mercoledì 28 novembre 2018

Alzare gli occhi al cielo

Stamani, alto levato, direzione sud-est, Venere rendeva ancora più luminoso il chiarore dell'alba, finalmente serena dopo giorni di grigio e di pioggia. 
Credo sia un'abitudine comune quella di alzare gli occhi al cielo nei momenti di crepuscolo, durante il passaggio dal diurno al notturno o viceversa, soprattutto per chi, come me, non ha il guardo disturbato da un eccessivo inquinamento luminoso e, in sovrappiù, ha l'orizzonte sgombro, nelle direzioni del sorgente e del calante.
E sarà proprio in virtù di questa abitudine che la riflessione cade spesso nel poetico o nel politico, a volte pure nel patetico, che spero di aver modo di ravvisare, per non piangere.
Così, da Venere che si apprestava a coricarsi dopo i bagordi notturni, il pensiero è andato su un altro pianeta, questo sì in questi giorni transitato agli onori della cronaca, per l'ammartaggio di una sonda terrestre speditavi dalla Nasa.
E il pensiero è stato questo: quando maturerà nelle genti la definitiva coscienza di essere prima di tutto e su tutto dei terrestri? Quando la si farà finita, un volta per sempre, delle malsane idee di America First, Prima gli italiani, e tutto il corredo di sovranismi che intristiscono di confini il mondo?

Prima di rispondere: «Forse mai» ho rialzato gli occhi al cielo e mi sono concentrato su una nuvola: aveva una faccia!

domenica 25 novembre 2018

Liberateci da la Repubblica

Non so, potrei sbagliare e sicuramente sbaglierò, ciò nondimeno penso che indire una manifestazione a difesa della libertà di stampa in Italia sia - oltre che un mero divertimento per ammazzare il tempo in una piovosa domenica di novembre - una strategia pubblicitaria indiretta volta a ripresentare la Repubblica come il giornale d'opposizione, un giornale partito (in assenza di un partito d'opposizione), per così richiamare a sé una sufficiente quota parte del sempre più risicato numero di persone disposte a comprare quotidianamente un giornale.

Con Berlusconi funzionò, ma erano altri tempi, la televisione - rispetto a internet - era un nemico che, seppure sovrastante e invincibile (e infatti Berlusconi vinceva), consentiva di combattere con onore e gloria irradiando queste virtù anche nell'umile lettore che, una volta letto per esempio un editoriale di Franco Cordero, si sentiva pronto a sputare in un occhio a chiunque gli avesse detto che Berlusconi era il nuovo.

Oggi, invece, al netto di alcune pregevoli inchieste (mafia capitale, il neofascismo) e alla doverosa critica nei confronti del penoso governo in carica, per la Repubblica è difficile, se non impossibile, ricreare quel pathos da resistenza civile da cui far conseguire un aumento della tiratura, perché ai tempi di internet l'informazione non è una bandiera, bensì una «banderuola affumicata [che] gira senza piet໹.

In buona sostanza: l'opinione pubblica dipende sempre meno dalla carta stampata e ciò significa che il cittadino è sempre meno informato, modellato da essa, ma da qualcos'altro, da un flusso di notizie che non è facile, per lui, saper selezionare, discernere, valutare e controllare per non esserne, a sua volta, controllato.

__________
¹ E. Montale, La casa dei doganieri.

P.S.
Forse non tutti sanno che. Quante decine di scrittori scrivono commenti in pianta stabile per la Repubblica? Fossi figlio di un poliziotto e dirigessi tal giornale, io accoglierei pure un appuntato, un metalmeccanico, un elettricista, un idraulico, un commesso, un bidello, un professore, un medico, un ferroviere, un...

giovedì 22 novembre 2018

Grigiorosea nube

Costretto al minimo
non ho la faccia più:
do gas e resto fermo - non riesco
allontanarmi da me stesso
rinchiuso in pensieri che
stanno tutti dentro un
bicchiere mezzo vuoto
dove più che il mare
ci vedo il meno male
la mano che si passa
e non si gioca - niente ruota
o l'albero che tra i tanti mentre
aspetta il rombo della motosega
spera non gli tocchi di sentire
del cadere di sé il tonfo sordo.
Cosa resta della prassi quotidiana
che diluisce la disperazione?
Vederti entrare in acqua
con quegli occhi che illuminano
la corsia e la fatica del soffio
mentre vado liscio nel rimbombo
a trarre gaudio da questa morsa.
__________
Nota
Il titolo è un calco di un verso del Falsetto di Montale

domenica 18 novembre 2018

Bevi la cocacola

Interno locale stellato. Ora di cena. I tavoli tutti occupati. Il servizio è iniziato. Entra un cronista dell'Ansia. 

- Buonasera Signori Epuloni: non lo sentite il grido dei tanti Lazzaro che piangono, mentre state banchettando?
- Sì. Epperò noi non beviamo Coca Cola.

Pope Francis has lunch with needy people © Ansia

sabato 17 novembre 2018

Piattaforma

Stasera delibero, protocollo e attesto in notificazione di me stesso, per certificare di esistere anche come scrivente, avevo perso il foglio, il niente, la ragione per cui. E allora, alla buonora, signora mia bella che nel salutarmi cordialmente - un bacio per guancia, in convenevole abbraccio - hai premuto lievemente e inconsapevolmente le papille cutanee del tuo convesso nel mio concavo petto, io, ricevendo una sorta di scossa che m'ha drizzato l'animo, circostanza questa che ho dovuto tacere (ne parlo adesso tanto per fare schiuma) nel mettermi a sedere, in quella sedia di metallo e velluto infeltrito che chissà quanti acari avrà ospitato, sopiti soltanto da qualche lieve, sopita emissione di gas intestinali di alcune colleghe torde, io mi sono sentito ricaricato, ho drizzato le spalle, guardato fuor di finestra, capito che un anno è passato, ancora, in questa piattaforma petrolifera di pensieri inestraibili.

mercoledì 14 novembre 2018

Il potere assorbente

Mi sono accorto oggi di un fatto inesistente: ciò che non era non è più, sebbene, nella sostanza di emolumenti devoluti in funzione della loro insussistenza e per la costruzione di una proficua indennità pensionistica, essi continueranno a non esistere agiatamente anche quando non rappresenteranno più quella modesta parte di niente che li elesse perché lesse, giustamente, il nome del loro fu movimento in modo ossimorico (“Prigionieri diversi”).

Il nulla fatto di discussioni vuote, discorsi a sega, che tagliano via collegamenti neuronali in chi indugia decifrarne senso e costrutto. Sola cosa che sorprende - seppur in misura minima - è che per annunciare e dar conferma che non esistono, essi abbiano indetto una conferenza stampa per giustificare il loro non essere più diviso per due, forse per tre, ma facciamo per quattro tanto, è logico, qualsiasi numero moltiplicato per zero fa zero, il famoso potere assorbente della non sinistra.


lunedì 12 novembre 2018

Invece Tarzan


Come sempre, esercito la piena libertà di non leggere, di Concita, altro che i titoli (che forse non saranno neanche suoi) e, in questo caso, aggiungo, mi arrogo la piena facoltà di equivocare.

Strani, sì


Il paradosso di un mondo politico oramai da decenni palesemente scivolato a destra, è che ancora, tra i galletti del pollaio, quando sorge un battibecco, per offendere l'avversario lo si accusa di essere di sinistra o di dire sciocchezze di sinistra.

Ma la sinistra in Italia - per usare impropriamente un termine heideggeriano - è una nientità. Persino quelli che dicono di richiamarsi a essa la escludono dal novero dei possibili nomi con il quale battezzare un ennesimo, vacuo partito: se non vado errato, infatti, questa è la prima legislatura della storia repubblicana a non avere tra i banchi alcun partito di sinistra. 

P.S.
Do per scontato che il Pd non possa essere considerato un partito di sinistra; se poi mi venite a dire che quelli di Liberi e Uguali invece lo sono, allora prendo la tessera del 

domenica 11 novembre 2018

giovedì 8 novembre 2018

Il bene comune

«Con lo sfruttamento del mercato mondiale la borghesia ha dato un'impronta cosmopolitica alla produzione e al consumo di tutti i paesi. Ha tolto di sotto i piedi dell'industria il suo terreno nazionale, con gran rammarico dei reazionari. Le antichissime industrie nazionali sono state distrutte, e ancora adesso vengono distrutte ogni giorno. Vengono soppiantate da industrie nuove, la cui introduzione diventa questione di vita o di morte per tutte le nazioni civili, da industrie che non lavorano più soltanto le materie prime del luogo, ma delle zone più remote, e i cui prodotti non vengono consumati solo dal paese stesso, ma anche in tutte le parti del mondo. Ai vecchi bisogni, soddisfatti con i prodotti del paese, subentrano bisogni nuovi, che per essere soddisfatti esigono i prodotti dei paesi e dei climi più lontani. All'antica autosufficienza e all'antico isolamento locali e nazionali subentra uno scambio universale, una interdipendenza universale fra le nazioni. E come per la produzione materiale, così per quella intellettuale. I prodotti intellettuali delle singole nazioni divengono bene comune. L'unilateralità e la ristrettezza nazionali divengono sempre più impossibili, e dalle molte letterature nazionali e locali si forma una letteratura mondiale.» Il Manifesto del Partito Comunista.


***
«Caro Goody,

bello il tuo articolo sui programmi televisivi dell'estate, soprattutto l'idea di accendere la radio e starla a guardare.
Comunque non è per questo che ti scrivo. Ho letto stamani che l'imposta sui sovraprofitti è stata procrastinata di altri sei mesi, la qual cosa mi ha fatto venire in mente che mi devi dieci dollari. In condizioni normali non ti importunerei per chiederti del denaro, ma questa è un'estate dura. Non so se te ne ho mai parlato, ma in concomitanza col caldo canicolare il mio stipendio si riduce a dimensioni microscopiche. Malauguratamente, le mie spese permangono invariate, anzi, aumentano, se è possibile: c'è il cloro da mettere nella piscina, i portaceneri da giardini da mettere nei luoghi strategici e il cibo per gli ospiti dell'ultima ora.
Ovviamente non ti chiedo di farmi un assegno per una cifra sì irrisoria. Basta che tu infili dieci dollari in una busta e li spedisca a Groucho Marx, North Foothill Road, Bevery Hills, California. Ti ripeto l'indirizzo: Groucho Marx, North Foothill Road, Bevery Hills, California.
Con tutti i sensi della mia stima, mi firmo
Il tuo devoto Groucho». Le lettere di G., 17 luglio 1953

***

Ultimamente, sul bidet, nel praticarmi abluzioni, penso ai sovranismi e all'antica autosufficienza, all'antico isolamento locale e nazionale. Quanta gente di merda c'è nelle terre emerse tra gli oceani che governa il mondo, incrostandone la superficie. E al contempo: quanto bene comune assolutizzato a bene privato, quanta proprietà impropria, sproporzionata all'essere qui e ora, nello spazio di una vita.

Mentre l'acqua fa scivolare nello scarico il sapone, sorrido beato, contento tra i penultimi.

martedì 6 novembre 2018

San Zio Sam

Trump ha dato sei mesi all'Italia e ad altre nazioni affinché si adeguino alle sanzioni contro l'Iran. Riguardo alle sanzioni contro l'Arabia Saudita, invece, di mesi ne ha dati seimila.

Perché degli «avanzi di monarchia assoluta» come quella saudita, sono ancora tollerati dal cosiddetto mondo libero e democratico?
Perché l'accumulo di ricchezza spropositata in poche mani consente il controllo e la gestione quasi totale del flusso dei capitali derivati dall'estrazione, produzione e distribuzione degli idrocarburi. E ci si può anche permettere il lusso che qualche pecora nera di famiglia finanzi il terrorismo di matrice fondamentalista, oppure qualche guerra di vicinato, oppure ancora qualche crimine barbarico in terra straniera alla faccia del diritto internazionale.

È proprio la natura dell'economia basata quasi esclusivamente sullo sfruttamento delle risorse del sottosuolo, a mantenere in vita una società feudale oggi. I borghesi, nella penisola araba, si accontentano di fare i mercenari. 

domenica 4 novembre 2018

Trattenuta nei suoi confini

«Immaginiamo per un istante che il linguaggio di uno sia intercambiabile con quello di un altro, che sia possibile riprodurre il senso di un'immagine con quello delle parole o dei suoni, o convertire la verità delle parole attraverso delle descrizioni pittoriche. Tutte le odi di Pindaro, incorniciate e ricamate, non riescono a riprodurre il ritratto dell'Eroe della palestra uscito dal pennello di Apelle. Il Pandemonium di Milton o l'Inferno di Dante non potranno mai supplire la visione del Giudizio universale di Michelangelo o di Signorelli. Non più di quanto non si possa afferrare la Pastorale di Beethoven attraverso la lettura di poemi idilliaci, con l'aggiunta di descrizioni di campi e di foreste, di torrenti e corsi d'acqua, dello studio dei suoni ornitologici e delle leggi armoniche. Nessun libro sulla giurisprudenza, nessuna tavola di costumi riusciranno mai a ricostruire la Scuola di Atene di Raffaello. O chi conosce un libro o un'immagine attraverso i suoi critici, qualunque sia la sua esperienza, non farà esperienza dell'arte in se stessa. La verità, la realtà di ogni opera, è trattenuta nei suoi confini e deve essere percepita secondo i mezzi che sono per essa generici»
Mark Rothko, L'artista e la sua realtà, “Arte, realtà, sensualità”, Skira, Milano 2007

sabato 3 novembre 2018

Lasciamo perdere 2

2.

Il vincitore di un modesto concorso a premi, in palio dei boeri, conobbe Julija in una biblioteca di un dipartimento universitario, nella quale lei era addetta al prestito.
Non fu amore a prima vista e neanche alla seconda. Alla terza, iniziarono a studiarsi. Alla quarta, fecero un esame e lo superarono piuttosto bene, riconoscendosi, reciprocamente, come esseri umani e non come agrimensori. Alla quinta, lui invitò lei a bere un caffè alla macchinetta automatica. Alla sesta, lei gli confessò che quel caffè le faceva venire il mal di stomaco.
Infine, smisero di contare.
Un giorno, per incanto, complice Il cigno di Saint-Säens, lui le domandò se era di suo gradimento fare due passi nel parco cittadino. «Lo è», rispose, «ma di passi ne faremo almeno quattrocento». Era una donna fuor di metafora: i passi, infatti, furono quattrocentodue. Glielo fece notare con un sorriso e lui malintese. 
«Perché mi hai baciata?»
«Perché hai sorriso».
«Avrai capito finalmente perché sono sempre seria»