mercoledì 30 ottobre 2019

Incenerire pallido e assorto

Molta scrittura viene da molta lettura, ma quando non c'è lettura, va bene anche la spazzatura. La spazzatura, sostanzialmente, si divide in quella riciclabile e quella indifferenziata, e il destino di quest'ultima è la discarica o l'inceneritore. L'ho mai scritto che, molti anni fa, ho lavorato, come stagionale a tempo determinato, in un inceneritore? Forse sì, ma pazienza. Mi va di ricordarlo - di scriverlo perché, alcuni giorni fa, ho ricevuto i graditi saluti di una collega con la quale, in quel periodo, facevamo i turni insieme a incenerire la spazzatura. Il lavoro, perlopiù, consisteva nello stare in una cabina di comando dalla quale controllavamo il processo di incinerazione del forno (temperatura e presenza costante del combustibile), che alimentavamo inserendovi un quantitativo di rifiuti pescati con una benna (da noi diretta) all'interno di un grande parallelepipedo di raccolta in cemento armato (una buca), dentro al quale i camion della nettezza scaricavano. Questa era la mansione principale, noiosa, ma non sgradevole, soprattutto se la coppia di colleghi andava d'accordo - ed era il nostro caso.
I turni erano di otto ore, notte compresa, e andavano dal lunedì al giovedì. Il venerdì era giorno di manutenzione: quattro ore soltanto, le peggiori. Ci toccava, infatti, compiere due sgradevolissime mansioni: la raccolta delle ceneri che restavano intrappolate in varie zone del circuito del forno - attività questa sicuramente insalubre, ma che non arrecava il voltastomaco quanto invece calarsi nel fondo del parallelepipedo svuotato, tutti attrezzati come il personale di bonifica di Cernobil, maschera da gas compresa, a pulire la buca dai resti più vecchi della spazzatura fermentata, e a far defluire i liquami prodottisi nel canali di scolo. Uno schifo, a ripensarci. Per fortuna, questo lavoro sgradito ci veniva riservato raramente, un po' perché i responsabili vedevano che noi giovani "precari" eravamo inesperti, un po' perché c'era un collega più anziano e più spartano, che volentieri si prestava a sostituirci in tale compito gravoso, perché lui soffriva di più lo stare in cabina, isolato e fuori dal mondo.

 [forse segue]

martedì 29 ottobre 2019

Furbi contrabbandieri

«Poco più di trent'anni fa, il colosso delle telecomunicazioni Huawei veniva fondato in Cina da Zhengfei Ren». [via]

Poco meno di trent'anni fa, il colosso delle telecomunicazioni Olivetti veniva affondato in Italia da Carlo De Benedetti.

Simpatica la sua diatriba familiare, ricorda il Capriotti dell'Esselunga braccino corto. Sticazzo di figli ingrati. Meglio morire prima, quando gli affari vanno bene, tipo il Gianni nazionale, chissà che cosa direbbe della Fiat non più italiana che fa le fusa (per fondersi) alle francesi (basta che respirino).

Che resterà della grande impresa italiana, a parte il Parmigiano, tre bottiglie di vino e due stracci firmati?

- Cameriere, mi porti il conto, grazie.
- Non si preoccupi signore: offre la casa.

Cari i nostri intraprendenti prenditori che sgomitano nelle classifiche internazionali del trapezismo di merda. L'occhialaio è il primo in graduatoria, secondo il nutellaro, e giù a scendere, farmacisti compresi e gommisti perfetti (del ciungumme o masticone); e persino figli spuri. Er monno 'nfame der Capitale italico è sempre più ristretto e risicato. Gli esteri ci comprano tutto, mutande usate comprese, in ricordo della nostra remota inventività.

lunedì 28 ottobre 2019

Due cose

Oggi, mentre Draghi si accomiatava e Lagarde s'insediava, mi ha chiamato una consulente di una banca proponendomi di accedere a un prestito con un finanziamento vantaggioso. Le ho risposto che, se la prima rata mi sarà prorogata ogni volta come la Brexit, accetto. Ha riattaccato.

***
Mi stancherò sempre di domandare a tutti gli elettori che, dopo le elezioni, dicono di aver vinto: che cosa avete vinto? Lo stipendio da governatore o assessore regionale? 


domenica 27 ottobre 2019

Troppa luce

Non si aspettavano che la sorpresa di rivedersi avrebbe prodotto un tale effetto: le guance di entrambi sembrarono non volersi staccare da un saluto che si protraeva in maniera ingiustificata per gli astanti, giustificatissima per loro. Faceva così piacere ritrovarsi e sorridersi dopo tanto tempo che, infatti, le guance volevano recuperare il tempo perduto. Guance che erano sempre andate d'accordo, come il convesso e il concavo, e ciò gli consentiva di bisbigliarsi parole soffiate direttamente nella cavità auricolare, parole che amplificavano il senso di appartenenza. Sapevano di doversi qualcosa, ma non avevano mai avuto l'urgenza di precipitare i tempi dell'abbandono. Era un darsi controllato, che implicava un naturale senso di responsabilità e di analisi della situazione. Non era proprio il caso pretendere di più, perché si appartenevano soltanto come si appartengono due tessere di un puzzle, incastrate tra loro solo da un lato e gli altri lati invece ad altre persone diverse della loro diversa vita. In fondo, quando si erano conosciuti, la figura, che rappresentava il loro io, era quasi completata. Mancavano alcune tessere, appunto, per avere chiaro chi fossero; e anche se, in verità, il trovarsi non significava il completamento dell'intero puzzle, di sicuro consentiva loro un anticipo di compiutezza.

E stettero così finché una signora, che entrambi conoscevano di vista, presumibilmente irritata dal perdurare di tanta intimità, con aria fintamente distratta, chiese loro se avevano da accendere, forse perché facevano troppa luce.

giovedì 24 ottobre 2019

Impressioni d'ottobre

Ho la netta impressione di essere incompreso perché quando parlo tutti cambiano discorso e saltano dal mio palo alla loro frasca o viceversa, anzi: forse più viceversa, giacché amo molto scuotermi, insieme alle parole, le foglie di dosso, soprattutto in autunno. Rimango solo per un attimo interdetto, poi ammutolisco, mi faccio un caffè, alzo gli occhi al cielo e penso alle circostanze. Quando sei qui con me, eccetera. Parliamo d'altro, per esempio: a come sia più facile oramai intavolare conversazioni virtuali che reali, e ci troviamo qui, io e te, e invece di predisporci al sesso orale, ci mettiamo a usare i pollici opponibili sullo schermo del telefono, per scrivere a chissà chi, uomo o donna, dio o cane, gruppo di lavoro o gruppo di genitori della classe che frequenta un figlio a caso, o gruppo dei figli a caso della classe della quale i genitori hanno fatto il gruppo, gruppo dell'associazione pianisti da piano bar (uno scudo bianco in campo azzurro è la loro fotografia), gruppo della liberalizzazione dell'otto per mille, eccetera. 

«Pensa, mia cara, a quanto sarebbe più dilettevole dell'invio di una gif, fare animazione al suo contrario (+a)».
«In effetti, questo ottobre è stato senz'altro l'ottobre più caldo mai registrato».
«Tu registri gli ottobri?»
«Non io, lo dicevano in tv, al meteo».
«Cadono le foglie»
«E tu pestale». 

lunedì 21 ottobre 2019

La passione del carcere

La passione tipicamente piccolo borghese per il carcere, soprattutto: il carcere per i grandi evasori, nasconde l'avversione, tipicamente piccolo borghese, per l'esproprio. Giammai nominare l'esproprio, ossia la restituzione effettiva del maltolto in favore delle casse dello Stato. Si preferisce privare il colpevole della libertà, piuttosto che della proprietà. Il carcere, insomma, non in funzione rieducativa, ma semplicemente punitiva, stoltamente vendicativa, giacché, da un punto di vista meramente utilitaristico, un grande evasore - la cui pericolosità sociale, una volta appurata e impedita, diventa nulla - costa all'erario molto di più in carcere che fuori dal carcere, costretto a trovare una fonte di reddito tassato alla fonte con il quale sussistere.

- Non ho mai visto un grande evasore ridotto sul lastrico.
- Per forza: aveva comprato anche quello e intestato alla moglie, ai figli, al cane.

domenica 20 ottobre 2019

Tossisca, prego

Ieri pomeriggio, stavo tossendo quando ho sentito alla radio parlare di Simenon e ho smesso perché la tosse s'è trasformata in rottura di coglioni. Non se ne può più di sentir dire dagli altri quanto sono bravi gli altri, in questo caso: quanto sia stato bravo e assai prolifico Simenon. Sono già di mio abbastanza Maigret, non ho bisogno di perdere peso o di prenderne abbeverandomi di lettere e romanzi e noir, devo limitare le perdite di tempo all'essenziale, quindi, ok, spengo la radio, riprendo a tossire per non dimenticare che dovrò scrivere questa cosa di Simenon scassamaroni.

***
Nel considerare che il sistema economico e produttivo capitalistico e la competizione mercantile degli stati nazione determineranno, quanto prima, catastrofi ambientali e sociali diffuse  - con le oasi patronali dei signori in panciolle a vedere l'umanità accecata prendersi a brani - appare assai superfluo attardarsi in attenzioni verso i mediocri protagonisti della scena politica italiana. Primo, perché i gabbiani andrebbero studiati a fondo su come siano riusciti ad adattarsi alle discariche; secondo perché l'orgoglio italiano è una patologia curabile con dei semplici antidiarroici.

***
Nella misura in cui tutti si può parlare di calcio senza saper giocare a pallone, così - come un Mantellini o un prete - vorrei sparare una cazzata sulla musica leggera italiana contemporanea, in riferimento al cantante che per nome d'arte ha preso quello di un armatore napoletano e che è stato criticato per aver cantato una canzone di Tenco al Premio Tenco e non per essersi fatto accompagnare al pianoforte da Morgan. Ma a parte questo, a parte il "fotte sega" generale, il punto è: tra cinquant'anni, chi calcherà il palco dell futura musica leggera italiana, di quali canzoni d'oggi farà la cover?

***
Sappiamo che i poteri del Presidente della repubblica italiana sono limitati dalla Costituzione, ma io non capisco perché, in quanto supremo capo delle Forze Armate, durante la sua visita di Stato alla Casa Bianca, non abbia richiesto ufficialmente al Presidente Trump l'autorizzazione a installare una base militare italiana nel territorio americano per bilanciare la oramai anacronistica presenza delle basi americane installate nel suolo italiano.
Trump: «Dear Sergio, ma noi ci sappiamo difendere da soli».
Mattarella: «Dear Donald, è per produrre parmigiano con l'uranio impoverito a casa vostra».

giovedì 17 ottobre 2019

Datemi una cimosa

Succede che sempre più spesso
mi vedo scritto col gesso
disteso sulla lavagna.

Per sapere se sono vivo
cancello e poi mi riscrivo
tipo Sisifo sulla montagna.

Per fortuna nessuno mi vede
a scontare la mia poca fede
che il tutto abbia un significato.

Nero su bianco o bianco su nero
l'atto di scrivere è il più menzognero
che l'uomo abbia creato.

In principio era il verbo
fu detto per mantenere il riserbo
che in principio non ci fosse niente

o al più, in segno di rappresentanza,
in forma di urlo o a passo di danza
una parola: il nulla più potente.

Un nulla che mi tira la giacca
giorno dopo giorno, con una pacca
sulla spalla mi fa muovere la mano

per scrivere qualcosa piuttosto
che stare zitto al mio posto
a dire: preferisco di no,
                                   [come Bartleby lo scrivano.





mercoledì 16 ottobre 2019

Movimento Cinque Democristiani

Di Maio ha detto che il Movimento Cinque Stelle sarà, nei prossimi dieci anni, l'ago della bilancia di ogni governo, con ciò a intendere che, senza di loro, nessun governo potrà formarsi. Sarà, ma al momento, con quello che hanno dimostrato, la metafora sembra inappropriata, perché se essere l'ago della bilancia significa «svolgere funzione di mediazione e di equilibrio tra gruppi o forze in contrasto» (Treccani),  finora l'ago del M5S è stato peso o per un verso (la Lega) o per un altro (il Pd), senza aver svolto alcun ruolo di mediazione o compromesso tra le forze in contrasto in parlamento.
Quindi, appunto, quello di Di Maio è solo un pio desiderio che maschera una vera e propria aspirazione politica (non so quanto conscia): quella di trasformare il M5S nella Democrazia Cristiana del futuro. In parte ci stanno riuscendo, anche se ancora hanno il difetto di pronunciare troppo spesso la parola onestà, una parola magica che nasconde il livello della loro incompetenza.

domenica 13 ottobre 2019

Madonne in corsia

Per il tramite di un'amica ostetrica (ho un'amica ostetrica), apprendo che, in Toscana, le preghiere in corsia costano 240 mila euro all'anno, che saranno corrisposti a undici assistenti religiosi cattolici assunti in pianta stabile. Dopo averle chiesto se, per caso, l'Azienda sanitaria pagasse anche «du' madonne semplici» - m'ha risposto di no, giacché aveva già provato a chiedere - lei mi ha fatto notare come gli assistenti religiosi saranno messi sotto contratto con un inquadramento (il Ds) che un infermiere (inquadrato con la categoria D) dovrà passare molti anni di lavoro in corsia, nonché seguire svariati corsi di aggiornamento, per ottenerlo.

Certo che fare l'assistente religioso in corsia non dev'essere proprio malaccio come mestiere: vero è che non è per tutti i religiosi, in quanto - per gli effetti del Concordato - devi essere un cattolico certificato per farlo. A tal proposito, pongo un problema (che forse non ha ragione di porsi, per gli obblighi costituzionali in merito, penso all'art. 59): se il Concordato è un accordo tra Stato e Chiesa cattolica, perché non si concede alle Regioni sufficiente autonomia per non sottostare a tale accordo, ovvero per estenderlo ad altro tipo di assistenza religiosa (pastafarianesimo compreso) o psicologica? 


sabato 12 ottobre 2019

Economia circolare

Dunque, se qualche timido leader politico europeo brontola perché cessino i bombardamenti turchi contro i curdi, Erdogan gli abbaia contro la minaccia di spedire in Europa x milioni di profughi siriani.
Sappiamo, tuttavia, che Erdogan finora ha concesso a tali profughi la permanenza in Turchia perché riceve x miliardi di euro a cadenza regolare dall'Europa per mantenerli.
Sappiamo inoltre che, finora, è stato concesso ai fabbricanti di armi europei, di vendere copiosamente materiale bellico allo Stato turco per x miliardi di euro.
Non lo sappiamo, ma immaginiamo che, dati i chiar di luna finanziari della lira turca, lo Stato turco abbia utilizzato una cospicua parte degli x miliardi di euro europei, destinati alla permanenza e all'accoglienza dei profughi siriani, per l'acquisto di armi prodotte in Europa.
Leggiamo adesso che Francia e Germania in testa hanno dichiarato lo stop alla vendita di armi alla Turchia, senza al contempo imporre lo stop ai finanziamenti europei alla Turchia per l'accoglienza dei profughi siriani. In questi termini, è probabile che la Turchia, dopo aver spedito i profughi in Europa, col disavanzo dei soldi europei, vada a comprare le armi altrove, dalla Russia, dalla Cina o dal Giappone, per esempio. Parallelamente, è probabile che la lobby degli armaioli europei faccia una pressione costante affinché l'embargo europeo contro la Turchia non abbia luogo, minacciando licenziamenti e richiesta di cassa integrazione.

È l'economia circolare, bellezza.

Io, se fossi Dio, opterei per una bella autobomba intelligente in zona Ankara. O, meglio, un colpo di stato come Cristo comanda.

mercoledì 9 ottobre 2019

Varrebbe la penna

Un criticone

Non so più cosa dirvi, poeti,
se non di farvi ammazzare dai turchi
per difendere i curdi
contro l'impero ottopiedi
che schiaccia le menti
con fedi che, lasciatemi dire,
fanno schifo al cazzo,
nazionali o religiose che siano
ma purtroppo ancora presenti
a camuffare la storia
degli interessi cogenti legati
allo smercio della produzione.

Dunque, poeti, mostrate un po' i denti
anziché cantare come sempre la miseria
dei vostri soffritti sentimenti.

Dalla trincea, i poeti rispondono.

Caro illustre spronatore,
siamo andati in quella terra di frontiera
senza mitra, ma con la tastiera
a sparare parole che speravamo
potessero qualcosa di più.
Ma adesso che siamo morti
per le belle donne di Kobane
adesso che tutto è andato a puttane
e i turchi di Erdocane
hanno piantato la bandiera
dicci, ne valeva la pena
ingrassare una terra già ricca di croci?
Valeva parlare e combattere in vece
di questa Europa vigliacca
che non dice un'acca di niente
e si dimostra di nuovo impotente
e afona di fronte ai feroci accadimenti?

Corifeo
Varrebbe la pena
varrebbe la penna
varrebbe la rabbia
varrebbe chissà


lunedì 7 ottobre 2019

Rapporto di maggioranza

Perché, generalmente (!), agli italiani piacciono le forze dell'ordine?
Perché sono disordinati.
Perché agli italiani piacciono gli uomini e le donne in divisa?
Perché sono divisi.
Perché gli italiani hanno molta fiducia nelle forze dell'ordine?
Perché non hanno fiducia delle proprie debolezze.
Perché tutte le forze politiche, nessuna esclusa - anche se ai politici di destra, dati certi abiti mentali, riesce meglio - se si toccano (foss'anche solo con una critica minima) le forze dell'ordine, si stracciano le vesti e sbraitano per difenderle?
Perché le forze politiche, senza forze dell'ordine, non sarebbero (e non avrebbero) forze.
Perché - non solo in Italia, bensì in ogni luogo del globo terracqueo - temi e personaggi che ruotano intorno alle forze dell'ordine predominano ogni forma di narrazione (letteraria, cinematografica, televisiva)?
Perché, senza crimini, noi terrestri non sappiamo che cosa cazzo raccontare.



sabato 5 ottobre 2019

Mister running

Mi trovo alle prese, ma senza corrente mi attacco al cazzo. Qualcuno, che passa velocemente accanto, mi chiede se sono pazzo. Un altro, invece meno veloce, domanda se ho da accendere. Un altro ancora fa finta di niente, finalmente. 
Riprendo il cammino, anzi corro finché, paonazzo, mi fermo a una panchina. Mi lego una scarpa, anzi due; fo il verso a una gazza che a razzo scappa impaurita neanche potessi rubarle il mestiere del volo. Mi sento me stesso, finalmente corretto, in postura. L'aria fresca d'ottobre conviene alla camminata, alla corsa nei parchi, coi pollini stanchi, come i miei spermatozoi in vista dell'inverno.
Dal fondo delle campagne, un signore somigliante a Mario Luzi nei suoi ultimi giorni desideranti, mi dice che il tempo che scorre è più vero di quello che fintamente si ferma a cogliere attimi. Una palla mi fuoriesce dalle mutande, forse è il caso di comprare abbigliamento tecnico per il running? Meno male ho PayPal (leggasi: peipalle) che sostiene la mia propensione al consumo. 
E così, mentre il padrone del suddetto sogna viaggi su Marte in autovettura, io mi faccio le seghe mentali e riprendo il cammino come Roberto Walser ne La passeggiata. 
Oh, se potessimo tutti essere felici d'essere come lo scrittore svizzero in quel momento di camminante!
Finalmente mi viene «incontro una donna dall'aspetto di spagnola, di peruviana o di creola che ostenta non so quale pallida e appassita maestà», comunque sufficiente per far rientrare la fuoriuscita, gonfiare il petto a galletto mugellese, nell'attesa gioiosa di aver corrisposto mezzo sorriso al mio intero già inviato. Ma niente. Comunque: meglio un sorriso caduto nel vuoto, che un 'fanculo spedito via aerea. 
E così ci siamo, questa è la pista, la strada che viaggia lungo la corsa dell'Arno, osservando tratti di fiume mai visti, dove il verde smeraldo del muschio attaccato ai ciottoli sommersi nell'acqua ridipinge il colore degli occhi di tutti i passanti. E il sole cala - e fa bene, negli attimi in cui conta ancora qualcosa vivere nell'emisfero boreale.

martedì 1 ottobre 2019

Basterebbe essere cani

Sono così ‘simpatici’ quelli della trasmissione Le iene che, dato il pompaggio mediatico di cui, da lustri, usufruiscono (probabilmente dovuto alle pressioni delle agenzie pubblicitarie che hanno il controllo della gestione degli spazi e degli introiti in tutti i settori del quarto e del quinto potere), nonostante non abbia visto una puntata una, non posso fare a meno di sapere che cosa siano - e il "blitz" odierno di una iena accreditata come giornalista a palazzo Chigi ne sia la dimostrazione: che intraprendenza! che giornalismo d'assalto! Un pezzo di parmigiano per dire in faccia al segretario di stato americano che non si possono boicottare le eccellenze italiane! Questo sì che è toccare i nervi scoperti dell'America, mica come consegnare, nelle mani del Pompeo, i modellini in scala delle basi di Aviano, Camp Derby e Sigonella con su scritto: levatevi dalle palle ché il Patto di Varsavia è morto e sepolto da un po'.