lunedì 27 maggio 2019

Vomitare verde

Mi avvalgo, disse un alluce, e fu.

Su un crinale montano dalle pendici ricoperte di faggi ed abeti piovigginava, e la nebbia che filtrava dava al verde delle foglie un colore politico.

D'improvviso, tra i fusti e i rami, a un pellegrino che ivi camminava, apparve la faccia di Salvini.

Il pellegrino vomitò verde, non tanto per lo spavento, quanto perché gli era rimasto sullo stomaco il panino al tonno comprato alla foresteria dei frati. 

Il tonno era pinna gialla.

Il pellegrino riprese il cammino. Dopo mezzo chilometro, una lepre apparve improvvisa sul ciglio della strada e, prima di prendere la fuga, per un secondo o due, lo guardò fisso negli occhi.

«Lepre maggiolina non mi freghi», le urlò dietro.

Da dietro un abete secolare sbucò una fata, anzi due che gli dissero: «Fa' te».

E lui, infatti, fece alcune cose. La prima e la seconda, poi basta. La terza si riposò e poi la quarta pensò. Non all'Italia, non voleva inquinare cervello e polmoni. Non all'Europa, non voleva sfinirsi i coglioni. Non al mondo fatto e finito. No. Lui pensò al bosone di Higgs, giusto qualche nanosecondo.

Quando il sole della cultura (della politica, della società) è basso, anche i nani (primi e secondi) hanno l'aspetto dei giganti [Kraus].

Infine, si sedette su un sasso ricoperto di morbido muschio e prese a infilare perline di futuri rosari.

Ne voleva regalare uno al vincitore di turno, dopo averlo inzuppato nel piscio di vacca.

«Godi popolo,» - disse - «ché io godo a modo mio».