sabato 30 aprile 2022

Perennemente in moto

 « Nella primavera del 1950 [...] ero pronto a sistemarmi da qualche parte [tra Washington D.C. e New York, ma non in città], visto che stavano per arrivare i russi e presto la Bomba sarebbe caduta nella notte. Il popolo americano era ora sistematicamente terrorizzato dal governo. Gli scolaretti venivano istruiti su come “salvarsi” in caso di bombardamento. A scuola, avrebbero dovuto nascondersi sotto i banchi. A casa, i genitori venivano esortati a costruire dei ripari nei praticelli sul retro, oppure negli scantinati. La grande macchina americana della guerra, perennemente in moto, stava ora ronzando tranquillamente, e benché fosse ancora tempo di pace (presto avremmo avuto una vera guerra in Corea), Truman aveva istituito nuovamente la leva, cosa sconosciuta negli Stati Uniti se non in tempo di guerra. Le imposte sul reddito arrivavano al novanta per cento per sostenere i costi della difesa e mantenere l'arsenale della democrazia fornito di armi, per essere in grado di aiutare tutti quei piccoli paesi amanti della pace sparpagliati sulla terra, che loro volessero oppure no. Quando venimmo a sapere, a proposito degli accordi di Ginevra del 1954, che il popolo del Vietnam del Nord e del Sud avrebbe, con libere elezioni, votato Ho Chi Minh e per il comunismo senzadio, Kissinger disse frignando: “Non abbiamo forse il diritto di salvare un popolo da se stesso?”».

Gore Vidal, Palinsesto, “A casa sull'Hudson nella guerra fredda”, Fazi Editore, Roma 2000

venerdì 29 aprile 2022

Ho fatto una Scelba

 « Al generale Pièche, un piemontese in cui ha grande fiducia, Scelba ha dato venti giorni per preparare un rapporto completo sulla situazione dell’Arma e della polizia. Dopo aver ascoltato in silenzio la disastrosa relazione, chiede al generale che cosa pensa delle loro possibilità di reazione nel caso arrivi il peggio. Pièche (la sua risposta è nota) ribatte che non sono assolutamente in grado di fronteggiare un’offensiva e che se qualcuno tentasse un colpo sarebbe la fine. Meno noto, invece, il commento immediato di Scelba: “Infatti, – replica, – se io fossi comunista farei la rivoluzione domani”. »

Scelba

martedì 26 aprile 2022

Il penultimo capo indiano

Acquisto rubli, me ne bastano pochi, cento euro, una volta tanto voglio essere previdente nel caso debba attaccarmi alla canna del gas. 

Non avrei mai creduto che la storia in diretta mi facesse patire così tanto, che l'Italia soprattutto - lo Stato, le istituzioni, i partiti, i giornali, il mondo della cultura ufficiale - riuscisse a diventarmi così schifa e intollerabile. Io non mi sento italiano in quel senso lì, in quella appartenenza lì. Senza purtroppo e senza fortuna lo sono. Ma lo sono in quanto nativo, e basta. E cerco una riserva.

Ma come si fa, com'è possibile che il mondo delle relazioni umane, dei rapporti politici ed economici sia pressoché interamente gestito da folli testedicazzo senza un minimo di senso di umana compassione e benevolenza per i propri simili che dicono mamma, babbo, vaffanculo?

Domande inutili. Occorre disobbedire. In questo momento è l'unica azione che ritengo possibile. Il problema è che dovrebbero cominciare a disobbedire là dove la disobbedienza provocherebbe non dico un deragliamento (in questo momento non oso sperare tanto), ma almeno un rallentamento della macchina lanciata verso la catastrofe.

Domanda ingenua: perché la propaganda hollywoodiana, riguardo alla situazione di conflittualità e di rischio bellico mondiale, non produce film preventivi, ad esempio un rifacimento di The Day After? Anche se all'epoca, molti intellettuali ritennero che quel film non fosse altro che una metafora di quello che sarebbe accaduto agli Stati Uniti dinnanzi all'invasione commerciale dei prodotti made in Japan e al conflitto conseguente con la nazione del Sol Levante... E vabbè, sbagliarono paese d'Oriente, ma come sostiene Olympe de Gouges, la vera causa della crisi in corso, oltre che alla crisi sistemica del capitalismo, è dovuta a uno scontro tra imperi.

lunedì 25 aprile 2022

Letterina conculcata


mi spieghi perché coloro che inviano armi al governo banderiano ucraino – e che oggi sono venuti a portarti le ghirlande e a cantare con la banda Bella ciao – non inviano armi anche ai palestinesi e agli houthi? Perché palestinesi e houthi non trovano, ogni mattina, l’invasor, o forse perché essi non hanno intercessori presso le agenzie di rating, le quali mantengono il debito pubblico italiano un gradino sopra la discarica della spazzatura?

domenica 24 aprile 2022

Viva Wordpress

 Bloggerexit.

Anche se per un po' terrò i piedi in entrambe, ho messo piede in una nuova casa. Perché? Perché la lingua italiana ha otto articoli determinativi, e io mi sono rotto i coglioni di usarne solo uno. 

Forse il mio è un gesto romantico, di amore verso la forma blog. E di graduale dismissione di ogni altra presenza "social".

sabato 23 aprile 2022

Pregare San Giorgio

Poi scendesti dai monti a riportarmi

Questi sogni che fanno navigare avanti e indietro nel tempo e nello spazio di una vita che sembra composta dallo stesso essere che qui scrive e ricorda, appunto, come sul finire della notte, stanotte, sia ritornato per un attimo felice con colei che entrò in circolazione al posto dei globuli e del plasma, ma non delle piastrine ché infatti il cuore mi sanguina ogni volta che lei svanisce, al risveglio. Sdraiati, consolati io ad appoggiare le labbra su una coscia colorata dal sole, solleticando l'impercettibile peluria resa diafana dall'estate e dal sudore. Perché siamo sempre giovani nei sogni e disponibili a cavalcare i desideri come fossero delle furie domabili senza tema di cadere rovinosamente con il naso dentro una tazzina di caffè? 

Nonostante lo zucchero, stamani era particolarmente amaro.

E adesso via nell'umido a pregare San Giorgio.

venerdì 22 aprile 2022

Rifiutarsi alle deduzioni necessarie


Gianfranco Contini, Dove va la cultura europea?, 1946,
edizioni Quodlibet 2012


Com'è accaduto (e accade) per l'«emergenza» sars cov caz 2² 19-20-21-22...(?), anche riguardo alla crisi ucraina in corso, il mondo accademico e, più in generale, salvo rare eccezioni, quasi tutti gli intellettuali odierni muti se ne stanno sull'albero della cuccagna senza azzardare la benché critica all'andazzo politico sociale ed economico italiano ed europeo. Siamo circondati da reazionari, silenti i più, alcuni invece hanno pure la faccia a culo di brandire baionette dietro le telecamere ché dal vivo sono meno coraggiosi di essere testedicazzo quali sono.

Un allineamento alla volontà del regime del genere è impressionante: su settantamila docenti universitari, a parte un migliaio che firmarono un appello contro l'obbligatorietà del certificato verde per lavorare e studiare (appello finito nel niente, ahimè), soltanto in due (Francesco Benozzo e Paolo Villoresi) si sono rifiutati di mostrarlo e quindi soltanto costoro “hanno convertito in azione” la presa di coscienza di vivere dentro un regime autoritario e dispotico (per carità, dato che, dal primo settembre di anno scorso, ho lavorato e lavoro  mostrando l'infame tessera verde, non posso non rendere omaggio anche a quel migliaio di accademici che hanno firmato l'appello, hanno protestato e contestato la liceità di tali misure anti-democratiche, anti-costituzionali e contrarie ai principi basilari del diritto naturale).

Anche adesso, in riferimento all'invio di armi al governo ucraino deliberato dal governo e dal parlamento, tranne poche eccezioni, mutismo imperante. Nessun appello, nessun protesta, peggio: proteste al contrario. Dagli imbecilli che paragonano il governo ucraino alla resistenza partigiana, a quelli che censurano Dostoevskij e i balletti russi. Possibile che il mondo della cultura si faccia fagocitare dai Gramellini, dai Cazzullo e altre mezzeseghe di regime? Possibile che alcuno non si faccia promotore o mediatore di una protesta contro il governo e in favore della pace?

martedì 19 aprile 2022

Quando dagli altoparlanti il Drago parla di pace

Ma qualcuno che scende in piazza per protestare contro questo cazzo di governo c'è o non c'è? No, non tanto contro il greenpass, oramai lo avete digerito come un boa digerisce un'antilope (anche se avete qualche difficoltà a ricacarlo, vero, miei cari compatrioti?). Ma contro questa volontà di suicidio conclamata di adesione ai diktat della Nato, ossia alla volontà dell'amministrazione governativa degli Stati Uniti d'America di fare di tutto purché la guerra prosegua, senza dire né ahi, né bai... 
Possibile che ci si lasci precipitare nel dirupo senza provare a frenare neanche un po'? Ok, i freni sono rotti come il culo di chi ci comanda, ma vabbè, un po' d'attrito, suvvia, un po' di piedi puntati, di “No, non nel mio nome, perdio!”. Un po' di casino, insomma. Uno sciopero, due vetri rotti, qualche scuola occupata, uno schiaffo a qualche sindaco del cazzo che copre il David in piazza e fa parlare uno stronzo cocainomane in videochiamata.

Ordunque, ci si mobilita o no? O forse vige ancora quell'ordinanza della morgese che dava i daspo solo per stare seduti in piazza con due volantini? Ehi, ministro: noi coi volantini ci si fa due aeroplanini e si lanciano per l'aria, innocui e silenti aerei di pace. Non siamo piloti assassini testedicazzo come quei due piloti di caccia americani che tagliarono i fili della funivia del Cermis, ventiquattro anni fa. Giudicati in America. E assolti. E dov'erano di base? Do you remember? 

Anche il mondo della cultura, dell'arte, dello spettacolo... che mutismo. Ma Bono Vox è più morto di Berlusconi? Ve lo ricordate Berlusconi che fa la mitraglia? Bei tempi a parte: possibile che questo silenzio delle coscienze perduri? Possibile vi lasciate infinocchiare da guitti opinionisti prezzolati che vomitano bile e falsità a getto continuo ed arrivano persino a giustificare e a contestualizzare il concetto di nazismo?

Quando dagli altoparlanti il Drago parla di pace
i terrazzieri guardano le autostrade
e vedono
cemento fino a mezzo metro per
carri armati pesanti.
il Drago parla di pace.
Rialzando le schiene doloranti,
le mani grandi appoggiate ai cannoni,
i fonditori lo ascoltano.
I piloti dei bombardieri rallentano i motori
e ascoltano
il Drago parlare di pace.
I tagliaboschi stanno in ascolto nelle foreste silenziose
i contadini lasciano gli aratri e portano la mano all'orecchio
le donne, che recano da mangiare nei campi, si fermano.
Sul campo arato c'è un'auto con altoparlanti. Di lì
si sente il Drago esigere la pace.

N.B.
Abitando a sud dell'Alpi, mi sono permesso di sostituire l'Imbianchino con la voce: il Drago. Credo che Bertolt Brecht sarebbe d'accordo con me.

lunedì 18 aprile 2022

Il mio 5 per mille

Quello attuale non è un governo di merda, è peggio, giacché, se lo fosse, almeno concimerebbe qualcosa. Quello attuale è un governo asettico, sterile, come un laboratorio per la vivisezione.

Quest'anno, darò il mio cinque per mille alla LAV.

domenica 17 aprile 2022

Tutte fragili

« Agli uomini viene offerto un fascio di possibilità religiose. Tutte fragili. E l'uomo secolare vuole qualcosa che sia tutto suo. Ci sono varie vie. La più avvincente è il denaro. Ma anche questo non è risolutivo. Quando è molto, obbliga a disfarsene in notevole parte, generalmente per sentirsi buoni. Il denaro diventa una promozione per se stessi. Spesso è dedicato a fenomeni cosmici, come il mutamento climatico, che sopravanzano di gran lunga il possibile effetto del denaro di un singolo. Rimane solo l'impressione di essere buoni. »

Roberto Calasso, Sotto gli occhi dell'Agnello, Adelphi, Milano 2022 

venerdì 15 aprile 2022

È un problema solo mio?

“ Il problema, solo mio?, è più complicato, complicato da più gradi o
stadi di realtà; e volendo spiegarlo, io miro a qualcosa di assolutamente
reale in cui tutti gli aspetti della realtà che turbinano alla rinfusa lascino
presagire qualcosa di simile a una connessione. Perché cosa si può sapere là
dove una partecipazione è quasi sempre solo una partecipazione
(tele)visiva? Cosa si sa là dove si possiede un sapere a base di internet e
online, privo di qualsiasi sapere effettivo, che può nascere solo
dall'imparare, guardare e imparare? Cosa sa chi al posto di un fatto si trova
davanti unicamente all'immagine dello stesso, o, come nei notiziari
televisivi, a uno stenogramma dell'immagine, o, come nel mondo della rete
informatica, allo stenogramma di uno stenogramma?

Troppo rapidamente, anche in questa
guerra, erano stati stabiliti e fissati sulla carta per la cosiddetta opinione
pubblica mondiale i ruoli dell'aggressore e dell'aggredito, delle pure vittime
e dei soli malvagi.

Quale fronte di guerra offriva la «parte privilegiata»,
riguardo ad ammazzati e torturati, per raccontare e fotografare?

E in anni di resoconti di guerra,
sempre soffrendo realmente anche in seguito, e certo sempre di più,
assunsero manifestamente e docilmente gli atteggiamenti e le espressioni
sofferenti richieste per gli obiettivi e le registrazioni di fotografi e
giornalisti internazionali, istruiti, guidati, diretti da costoro. Chi mi dice che
sbaglio o che sono perfido se nella fotografia del volto di una donna che
piange a dirotto, chiusa dietro le sbarre di un campo di prigionia, non vedo
anche decisamente l'attenersi obbediente alle indicazioni del fotografo
dell'agenzia di stampa internazionale che staziona fuori dalla recinzione, e
persino nel modo in cui la donna si aggrappa alla rete un atteggiamento
suggeritole dal commerciante di immagini? Sì, può darsi che mi sbagli, il
parassita è nel mio occhio (il bambino, in primo piano nella foto, che piange
in braccio a una donna, sua madre?, e nella foto successiva è lontano in un
gruppo, tranquillo, in braccio a un'altra donna, la sua vera madre?): ma
perché non mi sono mai capitate sotto agli occhi - almeno qui, all'«Ovest» -
queste immagini così accuratamente inquadrate, studiatissime e appunto
come esibite di una vittima di guerra serba? Per quale motivo i serbi in
quelle condizioni non sono quasi mai stati mostrati in primissimo piano, e
quasi mai singolarmente, ma quasi sempre come gruppetto, e quasi sempre
sul mezzofondo o in lontananza sullo sfondo, proprio «sul punto di sparire»,
e anche quasi mai, a differenza dei loro compagni di sventura croati o
musulmani, con lo sguardo fisso e dolente verso la macchina fotografica,
ma girato da parte o puntato a terra, come consci delle loro colpe? Come
una stirpe estranea? - O come troppo orgogliosi per mettersi in posa? - O
come troppo tristi per farlo?    

Peter Handke, 
Un viaggio d'inverno ai fiumi Danubio, Sava, Morava e Drina
ovvero
Giustizia per la Serbia
Einaudi, Torino 1996

mercoledì 13 aprile 2022

Un rêve Ardant

Per circostanze poco chiare, anzi: del tutto oscure, mi trovavo in auto con quello che avrebbe dovuto essere mio suocero (ma non era), per andare a un appuntamento che ci avevano dato certi loschi figuri per risolvere non so bene quale controversia o sgarro che colui che avrebbe dovuto essere mio suocero (ma non era) avrebbe fatto a loro. Dopo aver parcheggiato la macchina, accompagnati da un anziano signore dall'aria apparentemente mite, saliamo le scale di una palazzina situata in una periferia semibuia di qualche imprecisata città. Io ero un po' diffidente a entrare in quella casa, ciò nonostante sembrava non ci fosse altra scelta se non la fuga. 

Nell'appartamento, tuttavia, niente sembrava contribuire ad aggiungere, o a togliere, preoccupazione per l'intera faccenda. Una parziale rassicurazione me la dava la presenza di un ex compagno di studi delle medie, un ragazzo simpatico che di soprannome chiamavano tutti il Lupo.

Nella casa tutti siamo restati in piedi, tranne il Lupo, che si fumava una sigaretta appena rullata, tranquillo, con il gomito e il posacenere sul tavolo. L'anziano signore, sul quale un ghigno sinistro ha preso il posto dell'aria mite, ha iniziato a farneticare qualcosa di un mancato accordo o di un danno subito da riparare. Non so perché, ma ho temuto che egli, da un momento all'altro, potesse tirare fuori un'arma, non necessariamente da fuoco, piuttosto un coltello o non so. Mi sono quindi allontanato e mi sono avvicinato al Lupo che continuava a fumare, indifferente. Un po' troppo vicino, ahimè, giacché lui, facendo finta di porgermi la mano, mi ha punto sul dorso della mia con una puntina che teneva nascosta tra indice e medio della sua non impegnata dalla sigaretta; l'ho guardato dicendo «Cazzo fai?». Lui, con aria sconsolata, ha risposto: «Mi dispiace», e forse preso da un rimorso, mi ha dato un piccolo foglietto con le scritte minuscole, ripiegato come un bugiardino, che subito ho aperto per leggere: “Veleno di geco del Madagascar”.

«Cazzo è?».

«Se non trovi un antidoto, tra dodici ore, purtroppo, morirai».

«Che cosa mi hai fatto? Perché lo hai fatto?», niente: domande inutili.

Senza attendere alcuna risposta, sono scappato via, solo, senza badare a colui che credevo fosse mio suocero, ma non era; in breve, ho raggiunto il Pronto Soccorso ma non avendo effetti visibili altri dal panico, mi hanno assegnato un codice verde e di mettermi in attesa. Attesa di che? Porca puttana, ho un veleno in corpo, che cosa devo attendere? Mi sono ricordato, allora, che vicino a dove mi trovavo abitava un pranoterapeuta, che si riteneva avesse poteri particolari: la disperazione fa credere a tutto. Così, a passo svelto ma senza correre per non aumentare il battito cardiaco più del necessario, sono andato da questo “dottore”.

In pochi minuti ho raggiunto il quartiere dove credevo abitasse; e infatti l'ho trovato seduto in un terrazzo condominiale in compagnia di altre persone, un po' distaccato mentre leggeva un libro. Da sotto il terrazzo gli ho fatto dei cenni e lui, un po' contrariato, si è alzato e mi è venuto incontro, ma la voce, la voce: non riuscivo a parlare. Allora gli ho mostrato il biglietto e la mano punta che stava diventando viola. Si è allarmato, mi ha preso per un braccio e trascinato verso il suo studio per mezzo di uno strano ascensore che saliva lentamente i piani a spirale. Lo specchio interno rifletteva le nostre figure e, d'un tratto, la sua faccia è diventata quella di Fanny Ardant che ha spalancato un sorriso prima che chiudessi gli occhi e poi li riaprissi per capire che era un sogno.

lunedì 11 aprile 2022

Quelli che portano via il gas dalle caldaie

In conclusione di un suo articolo pubblicato oggi da qualche parte (che non linko, per educazione), la giornalista Milena Gabanelli scrive:
«le sanzioni nel loro complesso stanno isolando Mosca e provocando qualche danno alla sua economia, ma ampiamente compensato dall’export di idrocarburi di cui la Ue, e in particolare Italia e Germania, ha drammaticamente bisogno. La partita cruciale alla fine può giocarla solo l’Unione Europea, decidendo se a farci più paura è la barbarie e la fine dello stato di diritto o un periodo di forte austerità. Nella risposta la soluzione».
Poi ho letto Brecht:

Quelli che portano via la carne dalle tavole...

insegnano ad accontentarsi.
Coloro ai quali il dono è destinato
esigono spirito di sacrificio.
I ben pasciuti parlano agli affamati
dei grandi tempi che verranno.
Quelli che portano all'abisso la nazione
affermano che governare è troppo difficile
per l'uomo qualsiasi.

Breviario tedesco, in Poesie e canzoni, Einaudi 1959, traduzione (credo) di Franco Fortini

domenica 10 aprile 2022

Forever young

Un sabato, un città, una piazza antistante la stazione, alcune bandiere, un convegno autorizzato sicuramente dalla questura previa richiesta, un microfono, due altoparlanti, un banchetto per raccogliere firme per una diffida contro alcuni sindaci e per una denuncia contro un dirigente scolastico che ha paragonato, in un'intervista pubblica non smentita, gli insegnanti sospesi a degli evasori fiscali. Ci sono alcuni interventi, poi parla un avvocato su un altro argomento d'attualità: come rispondere alla raccomandata che richiede, a coloro che hanno superato i 50 anni, di adempiere all'obbligo di vaccinazione anti sars cov 2. Indicazioni molto pratiche, tutte basate sul fatto che - chi vuole - può essere in grado di rispondere da solo, sempre dentro i termini della legalità. Una cinquantina di cinquantenni ascoltavano con attenzione, in piedi, in semicerchio. Nell'area vuota d'asfalto formata tra loro e l'avvocato, mentre l'avvocato parlava, ci passavano dentro giovani, poco più che adolescenti, tutti in gruppo, con aria provocatoria, imbambolati probabilmente dalle loro vasche melliflue nel corso cittadino. Uno di loro, con una leggera peluria adolescenziale sopra il labbro, per mostrarsi audace, grida “Viva Salvini”, mentre altri ragazzini del suo gruppo, più distanti, sghignazzando sotto la mascherina (che portano pure all'aperto), lo osservano compiaciuti. Qualche convenuto avrebbe desiderato prenderli a schiaffi, ma perché compromettersi per questi stronzetti?

Ignorare è la miglior soluzione, perché in questo caso uno schiaffo sarebbe stato tutto fuorché educativo, forse solo liberatorio lì per lì, ma controproducente poi. Picchiare un minore? O sarebbe stato meglio picchiare il genitore? O i suoi insegnanti? 

« Quanto è nostra responsabilità [di noi adulti] se intere generazioni di ragazze e ragazzi - sacrificati dalle scelte di Stato, criminalizzati da tutti [come untori], colpiti duro in quello che è più importante (il cameratismo, il confronto con gli altri, la libertà di muoversi, il sesso) - non hanno mostrato un minimo fremito non dico di ribellione, ma almeno di insofferenza, o di reclamazione rumorosa dei propri diritti?¹»

Che cosa abbiamo sbagliato se i giovani di oggi non si sono incazzati contro il regime e, in non pochi casi, sbeffeggiano quei pochi che lo fanno?

Senza tornare troppe decadi indietro: se vent'anni fa, o giù di lì, i giovani scendevano in piazza per protestare contro i potenti e reclamare un altro mondo ‘possibile’, perché adesso no, non ci sono o ci sono soltanto quelle poche decine di borghesucci confezionati dal regime, con le trecce e il motoscafo di Casiraghi?

Dove cazzo sono i giovani, oggi?

_______________
¹ Andrea Miconi, Emergenza di stato, 2022

martedì 5 aprile 2022

Cannibali, necrofili, deamicisiani e astuti

« Che cos'è la verità, di cui il testimone testimonia? Non il dato nella sua fattualità non linguistica, in sé oscuro e impenetrabile, né il nome che meramente lo significa, altrettanto in sé chiuso a ciò che nomina. Eppure è proprio a queste due incomunicanti astrazioni che si dirigono i discorsi e le opinioni degli uomini parlanti, ogni volta dimentichi di ciò che è in questione nel loro essere parlanti. I parlanti si dividono così in ideologi, che caparbiamente ricercano i fatti, considerando puramente accessorio e, come si dice, superstrutturale, il loro essere nel linguaggio e in comunicativi, per i quali la notizia - il medio - si è interamente sostituito alla cosa. »

Giorgio Agamben, Quando la casa brucia, Giometti & Antonello, Macerata 2020

Che cosa significano, che cosa testimoniano i morti per le strade dell'Ucraina? Reclamano vendetta? Chiedono che i loro carnefici - chiunque siano - muoiano a loro volta? Sono loro che parlano o sono i parlanti che s'impossessano delle loro voci? Inoltre: i morti hanno voce solo se sono tanti e ammucchiati? Se sono isolati, nascosti, sparpagliati non hanno voce, quindi non testimoniano, non significano niente? Nell'Europa che voleva - un tempo, ora forse non più - dichiarare le proprie radici cristiane, c'è ancora chi ha la capacità di comprendere la frase evangelica «lasciate che i morti seppelliscano i morti»? Perché tutti quelli che comandano o diffondono notizie tengono fisso lo sguardo sui morti e non si preoccupano mai, o poco o comunque in terz'ordine, di trovare una soluzione perché ci non ci siano più morti ammazzati ma che la gente continui a morire tranquilla di morte ‘naturale’ magari dopo gli ottanta? Oppure: considerato che la guerra è una tecnica politica che produce una grande quantità di morti, perché non escogitare altre forme di combattimento meno pericolose?

I morti... fanno tanto comodo ai vivi. In particolare quando ancora non sono seppelliti o, al massimo, quando, in fila indiana, dentro carri funebri militari, nella notte ma con le telecamere che li riprendono, stanno per essere condotti al cimitero. Neanche più all'obitorio, ché non si avesse a scoprire di cosa e come sono morti, i morti. Tanto ci sono i vivi che lo raccontano e che li contano, i morti,  bollettini su bollettini, fingendo pietà.

sabato 2 aprile 2022

Non c'è più niente da capire

È inutile convincere gli altri a vergognarsi quando gli altri credono di avere pensieri vestiti

Un tal Lucas, Aforismi e pompini, edizioni Alterlucas 2022.

Ammesso e non concesso che lo abbia mai fatto, da un pezzo non riesco più a scrivere per spiegare. La mia vocazione anti-pedagogica è emersa, inesorabile, soprattutto da quando «non c'è più niente da capire», e quindi da spiegare. Quello che è dato in sorte vivere (la storia sociale che si compie) è chiaro davanti agli occhi di tutti, basta fare lo sforzo di tenerli aperti, ovvero di non chiuderli o mettersi davanti due bende, anzi: due mascherine effeffepiddì. 

Chi sono gli scherani, gli sciacalli e i farabutti, oramai, dovrebbe essere chiaro per tutti. Bastano un paio di kapò dipartimento per mostrare come si possa essere, non solo più realisti del reo re, piuttosto più stronzi della merda (chimica) che li nutre e sostiene.

E poi, ci sono i bravi diesse del popolino dirigenziale, finora compatti e solerti nell'eseguire le linee di comando anti-umane del governo, i quali, storcendo il muso davanti alla scelta governativa di far rientrare al lavoro docenti che, liberamente, hanno preferito non sottostare all'obbligo che li riguardava, sostengono «ah, ma è diseducativo! così si incentiva chi non rispetta le regole! [quante tegole nel capo farei loro cadere in testa]; è come con i condoni che premiano gli evasori o per chi edifica abusivamente!»... Eh, no, teste di cazzo, no: chi è stato sospeso perché non si è voluto "vaccinare" contro il sars-cov2-caz-19, 20, 21, 22 e tombola, non è un evasore o un consumatore abusivo del suolo patrio, stronzi. Non lo è perché semplicemente ha pagato subito sulla pelle (essere sospeso dal lavoro e senza stipendio) il non essersi sottomesso al Decreto Regio di uno Stato un tempo repubblicano. Non ha infranto leggi, le ha solo subite. Non ha piegato la testa, ha tenuto la faccia libera e vi guarda e non dice nulla, se non commiserare la vostra miseria umana.

Fate schifo. E se dovessi un giorno fare schifo come voi, possa averne contezza, sì da mettere la faccia dentro al cesso e tirare lo sciacquone.