concatenate, formino, in un giro elegante di frase, quello che l'immaginazione ha da dire. Anche niente.

domenica 1 ottobre 2017

La cicogna della Catalogna



Delle cronache storiche che giungono dalla Catalogna, la cosa che più mi ha colpito è stata la delegazione di indipendentisti sardi (Fronte Unidu, Comitadu Sardu) che si sono recati a Barcellona per occupare, con altri attivitisti locali, alcuni seggi elettorali installati nella città.
Non viene, tuttavia, specificato il motivo del loro nobile gesto di solidarietà, forse per folklore, giacché - in fondo in fondo - essere una regione autonoma in Italia, con tutti i benefici in termini di introiti statali che esso comporta in rapporto alle regioni che autonome non sono, è già una consolidata forma di indipendenza.

Riguardo al referendum catalano: boh, ne so poco, tutt'al più direi “massimo”. Un po' più di simpatie vanno ai locali ma non tanto perché essi riescano a diventare stato indipendente, quanto perché il loro movimento di popolo incrina, seppur debolmente, l'idea di Stato unitario, in particolare di uno a forma monarchica, come la Spagna (dato che la Catalogna diventerebbe repubblica, nevvero); questo, però, pur sempre con l'intento di ricrearne un altro che seguirà gli stessi movimenti e delle stesse forme del capitale. Già. I catalani non penseranno mica di diventare indipendenti anche dal vero padrone? Loro immaginano diventare uno Stato felice che trattiene tutta la ricchezza prodotta e la distribuisce in modo equo ai cittadini che ne fanno parte: col cazzo, cari catalani. O certo, sarete più efficienti, non darete più soldi a Madrid ladrona, ma... e poi? Non crederete mica che il vostro Pil sarà indipendente dal Pil castigliano, o europeo, vero?

Ciò nonostante, fate vobis e anzi: grazie per dare una scossettina geopolitica a questa addormentata Europa. Comunque, sappiate che sarebbe molto più rivoluzionario smettere di andare a vedere i blaugrana, il Camp Nou deserto mentre quei cazzoni dagli arti dipinti dribblano se stessi e si prendono a brani ché affamati dagli avanzi del capitale.