martedì 30 gennaio 2018

Le virtù della schiavitù

« [...] senza occuparsi del fatto che la proprietà privata dei mezzi di produzione conduce a compimento il suo dominio sugli uomini con le stesse pratiche conseguenze dello schiavismo antico». Olympe de Gouges.
Infatti, c'è chi si occupa della ragionevole ipotesi di un ritorno allo schiavismo, piuttosto che considerare uno scandalo la proprietà privata dei mezzi di produzione, dei mezzi di produzione, (scritto due volte, per i più avvezzi al fraintendimento).

Stronzi che si divertono con la fatica umana. E tuttavia, dalle loro modeste proposte, qualcosa di vero trapela. Dicono anche, con sicurezza:
«Le catene quindi esistono, e sono sempre presenti nella vita quotidiana».
Per questo, essi propongono di formalizzare le catene, al fine di responsabilizzare i padroni delle vite umane che sfruttano per i loro inderogabili bisogni di valorizzazione (e pulitura dei cessi e sfilettamento dei pesci).

E suggeriscono: siano dati alloggi e vitti e vestimenti e cure mediche e "formazione" (ma non troppa, come dicono a Cuneo) alle genti di cui ancora si abbisogna, nel concreto. 
Quanti miliardi saranno, precisamente? Troppi? Tutti non ci si fa a comprarli come schiavi? E quelli che avanzano? Ditomedioriente? Kabul? Club Mediterranée? Industria automobilistica tedesca sempre che non cambino idea e non preferiscano, come cavie, gli invertebrati?).

Intanto vadano a votare, poi si vedrà.

domenica 28 gennaio 2018

Il giorno dopo la memoria

«Che notte, che notte quella notte. Se ci penso mi sento le ossa rotte». Tuttora le sento, aggredito dalla ferocia di un raffreddore bastardo che ha trasformato le fasi del sonno in un'unica ripresa senza pause e senza arbitro che dichiarasse il KO.
Mentre ero al tappeto, immagini confuse si proponevano alla mia attenzione, come le vecchie diapositive di una volta, viste in una stanza al buio illuminata soltanto dal fascio di luce polverosa del proiettore. Da queste immagini in sequenza, è comparso improvvisamente un pettine, nero, a denti stretti, pieni di forfora. E, dietro questo pettine, un uomo antico, vestito di nero, alto e magro come Fassino, ma con il volto incredibilmente simile a quello di Louis-Ferdinand Céline.

«Tieni, datti una pettinata prima che scatti», mi ha ordinato con gentilezza, mentre ero seduto su uno sgabello metallico girevole, con il cuscino rivestito in pelle nera, rotto su un lato e dal quale fuoriusciva gommapiuma che stavo attento a non toccare perché mi avrebbe fatto accapponare la pelle.
Pettinare. Fuori del negozio, mio padre fumava e parlava con qualcuno. Io guardavo quel pettine e pensavo su quante teste del paese era passato. Sono sempre stato schizzinoso. L'uomo antico - un reduce da un campo di lavoro nazista, come mio padre, con l'aggravante di essere ebreo - ha abbassato un attimo la testa sui meccanismi del suo apparecchio, anch'esso antico, piazzato su un treppiede e io, in quello stesso istante, mi sono girato e sono uscito a razzo dal negozio a prendere la mano di mio padre.

«Vieni, che fai», mi sono sentito richiamare da dentro. E mio padre, salutato l'amico, spento la cicca in terra, mi ha riportato dentro il negozio e rimesso sullo sgabello dicendomi «Su, non fare storie: è solo uno scatto». L'uomo antico, il fotografo, ha sorriso coi suoi denti larghi e dato il pettine a mio padre, che, presolo, lo ha guardato, mi ha guardato, ha capito, mi ha infine sistemato i capelli con mani che sapevano di fumo e «Guarda davanti la macchina, fermo, uno, due e...», clic.

giovedì 25 gennaio 2018

Il volto


È stata inventata un'applicazione, pare piuttosto facile da usare, che permette di fare faceswapping, vale a dire sovrapporre il volto di una persona al corpo di un'altra, con un alto grado di verosimiglianza. 
Applicato sin da subito, con risultati convincenti, nel mondo del porno, alcuni utenti hanno iniziato a usarlo anche nei confronti di personaggi politici, anche se - mi pare, al momento - con minor efficacia.

A breve, quindi, ci sarà da divertirsi con le fakenews? Non credo. Piuttosto, sospetto che tale strumento, più che diventare un'arma di sputtanamento, sarà uno scudo per i personaggi pubblici, i quali, magari realmente beccati in situazioni compromettenti, potranno dire che il video "rubato" è tutto un falso e cavarsela.

Comunque sia, come sostenevo con un amico dal quale ho appreso la notizia, di fronte a una improbabile diffusione epidemica di tale applicativo mediatico, l'unica autentica protezione sarà quella di non essere famosi, riconoscibili, ma semplici, anonime facce da social che non titillano alcuna fantasia, neanche come interpreti di film porno.

mercoledì 24 gennaio 2018

Posizione dominante

«Una multa da 1 miliardo di euro per abuso di posizione dominante. Stangata della Commissione europea contro Qualcomm, società statunitense attiva nei semiconduttori e nelle apparecchiature per telecomunicazioni.
Secondo l'Antitrust comunitario ha pagato miliardi di dollari a Apple, in modo che non acquistasse le schede madri dai rivali.
"Qualcomm ha consolidato la sua posizione illegalmente tenendo fuori i rivali dal mercato per oltre cinque anni - dice a commissaria europea alla Concorrenza Margrethe Vestager - Tra il 2011 e il 2016, Qualcomm ha pagato miliardi di dollari a un cliente chiave, la Apple".
Qualcomm hanno privato i consumatori e le altre imprese dei vantaggi di una concorrenza efficace, in particolare sul versante di una maggiore innovazione.
Nel 2011 Qualcomm aveva firmato un accordo con Apple, in base al quale si impegnava a versare somme consistenti a condizione che il colosso di Cupertino utilizzasse solo i suoi chipsets negli iPhone e negli iPad.»
Non sono un merceologo, ma non sarebbe stato sufficiente per Qualcomm vendere ad Apple i suoi prodotti a un prezzo inferiore a quello dei concorrenti?

martedì 23 gennaio 2018

Non ricordo come

Non ricordo come
sia stato possibile amarti
un certo numero di volte
che non ho registrato
su alcun taccuino
perché volevo i ricordi
finissero tutti dentro
gli spazi elettrici della mente
nei vuoti soprattutto
in modo che i neuroni
non dovessero continuamente
ricordarmi – impulso su
impulso – come
sia stato possibile amarti
come sia stato possibile amarmi
come tu mi amasti
un certo numero di volte
che non ho registrato
perché ero un bambino
perché non sapevo i ricordi
sarebbero stati soltanto
dei vuoti da riempire
con immagini e parole
non con la carne e la pelle
o le mani sui reni su e giù.

Di alcuna sostanza i ricordi
son fatti: vita prosciugata
come un’impronta sull’acqua:
non c’è e non si vede eppure
l’hai fatta, di lì è passato il passato.

Non ricordo come
ti chiamavo senza dire il tuo nome
ti stringevo senza toccarti l’addome
ti coglievo senza strapparti le chiome
ti prendevo a sassate con il cotone
e fingevo che non avrei ricordato
che avrei dimenticato tutto
quello che c’era da dimenticare
compresa quella parte di me
che non si ricorda come
sia stato possibile amarti.


lunedì 22 gennaio 2018

Il potere magnetico

71.
« Pseudomenos. Il potere magnetico di suggestione che le ideologie continuano a esercitare sugli uomini, nonostante che la loro trama sia divenuta nel frattempo così logora da lasciarsi quasi attraversare dallo sguardo, trova una spiegazione, al di là di ogni considerazione di carattere psicologico, nel declino dell'evidenza logica come tale. Le cose sono giunte al punto che la bugia ha il suono della verità, e la verità il suono della bugia. Ogni affermazione, ogni notizia, ogni idea è modellata in anticipo dai centri dell'industria culturale. Ciò che non è segnato dall'impronta familiare di questa preformazione appare a priori inattendibile, anche perché gli organismi che modellano l'opinione pubblica sono in grado di fornire, a tutto ciò che esce dai loro impianti, tutte le pezze d'appoggio documentarie e tutta la forza dimostrativa di cui il potere totale di disposizione può facilmente venire in possesso. La verità che vorrebbe ribellarsi e contrastare a questo potere non reca solo il marchio dell'inverosimile, ma è altresì troppo debole, troppo povera per potersi affermare in concorrenza con l'apparato di diffusione e distribuzione altamente concentrato dell'industria culturale [...]».
Theodor W. Adorno, Minima moralia. Meditazioni della vita offesa,  Einaudi, Torino 1954 (ed. NUE 1979)

Dato che, da tempo oramai, ne è rimasta soltanto una sulla piazza, del brano riportato io cambierei soltanto un plurale con un singolare, sì che la frase iniziale diventi:
«Il potere magnetico di suggestione che l'ideologia continua a esercitare sugli uomini».
 Quale ideologia? Quella capitalista, bellezza.

domenica 21 gennaio 2018

Maturo e fisiologico

Dato che non devo farmi convincere da nessuno, la campagna elettorale - e le stronzate che l'accompagnano - per me non esistono, se non come flatus vocis, piccoli peti vaganti che io scanso aprendo altre finestre che non quelle della cronaca politica. 
È una sensazione particolare perché, bene o male, poco o tanto, fin dal mio primo certificato elettorale ricevuto, io mi interessavo alle proposte politiche avanzate dai candidati, ascoltavo le varie tribune politiche, leggevo editoriali, insomma: mi facevo un'idea su quale partito fosse preferibile votare e, il giorno delle elezioni, votavo quello scelto con un minimo di convincimento e speranza.

Così è stato, dalla X alla XVII legislatura.
La diciottesima, per contro, quella che sarà eletta il prossimo quattro marzo, da bravo maggiorenne, niente, non suscita in me alcun interesse, curiosità, analisi, ricerca, ascolto... niente. Quasi completo distacco, salvo - ripeto - dover subire il rumore di fondo, il brusio, l'insistita attenzione che i media nostrani inevitabilmente dedicano alla campagna elettorale.

Da un punto di vista bloggeristico, questo è un guaio, giacché le facezie politiche erano per me una pressoché costante fonte di ispirazione, linfa grezza che elaboravo in scrittura quotidiana. Scrittura che, conseguentemente, si è diradata. Pazienza.

D'altronde non mi va di scrivere di meno di niente, coi puntini che lo compongono, maschere rifatte o create ex novo. Anche i simboli dei partiti, unica cosa che poteva ancora offrire qualche suggestione... Un disastro, fanno tutti graficamente pena, non uno che si salvi dallo squallore. E dire che, un tempo, complice una giovinezza meno ammorbata dall'orgia di immagini digitali, mi soffermavo sovente davanti ai cartelloni affissi nelle strade della città a guardare i cerchietti con scudi crociati, soli dell'avvenire o ridenti, falci e martelli, pugni, rose, garofani, fiamme, bandiere tricolori con acrostico, foglie d'edera (esteticamente, la mia predilezione andava a questa, e se non fosse stato che era il simbolo preferito anche da Gianni Agnelli, chissà...).
E invece adesso me ne sto in disparte, maturo e fisiologico, come l'astensionismo nella democrazia matura. 
[continua]

giovedì 18 gennaio 2018

Bruca Massaro


Momenti particolari della vita in cui si ha contezza che siano momenti particolari nello stesso momento che accadono, né prima né dopo, durante, e la percezione intera di qualcosa che cambia, dentro, orologio biologico e psicologico, un movimento diverso, un mutato atteggiamento faccia alla quotidianità e alle faccende che impone, o anche agli eventi che il politico, tramite il mediatico, sugli schermi, propone. Isolamento dell’io che fa i conti con se stesso, usando gli addendi d’impotenza e rassegnazione, consolazione e resistenza. 
Tutto si tiene, non avere niente da dimostrare perché non era stata fatta alcuna ipotesi su quello che avremmo potuto essere. Nessuna fede che abbia piegato la mente verso taluna o talaltra direzione. Essere franco coi propri limiti per non cedere alla menzogna che l’io potrebbe essere se volesse. Io non voglio – e finita lì. Non per cedere al vittimismo, ma è preferibile dare la colpa a se stessi, ai propri limiti, ai preferisco di no, sono stanco, chi me lo fa fare, che alle circostanze. Tanto oramai il filo a piombo del caso mi ha piombato qui, in questo spazio tempo e luogo e non mi chiedete di fare, viaggiare, essere, lettera o testamento. Quanta parte ancora di pensiero userò per conoscere me stesso?
Speriamo poca.
«Connais toi toi-même. Maxime aussi pernicieuse que laide. Quiconque s'observe arrête son développement. La chenille qui chercherait à bien se connaître ne deviendrait jamais papillon.» 

André Gide, Les Nouvelles Nourritures, 1935
_______________
«Conosci te stesso. Massima tanto perniciosa quanto brutta. Chiunque si osserva, arresta il suo sviluppo. Il bruco che cercasse di conoscere bene se stesso non diventerebbe mai farfalla».



martedì 16 gennaio 2018

Arabia inaudita



Tu pensa se, all'epoca dell'Apartheid, il governo bianco sudafricano avesse inaugurato il primo salone auto per sole donne nere e che poi, esse, una volta acquistato - con le cambiali a vita, beninteso - una Volkswagen Jetta o una Fiat Tempra, avessero voluto guidare anche i taxi.
Chissà come sarebbero stati contenti i media statunitensi, ma soprattutto quelli nostrani che tanto volentieri si accodano nel mostrare simili notizie edificanti, che testimoniano, a fortiori, come la monarchia dei Saud sia uno dei regimi più avanzati e progressisti del pianeta, dove regnano libertà, democrazia, parità sociale e tanto amore per il vicinato sciita. 
Chissà: forse Mandela sarebbe morto in carcere e tutti pari.

A proposito: dopo il blocco dei negoziati con la Turchia, a quando la proposta di far entrare l'Arabia saudita in Europa?


domenica 14 gennaio 2018

Nuntereggae LeU

Dei partiti o movimenti politici formatisi nel corso della storia repubblicana, è invalsa l'abitudine di creare, dai loro nomi, degli acronimi.

DC, PCI, PSI, PRI¹, PLI, PSDI, MSI, PDUP, DP per dare un elenco di massima della cosiddetta Prima repubblica.
Successivamente: FI →PdL, PDS →DS →PD, CCD → UDC, UDR, PRC, SeL, IdV, M5S (sicuramente, ne avrò dimenticato qualcuno).

Ultimo, ma non ultimo, è il caso di Liberi/e e Uguali, trasformato dai giornali nella sigla LeU
Nato (biblicamente) da una costola del PD e da un'unghia tagliata della Sinistra italiana, il movimento o partito guidato da Pietro Grasso si propone di offrire una politica non dico alternativa, quantomeno diversa da quella proposta dal PD. Ma quanto diversa? Quanto alternativa? Quanto progressista e di sinistra?
Il nome scelto indica che i loro principi guida saranno Libertà e Uguaglianza. Fratellanza no, giacché i membri del partito (o movimento) sono già tutti fratelli (e sorelle). 

Ma lasciamo perdere. Concentriamoci sui due concetti utilizzati.
La libertà è un valore imprescindibile e la politica italiana necessitava che, finalmente, qualcuno la riportasse a essere soggetto e non mero complemento di specificazione (Popolo della Libertà).
Anche l'uguaglianza è un valore cardine della democrazia, ma, a differenza della libertà, essa non è, purtroppo, un dato di partenza, bensì un traguardo da raggiungere. A tal proposito, sarebbe interessante che i candidati di LeU definissero, in linea di principio, quali sono le condizioni (anche minime) che lo Stato dovrebbe garantire per far sì che, per esempio, nella realtà sociale, rappresentante (il politico) e rappresentato (il cittadino) siano effettivamente uguali. Detto altrimenti, come esempio: se, in considerazione degli ultimi cinque anni di legislatura, posso, senza difficoltà, dichiarare di essermi sentito libero come un Grasso o un Fassina, viceversa, faccio fatica assai a sentirmi, dopo cinque anni di lavoro, uguale a loro, in termini spicci e spiccioli, sia di contribuzione, di stile di vita parlamentare nelle piazze di Roma, di contributi versati per la pensione e la facilità di ottenimento della stessa. 

Ma lasciamo perdere. 
Analizziamo, infine, i contrari dei due concetti utilizzati. 
Converrete che il contrario dell'essere libero sia essere prigioniero; e che uno dei contrari di essere uguale sia essere differente, o diverso, o disuguale.
Orbene, se provassimo a creare un movimento politico che abbia come nomi i suddetti contrari: ad esempio, Prigionieri e disuguali, otterremmo un acronimo assai rivelatore: P[e]D. 
Prigionieri e Disuguali, tal quale si sentivano la maggioranza dei membri del novello partito nell'ex partito di provenienza.
Poveri dindi repressi dal tacchino di Rignano.
_________________
¹ Forse perché c'era il PRI, i Radicali conservarono il loro nome per intero. Lo conservò anche la Lega perdendo prima la foglia lombarda e poi, giornalisticamente, pure il nord.

giovedì 11 gennaio 2018

Pensavo

Pensavo al merito. Pensavo al rituale del me. O al me ritto, quando, manifestamente, il testosterone impone le sue ragioni e io - appunto - me ne sto ritto, in disparte, come un ragno senza tela a veder passare prede accessorie accanto che non catturerò mai. Lo sospettavo: non sono abbastanza meritevole. La meritocrazia impone le sue leggi e io sono, a tutti gli effetti, un fuorilegge nei confronti di tale potere. Quanto costa un pacchetto di merito da venti?

***
HAIKU

Pensavo a Berlusconi. 
Anzi, no: non ci pensavo.

Pensavo a Renzi. 
Figuriamoci.

Pensavo al resto. 
Mancia.

***
Poi scesi in una valle di lacrime con le infradito ai piedi - come mi aveva suggerito un'amica esperta nel percorso Kneipp. Fu un'esperienza rilassante, soprattutto la moltitudine, la confusione susseguente e la mancanza di concentrazione che ne scaturì. Capii definitivamente che non potevo più sostenere tesi, solo vaticinare o lanciare strali contro la corruzione degli esempi di vita che il tardo capitalismo propone e impone a modello di una raggiunta perfezione umana. 

***
STRESS PICCOLO BORGHESE¹

Moglie? Bene.
Lavoro? Bene-bene.
Casa? Bene.
Figli? Bene.
Salute? Bene.
Palle? Piene.

¹ Roberto Freak Antoni, Non c'è gusto in Italia ad essere intelligenti, Feltrinelli, 1991

***
Onde evitare, soglio adottare una tattica preventiva, che distragga e faccia fluire una pienezza che altrimenti incatenerebbe la mente a un pensiero fisso. La donna è mobile. Infatti.

***
La donna? Si dà.
Il bambino? Può darsi.
Gli uomini? Alti e bassi.
La terra? Spartiacque.
La morte? Giro di vite².

² Alessandro Bergonzoni, L'amorte, Garzanti 2013

***
Mi sussumo, nel senso che mi prendo per le mutande e mi butto in terra fuori dal dohyo. Ho vinto.

lunedì 8 gennaio 2018

Presidente


Presidente, Presidente, Presidente! Buonasera Presidente. Presidente, buonasera. Presidente, da questa parte, Presidente. Presidente, si accomodi, Presidente. Presidente, Presidente, Presidente! Un sorriso, Presidente. Grazie, Presidente. Presidente, come sta? È un piacere rivederla, Presidente. Presidente, la vogliono al telefono. Presidente, Presidente per favore, Presidente. Confidiamo in Lei, Presidente. Presidente, sempre in ottima forma, Presidente. Presidente, tutto a posto? Desidera qualcosa, Presidente? Presidente, Lei è uno di noi. Presidente, Lei è il nostro Presidente. Presenti, Presidente, siamo qui per Lei, Presidente. Presidente, di qua, si accomodi, di là, Presidente, si segga, Presidente. Presidente, una firma. Applausi al Presidente! Presidente, c'è un residente che vorrebbe una p. Presidente, permette una domanda, Presidente? Perché le piace così tanto la parola presidente? Cosa prova esattamente a sentirsi chiamare Presidente? Quante volte è stato Presidente, Presidente? Lo sa, vero, Presidente, che questa volta non potrà essere presidente, pur rimanendo, naturalmente, Presidente? Mi tolga una curiosità, Presidente. Durante le occasioni in cui ha rivestito la carica di Presidente di diverse, numerose presidenze, perché continuava a farsi chiamare Presidente al singolare? Le avremmo dato volentieri del Loro, signor Presidenti. Adesso, invece, quante cariche di presidente riveste, signor Presidente? Lo sa, Presidente, quanti presidenti ci sono in Italia? Qualche milione, Presidente. Eppure, ci tengo a precisare che Presidente come lei, nessuno mai. Infatti, Presidente, quando Lei si trova a convegno con altri presidenti, l'unico Presidente a essere stato chiamato in Giudizio è lei. Tutti gli altri sono presidenti da latte. 
Lunga vita al Presidente! 
In bocca al lupo, Presidente. Crepi, Presidente.

domenica 7 gennaio 2018

Fuma fuma


Dunque non sono solo a rilevarne il dato: complessivamente, tra film e serie tv, gli attori hanno ripreso a fumare di più sulla scena. Ci pensavo ieri sera al cinema, vedendo il personaggio interpretato da Paola Cortellesi in Come un gatto in tangenziale, film bellino, soprattutto - secondo me - per la presa per il culo (non so quanto voluta) di Giovanna Zucconi (e, quindi, Michele Serra) riferita alla coltivazione di lavanda da parte della ex moglie del personaggio interpretato da Albanese. 

Aldilà del fatto che, in questo film, a fumare erano i coatti, non certo i borghesi, è un dato che, in generale, il fumo coinvolga i personaggi di molti film e serie televisive in scene topiche di riflessione, tensione, pausa, che la narrazione prevede. E questo accade dopo un periodo di censura generalizzata contro le sigarette, che il circuito mediatico hollywoodiano impose anni addietro (a seguire il resto del globo) che vide le volute di fumo (o semplici pei) scomparire dalle bocche dei personaggi, mentre adesso, zaffete, è tutto un accendere cicche.

Più che domandarmi se dietro questa svolta vi siano state pressioni, patenti o sotterranee, delle cosiddette lobby del tabacco (le marche delle sigarette, comunque, non si vedono), quello che mi incuriosisce è sapere perché fumare abbia ancora così tanta presa scenica e conferisca, al fum-attore, una caratterizzazione specifica che, ad esempio, se avesse una carota in mano da rosicare, non avrebbe. 

Dico una carota, ma potrebbe essere anche un frutto: infatti, c'è una scena del suddetto film, in cui i protagonisti, coi rispettivi figli, vanno al mare, su una desolata spiaggia nei pressi di Capalbio. A un certo punto, da un piccolo contenitore di provviste, Albanese tira fuori della frutta, tre albicocche e una banana. Ora, a parte che la banana tocca alla Cortellesi, mi è sembrato che questo sia un buon espediente scenico (qui in rappresentazione del fatto che i borghesi sono raffinati, contrariamente ai sottoproletari che magnano lasagne e fumano sulla spiaggia), da riproporre al di là del contesto "salutistico", anche per uscire dai soliti schemi che, secondo me, danno al fumo una valenza introspettiva soffocante come la nebbia in Val Padana.

Eppure fumare sembra ancora così sexy. Perché? Io non ho niente contro il fumo (ho fumato, poco, anch'io), ma sinceramente, ditemi: è più eccitante baciare una bocca dopo che ha tirato un peo o una bocca dopo che ha masticato una mela?

Dipende se ha lavato la buccia.

sabato 6 gennaio 2018

La natura dello scambio

Ogni tanto tiro giù dallo scaffale un piccolo libello di barzellette filosofiche, Platone e l'ornitorinco, apro a caso, ne leggo un paio e rido.

Oggi ne ho trovata una che mi sembra molto in tema con la vicenda molestie sessuali nel mondo dello spettacolo e degli affari in generale.
Tuttavia, prima di trascriverla, vorrei sgombrare il campo dagli equivoci: è un bene che tale scandalo sia "scoppiato" e che s'impongano nuovi costumi, nuovi limiti al potere di ricatto nei confronti soprattutto delle donne, le quali, per ottenere qualcosa in campo professionale, sono state costrette a cedere qualcos'altro in campo corporale. Ciò detto, ecco la barzelletta:

Lui: Verresti a letto con me per un milione di dollari?
Lei: Un milione di dollari? Wow! Credo di sì.
Lui: E che ne dici di due dollari?
Lei: Sparisci, amico. Per chi mi hai preso?
Lui: Quello l'abbiamo stabilito. Adesso stiamo tirando sul prezzo.

Orbene, io penso che, se fossi uno dei giudici che si troveranno a emettere una sentenza nei confronti di produttori, registi, attori, manager vari, darei l'assoluzione soltanto a coloro i quali, durante la contrattazione, hanno posto, in modo inequivocabile, anche la seconda domanda.  

venerdì 5 gennaio 2018

Vuoti a rendere

Volevo sorvolarci sopra, come un sacchetto al vento sopra una discarica, ma l'occhio è caduto a piombo su questo:

0,81 euro un'arancia. Vale a dire: un'arancia pagata 1568,37 lire (obsolete) italiane (ricordiamo il cambio: 1€ = 1936,27 lire).
Un'arancia tarocco - frutto italiano al momento di stagione - pagata ottantuno centesimi in un supermercato italiano.
La signora (Lucia Poli dell'Anna) che ha fotografato la scena e pubblicato l'immagine sul suo account facebook (e diffusa, a babbo morto, dai principali quotidiani italiani) ha scritto:
«Fatta la legge trovato l'inganno: mio marito è un genio».
No, signora, mi spiace deluderla: suo marito, forse, sarebbe stato un genio se avesse tolto anche la buccia.

mercoledì 3 gennaio 2018

Sempre più approssimabile

«I salari», dice J. St. Mill, «non hanno forza produttiva; sono il prezzo d’una forza produttiva; i salari non contribuiscono alla produzione delle merci assieme al lavoro, più che non contribuisca il prezzo delle macchine stesse. Se si potesse avere lavoro senza acquistarlo, i salari sarebbero superflui»[49]. Ma se gli operai potessero vivere d’aria, non si potrebbero neanche comprare a nessun prezzo. La gratuità degli operai è dunque un limite in senso matematico, sempre irraggiungibile, benché sempre più approssimabile. È tendenza costante del capitale di abbassare gli operai fino a questo punto nichilistico.
Karl Marx, Il Capitale, Libro I, Cap. 22.

La fase nichilistica, nella nostra epoca, conosce una fase piuttosto avanzata. 
Ma non fraintendiamo: tale tendenza costante del capitale sottende l'indole filantropica del capitale stesso di insegnare, a tutti coloro i quali, per vivere, debbono vendere la loro forza lavoro, a vivere d'aria, visto l'andazzo del poco “lavoro” disponibile, molto del quale precario, sottopagato e, a tratti, persino gratuito.

«Dato che stanno rassegnandosi a vivere con poco, insegniamogli pure a vivere con niente», propongono i Mill odierni, dagli Herald Tribuni online coi contenuti a pagamento o dalle comode poltrone di ospiti dei talk show.

Alcuni suggeriscono che a fare da guida alle moltitudini su come imparare a vivere d'aria siano quei politici che, dai bar Casablanca delle Camere basse della repubblica, ogni tanto si avventurano in scioperi della fame a tempo assai determinato, nutriti di schiumosi cappuccini zuccherati che lasciano, sulle loro labbra superiori, tracce di resistenza alle avversità della vita.

Altri, invece, i giuslavoristi, parlano di merito e di riqualificazione della professionalità, di educazione agli adulti, prodigandosi, da parte loro, di togliere lacci e lacciuoli a una legislazione che concede ancora troppi privilegi a chi lavora, tipo le ferie, i permessi, la cassa mutua e gli scatti di anzianità. Al grido di «Lo stipendio è un privilegio: lavorare gratis, lavorare tutti», si ergono a paladini della parità di diritti tra i proletari.

Ultimi, ma non ultimi, i padroni del vapore assistono silenziosi alla piega giusta che ha preso il rapporto tra capitale e lavoro (nel senso di zitti tutti e inchinati al volere del padrone) - e tacciono, facendo finta di non sapere che ciò che è dal sistema reso superfluo o espulso per ragioni di produttività, è l'unica cosa che aggiunge valore al capitale. Così si ingegnano per «abbassare gli operai fino a un certo punto nichilistico». E intanto ne approfittano loro per campare non d'aria, ma in aria, come dèi benevolenti o capricciosi.

lunedì 1 gennaio 2018

Il marcio di Radetzky

La mattina del primo gennaio 2018, l'editore Ubald von Schenker si alzò con un forte senso di nausea e un gran mal di testa. Ebbe a mala pena la forza di orinare e, dipoi, giunto sul divano, sdraiarsi, socchiudere gli occhi, faccia alla tenue luce di un'alba grigia e piovigginosa, nel vano tentativo di difendersi dalle spirali di dolore concentrico che gli aggredivano la fronte.

Eppure non aveva partecipato ad alcun cenone, né tantomeno bevuto più del solito, soltanto un bicchiere di vino buono, durante i pasti, com'era solito fare; inoltre, era andato a letto presto, poco dopo la mezzanotte, giusto per rispettare la sola tradizione che si era imposto di rispettare, a capodanno: sputare sullo schermo televisivo allo scoccare della mezzanotte, prendendo la mira sul conduttore di turno di quelle trasmissioni idiote che fanno il conto alla rovescia, sul niente.

Olga, la domestica, conosceva il rituale dell'editore e quindi provvedeva subito, un minuto dopo la mezzanotte, a pulire lo schermo con carta assorbente e un pulivetri comune. Dopodiché, era invitata da lui a partecipare al brindisi, visto che erano soli in quella casa: Ubald von Schenker era rimasto vedovo da un paio d'anni e i figli vivevano altrove. 

«Che disdetta», pensava, «proprio stamani questo fottuto malditesta a tormentarmi, con tanti giorni che ho a disposizione per subirlo in santa pace, oggi, invece, devo affrontarlo in pubblico, a quel cazzo di concerto che si ripete da tempo immemore, con quelle musiche, che, nevvero, hanno il solo pregio di essere eseguite una volta all'anno e poi basta, fine, i restanti giorni richieste soltanto a qualche matrimonio o da una banda di paese in cerca di applausi fuori tempo».

Ubald von Schenker era infatti stato invitato dalla Baronessa Magdalene von Frish, sua cara amica, ad accompagnarla al concerto di capodanno al Musikverein di Vienna. Erano le sette e trenta e, tra due ore, doveva passare a prenderla, e - sempre sul divano - al malditesta si aggiunse la nausea e una sospetta voglia di vomitare.
«Olga, per favore: preparami un caffè».

Nonostante lo bevesse contro stomaco, il caffè produsse in lui, di lì a poco, lo stimolo per andar di corpo, cosa che fece, copiosa e che gli dette l'impressione di star meglio. «Speriamo, via», disse, mentre montava il sapone da barba. Quindi si rasò, si fece una doccia più lunga del solito, molto calda e insistita sulla fronte, si asciugò, si vestì come conveniva per l'occasione, si guardò allo specchio, chiamò Olga per sottoporsi al suo occhio clinico di donna - e lei gli disse che era tutto a posto, «È proprio un bell'uomo signor Ubald» - e via, l'autista era pronto, la baronessa si era raccomandata di essere puntuali.

Quando entrarono, la platea e gli spalti del Musikverein erano quasi gremite, tranne le prime file, naturalmente, riservate agli ospiti più illustri. A lui e alla baronessa erano riservati due posti di seconda fila, proprio dietro le autorità. Una maschera provvide ad accompagnarli con deferenza e loro, per un attimo, sentirono addosso gli occhi di tutti gli spettatori da tempo seduti, che li seguivano con uno sguardo frammisto di invidia e ammirazione.

Il concerto ebbe luogo, come di prassi. Il maestro Muti, poi, era una garanzia: con lui i musicisti davano sempre il meglio; inoltre, il maestro impreziosì il programma, centrato come sempre sulla famiglia Strauss, con pagine di altri autori, tra i quali Suppé e Czibulka [m.c.]. Poteva, infine, mancare la marcia di Radetzky? Non mancò. E fu proprio in quel momento, durante le prime battute, che l'editore Ubald von Schenker sentì, più forte degli applausi a tempo del pubblico, il rumore di un grande scorreggione, al quale non seppe attribuire l'esatta provenienza: poteva essere la baronessa? La sua sorridente tranquillità non lo faceva presagire. Poteva essere il nuovo cancelliere austriaco, Kurz, oppure il presidente della Bulgaria o quello dell'Estonia, seduti proprio davanti, o i loro rispettivi capi di gabinetto? Fatto sta che, al tuono, seguì il vento: un fetore potente invase le prime due file, gli occupanti delle quali, stoicamente, condotti a ritmo dal direttore d'orchestra, resistettero sino alla fine a portarsi un fazzoletto o qualcos'altro di tela, al naso. Solo la baronessa ebbe un cedimento: smise di applaudire, tuffando le narici in una boccetta di eau pour femme di Guerlain.

Per fortuna, il personale addetto alla sicurezza corse in soccorso delle personalità coinvolte nello sturbo, facendo giungere nelle prime file, a riscontro, aria fredda e umida del Danubio che presto riportò la situazione alla normalità.

Il concerto ebbe fine di lì a poco, tra gli scroscianti applausi del pubblico. L'editore e la baronessa, salutati i conoscenti più illustri, si recarono a pranzo insieme presso un ristorante rinomato della capitale. Trascorsero ore piacevoli, di pacata conversazione, consolidando con ciò un'amicizia che era sorta da poco, più o meno da quando lui era rimasto vedovo e lei ebbe ottenuto il divorzio dal marito.
Quando furono al dessert, la baronessa, inaspettatamente, chiese: «Scusami Ubald, ma durante Radetzky, l'hai sentito anche tu prima quel "rumore" e poi, a seguire, quell'insopportabile puzzo?». E lui: «Sì». «E secondo te - continuò lei -, perché nessuno ha detto niente?». «Magdalena - rispose - forse perché chi la sente ne è parente». «D'accordo Ubald. Ma se nessuno l'ha sentita, secondo te, da quale culo "importante" sarà uscita?».

Dopo aver terminato il dolce, in attesa del caffè, si guardarono a lungo negli occhi in attesa di una risposta, muti. E scoppiarono a ridere.