mercoledì 30 settembre 2020

La conoscenza

Quando ti vidi non me lo ricordo l'effetto che mi fece vederti; provo a pensarci, a pensarci, ma più ci penso e più mi sfugge come la tua immagine entrò dentro i miei occhi, come la subirono, e s'imprimé sulla retina e come il cervello ti capovolse in quelle frazioni di secondo decisive che trasformano il caso in una necessità. So che mi tenesti tra le braccia ma io non ricordo affatto come furono le tue braccia in quel momento particolare in cui c'è solo una persona cosciente e l'altra no, che stava lì sospesa senza capire ragioni ed emozioni, muovendo a volte le labbra al riso o gli occhi al pianto e cercando di non perdere il contatto con gli occhi che erano l'unico modo per capire che cosa stava accadendo. Ero vivo, e non lo sapevo. Ero vivo, e perché io ero vivo non lo so nemmeno ora. Non mi fu chiesto nient'altro che essere adattandomi agli sguardi che intorno mi dicevano chi ero, dove fossi, che cosa dovevo o non dovevo fare, come muovere le mani per farti sorridere. 

C'era un lago davanti a noi. Era sera. Un piccolo lago artificiale di proprietà privata. «Due parole di merda», dicesti accarezzandomi un ginocchio. Non si poteva fare, solo attendere che il buio vincesse la strenua resistenza del crepuscolo. Passò una donna, sembrava mia sorella se avessi avuto una sorella, e bussò al finestrino dell'auto verde ramarro dove eravamo seduti noi... 
[continua forse]

domenica 27 settembre 2020

Alle Murate!

La realtà si fa sempre più pesante, tanto che commentarla affatica solo al pensiero, come caricarsi due ballini di cemento sulle spalle senza avere il fisico da muratore.
Sarebbe bello murarla viva, la realtà, e poi lasciare un messaggio preciso alla prossima generazione su dove trovarla, perché se ne spaventino e si offendano di aver avuto avi così stupidi e rincoglioniti da consentirla - con la speranza non fondata che, murata viva, la realtà così come appare, non si presenti come realtà futura, capace di insinuarsi nelle ninnenanne dei piccoli virgulti per persuaderli che il mondo deve essere questo e non un altro, un mondo incantato, incatenato, incastrato e ancora poco incazzato.

***
Povero Tridico! A lui darei la scorta, se non ce l'avesse, altro che a quel carciofo lesso di Gilet. Per un incarico così importante centocinquantamila euro annue non sono granché, se - in paragone - un direttore di una azienda pubblica della Regione Sicilia piglia tre volte tanto. Ma detto ciò: come mai - capro per capro, agnello per agnello - non si seleziona mai un John Elkann?

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E la vita, la vita, e la vita l'è bela, l'è bela, basta avere l'ombrela che ripara la testa, sembra un giorno di festa.

sabato 26 settembre 2020

Bollettino

Bollettino: s.m. È un fine strato di acquasapone e numeri che forma una sfera dalla superficie iridescente. I bollettini spesso rimangono in formazione sferica solo per pochi secondi poi, o scoppiano da sé o dopo il contatto con altri oggetti in grado di assorbire il liquido che li circonda. In genere li si usa come passatempo per i bambini ma il loro sfruttamento in esibizioni politiche e mediatiche professionali dimostra la loro capacità di affascinare anche gli adulti. I bollettini possono aiutarci inoltre a risolvere complessi problemi politici riguardanti lo spazio economico e sociale poiché rappresentano sempre la più piccola area di superficie tesa tra due punti o due confini dentro la quale si racchiude la coscienza popolare esistente.



venerdì 25 settembre 2020

Le leggi generali della memoria

«I ricordi d'amore non fanno eccezione rispetto alle leggi generali della memoria, a loro volta regolate dalle più generali leggi dell'abitudine. Poiché questa affievolisce tutto, quel che più ci ricorda una persona è proprio ciò che avevamo dimenticato (parendoci insignificante, gli abbiamo lasciato intatta la sua forza). Ecco perché la parte migliore della nostra memoria è fuori di noi, in un soffio piovoso, nell'odore di chiuso d'una stanza o nell'odore d'una prima fiammata, ovunque ritroviamo quanto di noi stessi la nostra intelligenza, incapace di servirsene, aveva disprezzato, l'estrema riserva del passato, la migliore, quella che, quando tutte le nostre lacrime sembrano disseccate, sa farci piangere ancora. Fuori di noi? Per essere più precisi, dentro di noi, ma sottratta ai nostri stessi sguardi, immersa in un oblio più o meno prolungato. Solo grazie a questo oblio possiamo, di tanto in tanto, ritrovare l'essere che siamo stati, metterci di fronte alle cose nella stessa posizione in cui era quell'essere, soffrire di nuovo, perché non siamo più noi, ma lui, e lui amava quello che oggi ci è indifferente. Alla luce piena della memoria abituale, le immagini del passato vanno a poco a poco sbiadendo, dileguano, non ne resta più nulla, non le ritroveremo più. O, meglio, non le ritroveremmo più se qualche parola [...] non fosse rimasta accuratamente custodita nell'oblio, così come si deposita alla Bibliothèque Nationale un esemplare d'un libro che, altrimenti, rischierebbe di diventare introvabile».

Marcel Proust, All'ombra delle fanciulle in fiore, traduzione di Giovanni Raboni.

Nel cuore della notte - ma perché "cuore" e non "intestino"? - prendere Proust, a caso, trovare un brano siffatto, leggerlo mentre fuori imperversa (imperversa?) la bufera, è una rassicurazione contro l'inquietudine che impone d'alzarsi dal letto perché insonne. E il cuore (o l'intestino?) della notte si placa, riprende un ritmo regolare, le palpebre chiedono nuovamente di essere abbassate non prima di aver spento la luce e di essersi rannicchiati a pancia in giù.

sabato 19 settembre 2020

Storia di un'antipatia

 Sapevo fin dal primo, no: dal secondo giorno che il terzo mi sarei annoiato e che il quarto l'avrei mandata afffanculo, anche se il quinto presi un permesso e lei non poté replicare. Passarono un sabato e poi una domenica e il lunedì lei mi aspettava al tavolo delle firme con una penna in mano, la sua. Le chiesi se me la prestava e lei mi rispose di no. «E con cosa firmo?», aggiunsi. «Col cazzo», replicò. Misi la mano sinistra nella tasca dei pantaloni, verificai le condizioni dello implausibile sostituto e dovetti battere in ritirata per non trasformare una sconfitta in una catastrofe.

Ci stavamo antipatici a vicenda. Al carattere non si comanda. In verità lei voleva comandare al mio carattere e il mio carattere non voleva ricevere ordini da lei. Io non amo né dare né ricevere ordini. Preferisco i disordini, tranne sui tavoli, ché mi piacciono coi piani liberi a sufficienza per battere i pugni e sfogare lo stress o colpire le sfortunate mosche che capitano a tiro.
Un giorno detti un colpo a mano aperta così forte che lei fece un sobbalzo, ma si limitò a dire «Ma sei scemo?» e io risposi «Forse».
Se prima non mi guardava per niente, da allora cominciò a guardarmi male. Certe occhiatacce mi lanciava che bucavano. «Mi vuoi esangue?», chiesi. «No, ti voglio fuori dalle palle», sentenziò.

giovedì 17 settembre 2020

Protocollo rondine

Stormo di rondini di passaggio, che avete deciso una sosta sospesa sopra il mio cielo, mangiando plancton volatile che si credeva libero dalle predazioni delle sorelle vostre che vi hanno preceduto e che, da alcune settimane, hanno lasciato i nidi delle tettoie dei paraggi, grazie di essere passate di qua e, se non vi incomoda, restate pure qualche giorno prima di riprendere il viaggio verso la probabile meta africana dove svernerete. Fateci compagnia coi vostri saliscendi bianchi e neri che sfiorano i fili della luce e gli aghi dei pini assetati, coi garriti coi quali raccontate le regole del volo, liberandoci sicuramente da qualche zanzara o moscerino che si aggiungono al fastidio di questa afa insolita, di questo vento del Sahara occidentale, di questa sensazione di impotenza di fronte ai protocolli decisi in una stanza da teste che magari fossero di cazzo, almeno avrebbero in mente qualche volta di godere, non solo pisciare norme costringenti, aggiungere paure inutili, dare fiato a uomini e donne che si credono politici in grado di gestire nazioni e intanto vanno in giro a fare della storia una parentesi sospesa tra la rassegnazione e la voglia di rovesciare il tavolo.

- Con le ruote? - ridono le rondini e ci lasciano quaggiù.

domenica 13 settembre 2020

Svanire a Firenze

Svanire, venire meno al compito
di stare alla mercé del gioco
che Kavafis ha chiamato balordo.

Al mercato, in piazza de’ Ciompi,
mangiare un panino a scrocco
lentamente, ogni morso un ricordo.

Sorridevi - e io pure camminando
con te a braccetto per Borgo la Croce:
come due che sembravano stranieri

al trascorrere del tempo, quando
era normale dirsi ti amo sottovoce.
Eravamo quasi belli, forse sinceri.

Svanire, venire meno, è il senso della
vita che nel tempo si consuma:
l'amore resta addosso come la schiuma

delle onde. Dal quadro la gioia si cancella
e ricomporne i tratti non è dato neppure
all'Opificio delle Pietre Dure.

giovedì 10 settembre 2020

Ollellé ollallà

 


Probabilmente anch'io sarei fiero se avessi qualcosa che nessuno ha mai avuto prima, soprattutto se lungo, grosso, potente, da paura. Tuttavia, tale fierezza, si trasformerebbe ben presto in imbarazzo se il misterioso missile fossi costretto a dire soltanto che ce l'ho, senza mostrarlo per paura che me lo vedano e scoprano com'è fatto, vuoi per replicarlo, vuoi per ridere o piangere un po'.

mercoledì 9 settembre 2020

Salta la fossa

Dopo aver letto Il fossato di Olympe de Gouges, mi sono chiesto: se - ipotesi assurda - tutti i giorni fosse riportato, a caratteri cubitali, nei principali mezzi di informazione e comunicazione, il bollettino di Forbes dei Quattrocento più ricchi del mondo (contagiato più, contagiato meno), a livello di psicologia delle masse, che cosa potrebbe accadere?

Mi rispondono i keynesiani: te scava una buca (un fossato), riempila e spera nelle riforme (intanto vai a votare, per esempio).
Mi rispondono i neoliberisti: te lavora fino a ottant'anni, indebitati più che puoi e spera nel merito.
Mi rispondono i pikettiani: te tassa la ricchezza e i patrimoni, per esempio: l'hai pagato il bollo?
Mi rispondono... basta: si potrebbe continuare per ogni corrente di pensiero economico.

Ma intanto? Speriamo che qualche serie tv indichi la strada.

lunedì 7 settembre 2020

Colpi

Questo blog sta perdendo colpi, se qualcuno li trovasse per strada, mi contatti in privato. 
Attenzione: non sono colpi di spazzola prima di andare a dormire: non ho una spazzola, ho pochi capelli, sì e no quattrocento (e qui tiro in ballo capziosamente Truffaut e le traduzioni alla lettera), e li tengo corti, sicché non confondete i colpi miei con quelli altrui. Con ciò non voglio scaricare colpi sugli altri, ma dire semplicemente che i colpi non muoiono vergini, tutti li vogliono, indipendentemente dalle spazzole, soprattutto all'esordio (ohimè, questo è un blog stagionato).

Non ho dovuto attendere molto: infatti, stamani sono stato contattato in privato, anche se eravamo in piazza. Sotto i tavolini all'aperto di un bar di paese, un amico ha pescato dei colpi che faremo alla luciana.

Parafrasando Questa terra è la mia terra, di Peppe Guida, posso dire, con orgoglio, Questo blog è il mio blog - e questo post, appena cucinato, vi assicuro che è 'na bbomba. 

Intanto il presidente del consiglio dei ministri prolunga lo Stato di Emergenza. Non so, ma, secondo me, questi provvedimenti autoritari hanno, per il popolo, lo stesso effetto delle pompe a vuoto per il pene: non aumentano le erezioni, ma solo la rottura di coglioni.

sabato 5 settembre 2020

Ricapitolando

«Un approccio ragionato su covid-19 è impossibile. Ognuno ha scelto la trincea da cui combattere la sua battaglia. Oppure se ne sta zitto, a buon diritto visto come si sono messe le cose.» 

Io preferirei stare zitto, ma...
Mi sembra di rilevare che, in Italia, la maggior parte delle persone che si dichiarano antifa, antisalviniani, antirenziani, antiberlusconiani, antirazzisti, progressisti, pro-migranti, ambientalisti, insomma: tutti coloro che si sbellicano con la satira di Zoro e di Makkok, riguardo alla questione coronavirus, siano, di sicuro a sentenze (tweet, retweet, post su facebook... i blog, tra costoro, non li usa più nessuno), ma non dubito anche con i loro comportamenti, dei paladini del rigore assoluto, del rispetto scrupoloso delle norme di prevenzione e, probabilmente, predicatori di una nuova clausura degli italiani nelle loro celle abitative.

A me la loro posizione spaventa un po', dirò poi perché, ma prima butto là una domanda, non per avere una risposta, ma per capire se costoro si sono mai chiesti: se invece del Conte bis, fosse stato al governo il Conte uno, sostenuto dal M5S e Lega, con Salvini ministro dell'interno, e l'azione di governo di fronte alla crisi epidemica fosse stata analoga a quella adottata dal Conte 2, essi avrebbero salutato nello stesso modo (con gaudio) le misure restrittive avute nel lockdown e le prescrittive - precauzionali - restrittive che, attualmente, si vanno ingigantendo protocollo dopo protocollo?

Chissà, meno male Salvini non è più ministro dell'interno così possono anche evitare di rispondere.

Comunque, fatto salvo che io non voglio di certo sostenere posizioni negazioniste (sgarbiane o forzanoviane), e che - per quanto posso e riesco - cerco di rispettare le norme precauzionali convenute, come dicevo, a me tale intransigenza (che, se dovessi dipingere politicamente, definirei autoritaria) spaventa assai, e mostro perché:



Non mostro l'autore di tale tweet perché l'ho ricavato da un retweet di una persona che seguo e che non voglio mettere in imbarazzo (capita a tutti di dar voce a delle nefandezze). 
Tale battutista ricapitola la (a mio avviso giustissima) lamentazione di un ingegnere napoletano testimoniata su Repubblica con un piglio censorio che, sono arciconvinto, se in Italia vigesse un regime dittatoriale (fate voi il colore, ma in Italia sarebbe di nuovo nero), secondo me, è una chiamata alla spedizione punitiva con l'olio di ricino, giacché, ricapitolando:
1) l'ingegnere è andato in vacanza in Grecia: e allora? Era proibito? Ha contravvenuto a qualche legge contro l'espatrio?
2) Espone il figlio e la moglie? Se, invece, fossero stati loro a convincere l'ingegnere a una vacanza in Grecia, chi sarebbe l'espositore? Ma soprattutto: l'ingegnere fa di cognome Scotellaro, non Esposito.
3) A casa ha un soggetto debole. Io vorrei che andasse dalla signora madre dell'ingegnere a dirglielo in faccia senza tema di ricevere un piatto in testa.
4) L'ingegnere e famiglia hanno fatto il tampone al rientro proprio perché il governo ha prescritto di farlo a coloro che giungono in Italia da un viaggio (per vacanza o lavoro o studio) dall'estero e tu dici che non serve a un cazzo? Ma sei scemo? Serve eccome e dopo 48 ore il risultato, se la struttura sanitaria dove sono analizzati i tamponi funzionasse correttamente, ci dovrebbe essere per forza la risposta. E invece
5) tu dici che l'ingegnere rompe i coglioni? Stacci te, citrullo, chiuso in casa, copriti il capo e datti quattro schiaffi in faccia come quelle faccine di merda che la tua tastiera dell'ipad ti fa mettere per scrivere il tuo tweet da fascistello inconsapevole.

mercoledì 2 settembre 2020

Benedette parole

Benedette parole, se foste coincise sareste lavorate al bulino e fissate, una volta per sempre, su lastre di rame o di zinco e non ballereste su lingue o pagine o schermi che sembrano fermarvi ed invece.
Impazienti di uscire di bocca o, mediante movimenti strani di dita, costrette dall'educazione a imparare le leggi grafiche mediante le quali apporvi su pagine di vario formato, consistenza e colore, voi ci usate come strumenti, non viceversa: voi ci fate dire cose e poi il contrario di quelle stesse cose che volevamo dire. Ci fate comunicare pensieri che non stanno né in cielo né in terra, ma a mezz'aria, come piccoli peti dispettosi - e silenziosi - che non sappiamo trattenere ma che poi sganciamo lo stesso, magari guardarci intorno per imputare ad altri, con uno sguardo, il maldetto (e il malfatto). «Chi le sente è un ripetente» e via a replicare sui social gli argomenti che sono sulla bocca (o sul culo) di tutti.
E allora, parole, traditemi; andate a letto con altri; queste pagine abbandonate perché più voglia non ho di fare l'amore con voi, di darvi il mio fiato per riprodurre opinioni che più non so dare, in quanto essere opinabile che del giudizio non sa che farsene, casomai disfarsene, come quella volta, dal dentista.

«Chissà se mi sono espresso», disse un barista, servendo un caffè.