venerdì 31 gennaio 2020

Giornate preterintenzionali


Sono un uomo di mezza e.
Alto un metro e chissà.
Attributi: apposizioni e complementi.
Sono un soggetto soggetto.
Vado spesso a spasso.
Urgo.
Temo la vendetta fatta baciata lettera e testamento.
Avvio computer e poi li spengo.
Utente zero.
Friggo poco.
Non mi piace l'acetone.
Sono finanziato con un muto.
Mi piacciono le sorde.
Godo a tratti.
Vado a pipistrelli.
Orino quando scappa.
E voi?
Incerto sul da farsi, non faccio foto alla mia faccia per non peggiorare l'autostima.
Gli specchi non dicono mai la verità.
Se Vattimo fosse stato una donna, sarei un filosofo stipendiato e parlerei e scriverei di Marx a cazzo di cammello.
Cambio non automatico.
M'innamoro lentamente.
Stupefacenti usati: la polverina delle ali delle falene.
Sport: tua sorella.
Distruzione: laurea in legno storto dell'umanità.
Città di origine: un punto dell'emisfero nord.
Relazione: compensata. 
Siete assicurati? Rubate i miei dati e poi datemi un rimborso milionario.



mercoledì 29 gennaio 2020

Staccando l'assegno da terra

«È legge il decreto salva-Alitalia. Il decreto ha ottenuto l’approvazione definitiva dell’assemblea del Senato. Con questo provvedimento il governo ha assegnato altri 400 milioni di euro di soldi pubblici alla compagnia commissariata 33 mesi fa. I soldi sono già stati versati dal ministero dell’Economia nelle casse della compagnia prima di Natale.» via

Tutto sommato, 400 milioni di euro equivalgono a quattro o cinque maxi vincite al superenalotto, con la differenza che tale cifra non è la somma di un montepremi di soldi spesi volontariamente dai giocatori, che sarà poi ripartito tra i vincitori; piuttosto, sono soldi pubblici, ricavati o dal fisco o dal debito statale, dai cittadini che avrebbero volentieri fatto a meno di giocare.

lunedì 27 gennaio 2020

Penso poco

«Ci sono molti pensieri, io ne penso pochi. Essenziale non è ciò che penso, bensì che penso poco».
Bertolt Brecht, Storie del signor Keuner, Einaudi, Torino 2008

Riducendo l'azione del pensiero, si lascia più spazio (più energia) alla digestione, con buona pace del signor Antonetto. E la mano, anziché sullo stomaco e l'intestino tenue, scivola lentamente, ma inesorabilmente (Giorgione dixit) verso la zona genitale, là dove i pensieri si fanno faceti, perché non è più la testa a pensare, là-bas.
E, in certi frangenti, il pensiero non pensato dalla testa, ricorre ai tempi della scoperta d'amore, quando tutto era meraviglia e l'infinito sembrava a portata di mano, di lingua, di reni e di tutte le altre componenti connesse allo svolgimento delle funzioni sessuali.
Poi tutto diventa normale, l'amore diventa amore di testa e tutto finisce nell'affezione o nella disaffezione, dipende dalle circostanze, dalle trasformazioni e dagli impegni che la necessità richiede. La propria indole ha la meglio, cioè la propria testa con dentro i pensieri che distraggono dall'essenziale e riconducono l'io in balia del quotidiano, del gioco balordo del fare e del disfare, del commercio generale e delle marchette della pensione che non si accumulano più. 
Ah, i sogni: ma sono esistiti, i sogni? O erano semplici pensieri?

E mi torna in mente la cometa di Halley, che apparve nel cielo di quando pensavo.
E, se mi permetto di sperare di rivederla, è per dirle che non la penso più.

domenica 26 gennaio 2020

Kazinform

«Un nuovo accordo di partnership internazionale va ad incrementare il portafoglio di collaborazioni strategiche dell'Agenzia ANSA: Kazinform, l'Agenzia di informazione ufficiale del Kazakistan, e ANSA hanno firmato un accordo di collaborazione che prevede la disponibilità e lo scambio dei rispettivi contenuti informativi in lingua inglese. Si arricchisce quindi per i clienti delle due Agenzie l'offerta di servizi di informazione internazionale: l'accordo prevede infatti l'integrazione reciproca dei notiziari in lingua inglese e la creazione di spazi dedicati alle notizie dal Kazakistan - sul sito ANSA.it e dall'Italia». Ansia.

Non potevo esimermi dal riportare questa edificante notizia riguardante l'accordo tra le due agenzie: per un uomo di mezz'età, il mantenimento della forma è tutto, a partire dagli organi preposti all'informazione e non. Ora poi che saranno aperti ampi spazi dedicati alle notizie dal Kazakistan bisogna farci trovare preparati, all'erta, per commentarle senza pregiudizio veruno. 

sabato 25 gennaio 2020

Prima o poi

«Nei sistemi di propulsione elettrici ci sono meno componenti e, in alcuni casi, la costruzione è più semplice rispetto ai motori a scoppio. Questo significa che, nel tempo, ci sarà una dispersione di lavoro. Stesso declino per l’indotto: di molti dei componenti che oggi provengono da fornitori esterni non ci sarà più bisogno». Mike Manley e la Redazione motori del Corsera.

«Non può essere diversamente in un modo di produzione entro il quale l’operaio esiste per i bisogni di valorizzazione di valori esistenti, invece che, viceversa, la ricchezza materiale esista per i bisogni di sviluppo dell’operaio.

Come l’uomo è dominato nella religione dall’opera della propria testa, così nella produzione capitalistica egli è dominato dall’opera della propria mano». Il Capitale, capitolo 23, "La legge generale dell'accumulazione capitalistica"



So bene che alle conferenze stampa degli Chief Excutive Officer gli scassacazzi non sono invitati: ma possibile mai che non ci sia uno scoglionato, con il tesserino di giornalista attaccato al collo, che chieda: per quale motivo se il lavoro si disperde (e in alcuni casi emigra), invece il capitale si accumula (anche se, nel caso della FCA, emigra lo stesso)? In buona sostanza: come mai sempre in culo agli operai?

Prima o poi, prima o poi...

giovedì 23 gennaio 2020

Furbetti?

Non mi piace digrignare i denti e sbavare, come un militante all'onestà, davanti a queste notizie. Purtuttavia, insistere a chiamare «furbetti» costoro

Ansia

mi sembra piuttosto indulgente e riduttivo.

Perché - se non ricordo male - furbetti erano anche quelli del Cartellino... O, forse, quest'ultimi sono coglioni semplici perché non hanno ville, né Ferrari e neppure le imprese?

mercoledì 22 gennaio 2020

Attenzione alle fiamme

Un paio d'estati fa bruciavano le foreste californiane. L'estate scorsa son bruciate le foreste amazzoniche e quelle siberiane. Or non è molto (estate australe), le foreste australiane. Data questa tendenza, dato il movimento di rivoluzione (purtroppo solo terrestre e non dei terrestri), ahimè è facile prevedere che, estate dopo estate, boschi e foreste di entrambi gli emisferi brucino. 

Purtroppo a Davos brucia soltanto la legna dei caminetti e il pellet delle stufe, vero Efesto?

In quanto recensore

Del mio cospicuo contributo di facezie depositate in rete, posso annoverare - senza onore - anche qualche recensione di merce acquistata su Amazon. E per tale motivo, ogni tanto, m'arrivano via mail richieste simili, alle quali quasi mai rispondo per pietà e misericordia mia e per non abusare troppo in spiritosaggine. Ma ieri - chiedo venia - non ho resistito e alla domanda di Monia


ho risposto:


Mai avrei pensato di divulgare qui tale botta e risposta se, poco fa, con mia notevole sorpresa, quel mezzano di Amazon mi ha fatto sapere che



Spettabile Amazon risposte: non c'è di che.

Il problema è che stasera, dopo la doccia, ad un attento esame, sullo scendibagno ho notato tracce di ruggine.

lunedì 20 gennaio 2020

Le braci della consuetudine

Mi sento in imbarazzo per il tasso generale d'intelligenza umana che fluisce nel mondo, la mia compresa, beninteso. Un'intelligenza incapace di dare ordine, di armonizzare, di diffondere benessere anziché malessere nelle varie corti del mondo. Io mi rifiuto di credere, nonostante le statistiche pinkeriane cognitiviste, che il mondo oggi sia il migliore dei mondi possibili. Mi rifiuto e mi attacco al cazzo, certamente, mica ho studiato tanto l'argomento, lo dico perché sono convinto che maggiore è la conoscenza e maggiore la colpevolezza, perché non esiste leggere, semestre dopo semestre, queste classifiche della vergogna, quelle del tutto e del niente - e non fare niente, ammazzare il tempio, per esempio, oppure: smettere il moto a luogo; adombrarsi; ridere per partito preso; titillarsi i genitali a piacimento; grattarsi le orecchie con i mignoli altrui; soffiare; salutare le sole; allevarsi senza antibiotici negli ultimi quattro mesi e poi affettarsi, come prosciutti cotti di carne nazionale; dipingere per finta le nuvole in cielo tanto ci credono; e poi basta, ché il troppo stroppia.
E se qualcuno dicesse: «Eh, ma pensa che fortunato sei a vivere qui e ora, anziché là e ieri», risponderei che vivo qui e ora e se non posso cambiare lo stato di cose presente, figuriamoci se potevo cambiare lo stato di cose passate: per questo studiare storia aiuta a bestemmiare, che altro.

Ma una cosa, stupefatto, or non è molto, ho imparato: ad accendere il fuoco dall'alto. E vedere le fiamme, a poco a poco, scendere e incendiare la base, non dico faccia sperare, ma dare alla consuetudine la possibilità di diventare brace.

sabato 18 gennaio 2020

My heart will go on

via


Zum Zum

«Dopo una vita passata a fare tutt'altro, negli ultimi anni mi sono occupato di istruzione. Lo dico non per conferire autorevolezza alle mie argomentazioni, ma per testimoniare che sono sensibile al tema scuola-lavoro, e che lo riconosco come criticità principale della scuola italiana, da sempre. Infatti, quando dico che la scuola statale italiana era - ripeto, era - la migliore, mi riferisco all'istruzione preuniversitaria.»
Riporto qui un passaggio di un lungo commento a un post di Olympe de Gouges, non per polemizzare con l'autore (Erasmo), ma per dire quanto segue:

All'assunto: «La scuola statale italiana era - ripeto, era - la migliore», mi sembra legittimo domandarsi: se lo fosse ancora, la migliore, a cascata, basterebbe questo a fare dell'Italia un paese migliore?
Attenzione: non voglio con questo trovare alibi alle mancanze, ai difetti della scuola statale di oggi rispetto a quella di un tempo (segnatamente: del Dopoguerra fino al... '68?).
Ma che cosa della società odierna è migliore rispetto agli anni del Miracolo economico?
La Fiat è migliore? L'Olivetti c'è più? I media (editoria e tv) sono migliori? Il cinema, la letteratura, la musica, l'arte in genere sono migliori e memorabili? Lo Stato (politica e apparati) sono migliori e capaci di fare politica (ad es.: si saprebbe costruire l'Autostrada del Sole in due anni?)? L'elenco potrebbe continuare.

Io credo che la scuola statale italiana non sia che un riflesso della società italiana: e sia chi ne fa parte da utente (studenti e genitori), sia chi da lavoratore della conoscenza (per riprendere i termini di una sigla sindacale), non fa che rispecchiarlo.

Ripeto: il mio non vuole essere un discorso riduzionista e (auto*) assolutorio: semplicemente, credo che qualsiasi intento riformista della questione scuola faccia da pendant al riformismo tout court. Per cui, sia concessa pure la reintroduzione obbligatoria nei corsi di studio della scuola dell'obbligo della Leggenda del Piave, con una variante minima, però:

Il Piave mormorò:
ragazzi l'è maiala.
zum zum


____________
* auto perché sono un lavoratore della conoscenza di soreta.

mercoledì 15 gennaio 2020

Il tribunale della sprezzatura

Non per fare le pulci a Leonardo - il quale ha scritto un ottimo post, godibilissimo e cattivo al punto giusto contro una determinata categoria intellettuale che va sotto il nome di editorialista rincoglionito - ma secondo me, in questo passaggio, si ravvisa una contraddizione,
«perché in Italia i giornalisti invecchiano così male, e non smettono di scrivere mai? Al punto che i quotidiani nazionali sembrano diventati il bollettino di un gerontocomio: non li compriamo più per sapere che succede tra USA e Iran, anzi non li compriamo proprio; ma se lo facessimo sarebbe piuttosto per informarci sulla salute del tale giornalista, se è ancora spaventato per l'odore dei nigeriani che ha percepito da una panchina del parco, o se invece quell'altra prestigiosa firma ha ancora visto il Papa durante la pennichella. »
giacché - almeno per parte mia, beninteso - il non comprare più i giornali è principalmente dovuto al fatto che gli editoriali non sono più leggibili perché non v'è editorialista vivente (o morente), da un ventennio a questa parte perlomeno o giù di lì, che abbia qualcosa d'interessante da dire. Niente: non c'è nessuno, nessuno!, che svolga una seppur minima e parziale critica sensata dello stato di cose presente. Tutte cazzate, tutte. Tutte ripicchine e risentimenti, vaghi ricordi di come si stava meglio quando si stava peggio, o contorte elucubrazioni del senno di poi. 

Già Olympe de Gouges ha avuto, in varie occasioni, la maniera di dire come funzionano giornali e redazioni e che ruolo svolgono nella società, per cui non mi dilungo.

Inoltre - e mi perdoni l'interessato se gli faccio un processo a delle intenzioni non dichiarate - mettiamo che Leonardo, oltre a essere un editorialista de Il Post (a proposito: quanti gettoni a trafiletto?), fosse stato ingaggiato da una testata (non di cazzo) nazionale, e che la sua firma presentasse un editoriale con cadenza settimanale: sarebbe in grado egli di giurare, qui e ora, che una volta raggiunta l'età pensionabile non scriverebbe più?

Solo avere un blog senza pubblicità, adesso e alla buonora, potrà essere perdonato dal tribunale della sprezzatura.

_______________

N.B.
Mille euro al mese e un piccolo spazio pubblicità da queste parti lo trovo anch'io, giacché:
Ed io che ho sempre detto che era un gioco
Sapere usare o no ad un certo metro
Compagni, il gioco si fa peso e tetro
Comprate il mio didietro, io lo vendo per poco

domenica 12 gennaio 2020

Nel cuore della notte

Mi sveglio nel cuore della notte, ascolto il battito del cuore della notte, sento tun tun: è il battito del cuore della notte. Non riprendo sonno nel cuore della notte, perché il battito del cuore nel cuore della notte mi tiene sveglio con il suo tun tun. Devo distrarmi, dunque devo alzarmi dal letto, orinare (va da sé), bere un bicchier d'acqua (va da sé), e poi? Scrivere? E scriviamo.

Avevo un piano. Poi l'ho inclinato. Sebbene sia rimasto sempre un piano, serve a poco, perché è difficile starvi in piedi. Scivolo. Se almeno avessi una stella o una fede per girarci intorno, potrei fare la mia orbita senza preoccuparmi troppo di uscire dall'eclittica. Mi sa invece che, senza stella e senza fede, alla fine esco dal piano (o il piano esce da me). Me ne sono accorto in questi giorni quando ho prestato il fianco a uno spigolo: che fitta. Ho detto "dio qualcosa", non ricordo bene, ricordo di più il Padre nostro. Ma pure in un'altra occasione - che non c'entra niente con la fede o con una stella - mi sono sentito fuori piano, fuori posto, fuori luogo: quando ho dimostrato, per l'ennesima volta, la mia incapacità di dire, in modo gentile ma determinato, I would prefer not to. Forse dovrei dirlo in italiano, sicuramente mi riesce meglio, magari con un tono più deciso e cazzuto: «Ascolta, ho detto di no, non c'è un motivo particolare perché dico no, non insistere, non mi rompere le palle». Invece cincischio. E tale titubanza fa credere all'interlocutore che io non stia dicendo di no, che in fondo sono una persona disponibile, uno che non si tira indietro - per forza non mi tiro indietro, non vedete che al massimo, con le mani incrociate dietro la schiena, posso tirarmi indietro soltanto la felpa?
E così non mi credono. Il mio no, diventa prima un forse da convincere, poi un sì. E se invece, imperterrito, mantengo il mio no, loro si adirano. E mi parlano al voi. «Siete tutti bravi a tirarvi indietro: lanciate il sasso e poi capite che è un orologio e la mano torna indietro, non lanciate il sasso perché credete sia l'orologio». Un orologio smart di quelli che segnano il battito del cuore (il battito del cuore della notte). 
Accidenti: proprio adesso che mi era tornato sonno, ritorna il tun tun del cuore nel cuore della notte.
Non ci capisco più niente, non si dovrebbe scrivere di notte se non si ha un piano, quale che sia, su cui o di cui scrivere; in questo modo, la logica si ribalta, i nessi saltano e i fessi vanno alle conclusioni.

E se mi masturbassi? 
Avevo perso un piano: l'ho ritrovato


mercoledì 8 gennaio 2020

Golden Globe 2020

So bene che non cambierebbe granché, epperò quanto sarebbe opportuno inviare un drone sopra tutte queste testedicazzo, anche solo per bombardarli con quintali di merda di mucche americane allevate ad estrogeni...



martedì 7 gennaio 2020

Avere un drone piuttosto che un'opinione

Volevo scrivere qualcosa su Sole mani cuore amore ma mi sono trattenuto, a che serve un'opinione in più, tanto meno non qualificata? A che servono le mie impressioni? Ho una soluzione? Ho un drone per poter bombardare chi voglio e restare impunito neanche fossi un Dio?

[voce fuori campo]
- Lasciami stare, non mi tirare in ballo, ché stasera ho da scartare i regali dei Magi.

Ho delle conoscenze approfondite da illustrare? Sono uno di Limes? No. E allora taccio, mantengo la mia inutile rabbia rasoterra, sparo le mie cazzate da solo in auto, ad alta voce, tanto nessuno mi sente se stramaledico qualcuno, se bestemmio, se sbavo... e pensavo (il pensiero, a volte, secerne bava), banalmente, che tutto ha una conseguenza, ma che spesso queste conseguenze, nel computo della consequenzialità generale, non contano niente, o poco, che non può essere una sola azione, per quanto immane e imbelle, a generare il bene o il male, sennò si dà ragione a chi dice puttana Eva; il domino come lo intendiamo - quella serie di tessere o pedine che, predisposte ad arte, cadono tutte in sequenza - in natura e in una costola della natura chiamata società, non esiste, oppure, se esiste, ha una scala temporale imponderabile per la nostra mente, giacché non c'è una causa sola, una sola colpa e un solo colpevole, ma una serie di cause e di colpe, diverse, seppur riconducibili a una unica matrice, riconoscibile ma facilmente occultabile, perché non è un evento, un assassinio, un bombardamento, un disastro: ma è qualcosa di complesso, legato al modo in cui noi umani riproduciamo la nostra esistenza. 

E ho detto anche troppo: è tardi, non volevo dire niente, volevo scrivere una poesia che invece è rimasta intirizzita nella brina dei campi in attesa del disgelo.

sabato 4 gennaio 2020

Sprofonda umanità

Tramite Google News, per leggere la notizia di un rom che ha ucciso, investendolo, il cognato sinti, sono sbarcato sul Giornale di Brescia. Innanzitutto complimenti ai curatori dell'edizione online, veramente pregevole, pulita, ben organizzata, senza fastidiosi banner pubblicitari (o almeno facilmente tenuti lontani da un semplice adblock).

Dopidiché, letta la notizia in cronaca nella sezione Brescia e hinterland, ho cliccato sulla home dove, in quel momento, la notizia principale era quella riguardante l'addio a Vittorio Fusari noto chef stellato della zona Sebino e Franciacorta, alle cui esequie funebri è stato ricordato, dall'amico Gianni Mura, come un uomo dalla «profonda umanità».

Non conoscevo Vittorio Fusari, ma non dubito, da come è ricordato, ch'egli sia effettivamente stato una degna persona sotto tutti gli aspetti e per questo, per quel che vale, mi unisco al cordoglio unanime.

Tuttavia, senza alcuna volontà di mancare di rispetto allo chef scomparso, vorrei velocemente riflettere sulla locuzione uomo di profonda umanità.


Premesso che l'umanità è una caratteristica che informa tutti gli esseri umani, comprese le testedicazzo come Trump, cosa fa sì che la profondità, se associata all'umanità, sia considerata un valore aggiunto? Perché il suo contrario, la superficialità, è un disvalore? E se sì, perché essere superficiali è un dispregio? Perché i superficiali non scavano buche?


Non faccio il finto tonto: so bene che un essere umano di profonda umanità è considerato colui (o colei) che ha cuore la vita umana, che si fa carico delle vite altrui, una persona generosa, rispettosa, gentile e le cui opere sono unanimemente riconosciute come un bene per il prossimo. D'accordo, ma perché usare tale aggettivo per sintetizzare tutte queste qualità positive? Personalmente, penso sarebbe preferibile lasciare la profondità ai palombari o agli speleologi in favore di un termine che elevi, innalzi sopra la media coloro che rendono la condizione umana un qualcosa di cui anche gli altri esseri umani possano riconoscere facilmente e prendere a modello.
Per cui, propongo che al posto di profonda sia usato un altro termine, per esempio sublime umanità (anche se, mi rendo conto, è un termine assai abusato)giusto per raggiungere una soglia più alta a quella in cui normalmente viviamo noi superficiali.

mercoledì 1 gennaio 2020

I cartelli della fede

Abito in una valle dove hanno sede eremi, santuari, monasteri, conventi, fraternità, parrocchie, pievi di origine romanica e chiese di più tarda epoca; una terra di pellegrinaggio e preghiera, riflessione teologica e sentimento religioso. Forse anche per questo, in un tratto di strada che collega il capoluogo della regione alla valle, un ignoto profeta "grida" - con lo spray sui cartelli blu delle indicazioni stradali, come fosse un comandamento - che Dio non c'è. 
Sfortunatamente per lui, tale insistente affermazione non sembra far proseliti, giacché per il momento, a parte il suo scrivere, non sorgono edicole sull'inesistenza divina presso gli assi viari principali e neanche in quelli secondari. 
Ma il profeta continua a ribadire lo stesso Dio non c'è, Dio non c'è. Non sarà mica che la sua scrittura in stampatello arrotondato, che ricorda molto il comic sans, risulti poco credibile? Se scrivesse tale affermazione in caratteri gotici, avrebbe più successo?

Fatto sta che, in questi giorni di festa, ho avuto modo di ricontattare Dio sulla questione.

- Buongiorno Signore.
- Buongiorno una sega. Chi rompe le palle il primo dell'anno, eccetera...
- Abbi pazienza.
- Poca.
- Sarò veloce.
- Lo spero.
- Ecco, secondo Te, non credi...
- Io non credo?
- ... non pensi sarebbe opportuno dare una risposta all'ignoto profeta che sui cartelli stradali afferma la tua inesistenza?
- Ignoto a te, a voi mortali, non a me.
- Ah, Tu sai chi è?
- E certo: è mio figlio che ogni tanto, per sgranchirsi le gambe, si alza dalla sedia alla destra del padre, scende dal cielo per venire in terra a fare il writer.
- Ah, sì?
- Sì.
- E scrive solo su di Te che non esisti?
- No, scrive anche altre cose.
- Quali?
- Salvinimi sei una merdasì; Renzi più ti guardo e più penso alla fortuna di coloro che non ti assomigliano e non ti pigliano; Dimaio: quando ti vedo, abbaio...
- Questo in Italia, ma all'estero?
- E vai all'estero a vedere, ma più o meno stile e contenuti sono quelli.
- E di argomenti teologici e religiosi, a parte la tua esistenza, non tratta?
- Sì, tratta male i sauditi e gli emiri del cazzo in genere.
- E ai fondamentalisti?
- Gli scrive di farsi una buca per vedere il fondo.
- Agli israeliani?
- Che vadano a farsi fottere pure loro, soprattutto quelli del Likud.
- Ai russi?
- Di essere meno testadicazzo in genere e di far sortire da qualche parte un nuovo Lenin.
- Ai cinesi?
- Di smettere di dirsi comunisti o altrimenti cambiare l'acronimo in Partito Comunista del Cazzo.
- Ai giapponesi?
- Di essere più radiopassivi.
- Agli americani?
- Di diventare la prima nazione autenticamente comunista.
- E nessuno lo crocifigge?
- Macché: molti citrulli credono che sia Bansky e morta lì.
- E lui, tuo figlio, come ci rimane?
- Come un bischero: scende, scrive, risale, risiede alla destra del padre - la vostra sinistra - e amen.

Ecco, ordunque, gentili lettrici e lettori: se per caso incontrate colui che scrive Dio non c'è sui cartelli stradali sappiate che è il figlio di Dio. E se lo vedete, fatevi il segno della croce per vedere se lui risponde toccandosi.