martedì 31 luglio 2018

No tatoo 5

«Oh, Federico, che sorpresa! Come stai? Quanto tempo è passato! Ma a te non è passato il tempo, sembri addirittura più giovane. Ti mantieni in forma, eh? Beato te, hai tempo per farlo, io, invece, questo nuovo lavoro mi distrugge. Ho dovuto cambiare società perché con la precedente non c'era più pane. Adesso, sì, finalmente rivedo la luce, si guadagna, ma che fatica. Praticamente mi sono dovuto reinventare: nuova tipologia di prodotti e clienti. È stata... è dura, ma rispetto a qualche mese fa viaggio meglio. A casa, tutto bene? Lo sapevi che mi sono separato, vero? Eh, che vuoi: Claudia non sopportava più le mie assenze. Ma no, no. Inutile che ti nasconda: mi ha lasciato lei, per Marco, il suo primo amore, già. In pratica, si sono ritrovati sui banchi di scuola, però da insegnanti. E mentre io ero a farmi il culo con il nuovo lavoro, lei ha avuto tempo di innamorarsi ancora. È un guaio per i figli. L'unica cosa buona è che sono grandi, sapranno giudicare, capire, forse perdonare. Bah, che vuoi, al momento vogliono stare con la mamma. È una fortuna per me, ché il monolocale che ho trovato non consente tante comodità. E poi è lontano dalla loro scuola e dal resto. Ho preferito trovare una sistemazione dall'altra parte della città, sia perché sono più vicino alla sede della ditta, sia perché così ho meno probabilità di incontrarli, quei due, mi monta addosso un nervoso a vederli insieme, sorridenti, sbattermi in faccia il loro amore senza il minimo ritegno, che vorrei... ma no, no, non voglio neanche pensarlo. Ma dimmi, come sta Paola? Ho saputo che è stata male... si è ripresa? E tuo figlio, è ancora in Inghilterra? Eh, ci credo, gli inglesi non sono mica stupidi, ragazzi così non se li fanno certo scappare, altro che Brexit, lo capiranno presto che gran parte della loro fortuna è dovuta a ragazzi come Tommaso, un vero cervello in fuga. Andiamo a bere un caffè adesso, hai tempo? No? Peccato. Potremmo ritrovarci ogni tanto. Ce l'hai il mio nuovo numero? Così magari ci mandiamo un whatsapp per fissare. Ecco. Ma cosa hai fatto alla gamba? Un tatuaggio? E questa tinta unita verde scura che sembra una calza aderente o, peggio, un livido (mi ricorda mia nonna, che aveva le piaghe per via delle vene varicose e teneva le gambe bendate e a sera mia zia gliele sfasciava, la medicava e io vedevo tutto quel pus uscire), questa pennellata paonazza che ti parte da sotto il ginocchio sino alla caviglia sarebbe un tatuaggio? Come dici? Claudia ha fatto bene a lasciarmi? Che discorsi fai, che stronzo sei? Ma vaffanculo, va’».

lunedì 30 luglio 2018

Illegittima offesa 2

C'è una sorta di giustificazionismo generale che neanche ai tempi dei "compagni che sbagliano". Epperò, a quei tempi, visto che i compagni che sbagliavano colpivano i vertici dello Stato, la risposta del potere statale fu dura e condivisa da tutte le forze politiche. Adesso che, invece, ad essere colpiti sono le vittime più "sacrificabili" (gli ultimi della società), dal potere (vedi il molto onorato Salvini*, vedi persino Giulia Bongiorno: «L’allarme razzismo non esiste, l’unico allarme è il caos che nasce dall’indiscriminata apertura a qualunque immigrazione») abbiamo una completa, interessata sottovalutazione del fenomeno, non più strisciante, bensì a serpente a sonagli con la testa alzata qual è il razzismo nostrano.

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* Secondo me, oltre alla tracotanza, è pure l'ignoranza cogliona quella che ha fatto pronunciare ieri, al ministro dell'interno, la celebre, orrida frase mussoliniana. Non c'è niente da fare: anche lui, come prima Renzi, è uno che ha il cervello resettato da un trentennio di propaganda berlusconiana di un fare politico che prima di pensare all'interesse generale, deve confortare e rinforzare il proprio ego minorato - tenendo bene in conto di non toccare, o scherzare troppo con gli interessi generali consolidati.

Illegittima offesa

I recenti e frequenti episodi di razzismo violento e omicida, di caccia al migrante di colore, dalle fucilate di Macerata, fino a quello odierno ad Aprilia, saranno combattuti dalla magistratura (e dai poteri dello Stato in generale) con la stessa determinazione e forza con le quali è stato sconfitto il terrorismo brigatista e contrastato - ma non sconfitto - il fenomeno mafioso?
Oppure, dato il clima generale, i responsabili di tali crimini godranno di una sorta di giustificazionismo socio-politico-giudiziario che concederà loro delle attenuanti?

Se questo fosse il caso, allora il legislatore, oltre a una maggiore concessione dei limiti della legittima difesa, sarebbe logico provvedesse a disporre una legge sulla legittima offesa.

Se invece, e non solo a parole, lo Stato (la politica e le istituzioni) vuole debellare il fenomeno, allora credo sia necessario che sia applicato il carcere duro, il disumano 41bis, anche per costoro che si macchiano di crimini di stampo razzista (o di violenza sulle donne e sui minori).

sabato 28 luglio 2018

A scaffale

Il termine "mercantile" si riferisce solo al comprare e al vendere. Una società mercantile nemmeno esiste. Il capitalismo è essenzialmente un modo di produzione e non un semplice modo di circolazione. Perciò l'espressione "economia di mercato" induce in errore. Marx già dimostrò che la riduzione della modernità a circolazione delle merci costituisce l'eldorado dell'ideologia capitalista, perché nel mercato appaiono solo proprietari "eguali" e "liberi" di merci e denaro. Però la merce ha da essere oggetto di produzione prima di diventare oggetto di circolazione.
Il mercato non è il luogo dell'incontro di soggetti "liberi", ma essenzialmente la sfera di "realizzazione" del plusvalore, pertanto della riconversione della forma merce nella forma del denaro. Si tratta del movimento del valore, del "soggetto automatico" (Marx), di uno stato di aggregazione verso l'altro. La merce non sussiste per sé, ma è uno stadio della valorizzazione. E i soggetti del mercato non sono che gli agenti di questo movimento. Ma la produzione generale delle merci è possibile solo attraverso la trasformazione della forza lavoro umana in una merce sui generis, e una forma generale del valore è possibile solo attraverso il plusvalore come irrazionale fine a se stesso. Esattamente in questo punto si mostra che la "socializzazione negativa" del capitale non consiste nell'appropriazione soggettiva del plusvalore da parte dei proprietari giuridici ma nella stessa forma valore, che si rende generale solo mediante il postulato sistemico del plusvalore. Dietro la "libertà" formale della circolazione, si incontra la soggezione (originalmente violenta) degli esseri umani al "lavoro astratto". È questa la relazione basica genuina del sistema produttore di merci. E questa relazione è portata all'assurdo nella terza rivoluzione industriale. Non è solo un problema di disoccupazione e miseria di massa, ma anche un problema dello stesso capitale, il quale comincia a perdere la "sostanza" della sua valorizzazione a causa della sua stessa dinamica.
La valle dove abito ha conosciuto, all'incirca dagli anni Sessanta a fine anni Novanta dello scorso secolo, una relativa espansione industriale e artigianale (con conseguente occupazione e parziale ricchezza del territorio), che si è andata via via esaurendo, fino ad assistere, a partire dagli anni duemila, alla vendita e al trasferimento di alcune imprese, al fallimento di altre (e al conseguente calo dell'occupazione e impoverimento del territorio). Resistono ancora alcune imprese che hanno mantenuto e/o sviluppato la propria capacità produttiva e di mercato, ma certo non sufficienti, da sole, a garantire prosperità all'intera vallata.

Accanto al declinante andamento del cosiddetto settore economico secondario (lasciando perdere il primario che è svolto da poche imprese agricole a gestione per lo più familiare che fanno buoni prodotti di nicchia), è cresciuto, oserei dire a dismisura, il settore terziario, non tanto quello relativo ai servizi e al turismo, bensì quello che riguarda il comparto super e iper mercati presenti sul territorio, non giustificato in rapporto al numero degli abitanti e alla loro complessivamente ribassata capacità di spesa. Infatti, la popolazione della vallata è più o meno la stessa di sempre, ma con meno soldi in tasca.

Questa riflessione socio-economica deriva dal fatto che ieri sono entrato per la prima volta in un grande negozio gestito da cinesi, di quelli che vendono di tutto (tranne alimentari, credo), ubicato in un ex capannone industriale nel quale, forse, prima si trovava un maglificio o chissà che.

Undici del mattino, tre persone (io, una signora dalla voce roca e un giovane cassiere col ciuffo manga) e una quantità sterminata di merci in vendita: abbigliamento, giardinaggio, utensileria, materiale elettrico, pentolame, bricolage, cartoleria, prodotti per la pulizia. Allo spaesamento generale che tali negozi (negozi? veramente negano l'ozio?) provocano, si è aggiunto lo stupore quando alla cassa la signora per pagare una ventina di euro di roba ha usato un biglietto da 100€. Nel farle il resto, il cassiere ha alzato il cassetto di banconote e spiccioli per ivi riporre le cento euro (comunemente non c'è lo spazio per le cento euro nei registratori di cassa) e, appunto sotto, ho visto una mazzetta di banconote di quel taglio che, considerata la scarsità della clientela in quel momento, mi ha fatto pensare: come diamine avrà fatto il negoziante a incassare tutti quei quattrini in una mattinata? Oppure anche: se i soldi in cassa non erano frutto delle vendite incassate quel giorno, perché i soldi non sono stati trasferiti su un conto corrente o, più facilmente, in una cassaforte?

Ma a parte questo dettaglio venale, riprendendo le parole sopra riportate di Robert Kurz: se la merce non sussiste di per sé ma è uno stadio della valorizzazione, quando si osserva, da vicino, il mancato assolvimento di tale compito di mediazione (schiere di supermercati con scaffali pieni di invenduto), è naturale domandarsi: dov'è la razionalità in tutto questo andamento economico e produttivo? 

giovedì 26 luglio 2018

Le funzioni sociali non muoiono

Non hanno aspettato la morte imminente, l'hanno prolungata per interesse, venale interesse di bottega, di fabbrica, di finanziaria (diciamo meglio), non certo per confortare i dipendenti dicendo loro che il direttore, tanto buono e caro e salvatore, non sarebbe ritornato a dare loro la carezza della buonanotte a fine turno - quale che sia il turno, alla fiat e altrove, si ha sempre voglia di dormire.
Non hanno aspettato, l'hanno dichiarato quasi morto prima, quando i mercati erano chiusi, pericolo ribassi degli investimenti, perché è gente che s'intigna coi titoli dei Manifesti e con le offese irrispettose di chi fa presente che tutta questa salvazione (salivazione) veramente non è stata granché (Grande Punto) percepita, dal basso (forse in alto, certamente), bravo per loro che l'hanno pagato (dai quali è stato pagato),capirai, ha fatto il suo lavoro egregiamente, e io becco e bastonato dovrei pure dire requiescat in pace, amen? 
Ma il caro estinto avrebbe approvato, avrebbe fatto lo stesso se - per esempio - fosse morto Lapo - anzi: forse se fosse morto Lapo il tono sarebbe stato meno drammatico.
A ognuno la sua funzione sociale. Lui, la sua, l'aveva guadagnata sul campo, da figlio di maresciallo qual era. Gli altri, coloro che lo pagavano, l'hanno invece ereditata, molto più facile questo sistema, andrebbe esteso a tutta la popolazione, con l'esproprio.
E sia, salutiamolo, dato che in questi anni è stato per certi versi un soggetto della storia minima d'Italia e della vita microscopica di noi italiani. Sinceramente, avrei preferito fosse campato ancora per vedere quanta parte di Detroit sarebbe rimasta ancora a Torino. Condoglianze ai tuoi cari.

martedì 24 luglio 2018

No tatoo 4

Il tatuaggio è come una fede, anzi: di più, perché la fede si può cambiare, si può attenuare, persino perdere o cancellare del tutto, ma il tatuaggio... Per tatuarsi ci vuole maggior fede di quella che serve per passare a cresima: l'olio con il quale il vescovo unge la fronte al cresimato per confermarlo nella fede cristiana è niente rispetto a quelle piume verdi (forse di piccione veneziano) che ti sei fatta lungo entrambi i polpacci - ma perché, spiegami il senso, volevi volare?
Io lo so, ti trovi sexy, sono convinto che quando il tuo compagno ti cinge i fianchi, sfiora le labbra e cerca la tua disposizione, ti sembra appunto di spiccare il volo; tuttavia - perdonami - non capisco questo tuo bisogno di salto di specie. Non ti basta essere umana?
E poi quelle ciliegie proprio sopra il gomito, dimmi, cosa rappresentano? Vanno colte, masticate e sputato il nocciolo? Non potevi scegliere un frutto più durevole, avente una medesima visibilità sugli scaffali dell'ortofrutta durante l'arco delle quattro stagioni?
Ah, hai fatto una coccinella sul gluteo destro e la mela morsicata della Apple su quello sinistro?
Quanto tempo è che non rivedo il tuo culo?


lunedì 23 luglio 2018

Sovranismi

- Fiat-Chrysler Automotive è una multinazionale che ha il suo quartier generale a Detroit, la sua ragione sociale ad Amsterdam e paga parte delle sue tasse in Gran Bretagna.
- Bravo Sergio.
- Grazie.
- Per realizzare questo capolavoro chi hai preso esempio?
- Dall'Italia.
- In che senso?
- L'Italia è una nazione che ha il suo quartier generale a Washington, la sua ragione sociale in Vaticano e paga parte delle sue tasse a Bruxelles.
- Grande Sergio. Ma con quale Sergio sto parlando?

venerdì 20 luglio 2018

Vanno di scorporo

Per tenere in piedi il sistema tolemaico, che vedeva la Terra al centro dell'universo con le stelle e gli altri pianeti a girare intorno, gli studiosi dell'epoca escogitavano delle ipotesi ad hoc per impedire la definitiva falsificazione del sistema.

Alla stessa maniera, i supermanager, comunemente detti Ceo, ingegnano numerosi artifici (pratiche e fatturazioni al limite della stregoneria) per tenere alto il valore del capitale che sono chiamati a gestire e difendere.

Ne siano prova due esempi, uno, lampante, che evidenzia l'irrazionalità e la fallacia del sistema:

[*]

L'altro, invece, che dimostra la realtà metafisica del capitalismo e come esso sia divenuto maneggiabile da una stretta cerchia di iniziati, i quali, similmente ai sacerdoti che celebravano i misteri eleusini, praticano una liturgia sacrificale di difficile decifrazione, che generalmente si conclude con uno smembramento, detto anche scorporo.




Di tale articolo, riporterò ampi stralci perché rendono bene l'idea di quanto sia aggrovigliato il sistema:
«Lo scorporo e la quotazione di Magneti Marelli avverrà per il tramite di un veicolo olandese».
Da profano, mi sono chiesto: perché il Daf e non l'Iveco? Poi ho capito che il veicolo in questione è per lo scorporo e non per il trasporto.
«Attraverso una girandola di operazioni, che contempla anche una scissione di Magneti Marelli e una successiva fusione transfrontaliera della società beneficiaria, sono state gettate le basi di quella che, nei fatti, rappresenta l’unico capitolo di natura straordinaria contemplato nel business plan di Fca presentato a giugno dal Ceo di Fca, Sergio Marchionne».
Una girandola di operazioni che contempla una scissione e una fusione: neanche al Cern di Ginevra.
A proposito della scissione, leggiamo:
«Nel dettaglio è stata deliberata una scissione parziale proporzionale di Magneti Marelli attraverso l’assegnazione di una parte del proprio patrimonio a un veicolo di nuova costituzione denominato MM...»
 Un'auto magnetica a marchio Magneti Marelli per fare il culo a Tesla e Toyota? Macché. Trattasi di un veicolo borsistico a responsabilità limitata
«...MM srl. Attraverso questo passaggio si intende trasferire alla newco due pacchetti di attività. In primo luogo quelle relative alla progettazione e realizzazione dei sistemi elettronici ed elettromeccanici per le due e le quattro ruote da competizione, che costituiscono un ramo di azienda distinto rispetto alle altre aree di business della società scissa e denominato “Ramo Motosport”. Inoltre, finirà in MM un portafoglio di quattordici partecipazioni sparse nel mondo, dalla Automotive Lighting Gmbh alla Magneti Marelli Slovakia fino alle controllate in Messico solo per citarne alcune. "La scissione è uno dei passaggi di un più ampio progetto di riorganizzazione finalizzato a consentire la quotazione del Gruppo Magneti Marelli sul Mercato Telematico Azionario, per il tramite di una società di diritto olandese", spiega il piano di riassetto. Già perché l’italiana MM srl, secondo l’iter previsto, sarà oggetto di una fusione transfrontaliera per incorporazione in un altro veicolo, di diritto olandese, denominato MM Bv
Ecco qua l'alchimia tra in corpore e scorporo sano, portafogli slovacchi e messicani e fusione olandese. C'avete capito qualcosa? Io no, però faccio finta. Ma andiamo avanti a ricopiare:
«In tutto, secondo la bozza, sulla base di un patrimonio netto del gruppo Magneti Marelli che alla fine del 2017 era pari a 750 milioni, alla società beneficiaria saranno assegnati elementi patrimoniali attivi e passivi pari a 127 milioni di euro mentre alla società scissa resteranno elementi patrimoniali per 623 milioni. Si tratta dunque di un primo step. Risulta, in proposito, che MM Bv è destinata a confluire in un’altra capogruppo, sempre di diritto olandese, che sarà il cuore dell’operazione, cioè quella che si prepara a essere “valutata” da piazza Affari.»
Son duro, epperò che cosa vuole dire assegnare a una società «elementi patrimoniali attivi e passivi pari a 127 milioni di euro» senza specificare a quanto ammontano gli attivi e a quanto i passivi?
Oppure non c'è differenza tra le due cose?

Poi, stringi stringi, gli altarini sono questi:
«La scelta di un veicolo olandese per lo scorporo di Magneti Marelli replica, dunque, quanto già deciso per la stessa Fca, ExorFerrari e Cnh, tutte con base ad Amsterdam. Il meccanismo del voto multiplo, dunque, sembra destinato ad applicarsi anche in questo caso. Salvo colpi di scena e cambi improvvisi di programma (Marchionne non ha mai escluso una vendita in presenza di un assegno “importante”) Exor si prepara così a occupare un posto in prima fila nel gruppo di componentistica. Negli ambienti vicini alla dinastia torinese sembra infatti che l’orientamento sia già stato tracciato. E segue alcune direttrici chiave. Alcune fonti riferiscono che è intenzione di Exor mantenere il controllo di Magneti Marelli. Ciò per creare il contesto ideale volto ad assicurare la continuità ai piani di sviluppo della società. Non solo. Non sarebbe in agenda alcuna operazione straordinaria per la controllata della componentistica se non limitatamente allo spin off.»
La dinastia torinese merita o no di essere decapitata in senso proprio?
«Si capisce, dunque, il perché in Fca si sia deciso di procedere con lo scorporo puro. L’uscita di Magneti Marelli dal gruppo Fca, infatti, è stata oggetto di molteplici simulazioni che spaziavano dalla vendita diretta a un’Ipo stile Ferrari, ma alla fine si è scelto di procedere sul modello Cnh. In questo modo il 30% di Fca in mano a Exor consegnerà alla holding, post scorporo, un pacchetto della stessa entità in Magneti Marelli, quota capace di pesare come un controllo di diritto in virtù del voto multiplo. Insomma, optare per lo spin off, consente di dividere i vantaggi tra la stessa Fca e i suoi soci. Il gruppo automobilistico riuscirà infatti a deconsolidare una parte importante del debito, mentre il primo azionista Exor e gli altri soci di Fca diventeranno gli unici destinatari della valorizzazione di Magneti Marelli. »
Come vedete, c'è chi può deconsolidare il debito e chi non può. Tanto, oltre un certo livello - in pratica: quando si è diventati una dinastia consolidata - l'esproprio non è consentito, neanche quello di diritto (borghese), figuriamoci quello proletario.


martedì 17 luglio 2018

Effetto Mose



Rep:
Il nulla. Aiutatemi a dir nulla. Ma nulla nulla. Meno di nulla. E se penso che, per darsi un tono, uno come Martina si è probabilmente rivolto a un consulente di immagine, l'unica operazione che resta da fare è moltiplicare questo nulla - della segreteria nazionale, del congresso, del partito in generale - per zero.

I socialisti d'Europa: piccoli blairiani o corbyniani che siano, risentiti (per essere stati messi ai margini operativi della cosa pubblica) o soddisfatti (perché ancora hanno in mano il giocattolo e lo giostrano), tutti costoro, a vario titolo di demerito, si fanno illusioni sulla riformabilità del sistema, sul welfare state, su Keynes e le mille e tre possibilità che la globalizzazione offre. 
Vanesi, illusi, ottusi. Come cazzo pensano di fermare l'onda sovranista se non provano, fosse soltanto per esercizio di studio, a comprendere quale maremoto l'ha provocata, che la sta provocando?

Sono intenzionati a unire i socialisti del Mediterraneo, d'accordo, ma quali? Chi sono i socialisti mediterranei oggidì? I lacerti delle segreterie di partiti, burocrati di vario genere, carrieristi, assessori, eurodeputati, presidenti di fondazioni e banchieri in vena di filantropia pelosa. Nulla più.
Dei socialisti sono rimasti soltanto i rappresentanti; i rappresentati o si sono estinti o hanno votato sovranista. Da ciò ne consegue che unire i primi è abbandonare ogni velleità rappresentativa dei secondi. In altri termini, la Sinistra europea è impossibilitata a pronunciare l'unico motto sensato per una unione politica e di lotta: Proletari di tutto il mondo unitevi, non avete da perdere che le vostre catene, giacché le catene non le vede neanche più.

sabato 14 luglio 2018

La vita dipende

La mia vita - dipende
a volte sale -
a volte pepe
è normale - prendi
esempio dal presepe:
hai presente
la capannuccia
la stella cadente
e altri suppellettili
maschi molti
una femmina
un gesubambino
animali e re
muschio di bosco
poi vengono i carabinieri forestali a casa e ti fanno la multa?
- Ma io
pensavo che
- Sii conciliante
non tentare di giustificarti
il peccato è tuo
suggilo
mungilo
senti come in bocca si scioglie - come miele
lo stesso miele che mi dicessi io stesso
ti avevo dato
(che complimento bellissimo fu
essere paragonato a un'ape
operaia)
ma era un semplice do ut des
anche se svincolato
da ogni logica di mercato
e
- Vieni qui sta’ zitto un pochino
abbraccia questo essere
in attesa delle chiavi
per tornare a sé
alla casa, alla vita
la mia vita - dipende
a volte scende
scende
spende le illusioni
che la tenevano ingabbiata in uno schema
di amore-passione
e confusione
dilapidata
- Tutto è più chiaro
la vita ha bisogno di amaro
per digerirla più facilmente
- Respira
piano ma continuamente
niente apnee
non farti delle idee
sulla vita su me
sul binario da prendere
che è quello di sempre
assegnato dalla lista
del caso
della circostanza
anche dopo uno scambio
la solita vita è quella che avanza.
- Dice che sei cambiato
che sei fatto più insensibile
- Ho aumentato lo scibile:
mi sono asciugato l'umile
di dosso
ho saltato il posso
ho limitato il voglio:
guardo quello che sono
e me lo tengo.
Non chiedo perdono
dico perdio
che colpa ho di essere io?
- Sii,
ripeti, allungando le “i”
finché il fiato perdura.





giovedì 12 luglio 2018

Stoptify

Per alcuni mesi, pochi, sfruttando una promozione scontata, sono stato abbonato di Spotify e, confesso, mi rispecchio in pieno in quella casistica di coloro che, adulti, invece d'ascoltare nuova musica, preferiscono riascoltare vecchi LP, ossia canzoni di quando erano giovani e la musica la mettevano su giradischi o cassette a nastro, in camera, e la ascoltavano per ore, perché ogni canzone, anche se leggera, aveva un certo peso, spessore, lasciava un calco preciso nella mente ancora più disposta a raccogliere anziché scartare - e scartare, rifiutare la musica oggi è cosa indispensabile, ancorché difficile, considerato la pervasività dell'inquinamento musicale/ambientale che non è più relegato alla stanzetta e trova diffusori discariche in ognidove.

Ogni generazione ha avuto, ha e avrà i suoi eroi e - tutto sommato - considero la mia piuttosto fortunata, giacché avevamo a disposizione il cantautorato italiano nella sua maturità artistica e il rispetto verso i classici e le icone rock e pop era ancora ai massimi livelli (esempio: la moda ululava Duran Duran, ma che cazzo vuoi, moda, lasciaci ascoltare i Pink Floyd).

Fortunata età giovanile in cui i tormentoni estivi erano scritti da Franco Battiato...

Scrivo questo perché oggi m'è venuto in mente un brano che amo molto, di Roberto Vecchioni, che lui remasterizzò nell'album Il grande sogno, album che aveva la copertina disegnata da Andrea Pazienza - e ho pensato a quanto siano sfortunati i giovani di oggi in fatto di musica: prima di tutto perché ne hanno troppa e troppo facilmente reperibile; secondariamente, perché è tutta musica videata e tormentonata - con frequenti, insopportabili, balletti al seguito; infine (lo dico più a naso che a orecchio, cioè per spizzichi e bocconi musicali che subisco in luoghi pubblici dove la musica d'oggi passa), perché credo non vi siano cantautori o compositori che riescano, tramite i loro brani, a far uscire l'ascoltatore dal confino del brano stesso per trasportarli altrove, in altri luoghi, ad esempio: un libro, un film, un déjà vu, un vissuto riletto con un telescopio e non con un microscopio che fissa l'attenzione sul proprio io minuto.

Certo, il declino del mercato discografico è irreversibile: i dischi, chi li compra più.
Purtroppo, temo che le app(licazioni) che offrono musica in streaming confondano, spiazzino, dis-orientino cercando di indirizzare verso quelli che dicono essere i tuoi gusti, quando in realtà sono soltanto i loro. 
Per questo penso che le app musicali siano uno strumento da utilizzare in seconda battuta, non in prima, perché altrimenti chi ascolta rischia di essere fagocitato in flusso di note insignificanti.

martedì 10 luglio 2018

C'è o non c'è



Da alcune settimane, le indicazioni stradali, presenti sulla statale che percorro più o meno quotidianamente, sono oggetto di una controversia teologica condotta a colpi di affermazioni perentorie siglate con vernice spray.
Premesso che, sia chi afferma la non esistenza, sia chi invece la afferma deve compiere una doppia curva (la prima a sinistra, la seconda a destra), è emblematico notare che la direzione sia per entrambi in alto.

Ma interpelliamo direttamente l'interessato per farci guidare (senza maps o tom tom) sulla questione:

- Pronto Dio?
- Dio non c'è.
- Come sarebbe? Io, eppure, sto chiamando il numero che ho in rubrica.
- Sì, il numero è corretto: è Dio che non c'è in questo momento.
- Mi sa dire quando torna?
- Non so di preciso. Ha detto: una questione di secoli.
- Perdio, non ci sono altri modi per contattarlo telefonicamente oltre al fisso? Ha preso per caso con sé un cellulare? 
- Sì che ce l'ha, il cellulare. Ma ha detto di disturbarlo soltanto per questioni urgenti. La sua, lo è?
- Certo che lo è: è una questione filosofica dirimente...
- Quale, quella sull'esistenza di Dio o meno?
- Sì.
- Allora, mi spiace, non glielo posso dare. Mi ha detto di non disturbarlo per le cazzate.
- Ma come.
-  Sì, ha detto che è dai tempi di Anselmo che gli maciullano gli attributi spinoziani sui quali non ha più voglia di discutere con alcuno. Anzi, a tale proposito, mi ha detto di rispondere che Lui, come tutti, a volte c'è e a volte non c'è. 
- Bene, nel caso rientrasse prima, per cortesia, potrebbe dirGli che ho chiamato?
- E - scusi, sa - lei chi è?
- Io.
- Stiamo freschi. Io chi?
- Me.
- Ah, lei!
- Sì, io. E chi altri sennò?
- No, sa, mi scusi. Prima ha chiamato un altro che diceva di essere "io", non volevo confondervi.
- Gia, noi io siamo in tanti. E a pensarci bene, non ho mai capito perché Dio non abbia voluto moltiplicarsi, come noi.
- È un ostinato monoteista.

lunedì 9 luglio 2018

No tatoo 3

Il top smanicato lasciava, oltre alle braccia, anche metà busto scoperto e tuttavia coperto da svariati segni, disegni, simboli, scritte, tra quali spiccava, sul braccio destro, un verso di Sandro Penna declinato al femminile: «Io vivere vorrei addormentata / entro il dolce rumore della vita». 
Bruno restò un attimo incantato e non si accorse che lei gli aveva messo sotto il naso la bolla di accompagnamento dell'oggetto che doveva ritirare. «Firmi qui», gli indicò la commessa e lui, prima di farlo, ebbe l'ardire di osservare indicando con lo sguardo la scritta tatuata sul braccio, «Bello questo verso di Penna», al che lei rispose che non era una frase scritta a penna, bensì tatuata veramente, e per dimostrarlo si leccò le falangi di indice e medio della mano sinistra che strofinò, poi, sul verso di Penna per fargli vedere che non si cancellava.
«No, mi scusi, mi sono spiegato male: intendevo bella la frase scritta dal “famoso” poeta italiano Sandro Penna».
«Sul serio esiste un poeta che si chiama così? Una ragione in più per dare dello stronzo bugiardo al mio ex fidanzato. Già. Lui mi ripeteva spesso quella frase, perché - diceva - rappresentava bene il mio carattere. Tanto fu che mi convinse a farmela tatuare sul braccio, giusto pochi giorni prima di scoprirlo a sbocchinarsi («dolce rumore della vita») con il mio migliore amico», si sfogò la commessa, diventando tutta rossa. «Mi scusi, mi sono lasciata andare».
«Non si preoccupi» la rassicurò Bruno con un mezzo sorriso, aggiungendo che non era un caso, forse, che il suo ex le ripetesse spesso quel verso del poeta.

Non si era preoccupata. Senza indugio gli porse nuovamente la bolla da firmare.

Di solito, Bruno firmava scrivendo la lettera maiuscola iniziale del suo nome come alle elementari, una B bella grossa, tondeggiante, che dava voglia più di toccarla che di pronunciarla. Questa volta, invece, la B gli uscì incerta, tremolante, vizza, tanto che la r non riuscì ad attaccarvisi, sorpresa quasi dall'inaspettato svezzamento. Anche la u gli venne male, con una sorta di restringimento tale da farla sembrare più simile a una i. E infatti: «Non è molto leggibile la sua firma: lei sarebbe il vettore, signor Brino?»

«Brno».


sabato 7 luglio 2018

Tonno rosa, uomo nero, mutande rosse

Su un barattolo di filetti di tonno rosa - marca italiana - ho notato prima l'imprescindibile "seguici su" con le quattro icone che rappresentano i social principali (facebook, twitter, instagram, youtube), e poi, in basso, scritto piccolissimo, ho verificato che la provenienza del tonno e lo stabilimento di produzione si trovano in Ecuador.
Naturale più del tonno, quindi, è stato pensare quanto sia più semplice al tonno rosa ecuadoregno attraversare un oceano, tanto quanto è complicato e rischioso agli uomini e donne neri attraversare un mare.

Mentre per il tonno rosa c'è ampio spazio tra gli scaffali dei nostri supermercati occidentali, per l'uomo nero ce n'è meno, i pochi disponibili già occupati dai questuanti all'ingresso degli stessi che si offrono per semplici servigi, tipo «ti riporto il carrello a posto e prendo l'euro», tipo «vuoi comprare questo o quello», tipo «se mi lasci qualche spicciolo, stasera mangio».

Sia pure di diverso tipo, sia l'uomo nero sia il tonno rosa sono merci, con la differenza che, per le risultanze del sistema economico e produttivo vigente, il tonno è più facilmente commerciabile, ha una piazza migliore sul mercato. L'uomo e la donna neri, invece, hanno una smerciabilità più difficoltosa, destinata soprattutto a lavori di bassa qualificazione e alta fatica (beninteso, anche la maggior parte degli uomini e delle donne bianchi-e sono merce; di più: tutti coloro che, per vivere, sono costretti a vendere la loro forza e/o capacità di lavoro lo sono (mentre non sono merce quegli uomini e quelle donne che hanno il potere di comprarla, dirigerla e sfruttarla tale merce umana).

Premesso questo, più della maglietta oggi trovo sia opportuno indossare delle mutande rosse. 

A scanso di equivoci, io, ne avessi facoltà, farei diventare italiani tutti. In altri termini: offrirei a tutti coloro che la richiedono cittadinanza italiana, carta d'identità e tesserino sanitario per tutti. Credo questa mossa politica spiazzerebbe tutti i partner europei e anche l'America, la Russia, la Cina. L'Italia, da circa sessanta milioni di abitanti, nel breve volgere di un decennio, raggiungerebbe a cento e passa milioni di abitanti. «Prima gli italiani» dopo, forse, avrebbe un senso perché non avrebbe più senso: un'autentica svalutazione della cittadinanza, ossia della nazionalità.
«In tutte le rivoluzioni sinora avvenute non è mai stato toccato il tipo dell'attività [economica e produttiva] e si è trattato soltanto di un'altra distribuzione di questa attività, di una nuova distribuzione del lavoro ad altre persone, mentre la rivoluzione comunista si rivolge contro il modo dell'attività che si è avuto finora, sopprime il lavoro e abolisce il dominio di tutte le classi insieme con le classi stesse, poiché essa è compiuta dalla classe che nella società non conta più come classe, che non è riconosciuta come classe, che in seno alla società è già l'espressione del dissolvimento di tutte le classi, nazionalità, ecc. [...] che tanto per la produzione in massa di questa coscienza comunista quanto per il successo della cosa stessa è necessaria una trasformazione in massa degli uomini, che può avvenire soltanto in un movimento pratico, in una rivoluzione; che quindi la rivoluzione non è necessaria soltanto perché la classe dominante non può essere abbattuta in nessun'altra maniera, ma anche perché la classe che l'abbatte può riuscire solo in una rivoluzione a levarsi di dosso tutto il vecchio sudiciume e a diventare capace di fondare su basi nuove la società». Marx-Engels, L'ideologia tedesca: Feuerbach, 1846, Editori Riuniti, Traduzione di Fausto Codino.

venerdì 6 luglio 2018

Scordarsi

Spesso scordo chi sono
perdo figura di uomo
che porto appresso da un pezzo
non vedo l'intero ma un mezzo
perduto il passato non vedo
futuro che è chiuso da specchio
che dice quello che sono
nasconde quello che ero
nega impressioni sul tempo
lascia da solo quel vecchio
che cerca capire chi sono
se ero in quel modo o in un altro
potevo o invece dovevo
senza permesso o misura
ed ecco chi sono lo vedo
su tratti legati a episodi
di vita che senza premura
scorre tra dita veloce
con mani che si aprono al vento
chi dice che sono contento
chi pensa che sono un po' meno
presente a me stesso di quando
un radiogiornale annunciava
nessuno in amore è innocente
non io che cercavo me stesso
nella stretta finale del sesso
nel ritorno nell'altro che non
si dimostra abbastanza fedele
al calco del desiderio che informa
il mio essere qui ed altrove.

mercoledì 4 luglio 2018

Ninna nanna estone


Parole sagge quelle del Presidente Mattarella

Vi sono molte cose che contrassegnano l’Unione europea e la sua storica integrazione, ma ve ne sono due che ne esprimono appieno l'anima: Erasmus e Schengen. I nostri giovani si sentono ormai europei, e poter viaggiare liberamente dal Sud al Nord dell'Europa, o dall'Est all'Ovest dell'Unione, è per loro un dato irrinunciabile. Mettere a rischio questo è poco responsabile. Parlare di chiusura dei confini, in un momento in cui tutto consentirebbe maggiore razionalità nell'analizzare e governare il fenomeno migratorio, è da evitare.
Nell'ultimo anno, da metà del 2017 a metà del 2018, gli arrivi attraverso il Mediterraneo in Italia sono diminuiti dell'85%; la pressione si è abbassata. Questo dovrebbe consentire a tutti i governi, come loro responsabilità, di agire con razionalità senza cedere all'emotività.
Parlare di confini da chiudere non è razionale, ma risponde all'emotività subita o suscitata. La responsabilità politica richiede razionalità e governo comune del fenomeno. Questo è possibile e c'è il dovere di farlo.

Perché dunque i governi europei, «come loro responsabilità» non agiscono «con razionalità» e «senza cedere all'emotività»?

Il bau bau, il pugno di ferro, i porti chiusi, le frontiere sbarrate... tutto fa leva sull'ideologia piccoloborghese di base, che è allarmata più dalla concorrenza schiavile, che dalla trascendenza signorile di chi gestisce il capitale (e/o ne stacca i dividendi).
E i governanti europei allevano questa paura, la pasturano, perché essa addormenta la coscienza di classe, annebbia la razionalità e fa cadere inesorabilmente preda della emotività. 
I migranti sono, in primo luogo, delle pedine nel grande e complesso gioco imperialistico che le potenze coloniali svolgono nella penombra mediatica e sotto l'ombrello (del cazzo) umanitario. 
Poi ci sono anche gli stronzetti che fanno labbrino, lacrimuccia e carezzina al Papa, pezzi di merda senza scrupoli che non esitano a dare l'autorizzazione al setaccio (voilà Schengen).

Riguardo al caso italiano: a me sembra che, per Salvini, la carta migranti sia l'equivalente di quello che furono gli ottanta euro per Renzi (con più pelo sullo stomaco e con minor aggravio sui conti dello Stato). Vedremo poi quanto la politica di respingimento e chiusura influenzerà positivamente l'economia nostrana e quanto ne beneficerà l'ordine pubblico.   

lunedì 2 luglio 2018

Il porto chiuso

Ha chiuso il porto del suo cuore:
«Tesoro, non puoi attraccare,
lasciami stare, non fare rumore,
quella è la porta, vedi di andare».

Del suo cuore ha chiuso il porto:
amore più non entra nel suo porto.
Mi aiuti lei, dottore, o sono morto;
ho il cuore chiuso come un beccamorto.

«Signore, porti il cuore al chiuso
così, vedrà, non avrà bisogno
di dare al cuore un porto
di far di sé un illuso
                                     [che crede nell'amore.

Ma se porto il cuore al chiuso
sarà aperto o chiuso il porto?
«Dipende dall'importo,
amore: ti ho deluso?»

Ma va', va' dove ti porta il cuore
al chiuso di una casa stretta di città
su un letto che mescola il sudore
di mille corpi tristi di ogni età.