domenica 29 giugno 2008

Dimissioni

E se, così d'improvviso, Berlusconi
desse le dimissioni?
Se decidesse di ritirarsi, di godersi,
definitivamente, le sue ville, le sue barche
le sue Bermuda e si dedicasse a spargere il seme
sulle mille fanciulle pronte ad accogliere
i figli illegittimi del potere?
Se si mettesse a competere col colonnello Gheddafi.
Se facesse in privato il faceto,
se carpisse l'attimo segreto,
se capisse come l'Italia davvero
avrebbe bisogno di una sua tranquilla
fuoriuscita dai coglioni?
Che figurone farebbe il nostro Silvio nazionale:
a lui prontamente sarebbe tutto perdonato;
e giù biografie a scriversi comincerebbero
giù profili storici, giù ponderate riflessioni
su questo instabile statista
che cerca l'Essere nell'essere degli altri
che questua il Riconoscimento,
che ha salvato "l'Italia dalla Sinistra"
che ha dato culo e cultura e calcio
che sa, nel suo intimo, che nei prossimi decenni
difficilmente alcuno potrà mai competere
con la sua influenza, colla sua storicità
con la sua presenza continua e costante
col suo tenere la scena ininterrottamente.
Sì, Silvio, pensa che colpo di teatro definitivo:
abbandonare la scena sul più bello
nel momento di massimo potere.
Omero, Dante e Shakespeare si toglierebbero il cappello
davanti a un siffatto gesto.
Fallo, ti prego, al più presto.
Ripiglia il mar di Sardegna
coltiva cedri e albicocchi
il mirto respira.

Per il poeta Davide Rondoni




Sappiamo che l'etica cristiana condanna da sempre la sodomia, esercitata tanto sul maschio quanto sulla femmina, come trasgressione della legge di natura che finalizzerebbe l'uso del sesso alla creazione (non dimentichiamo che, al tempo di Dante, la sodomia, era, fra l'altro, la più divulgata pratica contraccettiva).
Ma Dante cosa ne pensava?
Per quel poco che ne sappiamo, Dante (...) impone alla pratica dell'eros la normativa della temperanza, alla quale personalmente sa bene quanto sia difficile attenersi. Non si direbbe, d'altronde, che il precetto della procreazione lo assilli. Ed è un fatto che il poeta sacro sottoporrà al medesimo fuoco e alla medesima contrizione espiatoria le intemperanze dell'omosessualità e quelle dell'eterosessualità (...) nel più nobile e quotato girone purgatorio.
Ma allora, in cosa consiste la Violenza-contro-natura magistralmente punita nel settimo cerchio dell'abisso?
Non c'è bisogno di avventurarsi in crasse sottigliezze di tecnica erotica, per consentirsi il sospetto di capirlo: consiste, forse, nel deliberato sopruso morale che il pederasta esercita sul ragazzo, soggiogandolo col prestigio intellettuale, con le seduzioni del potere politico o economico o mondano, e comunque con le prospettive del losco e tiepido privilegio di appartenere ad una setta. E nel basso Medioevo sappiamo che la pederastia, suffragata dal mito e dal costume greco, era quasi vizio professionale degli uomini di cultura, chierici o "litterati grandi" che fossero, quasi il blasone d'una spregiudicatezza, tanto più raffinata quanto più inconfessabile.
Il nostro lessico ci tenta a questa formula: non la trasgressione omosessuale, Dante danna in eterno, ma l'intimidazione pederastica.

Vittorio Sermonti, L'Inferno di Dante, Rizzoli, Milano, 1988, pp. 224-225

sabato 28 giugno 2008

Psicopompo

... e se Berlusconi fosse uno psicopompo?

Pur snobbando gli dèi, D maiuscolo incluso




Sono tornato dalle vacanze. Come promesso, riporto altre pagine di Nabokov; anche in virtù di un post di Malvino, nel quale egli riportava, a sua volta, un breve post "di una signora che si dà alla recensione letteraria".
Se esistesse un Everest della creazione letteraria di tutti i tempi, Nabokov sarebbe uno dei pochi scalatori che avrebbe diritto a piantare la bandiera della propria arte straordinaria.

E propongo un enigma: quale personaggio del brano riportato esprime il vero pensiero dell'Autore circa la questione Dio?

SHADE: Tutti e sette i peccati capitali sono peccatucci, ma senza tre di essi – Orgoglio, Lussuria, Accidia – forse la poesia non sarebbe mai nata.
KINBOTE: È giusto basare le obiezioni su una terminologia desueta?
SHADE: Tutte le religioni si basano su una terminologia desueta.
KINBOTE: Ciò che chiamiamo Peccato Originale non potrà mai diventare desueto.
SHADE: Non mi pronuncio in merito. Infatti, da piccolo pensavo che si riferisse a Caino, assassino di Abele. Quanto a me, sto dalla parte dei vecchi sniffatori di tabacco, nostri maggiori: L'homme est né bon.
KINBOTE: Eppure, disobbedire al Volere Divino è una definizione fondamentale del Peccato.
SHADE: Non posso disobbedire a qualcosa che non conosco e la cui realtà ho diritto di negare.
KINBOTE: Su, su. Neghi anche che esistano i peccati?
SHADE: Ne posso nominare soltanto due: uccidere e infliggere intenzionalmente sofferenza.
KINBOTE: Dunque, uno che passi la vita in totale solitudine non può essere un peccatore?
SHADE: Potrebbe torturare gli animali. Potrebbe avvelenare le sorgenti d'acqua della sua isola. Potrebbe accusare un innocente in un manifesto postumo.
KINBOTE: E quindi la parola d'ordine è...?
SHADE: Compassione.
KINBOTE: Ma chi l'ha instillata in noi, John? Chi è il Giudice della vita, e il Progettista della morte?
SHADE: La vita è una grande sorpresa. Non vedo perché la morte non dovrebbe essere una sorpresa ancora più grande.
KINBOTE: Qui ti volevo, John. Negando l'esistenza di una Intelligenza Superiore che predispone amministra il nostro aldilà individuale, siamo costretti ad accettare il concetto indicibilmente spaventoso che il Caso estenda la sua portata finanche all'Eternità. Considera la situazione. Per tutta l'eternità il nostro povero spirito è esposto a vicissitudini indescrivibili. Non c'è possibilità di appello, di consiglio, di sostegno, di protezione, niente di niente. Lo spirito del povero Kinbote, l'ombra del povero Shade possono aver messo un piede in fallo, possono, a un certo punto, aver imboccato la strada sbagliata, oh, ma soltanto per pura sbadataggine, o semplicemente per ignoranza di una regola banale del gioco assurdo della natura – se mai esistono regole.
SHADE: Esistono regole nei quesiti scacchistici: divieto di doppia soluzione, per esempio.
KINBOTE: Mi riferivo a regole diaboliche, con ogni probabilità destinate a essere infrante dalla parte avversa non appena si arrivi a comprenderle. Ecco perché la magia nera non sempre funziona, i dèmoni nella loro malignità prismatica tradiscono l'accordo esistente fra noi e loro, e noi ci troviamo di nuovo nel grande disordine del caso. Quando anche mitigassimo il Caso con la Necessità e ammettessimo un determinismo senza Dio, il meccanismo di causa ed effetto, onde dotare le nostre anime, dopo la morte, del dubbio conforto della metastatistica, dovremmo ancora fare i conti con l'infortunio individuale, il milleduesimo incidente stradale tra quelli messi in programma per la Festa dell'Indipendenza nell'Ade. No, no. Se vogliamo essere seri sull'aldilà, non cominciamo col degradarlo al livello di una storiella fantascientifica o di una cartella clinica spiritistica. L'idea che l'anima piombi in un aldilà sconfinato e caotico senza che vi sia la Provvidenza a guidarla...
SHADE: C'è sempre uno psicopompo (1) dietro l'angolo, no?
KINBOTE: Non dietro quell'angolo, John. Senza la Provvidenza, l'anima deve fare affidamento sulla pula del suo involucro, sull'esperienza accumulata durante la sua reclusione corporea, e aggrapparsi puerilmente a princìpi provinciali, a ordinanze locali e a una personalità costituita per la gran parte dalle ombre delle sbarre della propria prigione, una concezione siffatta non dev'essere presa in considerazione neppure per un istante da una mente religiosa. Quanto è più intelligente – finanche dal punto di vista di un miscredente orgoglioso! - accettare la Presenza di Dio: dapprima una fosforescenza evanescente, una pallida luce nella semioscurità della vita corporea, e un fulgore abbacinante dopo. Anch'io, anch'io, mio caro John, a suo tempo fui assalito da dubbi religiosi. La Chiesa mi aiutò a fugarli. Mi insegnò anche a non chiedere troppo, a non pretendere una immagine troppo chiara di ciò che è inimmaginabile. Sant'Agostino ha detto...
SHADE: Ma perché mi si deve sempre citare sant'Agostino?
KINBOTE: Come ha detto sant'Agostino: “Si può sapere ciò che Dio non è; ma non si può sapere ciò che Egli è”. Credo di sapere cosa Dio non è: non è disperazione, non è terrore, non è il terriccio dentro una gola rantolante, né il nero ronzio nelle orecchie che va via via affievolendosi fino a un nulla nel nulla. So anche che il mondo non può essere stato frutto del caso e che in qualche modo la Mente è un fattore essenziale nella creazione dell'universo. Nel tentativo di trovare il nome giusto per quella Mente Universale, o Causa Prima, o Assoluto, o Natura, io propongo che sia il nome di Dio ad avere la precedenza.

Vladimir Nabokov, Pale Fire, 1962, [Fuoco pallido,tr. Adelphi, Milano, 2002, pp. 221-224]

(1) Psicopompo: Dal De Mauro on line: aggettivo
1. mitol., epiteto di varie divinità greche, spec. di Ermes e Caronte, in quanto guide delle anime dei defunti verso il regno dei morti; anche s.m.
2. lett., scherz., dittatore carismatico che trascina al suo seguito una nazione.

venerdì 20 giugno 2008

La distruzione dell'intirizzito



Via via che crescevano il suo potere e la sua fama, aumentava - nella mia fantasia - la durezza del castigo che avrei voluto infliggergli. Quindi, dapprima mi sarei accontentato di una sconfitta elettorale e di un rafffredamento del favore popolare. In seguito esigevo che venisse imprigionato; poi esiliato in un'isola remota, un'isoletta piatta con un'unica palma, la quale, simile a un asterisco, stesse a indicare il fondo di un inferno fatto di solitudine, vergogna e disperazione. Oggi, alfine, nulla tranne la sua morte mi potrebbe soddisfare.
Al pari di quei grafici che illustrano la sua ascesa, indicando il numero crescente dei suoi seguaci mediante una sagoma che si fa via via più grande e infine enorme, così il mio odio per lui - a braccia conserte, come quella sua immagine - ingigantisce minacciosamente nello spazio che è l'anima mia, fino a riempirlo quasi per intero, lasciando a me soltanto un ristretto bordo di luce ricurva (più simile a un alone di follia che a un'aureola di martirio) in attesa che l'eclissi si faccia, com'io prevedo, totale.

Vladimir Nabokov, La distruzione dei tiranni, Guanda, Parma 1990, pag. 11

Questo racconto fu scritto da Nabokov nel 1938. Nella presentazione, l'Autore dichiara che "Hitler, Lenin e Stalin si contendono il trono del tiranno di questo mio racconto". Noi italiani potremmo aggiungere anche qualcun altro alla lista.
Consiglio vivamente questa lettura; appena torno dalle brevi vacanze, comunque, provvederò a postare altri superbi passi del mio caro grande Vladimiro

Il lettore vero



È lui - il buon lettore, l'eccellente lettore - che ha salvato più e più volte l'artista dalla distruzione per mano degli imperatori, dei dittatori, dei preti, dei puritani, dei filistei, dei politici, dei poliziotti, dei direttori delle poste e dei pedanti. Mi si permetta di definire questo ammirevole lettore. Non appartiene a una nazione o a una classe specifica. Non c'è direttore di coscienza o club del libro che possa gestire la sua anima. Il suo modo d'accostarsi a un'opera di narrativa non è determinato da quelle emozioni giovanili che portano il lettore mediocre a identificarsi con questo o quel personaggio e a "saltare le descrizioni". Il buon lettore, il lettore ammirevole, non s'identifica con il ragazzo o la ragazza del libro, ma con il cervello che quel libro ha pensato e composto. Non cerca in un romanzo russo informazioni sulla Russia, perché sa che la Russia di Tolstoj o di Čechov non è la Russia della storia ma un mondo specifico immaginato e creato da un genio individuale. Al lettore ammirevole non interessano le idee generali; ma la visione particolare. Gli piace il romanzo non perché gli permette di inserirsi nel gruppo (per usare un diabolico luogo comune delle scuole avanzate); gli piace perché assorbe e capisce ogni particolare del testo, gode di ciò che l'autore voleva fosse goduto, sorride interiormente e dappertutto, si lascia eccitare dalle magiche immagini del grande falsario, del fantasioso falsario, del prestigiatore, dell'artista. In realtà, di tutti i personaggi creati da un grande artista, i più belli sono i suoi lettori.

Vladimir Nabokov, Lezioni di letteratura russa, Garzanti, Milano 1994, pagg. 34-5

domenica 15 giugno 2008

Un volo nel sogno

Compresso, comprendo quanto

esser leggeri e liberi valga una pena

da spendere presto, prima che scada il tormento.

E salgo dentro il mio corpo e lo porto

nel vento, nell'arancio dell'unica nube laggiù

in un tardo orizzonte d'Appennino, verso

un punto comune, tra il suono del vuoto

e l'arcobaleno della notte. E aspetto

che passi la veglia nel volo del pipistrello

che subentra alla rondine, ora.

Lo stesso volo, con viste diverse: suoni

colorati e immagini assordanti; stesso pasto

di moscerini vaganti nell'aere or terso, or bruno.

E io qui, bipede implume, a invidiare

le vostre traiettorie; io qui, fermo, rincaso

a tentare la notte un volo nel sogno.

martedì 10 giugno 2008

Max era Max, più tranquillo che mai



Siamo natura, necessariamente impastati di lacrime e sangue, cenere e luce; confitti nella natura, ad essa inseparabili, frecce gettate verso chissà dove, verso chissà quale bersaglio (e non è detto che faremo centro) - forse.

"La ragione può diventare ragionevole solo riflettendo sul male così com'è prodotto e riprodotto (dall'uomo) nell'uomo; in questa autocritica, la mia ragione rimarrà nello stesso tempo fedele a se stessa, riaffermando e applicando senza nessun secondo fine quel principio di verità che dobbiamo alla ragione soltanto. La schiavitù della natura si tradurrà in schiavitù dell'uomo e viceversa fino a quando l'uomo non saprà capire la sua stessa ragione e il processo con cui ha creato e mantiene tuttora in vita l'antagonismo che minaccia di distruggerlo. La ragione può essere più che natura solo rendendosi conto della sua naturalità - che consiste nella sua tendenza al dominio - quella tendenza che paradossalmente aliena dalla natura.

Max Horkheimer, Eclissi della ragione, Einaudi, Torino, pag. 152

giovedì 5 giugno 2008

Troppo ganzo, Gianni.



Gianni Vattimo dice:
Una signora anglicana una volta mi ha detto: "Ma sai che noi siamo separati solo perché Enrico VIII si è risposato? Ma possibile che abbiamo ancora queste fisime?" Quando il Papa incontra il Dalai Lama è preoccupato che quel poveretto andrà all'inferno perché non è cattolico? In Bergson c'era qualcosa di interessante quando diceva che esiste una fase mistica delle religioni e forse noi arriveremo a questa fase mistica. Forse possiamo veramente arrivare a questa dimensione comune, ma (...) ce lo impedisce (...) il fatto che ci sono delle burocrazie che non vogliono rinunciare ai loro privilegi. Nelle chiese è un po' così. Io non ci vedo altro che degli apparati che probabilmente hanno i loro motivi per pensare che le donne non possono diventare preti. La carità c'entra col fatto che le donne non possono diventare preti? No. E allora? E' solo una questione di tempi storici. All'epoca di Gesù le donne non erano avvocati, ingegneri, ma anche gli apostoli non erano polacchi (o tedeschi), però erano sposati, pescatori, esattori delle imposte, e il Papa non è né sposato né ha mai fatto il pescatore.
Voglio dire: anche dal punto di vista ecumenico, al dialogo interreligioso gioverebbe il separarsi un po' di più dagli apparati politici. Quando il cardinale Ruini dice che il crocifisso è il simbolo della nostra nazionalità, io gli darei uno schiaffo se fossi il crocifisso! Ma figuriamoci! Non voglio fare di Gesù un leghista, non ha niente a che vedere con la nostra nazione. E forse nemmeno con l'identità dell'Europa. O meglio: proprio come cristiano credo che non si debba fare della questione delle "radici cristiane" nell'Unione Europea un elemento di scontro, un tema di conflitto.

da René Girard, Gianni Vattimo, Verità o fede debole, Transeuropa, Massa, 2006, pag. 21-22

lunedì 2 giugno 2008

L'assenteismo


"Il monoteismo ebraico non esalta una potenza sacra, un numen trionfante su altre potenze numinose che però partecipi alla loro vita clandestina e misteriosa. Il Dio degli ebrei non è il sopravvissuto di dèi mitici. Abramo, il padre dei credenti, sarebbe stato - secondo un apologo - figlio di un mercante di idoli. Approfittando dell'assenza di Tereh li avrebbe infranti tutti, risparmiando il più grande per renderlo - agli occhi di suo padre - responsabile del massacro. Ma Tereh, una volta rientrato, non poté accettare questa versione fantastica: egli sapeva che nessun idolo del mondo può distruggere gli altri idoli. Il monoteismo segna una certa rottura con una certa concezione del sacro. Non unifica né gerarchizza tali dèi numinosi e numerosi: li nega. Rispetto al divino che essi incarnano, è ateismo".
Emanuel Lévinas, Difficile libertà, Jaca Book, Milano, 2004, pag. 31.

Io penso che il vero destino del messaggio ebraico-cristiano sia condurre l'uomo verso l'ateismo, sia di spogliare il cielo di ogni dio inventato dalla nostra mente. Non so come dire questo, e lo dico con scarsa preparazione, solo con un minimo d'intuizione, ammesso e non concesso ch'essa valida. Mi pongo questo problema perché non posso credere che Gesù, se oggi fosse qui, sarebbe un religioso (e se lo fosse, cosa sarebbe? Cattolico, ortodosso, protestante luterano, anglicano, avventista, eccetera?)
Non voglio accusare o colpevolizzare nessuno. Voglio solo dire che la vera fede oggi per me è data dall'assenza di fede, dalla completa scoperta della nostra condizione umana, dal rovesciamento della scommessa di Pascal.
La vera fede, a mio avviso, avviene proprio là dove non può esserci nessun tipo di convenienza, è completo affidamento (il Padre Nostro come unica preghiera autenticamente cristiana), è il completo ribaltamento di qualsiasi dinamica utilitaristica. E soprattutto, è la distruzione di ogni di tipo di feticcio, di idolo, d'immaginazione ultraterrena.
In fondo, se il monoteismo è un progresso rispetto al politeismo, non vedo perché non compiere un ulteriore passo: verso l'assenteismo.
Voglio dire: anche se è impossibile da dimostrare, l'inesistenza di Dio è sicuramente il passo verso cui tendere per far posto all'unico modo col quale il vero Dio - ammesso e non concesso che ci sia - possa ambire a essere glorificato.
Siamo responsabili del nostro destino; siamo soli in quest'angolo d'universo; non esiste un super spettatore intergalattico pieno di super poteri, badante e giudice delle nostre azioni, che ci ha creato per il suo divertimento.