domenica 29 dicembre 2019

ll borseggio dei contenuti

Su Twitter ho letto di alcuni (giornalisti?) che si lamentano contro la ministra Bellanova perché ha riportato sul sito di Italia morta l'intervista che ella ha concesso a la Repubblica e che figura, in tale quotidiano online, come contenuto a pagamento.

Scrive un twittatorolo: 
«Teresa Bellanova è il ministro più scorretto ed irrispettoso della storia della Repubblica: ennesimo articolo riservato agli abbonati pubblicato, con metodi da borseggio, sul sito di Italia Viva». 
Cazzarola, se proprio denunciarla in quanto senatrice e ministro non si può, allora la magistratura dia mandato alla polizia postale di mettere i sigilli al sito del partito.
Ma siamo proprio sicuri che abbia borseggiato un articolo? E che questo eventuale borseggio la qualifichi come ministro irrispettoso e scorretto?

Chiudendo l'occhio sinistro e la narice destra, sono andato a vedere la malefatta sul sito morto di Italia Viva e, nella sezione notizie (non linko niente, se volete, cercate - sennò fidatevi), tra le ultime pubblicate, v'è appunto l'intervista che la ministra ha concesso alla giornalista Giovanna Casadio e pubblicata (credo) sul giornale in edicola e sul sito Repubblica it come contenuto a pagamento.

In tale intervista, dopo una premessa con domanda retorica che la ministra da sola si fa: «Come giudico il bilancio di fine anno del premier Conte?» per rispondersi come le torna comodo, si contano sei domande (ficcanti come i pugni di uno sparring partner) e relative risposte. Ora, le sei domande (in grassetto) contano circa 18 righe, le risposte invece ne contano circa 40. Ebbene, se di borseggio si tratta, la Bellanova, alla giornalista Casadio e quindi a Repubblica, dovrebbe restituire soltanto i manici (e i punti interrogativi).

Quale danno economico tale borseggio avrà provocato? Ovverosia, chissà quanti internauti avranno letto a sbafo l'intervista, sebbene fossero stati lì, con la carta di credito o via paypal, pronti a sborsare quattrini come davanti a una bbw di Chaturbate? Infatti, come perdersi lo spettacolo della Bellanova che per due volte due (!) dice: «Facciamoci una domanda e diamoci una risposta»? Per gli amanti del genere, sono momenti di pura eccitazione, che portano gli utenti a godere come davanti a uno squirt.

E che diamine, quindi, signori e signore delle redazioni, considerato che vi battete indefessamente in difesa della libertà d'informazione per noi lettori e per tutti coloro che hanno a cuore i principi della democrazia e della convivenza civile: lasciateci un un po' divertire a sbafo coi vostri contenuti altrimenti a pagamento.

sabato 28 dicembre 2019

Un pregiudizio salomonico

Avevo un pregiudizio. Poi ho tolto il pre e - come Salomone - ho deciso di tagliare il bambino. Per fortuna per il bambino, la mamma buona s'è fatta avanti e m'ha pregato di risparmiarlo e di darlo per intero alla mamma cattiva, la quale (cattiva) avrebbe preferito il bambino diviso in due piuttosto che riconoscere che non era suo, ché l'aveva rubato di notte dal letto in cui dormiva con la madre vera (la madre buona), mettendole accanto il figlio morto soffocato da lei involontariamente durante il sonno, giacché entrambe si trovavano nella stessa camera di un centro di prima accoglienza per rifugiati.
Di fronte alla diversa reazione delle due donne comparse in giudizio, io, saggio come Salomone ai tempi di Salomone, decido, contrariamente a lui, non di tagliare il figlio vivo, ma di fare la volontà della madre buona, di dare cioè il bambino alla cattiva, che abbia a tenerselo, a nutrirlo, allevarlo, mandarlo all'asilo, a scuola, a vivere la sua adolescenza e poi l'età adulta, eccetera, finché avrà figli e lei nipoti, che lei, in quanto nonna, alleverà, porterà a scuola finché non diventeranno grandi, e lei poi invecchierà, zoppicherà e il figlio, che aveva voluto così tanto da rubarlo alla madre buona, anziché accudirla, le manderà una badante cattiva.
E invece la madre buona, ch'era rimasta senza figli, invecchierà soffrendo sì un po' di solitudine, epperò senza neanche tante rotture di coglioni di figli e nipoti, e coi soldi messi da parte si pagherà un posto in una residenza sanitaria assistita decente, con del personale di servizio apparentemente cordiale che la farà sentire un ospite rispettato e benvoluto.

Perché ai tempi del capitalismo maturo come un diospero che sta per cadere sulla testa di un neokeynesiano in attesa dell'aumento della spesa pubblica, la saggezza si dimostra soprattutto con la previdenza, come dice anche il direttore generale dell'Inps.

giovedì 26 dicembre 2019

Cari protomartiri

Riflessione linguistica da protomartiri: non dite «Renzi, Salvini o Di Maio mi stanno sul cazzo» perché vi si ammoscia. Basta mandarli "affanculo camminando", come m'insegnava un collega corriere del Circeo (quando facevo il corriere), riferito a coloro che intralciavano il traffico.

***
Dato che la coerenza a breve termine è una virtù rara (a lungo termine non ha senso, giacché le cose col tempo cambiano e la coerenza può rivelarsi una stupida costrizione), un plauso al dimissionario ministro Fioramonti, il quale (purtroppo per lui e per la scuola pubblica italiana) ha mantenuto una promessa e, al contempo, ha chiuso la bocca aperta di quel boccaperta di Salvini.

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Lo so che da almeno un decennio (e più) siamo abituati a leggere notizie anche quando le redazioni sono ufficialmente chiuse per i giorni festivi, ma appunto per questo: se i giornali italiani stessero chiusi anche un mese, se ne sentirebbe la mancanza? A sentire adesso le prefiche de Il Foglio nutro un forte desiderio che davvero almeno un giornale, seppur piccolo e a tiratura assai limitata, perisca, trascinando nel vuoto il vuoto che si ostina quotidianamente a produrre.

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Perché la politica politicante ha davvero bisogno di educatori e/o consiglieri? E, nel caso, i giornalisti, i notisti, gli editorialisti sono loro gli incaricati ad assolvere il compito?

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Muoia Ferrara Il Grasso con tutti i cicisbei.

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Muoia anche e soprattutto la Repubblica, così insopportabilmente borghese. 
E Altan? E Bucchi?
Pubblichino sulle nuvole.

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Poi muoiano anche tutte le trasmissioni televisive politiche, e restino le televendite. La Gruber a vendere cerone. Mentana, pentole. Gli altri: chi sono gli altri, non mi ricordo più?

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Dopo Internet, senza la superflua ripetizione dei contenuti dei vecchi media, come sarà? 
Come una discarica senza plastica.

martedì 24 dicembre 2019

Buone feste

Ci sono alcuni che, pur non essendo ebrei, augurano buona Hanukkah agli ebrei. 
Ci sono alcuni che, pur non essendo cristiani, augurano un buon Natale ai cristiani.
Ci sono alcuni che, pur non essendo musulmani, augurano una buona rottura del digiuno ai musulmani.
Ci sono alcuni che, pur non essendo né ebrei, né cristiani, né musulmani, non augurano un buon Nulla agli ebrei, ai cristiani, ai musulmani.

Eppure, sarebbero ottimi auguri quest'ultimi.

the end of a short affair

I tried it standing up
this time.
it doesn’t usually
work.
this time it seemed
to …
she kept saying
“o my God, you’ve got
beautiful legs!”
it was all right
until she took her feet
off the ground
and wrapped her legs
around my middle.
“o my God, you’ve got
beautiful legs!”
she weighed about 138
pounds and hung there as I
worked.
it was when I climaxed
that I felt the pain
fly straight up my
spine.
I dropped her on the
couch and walked around
the room.
the pain remained.
“look,” I told her,
“you better go. I’ve got
to develop some film
in my dark room.”
she dressed and left
and I walked into the
kitchen for a glass of
water. I got a glass full
in my left hand.
the pain ran up behind my
ears and
I dropped the glass
which broke on the floor.
I got into a tub full of
hot water and epsom salts.
I just got stretched out
when the phone rang.
as I tried to straighten
my back
the pain extended to my
neck and arms.
I flopped about
gripped the sides of the tub
got out
with shots of green and yellow
and red light
flashing in my head.
the phone kept ringing.
I picked it up.
“hello?”
“I LOVE YOU!” she said.
“thanks,” I said.
“is that all you’ve got
to say?”
“yes.”
“eat shit!” she said and
hung up.
love dries up, I thought
as I walked back to the
bathroom, even faster
than sperm.

Charles Bukowski, Love is a Dog from Hell, 1977

lunedì 23 dicembre 2019

Ecco l'iban

Non so se voi dietro di voi avete visto qualcosa, io vedo il tempo, ma non me sono accorto quanto esso sia dietro alle spalle dei forse, dei fosse stato, dei semplici non sequitur, perché niente consegue, tutto segue, io dico seguitando, accorrendo - e perché non mi racconti una storia?

Quale storia?

Quella di una ragazza che i genitori allevarono tra libri e cavolo nero, finché lei, sui sedici, divenne un'alfabeta funzionale, nel senso che troppa cultura la fece propendere e per questo si dette alla lap dance. Al padre scrittore gli prese il blocco dello scrittore e non scrisse più prosa né poesia per un semestre e mezzo, il tempo necessario per concepire e sgravare un madrigale all'ingratitudine; mentre alla madre dette lo sprone per sciogliere le trecce ai cavalli e correre via, lontano da quei campi di cavolo e da quei recinti coniugali che imprigionavano i suoi migliori anni di donna dentro la gabbia del matrimonio.

Via. E andarono, la ragazza e la madre, ad abitare in una città di mare, a qualche chilometro da Busto Arsizio. Furono giorni difficili e facili: difficili, perché il marito e padre non gli passava gli alimenti. Facili, perché la madre trovò lavoro in un negozio di alimentari. Difficili, perché dovevano pagare l'affitto e le spese di condominio. Facili, perché l'affitto lo pagavano con le mance che la ragazza si trovava incastrata nel filo delle mutande dopo le sue performance notturne di ballerina e tra di esse c'erano anche quelle dell'amministratore condominiale, un geometra dall'alito pesante che faceva spesso colazione con un'aringa sottolio, due olive denocciolate e mezzo fernet allungato con acqua minerale gassata.

Tutto scorreva, con l'aria marina che schiariva i pensieri più cupi. Il marito scrittore vinse il premio Faviello e la sera della premiazione, in mezzo a tanta mondanità, si sentì solo come una fava. Si sgusciò, si lessò e scrisse una mail alla moglie per dir loro grazie, averlo lasciato gli aveva fatto scrivere il romanzo che aveva vinto il premio e per questo voleva donar loro metà della somma che aveva ricevuto.

- Ecco l'iban: IT00010785417 UDPAFU -, rispose la moglie, a stretto giro di posta.

venerdì 20 dicembre 2019

Such a shame

Non parlo (quasi) più di politica, data l'impotenza della politica o della potenza politica riservata ai pochi eletti che ne usufruiscono per i propri cazzi, non certo per quelli di coloro che li hanno eletti. O dello scoramento istituzionale, ché l'Istituzione è un trucco per la società inesistente, bandiera dopo bandiera, inno dopo inno, martire dopo martire, che solo la demenza nazionalista fan convenire al riguardo, al rispetto, alla difesa a oltranza - ma re, burocrati di corte, buffoni e popolo sono nudi, anzi peggio: invisibili.

Nella invisibile visibilità delle vite superiori, conteggiabili e nominabili, ché esse ci tengono a essere nominate come quelle degli dèi ulteriori, ma non troppo avvicinabili, per questo sempre ben protette, sia perché lontane dai circuiti delle vite minime dei faticanti, sia perché contornate da un'alta schiera di servitori ben remunerati e fedeli e mai che muoiano male, i semidèi, salvo qualche caso che opportunamente muore perché occorre, ogni tanto, riempire il vuoto dietro l'altare con un nuovo culto.


Ma che cosa sto dicendo?

Come l'oracolo di Delfi, non dico, ma accenno.

A cenni.
A sentenze.
Frasi scomposte e paragrafi inutili.

[...]

Fate finta che il post inizi ora. In fondo sì, è così: quella roba scritta sopra è stata scritta ieri notte mentre le palpebre calavano e io facevo stare due o tre neuroni a galla con le dita a battere sulla tastiera. 

Sono implicito, Fiona, perché non ho voglia di spiegare niente, non avendo niente da divulgare. Da me non dovete pendere. Qui vedete appendere soltanto i miei panni, giacché

rivesto quello che vuoi
son l'attaccapanni

Ed ecco, acchiappo un ricordo e, appunto, lo appendo.

Quando uscì Don Giovanni di Lucio Battisti, ero poco più d'un ragazzino che andava in discoteca e, mi ricordo, dj Schubert (all'epoca i dj assumevano nomi d'arte di riguardo), tenne per un lungo periodo in scaletta la canzone omonima. Nel buio della sala, dopo tanta musica disco, si creava un effetto mistico: tutti si ricomponevano e ascoltavano in quasi religioso silenzio il pezzo. E mentre il fumo delle sigarette si mescolava a quello colorato delle macchine, nel piano rotondo rialzato della sala prendeva posto, come una star, Franca, il gay nostrano fan di Malgioglio (gli assomigliava, solo era più basso e tracagnotto), che si metteva a danzare, come una farfalla, l'aria di Don Giovanni, con delle pose e un modo tutto suo di rendere omaggio alla canzone di Battisti. Non volava un fischio, tutti lo guardavamo ammirato e nessuno osava sbertucciare quello che, in altro contesto, sarebbe sembrata immediatamente una macchietta. Ma non era così: in lui si rifletteva il testo della canzone e le note ad alto volume erano ulteriormente amplificate dal suo corpo. Fino allo struggimento finale del sinceramente non tuo... che, durante l'eco, gli rigava di lacrime gli zigomi coperti di cerone.

L'epilogo della canzone consentiva poi a Franca di scendere, nobilmente, ed eclissarsi, nel compito di pr, mentre Schubert ci mixava sopra Such a shame.

Che vergogna, tenere un blog, che vergogna, credere nella fuga. 

martedì 17 dicembre 2019

Poveri uomini soli

Poveri uomini soli, dirigenti o divergenti, lavoratori che hanno tanti colleghi eccezionali di lavoro ma che fuori del lavoro non hanno colleghi fuori lavoro per camminare senza lavorare in parchi umidi e con papaline nere, per parlare di cose serie, per esempio: vale più una sega fatta bene o una scopata fatta male; o anche: alla fine del salmo sarà vera gloria alla Davide o polvere alla Qoèlet?

- Achille, vieni a correre domani?
- No, Ettore: ho la fascite.

«Ho considerato poi la sapienza, la follia e la stoltezza.
- Che farà il successore del re?
- Ciò che è già stato fatto.
- [ma vaffanculo]
Mi sono accorto che il vantaggio della sapienza sulla stoltezza è il vantaggio della luce sulle tenebre.
Il saggio ha gli occhi in fronte ma lo stolto cammina nel buio. Ma so anche che un'unica sorte è riservata a tutt'e due.¹ »

E diventa virale. Ma una volta diventato virale, si evira.

______________
¹Qoèlet, 2, 12-14

domenica 15 dicembre 2019

Sapessi

Sapessi
quale vita volessi
si potesse volere
la vita che si vuole
forse
potrei anche sapere
che cosa volere
senza alcuna premessa
una vita
che basti a sé stessa
che scorra
senza troppa fatica
e si sciolga nel tempo
senza tanti rimpianti
per le occasioni
trovate e perdute
tra passi felpati ed inciampi
una vita
che non chieda allo specchio
a cosa serve la vita
tra il bambino che ero
e quel vecchio
che vedo lontano laggiù
mentre impreco
dando il braccio a mia mamma
che mi teneva in braccio
e adesso guardo di sbieco
mentre avanza arrancando
per paura del ghiaccio
con l'insopportabile peso
di figlio impotente
una vita
che tra essere e stato
impari a diventare aeriforme
evaporando nel profilo lontano
di nubi e montagne
nell'azzurro Nettuno
nel celeste di Urano
lontano lontano
ai confini di questo sistema
una vita
che non sia scema di affetti
che non stia dentro
uno schema preconfigurato
una vita che esca
e giri a vuoto nel vuoto
o stia ferma
come il milite ignoto
con una debole luce
che illumina il niente.
Una vita ubbidiente
a un solo padrone
ch'è nient'altro che il Sé
un piccolo io che rifrulla
tra l'essere e il nulla
a pensare perché
proprio lui e non un altro Sé
e se quel Sé che non era
era proprio necessario che fosse
come un colpo di tosse
per schiarirsi la gola
e cantare Ancora, ancora
con l'accento sdrucciolo
per attraccare la mente
alla vita presente.



venerdì 13 dicembre 2019

Apparizioni post-elettorali

È da un pezzo che, dei giornali inglesi, sfoglio soltanto le pagine culturali e scientifiche. Ma oggi, dopo che la loro volontà popolare si è espressa, non ho potuto esimermi di consultare anche la pagina politica.
via

Certo che, se anziché apparire nelle coste californiane, gli elettori britannici fossero arenati nelle coste del Maine, la notizia sarebbe stata più credibile.

_________
Curiosità: se li mettono sotto le ascelle, che cosa succede?

mercoledì 11 dicembre 2019

All'ombra delle ascelle in fiore

via

Mi è caduto l'occhio sulla notizia sopra riportata, non tanto perché attratto da tale pratica, quanto perché pochi giorni or sono, durante una classica spesa in un supermercato, nel percorrere i vari reparti, mi sono imbattuto (il naso si è imbattuto) in frequenti zaffate ascellari di ragguardevole potenza che m'hanno fatto filare alla cassa spedito con metà della roba che avevo in mente di comprare, col risultato che ho speso meno del solito, cosa, questa, che in un certo senso mi ha fatto godere.

_______________
N.B.
Nel caso alcune ascelle muliebri fossero disposte a concedermi le loro grazie, sappiano che preferisco la profumazione naturale, senza alcool, né parabeni.

martedì 10 dicembre 2019

Briciole del pensiero

Stavo pensando, ma possibile che stia pensando? Che azione sto compiendo in concreto? È qualcosa che appartiene anch'essa al mondo fisico (sì) oppure, anche se sì, a volte da esso si dislega (riesce a slegarsi, come una scarpa sciolta, ci cammini un po' senza accorgertene finché non inciampi), e vaga in una dimensione altra, un altro tempo, o quello passato o quello delle possibilità?
Allora, per non rispondere alle domande un po' troppo complicate, data l'ora, e soprattutto: per non mettere il cervello in una vasca, lascio evadere il pensiero dal mio personalissimo 41 bis (cheri), socchiudo gli occhi e mollo l'ancora e libero il tu.

***
Ho letto un titolo - quindi non l'intervista - in cui Landini dichiara che occorre fare un'alleanza con governo e imprese per impedire che il Paese si sbricioli. Dato che dovevo sparecchiare, ho scosso la tovaglia con le briciole fuor di finestra, qualche passero solitario passerà. Ma a parte ciò: ho letto pure il sottotitolo, in cui si dichiara che
«Il lavoro, la qualità del lavoro e i diritti di chi lavora devono essere al centro del progetto per governare la transizione verso un nuovo modello di sviluppo ecocompatibile ma anche la trasformazione tecnologica in atto nel sistema produttivo. Un progetto per impedire che il Paese si sbricioli.»
E dài con le briciole. Sa Landini che le briciole si producono affettando il pane? Sa anche chi sono coloro che tagliano il pane in Italia, ovvero coloro che hanno il coltello dalla parte del manico? I lavoratori? O i prenditori di lavoro? Inoltre, sa Landini che la qualità del lavoro e i diritti di coloro che lavorano, per essere al centro del [eccetera], dipenderebbe, allo stato presente, soltanto da un piccolo codicillo legislativo che imporrebbe una drastica riduzione dell'orario di lavoro? Nel progetto per impedire che il Paese faccia le briciole, c'è questa indicazione?

No.

Allora, caro Landini, vai a cercare i funghi. Allucinogeni, per immaginare un po'.

sabato 7 dicembre 2019

Il nipote di Keynes

«Sono molto contento di essere Qui, come disse un nipote di Paperone». Anche le formiche, nel loro piccolo...
«We shall do more things for ourselves than is usual with the rich today, only too glad to have small duties and tasks and routines. But beyond this, we shall endeavour to spread the bread thin on the butter-to make what work there is still to be done to be as widely shared as possible. Three-hour shifts or a fifteen-hour week may put off the problem for a great while. For three hours a day is quite enough to satisfy the old Adam in most of us!
There are changes in other spheres too which we must expect to come. When the accumulation of wealth is no longer of high social importance, there will be great changes in the code of morals. We shall be able to rid ourselves of many of the pseudo-moral principles which have hag-ridden us for two hundred years, by which we have exalted some of the most distasteful of human qualities into the position of the highest virtues. We shall be able to afford to dare to assess the money-motive at its true value. The love of money as a possession -as distinguished from the love of money as a means to the enjoyments and realities of life -will be recognised for what it is, a somewhat disgusting morbidity, one of those semicriminal, semi-pathological propensities which one hands over with a shudder to the specialists in mental disease. All kinds of social customs and economic practices, affecting the distribution of wealth and of economic rewards and penalties, which we now maintain at all costs, however distasteful and unjust they may be in themselves, because they are tremendously useful in promoting the accumulation of capital, we shall then be free, at last, to discard.
John Maynard Keynes, “Economic Possibilities for our Grandchildren (1930),” in Essays in Persuasion (New York: Harcourt Brace, 1932), 358-373 (file pdf, pag. 4) 

Che belle, sante parole. Purtroppo però, per il vecchio Adamo, questi cambiamenti non saranno realizzati con le riforme, ma con qualcos'altro che ora non sto a dire, un po' per non abusare di una parola che è facile immaginare quale, e un po' perché ancora non abbiamo una diffusa contezza di vivere un'epoca di rivoluzione sociale, per cui non mi rimane che rimandare alla Prefazione di Per la critica dell'economia politica di Marx, dove si legge: 
«Quando si studiano simili sconvolgimenti, è indispensabile distinguere sempre fra lo sconvolgimento materiale delle condizioni economiche della produzione, che può essere constatato con la precisione delle scienze naturali, e le forme giuridiche, politiche, religiose, artistiche e filosofiche, ossia le forme ideologiche che permettono agli uomini di concepire questo conflitto e di combatterlo».
Ecco, tali forme ideologiche, oggi, ahinoi, non consentono affatto agli uomini di concepire alcun conflitto e di combattere per la liberazione, per l'affrancamento (tre ore di lavoro al giorno porcaputtana! quindici ore a settimana come immaginava anche Keynes!) dalla oggettiva schiavitù del capitale, del valore e del lavoro. Quindi, non resta altro che sperare che le forme ideologiche non riescano più a coprire il giochino D-D' (formula alla quale si riduce la produzione e schiavizza le umane genti e fotte l'intero pianeta) e che, dato lo sviluppo delle forze produttive, nella società si creino le condizioni materiali di rottura dell'attuale sciaguratissimo dominio di classe borghese di merda e si possa finalmente concludere «la preistoria della società umana». 
E se non sarà per noi, che sia almeno - e per davvero - per i nostri nipoti.

venerdì 6 dicembre 2019

Gigante pensaci tu

Per seguire... no, non per seguire: per tuffarmi nell'onda polemica sulle nocciole turche che compongono la crema di nocciola, cacao ghanese o ecuadoregno, latte in polvere piemontese, zucchero europeo o extraeuropeo e olio di palma indonesiano o malese più famosa del mondo, oggi, al supermercato, ho visto una classica offerta natalizia sui cotechini composti con carne di suino nazionale (oddioporco!), allevati, negli ultimi quattro mesi, senza antibiotici e mi sono chiesto: ma le aziende farmaceutiche italiane produttrici di antibiotici da allevamento non dicono niente, non  minacciano licenziamenti?

***
Alcuni anni fa, per avere internet sul pc anche fuori casa, comprai una chiavetta della vodafone che non prevedeva abbonamento, ma solo il pagamento del mese durante il quale se ne faceva utilizzo. Dopo circa quattro anni, la scorsa estate, vodafone ha deciso (credo in combutta con tutti gli altri operatori, ma non so di preciso) di far pagare un tot per il mantenimento della "sim" dati, anche se inutilizzata. Siccome questo è un cambio unilaterale delle condizioni contrattuali, avevo diritto alla disdetta immediata e gratuita, se la comunicazione di tale operazione mi fosse arrivata per tempo (scadeva credo a fine luglio). Ma, purtroppo, l'avviso è giunto a ottobre, via posta ordinaria, tra l'altro a un indirizzo (via e numero) sbagliato.
Li chiamo e, con la pena solita per quanto sia complicato collegarsi con un operatore vivo, procedo con la disdetta secondo le loro indicazioni: a voce e attraverso il format del sito web.
Dopo una decina di giorni mi chiamano loro e mi fanno fare la registrazione telefonica di disdetta.
Credo che sia tutto finito, ma no: le bollette tra agosto e novembre le devo pagare comunque. A tal fine, mi chiama una società di recupero crediti comandata da vodafone, che mi dice come pagare, anche con bonifico, in un'unica soluzione: 15€ e sarà concluso il contenzioso.
Io faccio il bonifico, gli invio una copia dell'avvenuto pagamento ma, dieci giorni dopo, ricevo nuova mail di sollecito pagamento fatture.

Mi date per favore un suggerimento per chiamarli senza mandarli affanculo?

***
Il Censis, nell'ultimo rapporto sulla situazione sociale nel Paese, rileva che gli italiani vorrebbero un uomo forte che non debba preoccuparsi di Parlamento ed elezioni. E vabbè, non c'era bisogno di un rapporto del Censis per saperlo, bastava cercarlo nelle parole di Flaiano che «il fascismo conviene agli italiani perché è nella loro natura e racchiude le loro aspirazioni, esalta i loro odi, rassicura la loro inferiorità».
Ma ciò che più è interessante, è notare che gli italiani vorrebbero l'uomo forte perché costui non debba preoccuparsi di Parlamento ed elezioni. 
Ora, dal mio piccolo punto di vista di italiano minimo senza alcun orgoglio di esserlo, domando: ma se il problema sono il Parlamento e le elezioni, non sarebbe più facile non andare a votare, sì da non eleggere nessuno in Parlamento e provare a vivere in una nazione da bravi uomini deboli che non hanno bisogno di uomini forti che chiedono (perché lo vuole gente!, dicono) di fare a meno del Parlamento e delle elezioni?

mercoledì 4 dicembre 2019

Come a una spada

«Da molto tempo penso alla mia penna come a una spada». J.P. Sartre, Le parole, 1963

In alcune occasioni, ho pensato anch'io che la mia penna (la mia tastiera) fosse una spada, perché m'illudevo di essere tagliente. Ma, il più delle volte, mi sono accorto che essa assomiglia di più a un cucchiaio, che utilizzo per sorbirmi il brodo o il minestrone prodotto dalle circostanze.

Un volta rimestavo dentro pentoloni da refettorio. Adesso, considerato quel che passa il convento, la brodaglia mi si è ristretta, estraggo poco dalla realtà, forse perché ho meno fame di realtà, e ancor meno voglia d'inventarne una parallela, sebbene talvolta vi indugi, per vezzo o per darmi il tono di qualcuno che la sa lunga. 

Ma non la so lunga. La so ad elastico: per un attimo vedo lontano lontano, poi il visto mi ritorna indietro, di scatto, come uno schiaffo e mi inibisce l'azione. Sembro uno Stato democratico europeo a un summit della Nato. Poi alzo la mano e chiedo al Capo: ma perché non te ne vai affanculo camminandoci sopra?

domenica 1 dicembre 2019

Come stanno le cose. Extra

«Scopo precipuo del capitale è di usare la tecnologia per abbattere i costi, in primis quello della forza-lavoro, per far fronte alla caduta dei profitti (in rapporto al capitale investito). È il classico cane che si morde la coda, ma non è il caso d’insistere su questo “dettaglio”. Nei prossimi decenni si conteranno nuove decine di milioni di disoccupati, una situazione sociale che non potrà reggere a lungo. Prima ancora assisteremo a nuove crisi sui mercati finanziari, per cui resto in curiosa attesa di conoscere, dalle spiritose analisi degli “esperti”, le motivazioni e i nomi dei responsabili dell’annunciato prossimo disastro.»

Olympe de Gouges, Spiritose analisi

«Se non si comprende la natura contraddittoria del modo di produzione capitalistico che allo stesso tempo produce libertà e sfruttamento, ricchezza e povertà, l’uomo universale e la sua alienazione e via dicendo e si cerca di superarne in maniera progressiva la forma oramai inadeguata di riproduzione sociale, si ricade in un “prima” o “altro” che, per gli standard civili e sociali su cui si basa la nostra vita comune, significa semplicemente barbarie. Confondere la rivolta romantica anticapitalistica con la critica del modo di produzione capitalistico produce, alla fine della catena delle mediazioni, il fascismo. Il populismo è uno degli anelli di questa catena degenerativa.» 

Roberto Fineschi, Populismo, punti di partenza 


Plancton

Quarant'anni dopo The Wall l'Inghilterra è ancora una monarchia, sta costruendo un altro muro (la Brexit in soldoni) e si diverte a sguinzagliare terroristi a orologeria, giusto in prossimità di elezioni o di vertici Nato, sai com'è, bisogna pure accontentare la percentuale di votanti che recheranno alle urne a celebrare il rito democratico per eccellenza per far vincere quel butriolo cor cecio in bocca che ha il nome uguale a uno shampoo (non che se vincesse Corbyn muterebbe qualcosa di concreto, per carità, ma sai com'è, almeno visti da qui, non ci sono paragoni in quanto a tanfo - relativo all'andante "turatevi il naso, ma votate Labour Party, Holy shit!").

***
«Via le bandiere, via le bandiere. Siamo un fenomeno democratico senza simboli, né bandiere. Non vogliamo un simbolo a questa bellezza», ha urlato, da un megafono in piazza della Repubblica, a Firenze, un organizzatore di una manifestazione ittica. 
Bravo. Ma mi raccomando: conseguentemente a tale affermazione (condivisa dai presenti, che in coro ripetevano «via le bandiere, via le bandiere»), per le prossime elezioni o fate come Beppe Grillo e fondate un altro movimento di corpo elettorale, oppure, Santa Merda, non andate a votare, state a casa muti come pesci (!), anzi come plancton...

Finché arriva la balena
che dà un senso a quella pena
finché la balena
che vi inghiotte e se ne va.



P.S.
Alle sardine: ascoltate Marras (il sardo) e fate poco gli schizzinosi.

venerdì 29 novembre 2019

Le cose come stanno. Finale prima stagione

Le cose come stanno, stanno. E non c'è verso di farle stare diversamente, nonostante si scopra, piuttosto velocemente, che le cose potrebbero stare diversamente, ma non si sa da che parte cominciare. 

Basta guardare il mondo e poi chiudersi in sé, dimenticare tutto, tutto, salvo il proprio personalissimo precipizio. La caduta degli dèi più in piccolo: la caduta di io, caro Luchino. O anche: La caduta nel tempo, caro Emilio Cioran, tanto il tempo dura poco, giusto il tempo necessario per la «chiaroveggenza della [propria] insignificanza», compreso l'insignificante pessimo cosmico borghese, più o meno raffinato, più o meno espresso da stanze confortevoli o nella miseria dignitosa del proprio appartamento parigino, blaterando sentenze acute su storia e utopia, e certificando la naturalezza di un sistema e il suo inimmaginabile superamento. Perché l'uomo è un caduto, condannato, un primaticcio della sfiga.

E io sono colpevole, come tutta la mia generazione lo è, perché non ho fatto niente, non farò niente, non tirerò alcuna bomba a mano, non proverò a prendere le armi contro il flusso costante di stronzi al potere, non griderò in alcuna piazza che le cose come stanno fanno schifo, tutto concentrato sul mio apparato digerente come sono, coi sensi obnubilati dalle cose come stanno, tutte - ed è inutile mi consoli con il pensiero di fare il cammino di Santiago appena avrò la pensione da fame che mi daranno, di fare penitenza, di guidare la macchina della misericordia per portare le persone anziane a fare esami all'ospedale, o adottare un druido a distanza, tramite il mio abbonamento al Cielo.

«...Ma la cecità non è così [...] La cecità dicono sia tutta nera, Invece, io vedo tutto bianco...»¹

E non sarà più quello della Democrazia Cristiana.

Amintoreee...

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¹ José Saramago, Cecità.

mercoledì 27 novembre 2019

Come stanno le cose 3

Adesso che sono povero, adesso che non ho i soldi, le cose come stanno mi fanno... cosa mi fanno? Niente, perché stanno lì e basta, intoccabili, irraggiungibili, a volte desiderabili, a volte in attesa che qualcuno me le faccia desiderare. Io ci provo a fare l'indifferente, ma è uno sforzo inutile, giacché si legge in volto che faccio finta; quando si è poveri lo snobismo è un lusso che non ci si può permettere. Allora sto in disparte, cerco di evitare le cose come stanno e me ne resto in periferia, dove le cose come stanno stanno così male che stanno bene anche per me, sono alla mia portata, come un autobus in ritardo, o il volo dei gabbiani verso la vicina discarica. Le cose come stanno sono ridotte all'osso. Io sono ridotto all'osso, nonostante i pasti caldi, regolari, della mensa della caritas. Oggi, a pranzo, c'era una tristissima e sciapissima sogliola impanata con contorno di zucchine che sapevano di piscio: ho preso più calorie dal sorriso melanconico di una cameriera stanca che da quel piatto che stava lì davanti a me come una cosa che potevo permettermi ma che mi dava il voltastomaco. Per fortuna fuori pioveva, così aveva un senso stare seduto al caldo e all'asciutto davanti a  qualcosa che faceva piangere e un po' rabbrividire. 

lunedì 25 novembre 2019

Il gioco delle parti


Sono alcuni giorni che guardo questa immagine e mi vengono in mente tanti pensieri che si affastellano e quindi è giusto che gli dia fuoco. Avanti, bruciamoli.

Ci sono due parti, il Governo (che rappresenta lo Stato italiano) e un'impresa (una multinazionale) privata (è straniera, ma non ha importanza).
L'impresa privata, che aveva rilevato, in concessione dallo Stato l'Ilva, dopo un periodo di prova, ha verificato che la produzione dell'acciaio (una merce base della produzione industriale) in quel di Taranto non garantisce profitto, è cioè il Denaro investito per produrre la Merce acciaio non si trasforma in una quantità maggiore di Denaro.
Visto l'andazzo, l'impresa privata vuole abbandonare il campo, preferendo rescindere il contratto anziché continuare in una produzione dalla quale non trae guadagno.

Se tutto questo fosse lasciato alla logica di mercato, l'Ilva dovrebbe interrompere la produzione ed operai e impiegati restare senza lavoro; per tali ragioni, per evitare la perdita di posti di lavoro, interviene il governo. E parte la trattativa. 

Che cosa si saranno dette le parti? Anche senza leggere le cronache, è facile intuire: 
Governo: «Restate con noi, Signori, non ci lasciate, restate con noi, Signori, avremo la pace sociale (con un po' tosse e cattive digestioni dovute ai veleni in giro)».
Arcelor Mittal: «Sì, potremmo restare, ma...»
Governo: «Voi privatizzate i profitti, noi socializziamo le perdite».
Arcelor Mittal: «Affare fatto: restiamo».

E avanti con questo simpatico giochino della produzione per la produzione.

Vox populi:

«Eh, ma così sarei bravo anch'io a fare il presidente del consiglio».
«Io, invece, sarei più bravo a fare il figlio del capitano d'industria».

Ma pensare di cambiare gioco, no? Cioè a dire: a pensare di cambiare la logica che informa la produzione, si fa peccato?

Vox seminerios phastidious

«Lei è un comunista!»

Grazie.

sabato 23 novembre 2019

Come stanno le cose 2

Adesso che sono ricco, adesso che ho i soldi, le cose come stanno non mi fanno paura. Addirittura mi sono comprato una cappella al cimitero, con l'aria climatizzata e i diffusori di oli essenziali per i vivi che verranno a trovarmi, naturalmente, ché da morti le cose non si annusano; ma pensare, da vivo, di puzzare di morto da morto mi fa orrore, e per questo ho pensato che i fiori da soli non bastino a coprire la cosa, la morte, anzi: i fiori, se non li rinnovi e li lasci a lungo nella loro acqua, in pochi giorni puzzano di morto anche loro; quindi, mi sono consultato con il mio maestro yogi e lui mi ha suggerito questa cosa dell'aromaterapia.

Avere i soldi significa disporre delle cose (di quasi tutte le cose, fossero anche solo i soldi stessi), più o meno come si vuole, perché, oggigiorno, a come stanno le cose, è che le cose sono a disposizione di coloro che i soldi li hanno, perché ogni cosa va in giro con un cartellino al collo, o un codice a barre, o un tatuaggio sul quale è scritto il prezzo. «Cento euro con, duecento senza» mi ha detto freddamente, con accento bielorusso, una ragazza tatuata che offre servizi in camera oltre alla colazione. Anche in questo caso, mi sono consultato con il mio maestro yogi che mi ha detto: «A volte, al mattino, è bene restare digiuni». Non ho mai avuto un buco allo stomaco più grande.

Come stanno le cose

Credo che per capire esattamente come stanno le cose, occorra osservare attentamente dove stanno le cose; e solo dopo tale verifica scrupolosa si possa azzardare una risposta. Perché le cose non sono tutte come i mobili o i soprammobili ricoperti di polvere, che stanno fermi in una stanza di una casa qualsiasi dove abita la persona che li ha posizionati, poi è morta e i gli eredi che si contendono la casa non possono toccare niente per volontà della persona defunta finché essi non troveranno un accordo - e non lo troveranno perché sono persone avide che credono di sapere come stanno le cose, anche se non lo sapevano, non lo sanno e non lo sapranno mai. 
Piuttosto, se le cose fossero mobili e soprammobili, sarebbero come i mobili e i soprammobili esposti nei saloni espositivi di Ikea: basta andarci tre, quattro volte all'anno per accorgersi di come le cose, che prima credevi in un posto, invece, cambino di posto, addirittura molte spariscano e tocchi domandare al personale di servizio dove possano essere state messe. «Ci dispiace signore: questa cosa è fuori catalogo». Fuori catalogo una cosa? Ma vi sembra questo il modo di trattare le cose? Le producete - e all'inizio sembra che ci siano solo loro al centro del mondo, belle, in vetrina, in promozione; e poi, via, le fate sparire dalla circolazione, ma non per essere messe all'ammasso dove tutti potrebbero beneficiarne e usufruirne; no, ma perché debbano essere dimenticate, seppellite, arrugginite, allontanate dal loro valore d'uso. Piccole, grandi cose perdute, che ci mancate da morire, adesso che sapremmo cosa dire, adesso che sapremmo cosa fare, adesso che...

martedì 19 novembre 2019

A ciascuno il suo onorario

Aldilà della vicenda specifica che riguarda Liliana Segre (sempre sia lodata) e la gara delle amministrazioni comunali a chi le dà o non le dà la cittadinanza onoraria, in primo luogo mi sembra opportuno osservare che tale titolo onorifico sia pleonastico conferirlo a chi cittadino - in qualche altra città della stessa nazione - lo è già. In secondo luogo, mi pare evidente che le amministrazioni comunali, e in particolare i sindaci e gli assessori che si prodigano in tale esercizio celebrativo, lo facciano principalmente per dar lustro alla propria immagine, sia ai fini di una propaganda politica spicciola, sia per gonfiare il proprio petto di tacchini rappresentanti pubblici sulle pagine facebook istituzionali e ricevere tanti "mi piace", molti "cuoricini" e un paio di sporadici vaffanculo.

E la domanda sorge artefatta: perché invece di dare cittadinanze onorarie, i sindaci non elargiscono un onorario a ogni cittadino semplice, tale che si andrebbe ad assommare allo stipendio o, altresì, al reddito di cittadinanza? Le casse comunali non lo consentono? Allora il premio sia estratto a sorte tra i cittadini residenti iscritti regolarmente all'anagrafe; oppure ai viandanti che passano per la città.
A me, per esempio, magro come sono, piacerebbe molto avere la cittadinanza onoraria di Abbiategrasso. Si può fare?

domenica 17 novembre 2019

Il flagello

Per mantenere vivo l'esercizio della mia incompetenza, annoto due o tre pensieri sulla tragicomica realtà circostante, che è quella che è perché noi ominidi ci impegniamo abbastanza per farla essere così, garruli amatori di classifiche, tra chi ce l'ha più lungo e sostanzioso, il conto in banca - e tutti gli anni o è uno o è l'altro, finché non morranno - se morranno - e avanti, belle gare in cui sprizza l'intelligenza, qualità intraspecifica tanto usata a sproposito, anche per considerare Salvini uno statista, un patriota, uno stronzo a galla che si adagia sul salato, mentre le acque che hanno invaso la Padania si ritirano.

***
Uh. E di che parlo? Del figlio di Savoia e della di lui pubblicità? Piango a pensare che, se è sempre valido quello studio sul quale si basò tutto il berlusconismo - «la media [intellettiva] del pubblico italiano rappresenta l'evoluzione mentale di un ragazzo che fa la seconda media e che non sta nemmeno seduto nei primi banchi», allora è persino probabile che se «i reali stanno per tornare» siano in molti ad attenderli a braccia aperte - e nessuna rivoltella in mano.

Quando ci si allontana troppo dall'evento fondatore senza mantenere di esso viva la memoria (se non nelle melense commemorazioni ufficiali), qualsiasi costrutto, anche un concetto futile come la nazione, si intiepidisce fino a spegnersi del tutto, diventando cenere. In buona sostanza, i rituali vanno coltivati e riprodotti con serietà e aderenza al mito dai quali hanno avuto origine. Per tale motivo, visto che la realtà, così com'è, è difficile mutarla, visto che la fucilazione non rientra nei criteri sanciti dalla Costituzione, farebbe bene ogni tanto mandare in esilio qualche reale, così, a prescindere, solo perché ci sta sul cazzo, con quella faccia, quella voce e quel pelo rossiccio.

***
Io quando odo o leggo «Italia flagellata dal maltempo» spero sempre che, per qualche verso a me oscuro, tale flagellazione arrivi a compiere dell'Italia stessa, ciò che Piero della Francesca ha compiuto con il suo dipinto: una distaccata perfezione.

venerdì 15 novembre 2019

Il sorriso dei casellanti

Lei non faceva per me.
Né tanto meno io facevo per lei.
Non ci facevamo, dunque.
Ci sfacevamo, anzi.
Non eravamo stupefacenti.
E di noi non restavano che tracce scarne 
d'un amore che fu felice per un po'
diciamo un tre quarti d'ora e poi
fu un intervallo continuo
in attesa del secondo tempo
che tardava a venire.
In verità, tardavamo a venire entrambi.
Per fortuna, bevevamo tè caldo in continuazione.
Tanto tè caldo, ma così tanto
che ci venne la cistite a forza di orinare teina
una droga con minor tenore di effetti psicotropi
ma faceva la sua parte anch'essa
a tenerci sospesi nel disamore.
Poi arrivò un avvocato che ebbe pena di noi
che ci portò davanti a un giudice
a confessare le nostre discolpe.
E fummo disciolti dai vincoli
ma legati per sempre agli svincoli
illusi bastasse cambiare la strada
per avere una nuova vita.

E i casellanti sorridono.
Noi meno, ma fa niente.
L'importante è che qualcuno si diverta.




martedì 12 novembre 2019

Un governo di pampersi

I bei gualtieri del governo tentano di dare in pasto al popolo bocconcini prelibati come gli asili nido gratis dal primo gennaio: bravi, finalmente una misura popolare dal braccino corto, tuttavia, giacché, dato l'andamento generale della popolazione, con il drastico calo delle nascite, l'esborso statale sarà riservato - bene per loro, ci mancherebbe - a quei pochi che annidano figli negli asili nido. Nondimeno, quanto più  popolare e di successo (ma guai soltanto a dirlo, vero?) sarebbe stato proporre case di riposo gratis dal primo gennaio o anche, più giustamente - più equamente - far pagare all'utenza una retta della casa di riposo pari a tre quarti dell'ammontare mensile della pensione; ad esempio: prendi mille euro di pensione, sei anziano e non sei più tanto in grado di vivere da solo? Bene (anzi, male: ma vabbè), la casa di riposo ti costa 750 euro al mese tutto compreso. Le casse dello Stato saltano? Pensate all'Alitalia, pensate all'Ilva, pensate a Roma, alla Lega (49 milioni bis), a tutto er magna magna der meridione, delle regioni autonome di stocazzo, a tutti i carrozzoni, eccetera - mi fermo, ognuno ha la sua da dire, non voglio rinfacciare altro, solo far presente che le misure in favore della cosiddetta famiglia dovrebbero riguardare tutta la famiglia, non solo gli infanti e la mitologia iperprotettiva che li accompagna, ma soggetti più deboli, più soli, più bisognosi di attenzione e di cura.

lunedì 11 novembre 2019

San Martino

Lucas camminava lungo una strada, una strada. C'era la nebbia, ma forse era soltanto una fitta pioggia che s'infiltrava nei suoi pensieri, annebbiandoli. Le macchine frusciavano accanto al marciapiedi e davano l'impressione di riprodurre il frangersi delle onde lungo la battigia. Lei non c'era, non c'era, ma la tigre assenza non minacciava la quiete dei suoi passi. Avrebbe potuto camminare delle ore, avrebbe. Ma limitò il cammino a tre quarti d'ora, il tempo di una partita inutile, senza arbitri, palle, giocatori e pubblico altro che lui, cosa che gli consentì di riflettere sulle significanze, e cioè: soddisfazione dei bisogni primari a parte, aveva senso vivere? «No, ma andiamo avanti», si rispose, mentre nel cielo rossastre nubi si disponevano a fondale per il passaggio di uno stormo d'uccelli neri che non si facevano tante domande del cazzo e continuavano a volare, a volare.

giovedì 7 novembre 2019

Post diuretico

In Italia, al Ministero della Cultura, una cosa del genere è impensabile giacché le candidate poi assunte, per prassi, orinano già benissimo di suo nei bagni delle abitazioni del ministro, del viceministro, del sovrintendente e del direttore del museo.

Mi domando come mai un tizio con così tanta passione non si sia messo a studiare urologia: un talento sprecato. 

Comunque, la sessualità (maschile) è una brutta bestia: cosa non si fa per un'erezione, un tiramento, un senso del possesso (che fu pre-alessandrino). Le semplici masturbazioni non bastano più. È la fantasia che patisce i propri limiti e cerca di costringere il reale ai propri desideri - che non sono mai veramente propri, ma suggeriti, giacché io dubito fortemente, a dispetto della bizzarria, che eccitarsi a vedere una donna pisciare sia un desiderio sponteneo mosso soltanto dalle proprie gonadi.

Certo, sarà capitato a molti di coprire o a aiutare a nascondere una donna colta da un impellente bisogno di orinare. Io mi ricordo di colei che mi strappò il cuore e lo portò al banco della disperazione (disperai, dunque fui). Era un pomeriggio di una primavera inoltrata, forse maggio e lei aveva un vestito lungo, bianco, senza maniche e un giubbotto di jeans. Eravamo andati in macchina verso un passo che separa la Toscana dalla Romagna con l'intenzione di imboscarci in una radura poco frequentata. Fui io per primo a innaffiare le felci che spuntavano a ridosso della faggeta. Poi anche lei fu presa dalla necessità e si abbassò, da un lato coperta dallo sportello aperto come un scudo e dall'altro io, a controllare - dandole la schiena - non sbucasse qualcuno d'improvviso dal folto del bosco. Lei si alzò la gonna, sorridendo e si chinò. Gli stivaletti a mezza gamba davano un aspetto country alla cosa e io, quando sentii il fruscio del getto sfrigolare sulle foglie umide, mi prese una gran sete e un gran voglia di far l'amore. Una fonte vicina soddisfece la mia prima voglia. La seconda... a ripensarci, mi scappa da orinare.


martedì 5 novembre 2019

Coattamente

Andrea Cortellessa, rinomato critico letterario e storico della letteratura italiana, professore associato presso il DAMS dell'Università degli Studi Roma Tre, dove insegna Letterature comparate e Storia della critica letteraria, in una lunga relazione tenuta in occasione dell'incontro Filologia e leggenda. Giornate di studio per Michele Mari, (Roma, ottobre 2019), «da par suo», scrive:
«Diversi incunaboli importanti del genere iconotesto, specie all’intersezione cruciale di questo con la vocazione autobiografica, mostrano questo stesso carattere “archeologico” o, per dirla appunto col lessico di Mari, “filologico” »
E più avanti:
«Un’altra comprova, di questo statuto sinora coattamente liminare dell’immagine, è la ridottissima parte a essa riservata da una produzione saggistica, quella di Mari, per la sua stragrande parte dedicata invece, si sa, alla letteratura del passato.»
Da dispari mio, ho la "comprova" che tutto, come il cesio e lo stronzio, decada. Anche la critica letteraria. Anche la letteratura italiana. Anche l'insegnamento della letteratura italiana, delle letterature comparate e della storia della critica letteraria. Io me li immagino gli studenti di Cortellessa prendere appunti durante le lezioni all'università in previsione dell'esame da sostenere coattamente, sul liminare dell'immagine per discutere dei «diversi incunaboli del genere iconotesto, specie all'intersezione cruciale di questo con la vocazione autobiografica» di stocazzo.

- 30!

domenica 3 novembre 2019

L'erba spinella

Non so quanto durerà questo governo, ma spero abbastanza da poter liberalizzare l'erba spinella, sì da sopportare, con qualche aiuto, il governo che gli succederà.


In fondo (come mi ha detto una collega che si fa la sigarette da sola e che, in previsione, ha già fatto la scorta dai cinesi) la tassa sui filtri e le cartine l'hanno già inserita in manovra e nessuno ha abbaiato come sulla plastica...

Farsi cenere

«Grande fosforo imperiale, fanne cenere». 
Franco Fortini


Nonostante fosse più faticoso, il turno di notte era quello che preferivo e che ricordo con maggior favore. Lo preferivo perché, dato che eravamo in coppia e le mansioni da svolgere erano piuttosto semplici, potevamo dormire un po', a turno, sì da non essere proprio due stracci per le ore diurne; mentre il favore del ricordo è dovuto alla routine che si era stabilita: il caffè appena arrivati; lo spuntino della mezzanotte; il colloquiare sereno e rispettoso di due vite che da poco si affacciavano nel mondo del lavoro; l'ascolto della radio (Rai Radio Notte - e la mitica sigla che dava la carica); l'affacciarsi graduale alle nostre finestrelle del chiarore dell'alba. 
Detto questo, il lavoro scorreva, come i rifiuti, prima infuocati e poi fatti brace e cenere, scorrevano lungo il nastro dell'inceneritore. Noi vedevamo il processo in diretta nelle telecamere a infrarossi ubicate dentro al forno, che servivano appunto a controllare che dei rifiuti fosse fatta cenere. Se capitava - e capitava spesso - che alcuni non bruciassero bene, dovevamo bloccare il nastro trasportatore, per far sì che il fuoco avviluppasse interamente il materiale combustibile. Il blocco del nastro, tuttavia, era una manovra da compiere con attenzione, giacché determinava un aumento della temperatura del forno ai limiti della norma. Se non ricordo male, la temperatura di esercizio per l'inceneritore in questione era tra gli 800 e 1100 (o 1200?) gradi. Sotto gli 800, in pratica, i rifiuti non subivano un trattamento di incinerazione adeguato. Sopra i 1100 si rischiava di far uscire le fiamme dalla canna fumaria e di conseguenza mettere in pericolo la struttura.
Per quel tipo di inceneritore, la spazzatura - per essere un buon combustibile - doveva avere certe caratteristiche: non essere troppo umida, né troppo secca; né troppo fresca, né troppo fermentata; doveva contenere una dose equivalente di tutti i materiali di scarto (all'epoca, la raccolta differenziata si faceva solo del vetro). Eravamo noi, con la benna, a "frugare" nella buca tra i rifiuti del comprensorio per cercare di ottenere un mélange combustibile "equilibrato" tale da sfamare correttamente la bocca del forno.
Quando la cenere ottenuta dal processo di incinerazione raggiungeva un certo quantitativo, era da noi precipitata in un dumper posizionato nel locale seminterrato e, con tale mezzo, trasportata e depositata in un terreno adibito allo scarico, situato a un centinaio di metri dall'impianto. Aldilà della rete di confine, s'ergeva un altro capannone prefabbricato che s'illuminava in ore determinate della notte, dentro al quale - anziché umani - lavoravano galline con una turnazione schiavistica più pressante della nostra (con tale sistema, infatti, alle galline veniva imposto un regime di vita da due giorni in uno, in modo che potessero deporre il doppio delle uova - e non so se tale pratica sia ancora consentita).
A ripensarci, quella luce artificiale faceva sembrare il terreno grigio cenere un paesaggio lunare e noi, alla guida del dumper - vestiti con una tuta arancione, il casco e la mascherina -, due astronauti che girovagano in avanscoperta. Chissà quanti milligrammi di diossina abbiamo inalato o ingerito, più o meno delle galline del capannone accanto? Certo, a noi, anziché granturco e medicine, ci davano un milione e quattrocentomila lire al mese che a qualcosa servivano: sussistere più qualche vizio - e non era poco.

venerdì 1 novembre 2019

L'etica sindacale

Riguardo alla seguente frase dichiarata dal segretario confederale nazionale della Cgil, Emilio Miceli, detta in presumibile risposta alla puntualizzazione redazionale di Euronews che il governo francese sarà "particolarmente vigile" sulla localizzazione dei centri decisionali dell'eventuale nuovo gruppo automobilistico che nascerebbe dalla fusione di FCA e PSA:
«"Noi non abbiamo mai pensato che mettere la sede legale del gruppo in Olanda sia stato un esempio di eticità assoluta. Quindi non è su quello che litigheremo".»
chiedo un soccorso ermeneutico, giacché la mia interpretazione, questa:
Come sarebbe a dire: voi sindacalisti pensate che il lacchezzo¹ della Fiat di portare la sede legale in Olanda sia stata una merdata che danneggia lo Stato italiano, e non vi siete incazzati di brutto contro i damerini ereditieri del cazzo?
probabilmente non riesce a cogliere a pieno la finezza e l'ironia del linguaggio sindacale e potrebbe pertanto risultare una semplice, scurrile cantonata.

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¹ Lacchezzo: nell'accezione figurativa di imbroglio, affare intricato.

mercoledì 30 ottobre 2019

Incenerire pallido e assorto

Molta scrittura viene da molta lettura, ma quando non c'è lettura, va bene anche la spazzatura. La spazzatura, sostanzialmente, si divide in quella riciclabile e quella indifferenziata, e il destino di quest'ultima è la discarica o l'inceneritore. L'ho mai scritto che, molti anni fa, ho lavorato, come stagionale a tempo determinato, in un inceneritore? Forse sì, ma pazienza. Mi va di ricordarlo - di scriverlo perché, alcuni giorni fa, ho ricevuto i graditi saluti di una collega con la quale, in quel periodo, facevamo i turni insieme a incenerire la spazzatura. Il lavoro, perlopiù, consisteva nello stare in una cabina di comando dalla quale controllavamo il processo di incinerazione del forno (temperatura e presenza costante del combustibile), che alimentavamo inserendovi un quantitativo di rifiuti pescati con una benna (da noi diretta) all'interno di un grande parallelepipedo di raccolta in cemento armato (una buca), dentro al quale i camion della nettezza scaricavano. Questa era la mansione principale, noiosa, ma non sgradevole, soprattutto se la coppia di colleghi andava d'accordo - ed era il nostro caso.
I turni erano di otto ore, notte compresa, e andavano dal lunedì al giovedì. Il venerdì era giorno di manutenzione: quattro ore soltanto, le peggiori. Ci toccava, infatti, compiere due sgradevolissime mansioni: la raccolta delle ceneri che restavano intrappolate in varie zone del circuito del forno - attività questa sicuramente insalubre, ma che non arrecava il voltastomaco quanto invece calarsi nel fondo del parallelepipedo svuotato, tutti attrezzati come il personale di bonifica di Cernobil, maschera da gas compresa, a pulire la buca dai resti più vecchi della spazzatura fermentata, e a far defluire i liquami prodottisi nel canali di scolo. Uno schifo, a ripensarci. Per fortuna, questo lavoro sgradito ci veniva riservato raramente, un po' perché i responsabili vedevano che noi giovani "precari" eravamo inesperti, un po' perché c'era un collega più anziano e più spartano, che volentieri si prestava a sostituirci in tale compito gravoso, perché lui soffriva di più lo stare in cabina, isolato e fuori dal mondo.

 [forse segue]

martedì 29 ottobre 2019

Furbi contrabbandieri

«Poco più di trent'anni fa, il colosso delle telecomunicazioni Huawei veniva fondato in Cina da Zhengfei Ren». [via]

Poco meno di trent'anni fa, il colosso delle telecomunicazioni Olivetti veniva affondato in Italia da Carlo De Benedetti.

Simpatica la sua diatriba familiare, ricorda il Capriotti dell'Esselunga braccino corto. Sticazzo di figli ingrati. Meglio morire prima, quando gli affari vanno bene, tipo il Gianni nazionale, chissà che cosa direbbe della Fiat non più italiana che fa le fusa (per fondersi) alle francesi (basta che respirino).

Che resterà della grande impresa italiana, a parte il Parmigiano, tre bottiglie di vino e due stracci firmati?

- Cameriere, mi porti il conto, grazie.
- Non si preoccupi signore: offre la casa.

Cari i nostri intraprendenti prenditori che sgomitano nelle classifiche internazionali del trapezismo di merda. L'occhialaio è il primo in graduatoria, secondo il nutellaro, e giù a scendere, farmacisti compresi e gommisti perfetti (del ciungumme o masticone); e persino figli spuri. Er monno 'nfame der Capitale italico è sempre più ristretto e risicato. Gli esteri ci comprano tutto, mutande usate comprese, in ricordo della nostra remota inventività.

lunedì 28 ottobre 2019

Due cose

Oggi, mentre Draghi si accomiatava e Lagarde s'insediava, mi ha chiamato una consulente di una banca proponendomi di accedere a un prestito con un finanziamento vantaggioso. Le ho risposto che, se la prima rata mi sarà prorogata ogni volta come la Brexit, accetto. Ha riattaccato.

***
Mi stancherò sempre di domandare a tutti gli elettori che, dopo le elezioni, dicono di aver vinto: che cosa avete vinto? Lo stipendio da governatore o assessore regionale? 


domenica 27 ottobre 2019

Troppa luce

Non si aspettavano che la sorpresa di rivedersi avrebbe prodotto un tale effetto: le guance di entrambi sembrarono non volersi staccare da un saluto che si protraeva in maniera ingiustificata per gli astanti, giustificatissima per loro. Faceva così piacere ritrovarsi e sorridersi dopo tanto tempo che, infatti, le guance volevano recuperare il tempo perduto. Guance che erano sempre andate d'accordo, come il convesso e il concavo, e ciò gli consentiva di bisbigliarsi parole soffiate direttamente nella cavità auricolare, parole che amplificavano il senso di appartenenza. Sapevano di doversi qualcosa, ma non avevano mai avuto l'urgenza di precipitare i tempi dell'abbandono. Era un darsi controllato, che implicava un naturale senso di responsabilità e di analisi della situazione. Non era proprio il caso pretendere di più, perché si appartenevano soltanto come si appartengono due tessere di un puzzle, incastrate tra loro solo da un lato e gli altri lati invece ad altre persone diverse della loro diversa vita. In fondo, quando si erano conosciuti, la figura, che rappresentava il loro io, era quasi completata. Mancavano alcune tessere, appunto, per avere chiaro chi fossero; e anche se, in verità, il trovarsi non significava il completamento dell'intero puzzle, di sicuro consentiva loro un anticipo di compiutezza.

E stettero così finché una signora, che entrambi conoscevano di vista, presumibilmente irritata dal perdurare di tanta intimità, con aria fintamente distratta, chiese loro se avevano da accendere, forse perché facevano troppa luce.

giovedì 24 ottobre 2019

Impressioni d'ottobre

Ho la netta impressione di essere incompreso perché quando parlo tutti cambiano discorso e saltano dal mio palo alla loro frasca o viceversa, anzi: forse più viceversa, giacché amo molto scuotermi, insieme alle parole, le foglie di dosso, soprattutto in autunno. Rimango solo per un attimo interdetto, poi ammutolisco, mi faccio un caffè, alzo gli occhi al cielo e penso alle circostanze. Quando sei qui con me, eccetera. Parliamo d'altro, per esempio: a come sia più facile oramai intavolare conversazioni virtuali che reali, e ci troviamo qui, io e te, e invece di predisporci al sesso orale, ci mettiamo a usare i pollici opponibili sullo schermo del telefono, per scrivere a chissà chi, uomo o donna, dio o cane, gruppo di lavoro o gruppo di genitori della classe che frequenta un figlio a caso, o gruppo dei figli a caso della classe della quale i genitori hanno fatto il gruppo, gruppo dell'associazione pianisti da piano bar (uno scudo bianco in campo azzurro è la loro fotografia), gruppo della liberalizzazione dell'otto per mille, eccetera. 

«Pensa, mia cara, a quanto sarebbe più dilettevole dell'invio di una gif, fare animazione al suo contrario (+a)».
«In effetti, questo ottobre è stato senz'altro l'ottobre più caldo mai registrato».
«Tu registri gli ottobri?»
«Non io, lo dicevano in tv, al meteo».
«Cadono le foglie»
«E tu pestale». 

lunedì 21 ottobre 2019

La passione del carcere

La passione tipicamente piccolo borghese per il carcere, soprattutto: il carcere per i grandi evasori, nasconde l'avversione, tipicamente piccolo borghese, per l'esproprio. Giammai nominare l'esproprio, ossia la restituzione effettiva del maltolto in favore delle casse dello Stato. Si preferisce privare il colpevole della libertà, piuttosto che della proprietà. Il carcere, insomma, non in funzione rieducativa, ma semplicemente punitiva, stoltamente vendicativa, giacché, da un punto di vista meramente utilitaristico, un grande evasore - la cui pericolosità sociale, una volta appurata e impedita, diventa nulla - costa all'erario molto di più in carcere che fuori dal carcere, costretto a trovare una fonte di reddito tassato alla fonte con il quale sussistere.

- Non ho mai visto un grande evasore ridotto sul lastrico.
- Per forza: aveva comprato anche quello e intestato alla moglie, ai figli, al cane.

domenica 20 ottobre 2019

Tossisca, prego

Ieri pomeriggio, stavo tossendo quando ho sentito alla radio parlare di Simenon e ho smesso perché la tosse s'è trasformata in rottura di coglioni. Non se ne può più di sentir dire dagli altri quanto sono bravi gli altri, in questo caso: quanto sia stato bravo e assai prolifico Simenon. Sono già di mio abbastanza Maigret, non ho bisogno di perdere peso o di prenderne abbeverandomi di lettere e romanzi e noir, devo limitare le perdite di tempo all'essenziale, quindi, ok, spengo la radio, riprendo a tossire per non dimenticare che dovrò scrivere questa cosa di Simenon scassamaroni.

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Nel considerare che il sistema economico e produttivo capitalistico e la competizione mercantile degli stati nazione determineranno, quanto prima, catastrofi ambientali e sociali diffuse  - con le oasi patronali dei signori in panciolle a vedere l'umanità accecata prendersi a brani - appare assai superfluo attardarsi in attenzioni verso i mediocri protagonisti della scena politica italiana. Primo, perché i gabbiani andrebbero studiati a fondo su come siano riusciti ad adattarsi alle discariche; secondo perché l'orgoglio italiano è una patologia curabile con dei semplici antidiarroici.

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Nella misura in cui tutti si può parlare di calcio senza saper giocare a pallone, così - come un Mantellini o un prete - vorrei sparare una cazzata sulla musica leggera italiana contemporanea, in riferimento al cantante che per nome d'arte ha preso quello di un armatore napoletano e che è stato criticato per aver cantato una canzone di Tenco al Premio Tenco e non per essersi fatto accompagnare al pianoforte da Morgan. Ma a parte questo, a parte il "fotte sega" generale, il punto è: tra cinquant'anni, chi calcherà il palco dell futura musica leggera italiana, di quali canzoni d'oggi farà la cover?

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Sappiamo che i poteri del Presidente della repubblica italiana sono limitati dalla Costituzione, ma io non capisco perché, in quanto supremo capo delle Forze Armate, durante la sua visita di Stato alla Casa Bianca, non abbia richiesto ufficialmente al Presidente Trump l'autorizzazione a installare una base militare italiana nel territorio americano per bilanciare la oramai anacronistica presenza delle basi americane installate nel suolo italiano.
Trump: «Dear Sergio, ma noi ci sappiamo difendere da soli».
Mattarella: «Dear Donald, è per produrre parmigiano con l'uranio impoverito a casa vostra».

giovedì 17 ottobre 2019

Datemi una cimosa

Succede che sempre più spesso
mi vedo scritto col gesso
disteso sulla lavagna.

Per sapere se sono vivo
cancello e poi mi riscrivo
tipo Sisifo sulla montagna.

Per fortuna nessuno mi vede
a scontare la mia poca fede
che il tutto abbia un significato.

Nero su bianco o bianco su nero
l'atto di scrivere è il più menzognero
che l'uomo abbia creato.

In principio era il verbo
fu detto per mantenere il riserbo
che in principio non ci fosse niente

o al più, in segno di rappresentanza,
in forma di urlo o a passo di danza
una parola: il nulla più potente.

Un nulla che mi tira la giacca
giorno dopo giorno, con una pacca
sulla spalla mi fa muovere la mano

per scrivere qualcosa piuttosto
che stare zitto al mio posto
a dire: preferisco di no,
                                   [come Bartleby lo scrivano.





mercoledì 16 ottobre 2019

Movimento Cinque Democristiani

Di Maio ha detto che il Movimento Cinque Stelle sarà, nei prossimi dieci anni, l'ago della bilancia di ogni governo, con ciò a intendere che, senza di loro, nessun governo potrà formarsi. Sarà, ma al momento, con quello che hanno dimostrato, la metafora sembra inappropriata, perché se essere l'ago della bilancia significa «svolgere funzione di mediazione e di equilibrio tra gruppi o forze in contrasto» (Treccani),  finora l'ago del M5S è stato peso o per un verso (la Lega) o per un altro (il Pd), senza aver svolto alcun ruolo di mediazione o compromesso tra le forze in contrasto in parlamento.
Quindi, appunto, quello di Di Maio è solo un pio desiderio che maschera una vera e propria aspirazione politica (non so quanto conscia): quella di trasformare il M5S nella Democrazia Cristiana del futuro. In parte ci stanno riuscendo, anche se ancora hanno il difetto di pronunciare troppo spesso la parola onestà, una parola magica che nasconde il livello della loro incompetenza.

domenica 13 ottobre 2019

Madonne in corsia

Per il tramite di un'amica ostetrica (ho un'amica ostetrica), apprendo che, in Toscana, le preghiere in corsia costano 240 mila euro all'anno, che saranno corrisposti a undici assistenti religiosi cattolici assunti in pianta stabile. Dopo averle chiesto se, per caso, l'Azienda sanitaria pagasse anche «du' madonne semplici» - m'ha risposto di no, giacché aveva già provato a chiedere - lei mi ha fatto notare come gli assistenti religiosi saranno messi sotto contratto con un inquadramento (il Ds) che un infermiere (inquadrato con la categoria D) dovrà passare molti anni di lavoro in corsia, nonché seguire svariati corsi di aggiornamento, per ottenerlo.

Certo che fare l'assistente religioso in corsia non dev'essere proprio malaccio come mestiere: vero è che non è per tutti i religiosi, in quanto - per gli effetti del Concordato - devi essere un cattolico certificato per farlo. A tal proposito, pongo un problema (che forse non ha ragione di porsi, per gli obblighi costituzionali in merito, penso all'art. 59): se il Concordato è un accordo tra Stato e Chiesa cattolica, perché non si concede alle Regioni sufficiente autonomia per non sottostare a tale accordo, ovvero per estenderlo ad altro tipo di assistenza religiosa (pastafarianesimo compreso) o psicologica? 


sabato 12 ottobre 2019

Economia circolare

Dunque, se qualche timido leader politico europeo brontola perché cessino i bombardamenti turchi contro i curdi, Erdogan gli abbaia contro la minaccia di spedire in Europa x milioni di profughi siriani.
Sappiamo, tuttavia, che Erdogan finora ha concesso a tali profughi la permanenza in Turchia perché riceve x miliardi di euro a cadenza regolare dall'Europa per mantenerli.
Sappiamo inoltre che, finora, è stato concesso ai fabbricanti di armi europei, di vendere copiosamente materiale bellico allo Stato turco per x miliardi di euro.
Non lo sappiamo, ma immaginiamo che, dati i chiar di luna finanziari della lira turca, lo Stato turco abbia utilizzato una cospicua parte degli x miliardi di euro europei, destinati alla permanenza e all'accoglienza dei profughi siriani, per l'acquisto di armi prodotte in Europa.
Leggiamo adesso che Francia e Germania in testa hanno dichiarato lo stop alla vendita di armi alla Turchia, senza al contempo imporre lo stop ai finanziamenti europei alla Turchia per l'accoglienza dei profughi siriani. In questi termini, è probabile che la Turchia, dopo aver spedito i profughi in Europa, col disavanzo dei soldi europei, vada a comprare le armi altrove, dalla Russia, dalla Cina o dal Giappone, per esempio. Parallelamente, è probabile che la lobby degli armaioli europei faccia una pressione costante affinché l'embargo europeo contro la Turchia non abbia luogo, minacciando licenziamenti e richiesta di cassa integrazione.

È l'economia circolare, bellezza.

Io, se fossi Dio, opterei per una bella autobomba intelligente in zona Ankara. O, meglio, un colpo di stato come Cristo comanda.

mercoledì 9 ottobre 2019

Varrebbe la penna

Un criticone

Non so più cosa dirvi, poeti,
se non di farvi ammazzare dai turchi
per difendere i curdi
contro l'impero ottopiedi
che schiaccia le menti
con fedi che, lasciatemi dire,
fanno schifo al cazzo,
nazionali o religiose che siano
ma purtroppo ancora presenti
a camuffare la storia
degli interessi cogenti legati
allo smercio della produzione.

Dunque, poeti, mostrate un po' i denti
anziché cantare come sempre la miseria
dei vostri soffritti sentimenti.

Dalla trincea, i poeti rispondono.

Caro illustre spronatore,
siamo andati in quella terra di frontiera
senza mitra, ma con la tastiera
a sparare parole che speravamo
potessero qualcosa di più.
Ma adesso che siamo morti
per le belle donne di Kobane
adesso che tutto è andato a puttane
e i turchi di Erdocane
hanno piantato la bandiera
dicci, ne valeva la pena
ingrassare una terra già ricca di croci?
Valeva parlare e combattere in vece
di questa Europa vigliacca
che non dice un'acca di niente
e si dimostra di nuovo impotente
e afona di fronte ai feroci accadimenti?

Corifeo
Varrebbe la pena
varrebbe la penna
varrebbe la rabbia
varrebbe chissà