venerdì 31 ottobre 2008

Dio spettatore



Ancora: se davvero venisse acclarato che Dio è il creatore unico e indiscutibile, non avreste voi la voglia di farGli una domanda? Tipo: perché? Perché tutto questo casino di anni dal (diciamo all'incirca) big bang a oggi; tutto questo spazio pieno di multiversi, di stelle, pianeti eccetera; tutto questo pandemonio insomma per vedere, in un misero pianeta periferico, lo spettacolo della vita dalle prime cellule a quel particolare mammifero appartenente alla razza umana? E tutto questo spreco di tempo e spazio dedicato solo per noi? O papaccio filosofaccio possibile che un ti ponga per nulla questo quesito? Possibile di avere ancora questa pretesa continua e massimamente presuntuosa che tutto il Creato, supposto che sia creato, sia fatto apposta per noi pezzi di merda? Ma godi la vita come la stai godendo da vero gaudente e lasciala godere anche a noi senza continuamente - te e tutti i preti del mondo di ogni religione e credo - rompere le palle con Dio. Perché se Dio ci fosse si divertirebbe di più a vedere lo spettacolo di uno che non sa di recitare che di uno che recita pubblicamente una parte e dietro il sipario invece fa come cazzo gli pare.

(mi sono perso un po' nel finale, comunque tutte le volte che il Papa e affini vogliono conciliare l'inconciliabile mi viene il nervoso e in qualche modo mi devo sfogare)

giovedì 30 ottobre 2008

Cossiga e l'emerita gaia scienza



Premesso che considero inquietante e delirante la dichiarazione di Cossiga circa il "trattamento" da somministrare agli studenti che manifestano, trovo tuttavia che essa sia, non so quanto consciamente nelle intenzioni, rivelatoria.
Mi spiego: Cossiga con tali parole ha reso manifesto ciò che era ed è la prassi delle forze dell'ordine (eseguita su suggerimento "politico") in tutte le manifestazioni di protesta che assumono forme preoccupanti per lo stesso potere; per questo credo che rivelandola, spiattellandola a chiare lettere all'opinione pubblica, sia stata resa per ciò stesso inoffensiva, nel senso che tale pratica di controllo eversiva non possa più essere usata senza impunità, senza che ognuno ne capisca il mandante.
Il folle Cossiga ha neutralizzato la sua stessa arma, l'ha caricata a salve.
Tuttavia non sono per niente tranquillo: chissà quali altre forme perverse di controllo e di soppressione userà adesso il potere per deligittimare una protesa libera, democratica, profondamente legittima.

martedì 28 ottobre 2008

Facinorosi ministri iperattivi



Una cosa veloce, una domanda. Come mai nella estenuante trattativa di accordo per salvare Alitalia sono stati giustamente (?) tenuti in massima considerazione i piloti e anche (mi pare) altro personale di tale azienda, mentre riguardo alla Scuola e all'Università questi facinorosi ministri iperattivi non tengono in debito conto gli Insegnati e gli Studenti?

domenica 26 ottobre 2008

Non credere: l'ideologia più difficile da diffondere

Evoluti per credere?
Come e perchè sono nate le religioni? Pascal Boyer su Nature ci spiega come l'evoluzione del nostro cervello possa avere favorito indirettamente l'evoluzione della religiosità e di conseguenza delle religioni.


L’ultimo fascicolo della rivista Nature contiene un interessante saggio di Pascal Boyer sul rapporto tra evoluzione e religione. In questo caso non si parla però di conflitto tra il modo di percepire il mondo proprio della scienza e della religione, ma dell’origine della religione: possiamo considerare la religione un prodotto della nostra cultura tanto quanto la musica, la politica e le relazioni famigliari?

La risposta di Boyer è affermativa: la religione è un prodotto del nostro cervello nel senso che il modo in cui il nostro cervello funziona sembrerebbe favorire la ricerca di progetti e finalità nella natura e quindi facilitare il sorgere ed il successivo diffondersi di numerose religioni. Si inserisce quindi in questo nuovo scenario evolutivo la ricerca dell’origine delle religioni ed in particolare della religiosità, che diventa quindi un oggetto di studio delle neuroscienze, delle scienze cognitive e dell’antropologia culturale. La religiosità (e non quindi le religioni) potrebbe essere il frutto dell’evoluzione poiché sebbene le religioni differiscano l’una dall’altra, in comune hanno il fatto che chi crede è disposto ad accettare la presenza nella propria vita di divinità prive di corpo (e quindi non tangibili né visibili) e con caratteristiche assolutamente contro-intuitive quali l’onnipotenza, la capacità di creare e distruggere, etc…

In modo analogo il nostro cervello sembra accettare comportamenti rituali che, sebbene privi di un valore pratico reale e verificabile, possono essere associati ad una sensazione di appagamento, di protezione fisica e consolazione morale. Questo comportamento potrebbe essere il frutto di quegli stessi network cerebrali alla base dell’auto-conservazione ovvero il prodotto di meccanismi che servono per tenerci lontani dal pericolo e che dovrebbero permetterci di vivere in modo più sereno.

L’uomo è inoltre un animale dotato di una incredibile capacità di coalizione tanto che uomini e donne non imparentati possono organizzarsi in contesti sociali con relazioni stabili in cui ciascuno si sente maggiormente protetto. Questa sorta di psicologia della coalizione potrebbe essere un’altra componente chiave nell’origine della religiosità, poiché la religione può aggiungere elementi comuni tra i membri di un gruppo rafforzandone quindi il senso di unità.

La religiosità quindi non sarebbe il frutto di una specifica regione del nostro cervello (ed è quindi è inutile cercare il gene per la religiosità!!!) ma sarebbe un impulso che deriva dalla somma di più tendenze innate presenti nel nostro cervello. Non è quindi un caso che le religioni più moderne “si presentino come un pacchetto che integra tutte queste componenti diverse (ritualità, moralità, identità sociale) in una unica dottrina. Queste componenti rimangono separate nei processi cognitivi umani. Il risultato è quindi che la nostra mente non ha un singolo network che porta alla religiosità, ma una miriade di network distinti che contribuiscono a rendere l’accettazione delle religioni un processo abbastanza naturale per molte persone”.

A sostegno di questa ipotesi si può facilmente osservare come al di là degli aspetti peculiari di ogni religione, esistono assunzioni tacite comuni a tutte le religioni e sarebbero queste componenti ad agire come terreno fertile per la crescita delle religioni. Il tentativo di spiegare l’origine delle religioni in chiave evolutiva (grazie alle neuroscienze ed alle scienze cognitive) non deve però essere visto come un tentativo “di sminuire le religioni”, ma semplicemente come il desiderio di capirne l’origine.

Se tutto ciò è vero, dobbiamo quindi considerare il “non credere come una sorta di tentativo di controllare qualche cosa che va contro le nostre disposizioni cognitive innate (naturali?) rendendo questa visione del mondo l’ideologia (..) più difficile da diffondere”.

Mauro Mandrioli

Fortezza 24.

Ah il Conestabile*
Unico santo in paradiso al quale
Inoltrare la supplica - è un giusto secondo lui:
Prudenza vorrebbe non dico
Cassare dandogli a credere
Che è morto e perciò
Niente da fare - no
Meglio sia aggiungere
Raggiro a raggiro
Perdendo il filo della cosa anche noi:
Gli scriva pure come di rito -
Nelle grinfie della sciantosa
Il Conestabile è rimbambito

10-11 gennaio 1989

Giovanni Giudici, Fortezza, Mondadori, 1990

*s.m. stor., alla corte bizantina, gran scudiero di corte | nel Medioevo, ufficiale della corona con incarichi militari; capo delle milizie cittadine dei Comuni e delle Repubbliche Marinare | gran c., comandante supremo di un’armata.

sabato 25 ottobre 2008

Lettera aperta ai miei Link e a Walterone



Avere una buona idea sulla realtà quotidiana serve a qualcosa per cambiarla? Ovvero, serve a qualcosa scrivere un post, sia esso dettagliato o scarno, che con acutezza denuda sì il reale (il re) e le sue nefandezze rivelandone l'arcano, ma che tuttavia non lo fa abdicare - il reale (il re) - non lo spodesta, non lo decompone, non ne distrugge il tempio? In breve: tutta questa Intelligenza intaccherà mai, sia pure con una virgola, la crassa, inamovibile, stupidità del Potere?

Certo, mi direte, ogni vera rivelazione-illuminazione o è individuale o non è. Le masse sono, per definizione, stupide; le masse sono il pendant del Potere. Ma quando ci si conta, come oggi al Circo Massimo, si rischia di far diventare massa anche chi si ha la presunzione che non lo sia. Per cui attenzione Walterone: quanti s'era s'era, troppi o pochi non importa. Devi puntare, se non vuoi diventare un giorno quel Potere stupido che tenti democraticamente di combattere, a contare non il numero, ma le teste di ognuno, a guardare il volto, ad ascoltare la parola di tutti.
Buona sintesi.

Fortezza 23.

Sì le guardavo lassù appese le gabbie
Giustizia delle chiese - guardavo me
Non già prono qui dentro
Ma al sole pioggia e neve
Grigio del puro gelo
Accecato dal cielo scarnendomi come voi
Capi dell'espiata rivolta:
O quattro secoli dopo per più d'un mese
In altra gabbia a Pisa
Eretta sull'arso prato
Il Maestro dagli occhi di turchese
Ludibrio del soldato

7-8 gennaio 1989

Giovanni Giudici, Fortezza, Mondadori, 1990

venerdì 24 ottobre 2008

Fortezza 22.

Sull'orlo della bocca rugiada di rosso
Appena posato il bicchiere ridendo
Sorgesse - non voglio la Luna
Mi basta la breve allegria
Poi che dicesti che ti piace una
Che gli piace di bere in compagnia:
Quel giorno che non c'era vino
E nessun posto vicino

4 gennaio 1989

Giovanni Giudici, Fortezza, Mondadori, 1990

giovedì 23 ottobre 2008

Due chiacchere con Dio

Insisto: ci vorrebbe più poesia, ci vorrebbe più poesia. Nella poesia, tutto. Pensa a Dante, pensa a Shakespeare, pensa e basta e scrivi. Devo sfuggire la realtà, devo dimenticarla qui, provarci, per far finta di non esserci qui. Per cui: poesia: e giù endecasillabi. Poesia: e giù rime, terzine, strofe, versi sciolti. Bisognerebbe che venisse la diarrea a tutti in questo Paese. Tutti al cesso, ora! Tutti a tirare lo sciacquone ripetutamente nello stesso momento. Tutti a far scendere nelle fogne urbane la realtà. Questa realtà di merda. Dio merda. Ecco, l'ho detto. Mi piacerebbe ci fosse Dio, mi piacerebbe davvero. Mi piacerebbe parlarci due o tre minuti, così, casomai le parole mi venissero fuori davanti a cotal Essere. Eppure, se penso a quand'ero bambino e pregavo, chessò, che non m'interogassero a matematica e gli chiedevo la grazia, avevo davvero qualcuno a cui rivolgermi. E ora invece, no. Dio torna. Torna che ho da dirti qualcosa, torna soprattutto in Italia, qualche minuto. Torna nella realtà, vedi come siamo ridotti, vedi lo sconforto da una parte e il pacchiano godimento dall'altra. Torna, sennò t'invento. Ti riprongo. Ti riscrivo. Torna e dimmi se tutto è normale, se tutto è un copione già scritto e irreversibile. Torna e piglia con te tutti i pezzi di merda di questo mondo. Tutti. Tira lo sciacquone, scarica nel cesso tutta la merda d'uomo che ammorba questa Penisola di pena. Ma quanto ci mette la deriva de' continenti a comprimerci, a schiacciarci su verso l'Europa?

mercoledì 22 ottobre 2008

La necessità della poesia



Non so come, né sotto quali termini e/o condizioni. So solo che oggi ci vorrebbe più poesia. Però non la poesia considerata sotto altre forme artistiche, ad esempio la musica, il cinema o altro. No. Intendo soltanto la poesia pura e semplice, il complicato andamento poetico che si determina nel solco della tradizione. Una poesia che si lancia a capofitto nel reale, sospinta dalla molla di Montale, Sereni, Fortini, Caproni, Zanzotto, Giudici, Sanguineti, Raboni e altri che, mi si perdoni, non riesco a citare qui a braccio, all'impronta (ma ve ne sono, oh se ve ne sono!). Una poesia che si pubblica e si riconquista quel ruolo sociale e definitivo che le appartiene. Una poesia che ridiventa il grido del reale, che bastona il luogo comune, che s'impossessa di questa lingua puttana che tutti i parlanti adoprano come se fosse un misero mezzo per esprimere il proprio vuoto, la propria miseria, la propria prepotenza. Una poesia-denuncia capace di molteplici significati, di slittamenti sugli aridi asfalti e cementi, di rimbalzi sulla fallacia delle cattive rappresentazioni. Una poesia "ombra del beccofrusone ucciso" dal riflesso sul vetro specchio dei moderni grattacieli che l'ottusa devozione al male ha infranto la mattina dell'undici settembre. Una poesia che si lancia nel vuoto con fiducia sapendo di avere in se stessa il paracadute necessario per sopravvivere ancora e sempre, finché voce umana e orecchie saranno pronte ad accoglierla come un saluto, come una carezza muliebre che si posa sulla fronte addolorata.

martedì 21 ottobre 2008

Fortezza 21.

Da insonnia al sonno e un aldilà del vero
Di sera in sera a scavarmi
Cunicoli nel disfatto cuscino
Blanda neve di piume asilo di asilo
Sfiorandomi e subito via
Trasmutanti persone -
Ero nel fiume e il fiume
Di esse ognuna la mia


26-31 dicembre 1988

Giovanni Giudici, Fortezza, Mondadori, 1990

lunedì 20 ottobre 2008

Autunno a Pompei



Autunno a Pompei:

che tristezza tu non ci sei.

Era meglio andare in carrozza a Bombay

Mumbai come la chiamano ora

di nababbi piena e d'ardore.


Autunno e a Pompei

son caduti tutti gli dèi;

tutti per terra tra foglie nascosti,

non se ne vede più nessuno,

tutti spariti tranne uno

rappresentante di Uno

che ancora s'ostina

a sovrastare i nostri cieli.

Che triste l'autunno a Pompei.


P.S. Ringrazio Malvino per aver suscitato questi versi che fanno il verso a Toti Scialoja.

domenica 19 ottobre 2008

La coscienza come un granello di sabbia


Octavio Ocampo, Family of Birds

Questa post-lettura è debitrice del post di Ivo che trovate qui.

Vi è, oggigiorno, un considerevole coro di opinioni che insiste nell'affermare che questi sforzi non possono che fallire, che una mera scienza in terza persona della coscienza è metodologicamente debole, tagliata fuori da importanti fonti di evidenze, di dati, di illuminazioni... o di chissà che altro. Abbiamo bisogno, si dice, di una "scienza della coscienza in prima persona" o, al massimo, di una "scienza della coscienza in seconda persona" (...). L'idea, variamente espressa o solo tacitamente presupposta, è che i marziani non possono giocare ai giochi cui possiamo giocare noi. Che non possano impegnarsi in una scienza della coscienza in prima persona perché non sono a loro volta il tipo giusto di "prima persona". Possono studiare la coscienza marziana dal punto di vista della prima persona, se ve ne è uno, ma non la nostra coscienza. O potrebbe darsi che si dica che essi non possono impegnarsi in una scienza della coscienza in seconda persona perché, in quanto forme di vita aliena, non possono formare il legame empatico Io-Tu che tale approccio presuppone.
La mia domanda è questa: abbiamo qualche fondato motivo per credere a tali affermazioni? E la mia risposta sarà negativa, perché non c'è niente nella nostra coscienza che sia inaccessibile ai probabili metodi tecnologici dei marziani. I metodi in terza persona delle scienze naturali bastano per indagare la coscienza con la stessa completezza di qualsiasi altro fenomeno in natura, senza alcun significativo residuo. Che cosa intendiamo qui per "significativo"? Semplicemente questo: se gli scienziati studiassero un singolo granello di sabbia, vi sarebbe sempre qualcosa di più da scoprire, indipendentemente dal tempo speso nella ricerca. La sommatoria delle forze attrattive e repulsive tra tutte le particelle subatomiche che compongono gli atomi costituenti il granello presenterà sempre un margine di incertezza nell'ultima cifra significativa con cui l'abbiamo calcolata finora, e retrocedere di eoni la localizzazione spaziotemporale del granello di sabbia ci condurrà solo a un cono diffuso di indiscernibilità. Ma la nostra ignoranza non è significativa, in quanto possiamo sempre applicare un principio di revisione continua. Queste considerazioni mi conducono ad affermare che se usassimo il metodo della scienza in terza persona per studiare la coscienza umana, qualsiasi ignoranza residua dovessimo riscontrare "alla fine", non sarà più sconvolgente, più frustrante o mistificante, di quella che risulta ineliminabile quando studiamo la fotosintesi, i terremoti o i granelli di sabbia. Detto in breve, non è stata proposta alcuna valida ragione a supporto dell'ipotesi diffusa che la coscienza sia, dal punto di vista della scienza in terza persona, un mistero dissimile, in qualche modo, dagli altri fenomeni naturali. Non vi sono, inoltre, neanche buone ragioni per sostenere che vi sia qualcosa di significativo che sappiamo (o sapete) attraverso la coscienza che è completamente inaccessibile alla comprensione degli scienziati marziani, per quanto differenti siano da noi.

Daniel C. Dennett, Sweet Dreams, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2006, pag. 26-27

sabato 18 ottobre 2008

L'etica situazionale

Alcuni rapinatori armati fanno irruzione in una banca, mettono in fila contro il muro i clienti e il personale e cominciano a sottrarre portafogli, orologi e gioielli. Tra coloro che aspettano di essere derubati ci sono due impiegati della banca. Improvvisamente, il primo mette qualcosa nelle mani del collega. Questi gli sussurra: "Cos'è?". "I cinquanta dollari che ti devo" risponde l'altro.

Thomas Cathcart e Daniel Klein, Platone e l'ornitorinco, Rizzoli, Milano, 2007

Equivalenze



La politica attuale sta alla trasparenza come Polifemo sta allo strabismo.


Firmato Onorevole Antonio Albanese, Ministro della Paura.

venerdì 17 ottobre 2008

Il Kantoniere



Il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me.

Non mi ricordo bene dove ma, in un racconto-monologo di Samuel Beckett, il protagonista, dopo (o prima di?) aver citato questa famosa frase, pesta una grossa merda di vacca facendo emettere alla stessa un sibilo di sgonfiamento ch'emana nell'aere un olezzo leggero di letame.
Mi pare che lo stesso effetto si produca ogni qual volta il nostro esimio presidente del consiglio dei ministri emette un comunicato stampa.

giovedì 16 ottobre 2008

Palingenesi



Resteremo in pochi.
Raccatteremo le pietre
e ricominceremo.

A voi,
portare ora a finimento
distruzione e abominio.

Saremo nuovi.
Non saremo noi.
Saremo altri, e punto
per punto riedificheremo
il guasto che ora imputiamo a voi.

Giorgio Caproni, Il franco cacciatore, Garzanti, Milano 1982

mercoledì 15 ottobre 2008

La scuola sul ponte



Vorrei fare una scuola a metà
restare in riserva, parlare il mio idioma
non avere contatti di civiltà
con l'ospite sacro di Roma

Differenziarmi, osticamente
nascondendomi sotto il banco
dire: maestra sono stanco
di parlare questa lingua perdente

Una lingua che perde se stessa
e non perdona chi la legifera
una lingua sputata da una bocca di Lucifero
che ci mastica indefessa

Vieni Dante, torna e tuona
contro questa Serva Italia di dolore ostello
contro questa povera patria puttanona
bistrattata dall'arroganza e da un fastello

di pezzi di merda, di fessi
di stronzi maleducati
Che rabbia: la testa nei cessi
ecco dove andreste infilati

per schiarirvi le idee, per luce
vedere, per capire qualcosa del mondo
e dell'altro, per togliere il fondo
di nebbia del vostro sguardo truce.

lunedì 13 ottobre 2008

Miele di Castagno



Riesco a esser me stesso
soltanto nello spazio d'un verso -
il verso che chiude ed equilibra
il pensiero costretto a una sfida.

Allora mi stringo e mi pongo
davanti al terrazzo d'autunno
e tento di berne i multicolori
la manifesta potenza cangiante

di vita che passa. Colgo
tre acini e due lamponi
e una pesca tardiva e m'attende
la voglia d'un muesli perfetto.

Il mio mielaio di riferimento
mi dice che il venti per cento
di api sono scomparse
nel volger della stagione.

Il suo è un triste lamento
ma resiste senza molta speranza
in questa terra che pare lontana
ma è anch'essa colpita dal veleno

di nubi che passano e portano
spremuta di marmitte cittadine
e altri fumi funesti del mondo
produttivo. Il mio mielaio sorride

e gli compro otto chili di castagno
il mio preferito, dal sapore pieno
delle femmine di Salomone.
Sono più povero di carta moneta

ma ho in casa un tesoro in barattolo
messo per l'appunto e mi si creda
sotto il materasso nella stanza
più fresca e lontano dalla luce.

Il miele è la mia risorsa miei cari
cinque lettori: è la mia forza
è il ricordo che si ripresenta
dei giorni in cui lo suggevo

dopo aver assaggiato altro miele.
Ricordo Venezia, la Fonte del Farniente
e altri imboscamenti in questa valle
che resiste al grigio cemento.

domenica 12 ottobre 2008

Una sera a Piazza Affari



Mi sfrego le mani
mi sfregio la faccia
mi frugo le tasche
mi frego l'anima
la porto a spasso, la investo in borsa,
ci costruisco speculazioni
allo zero virgola. Fo un'opa
a me stesso, mi verso, mi liquido
mi stabilisco in un paradiso
fiscale – Direttore, il suo viso
mi sembra perplesso, preoccupato
ma le do garanzia, parola d'onore
e giù risa e giù salti e giù sia
sempre lodato sia il mio disfare ore
a consultare minuziosamente il Sole 24 ore
con quel suo giallino pallido
come la mia faccia sbronzata, sfregiata;
e poi dolce è lo strappar pagine
per lo foco amico che scalda
le innumerevoli vetrate in attesa
di un boeing 747 carco di kerosene
e sempre fottuto sia lo sguardo malefico
di chi crede in dio operando malvagità.
I vetri rotti si sono conficcati
nelle mie vene e non so non so non so
perché, dacché, giacché, poiché
devo sempre tutto per segno, per filo
spiegazzare e poi strappare e poi bruciare
come le pagine su menzionate...
allora cambio la pagina e sono felice
uno nuovo sguardo sul mondo posso
gettare, do atto ad un'alice sotto sale
di resistere più di me al corrivo tempo,
divento ruggine e mi fermo prima del crac.
Mi capisci? M'intuisci? Mi vieni dietro?
Un due tre... Stella! Mi tocchi il didietro?
Mi porti fortuna, mi mandi un fax
interplanetario sì ch'io possa
mettermi in contatto con Orione
per domandare se anche in tal costellazione
esista la Borsa, esista la Corsa, esista la Morsa
e ti mordo i polpacci, come mordo l'Unione
Europea. Oh, Medea mia mangiaci presto
a costo di un'indigestione, noi figli di puttana
con le mani impastate di merda e catrame
e congiunte verso l'Unico Dio che guida
davvero, sia dollaro od oro nero: n'Euro
psichiatri non occorre esser per penetrar
il Vero.

Il fascino del fascismo



Ennio Flaiano si augurava che il fascismo, un giorno, sarebbe stato curato con la psicanalisi. Comincio a dubitarne*. L'imbecillità non ha niente a che vedere con l'inconscio, coi sogni, con la psiche. L'imbecillità è un paradigma che resiste a ogni rivoluzione, sia essa democratica, scientifica o altro. L'imbecillità è come una dura cotenna che riveste la corteccia cerebrale di tutti coloro che sono impossessati dal meme del fascismo.

P.S.
Seguo poco il calcio e questo poco riguarda la Nazionale. Ora, con Salvatore Bagni come commentatore, quel poco si trasformerà in niente.

venerdì 10 ottobre 2008

Le borse sotto gli occhi



Qualcuno mi può spiegare chi è che compra ora che tutti vendono?

(Grazie Novello)

L'amore ai tempi della Carfagna

--> Ascolta: non posso continuare a scriverti, a pensarti. Sento, ripeto, di far del male a chi voglio bene. Non sono solo. Non posso permettermi di pensare solo a me stesso. Non voglio farmi comandare da un desiderio irrealizzabile. In breve: quando mi scrivi mi diventa duro. Se ci incontrassimo faremmo l'amore e dopo sì che diventerebbe tutto più complicato. Non è più tempo per me di romanticismi, di passioni suscitate, di paroline dolci e confortanti. No, io ho bisogno di sesso tranquillo con una donna che abbia lo stesso bisogno, la stessa esigenza, gli stessi limiti, le stesse imposizioni... e finita lì. Non voglio ferirti. Voglio solo imparare ad esser capace a dire di no.

Questo, carissimo, è stato il messaggio conclusivo (un lunghissimo sms) di una storia nata e finita in tre giorni intensi di amore (?) virtuale. Tutto è capitato per caso. Un sms arrivato a me per sbaglio con su scritto (all'incirca) che Lei non riusciva a dimenticare un certo lui. Io che per celia ho risposto che avrei voluto esser quel lui. Lei che ha risposto e via discorrendo è nato un dialogo fitto, intenso, soffocante, tra l'Etruria e la Padania a parlar d'amore e altri sofismi. Mi ha persino telefonato, due volte, Lei, addirittura venerdì sera per un'ora intera. Reciprocamente, non abbiamo saputo chi siamo l'uno per l'altra, se non l'età (coetanei), la condizione familiare (anche lei sposata con figli) e poco più. So solo che Lei sarebbe addirittura stata disposta a prendere il treno e io andare alla stazione anche solo per mezz'ora e, per fortuna, tutto questo non si è realizzato. Sono bastati un giorno e una notte interi di pioggia per farmi capire in che razza di ginepraio mi stavo ficcando. Stamani ho avuto la forza e la decisione di scrivere quello che ho scritto. Lei ha risposto "OK". Mi sono sgravato.

Sarà quel che sarà, ma ho una gran voglia di trombare un'altra donna senza però nessuna complicazione, come dicevo. Sarà il testosterone, sarà che l'urologo mi ha detto di fare sesso pressoché quotidianamente, sarà che mi sono stufato di farmi le seghe o davanti a uno schermo o pensando a chissà quale situazione, sarà che con la moglie trombiamo tre volte a trimestre e un c'è niente daffare. Uf. Scusa. Basta così. Andrò a puttane (difficile, con sto cazzo di decreto).

giovedì 9 ottobre 2008

La Bibbia e Calderoli



101 (100) Lo specchio dei principi


Di Davide. Salmo.
Amore e giustizia voglio cantare,
voglio cantare inni a te, o Signore.
Agirò con saggezza nella via dell'innocenza:
quando verrai a me?
Camminerò con cuore integro,
dentro la mia casa.

Non sopporterò davanti ai miei occhi
azioni malvage;
detesto chi fa il male,
non mi sarà vicino.

Lontano da me il cuore perverso,
il malvagio non lo voglio conoscere.
Chi calunnia in segreto il suo prossimo
io lo farò perire;
chi ha occhi altezzosi e cuore superbo
non lo potrò sopportare.

I miei occhi sono rivolti ai fedeli del paese
perché restino a me vicino:
chi cammina per la via integra
sarà mio servitore.

Non abiterà nella mia casa
chi agisce con inganno,
chi dice menzogne non starà alla mia presenza.
Sterminerò ogni mattino
tutti gli empi del paese,
per estirpare dalla città del Signore
quanti operano il male.

tratto da La Bibbia di Gerusalemme


Nota a margine: tra le numerose personalità che si alternano alla lettura integrale della Bibbia spero vi siano anche politici di spicco quali l'on. Calderoli, ai quali auguro d'imbattersi in simili appropriati passaggi, tipo quelli dell'ultima strofa del salmo.

A quale gerarchia apparteniamo?



IL DOTTOR SCHWEITZER

gettava pesci vivi a pellicani famelici.
Sono vita anche i pesci fu rilevato, ma
di gerarchia inferiore.

A quale gerarchia apparteniamo noi
e in quali fauci...? Qui tacque il teologo
e si asciugò il sudore.

Eugenio Montale, Diario del '71 e del '72.

mercoledì 8 ottobre 2008

Finanza creattiva



Un uomo entra in una banca e chiede un prestito di 200 dollari per sei mesi. Il funzionario addetto ai prestiti gli chiede che genere di garanzie può dare. L'uomo dice: "Ho una Rolls Royce. Ecco le chiavi. Tenetevela finché non restituirò il prestito".
Sei mesi dopo l'uomo torna nella banca, rifonde i 200 dollari che ha avuto in prestito più 10 dollari d'interesse e si riprende la sua Rolls. Il funzionario addetto ai prestiti dice: "Signore, posso chiederle come mai una persona che possiede una Rolls Royce ha bisogno di chiedere in prestito 200 dollari?".
L'uomo risponde: "Dovevo andare sei mesi in Europa. Secondo lei, dove la parcheggiavo la Rolls per 10 dollari?".

Thomas Cathcart e Daniel Klein, Platone e l'ornitorinco, Rizzoli, Milano, 2007

martedì 7 ottobre 2008

I nostri risparmi



Mettiamoli al sicuro.
Vaticano docet.

Quiz



Quale dei due Marx è più anarchico? Karl, che disse: "È inevitabile che le classi oppresse si leveranno e butteranno via le loro catene". O Groucho, che disse: "Al di fuori di un cane, il libro è il miglior amico dell'uomo. All'interno di un cane è troppo buio per leggere".

Thomas Cathcart e Daniel Klein, Platone e l'ornitorinco, Rizzoli, Milano, 2007

La sigaretta della panchina

La sigaretta della panchina
m'inquina
in paio di pei;

ora so chi sei,
signorina:
cartaccia straccia
dei giardini trasandati.

Eppur ci siamo amati,
un tempo,
ed eran giorni belli.

Mica come quei cartelli
pubblicitari
che del prato fanno scempio.

lunedì 6 ottobre 2008

Fortezza 20.

Dissi chi ero e vi prego prendetemi
Benché riluttassero quelli
Al mio affranto decoro
E io non risultando nella lista -
Fu il capo a venirmi incontro
Ochèi se è lei che lo vuole
Ai suoi ordinando accendiamo
La pratica:
Dal mio triste nascondermi al nascosto non potevo
Andare oltre o tornare indietro -
Volevo un luogo dove svelarmi
Con voce calma rielencare i miei frantumi

20-24 dicembre 1988

Giovanni Giudici, Fortezza, Mondadori, 1990

Risposta del cambiavalute

"Sono monete preziose,
certo. Ma non hanno più corso.
Provi in un Museo. Non vedo
- mi spiace - altro soccorso."

Giorgio Caproni, Il franco cacciatore, Garzanti, Milano 1982

Il tamarindo



Oh, il tamarindo che Abramo piantò a Beerse
va: uno dei rari alberi "singoli" della Bibbia, che svetta nella sua vigoria e nei suoi colori per incantare l'immaginazione in mezzo a tante peregrinazioni e a tanti deserti. Ma attenzione: il Talmud teme forse che ci lasciamo catturare dal suo canto sotto il vento del Sud e vi cerchiamo il senso dell'Essere. Ecco allora che ci distoglie dal sogno: "tamarindo" è un acronimo, e le tre lettere che lo compongono (tav, mem, res) sono le iniziali di Nutrimento, Bevanda e Alloggio, tre cose necessarie all'uomo e che l'uomo offre all'uomo. La terra esiste per questo: l'uomo è il suo signore per servire gli uomini. Rimaniamo padroni del mistero che respira: è su questo punto che il giudaismo è maggiormente lontano dal cristianesimo. La cattolicità del cristianesimo integra le piccole e toccanti divinità familiari nel culto dei santi e nei culti locali. Il cristianesimo, pur sublimandola, mantiene la pietà radicata, e si nutre di paesaggi e ricordi familiari, tribali, nazionali. È per questo che ha conquistato l'umanità. Il giudaismo non ha sublimato gli idoli ma ne ha preteso la distruzione: come la tecnica, ha demistificato l'universo. Ha tolto l'incantesimo alla Natura. Con la sua astratta universalità urta forse immaginazione e passioni: ma ha scoperto l'uomo nella nudità del suo volto.

Emmanuel Lévinas, Difficile Libertà, Jaka Book, Milano, 2004, pag. 292.

Nota a margine: io non so dire se il giudaismo sia in effetti questo. Comunque mi sembra che il cattolicesimo che Lévinas qui descrive sia molto, ma molto pertinente con la realtà.

Agli Economisti

Può darsi che sia ora di tirare
i remi in barca per il noioso evento.
Ma perché fu sprecato tanto tempo
quando era prevedibile il risultato?

Eugenio Montale, Altri versi.

E ci credo!



«I soldi svaniscono, la parola di Dio no»


In effetti, domandatelo allo IOR

domenica 5 ottobre 2008

Telemessa

Gridava come un ossesso.
"Cristo è qui! È qui!
LUI! Qui fra noi! Adesso!
Anche se non si vede!
Anche se non si sente!"

La voce era repellente.

Spensi.
Feci per andare al cesso.

Ci s'era rinchiuso LUI,
a piangere.

Una statua di gesso.

Giorgio Caproni, Il franco cacciatore, Garzanti, Milano 1982

Lui

No, il paese non è
spopolato.
Sono
tutti nel bosco.
Tutti
alla battuta.

Dicono
che solo ritorneranno
a opera fatta.

È un anno,
più d'un anno, ormai.

Quello che ritroveranno,
non se l'aspettano: lui,
che loro hanno ucciso, qui
più vivo e più incombente
(più spietato) che mai.

Giorgio Caproni, Il franco cacciatore, Garzanti, Milano 1982

Ribattuta

Il guardiacaccia,
con un sorriso ironico:

- Cacciatore, la preda
che cerchi, io mai la vidi.

Il cacciatore,
imbracciando il fucile:

- Zitto. Dio esiste soltanto
nell'attimo in cui lo uccidi.

Giorgio Caproni, Il franco cacciatore, Garzanti, Milano 1982

L'occasione

L'occasione era bella.
Volli sparare anch'io.
Puntai in alto. Una stella
o l'occhio (il gelo) di Dio?

Giorgio Caproni, Il franco cacciatore, Garzanti, Milano 1982

Nota a margine: con questa primo componimento, inizio a riportare qui le fucilate di un altro uccisore di Dio.

Come Zaccheo

Si tratta di arrampicarsi sul sicomoro
per vedere il Signore se mai passi.
Ahimè, non sono un rampicante ed anche
stando in punta di piedi non l'ho mai visto.

Eugenio Montale, Diario del '71 e del '72.

Noticina a margine: egoista, violento, ingiusto d'un poeta proprietario assoluto del mondo. Vedi il post precedente.

Al Sinodo! Al Sinodo!

"Quando gli uomini si proclamano proprietari assoluti di se stessi e unici padroni del creato, possono veramente costruire una società dove regnino la libertà, la giustizia e la pace? Non avviene piuttosto, come la cronaca quotidiana dimostra ampiamente, che si estendano l'arbitrio del potere, gli interessi egoistici, l'ingiustizia e lo sfruttamento, la violenza in ogni sua espressione? Il punto d'arrivo, alla fine, è che l'uomo si ritrova più solo e la società più divisa e confusa".

A me pare, Benedetto Santo Padre, che tutto questo avvenga in un mondo in cui la maggioranza degli esseri umani si dichiara apertamente credente in Dio.

"Vi è chi, - ha osservato Benedetto XVI - avendo deciso che "Dio è morto", dichiara "dio" se stesso, ritenendosi l'unico artefice del proprio destino, il proprietario assoluto del mondo."

Secondo me questo è un palese non sequitur.

"Sbarazzandosi di Dio e non attendendo da Lui la salvezza, l'uomo crede di poter fare ciò che gli piace e di potersi porre come sola misura di se stesso e del proprio agire. Ma quando l'uomo elimina Dio dal proprio orizzonte è veramente più felice? Diventa veramente più libero?".


Più felice non so. Libero, però, sì.

In Hoc Signo...

A Roma un'agenzia di pompe funebri
si chiama L'AVVENIRE. E poi si dice
che l'umor nero è morto con Jean Paul,
Gionata Swift e Achille Campanile.

Eugenio Montale, Diario del '71 e del '72.

Nota a margine: questo epigramma si può riferire, a mio avviso, anche al giornale della C.E.I.

sabato 4 ottobre 2008

A colpi d'ascia


Sapesse come odio, come odio profondamente le riunioni mondane in cui la gente non ha altro in mente che distruggere tutto ciò che ha per me un significato, di trascinare nel fango tutto ciò che in effetti ha sempre avuto per me un certo valore (...) e sapesse come desidero non tanto raggiungere la pace quanto piuttosto essere davvero lasciato in pace. Sì, ho sempre avuto questa idea fissa (...) Camminare nel bosco, addentrarsi profondamente nel bosco, affidarsi completamente al bosco. (...) Bosco, bosco ad alto fusto, a colpi d'ascia, è sempre stato così.

Thomas Bernhard, A colpi d'ascia, Adelphi, Milano, 1990, pagg. 208-9

Leggendo Malvino son subito riandato a questo splendido passo in cui Bernhard dà la parola a un celebre attore del Burg (un famoso teatro di Vienna), il quale riscatta la sua dappocaggine e si sfoga contro gli ospiti di una serata mondana della quale era l'invitato d'onore.
Beh, mi sarebbe piaciuto che il nostro Presidente della Repubblica oggi, durante la visita papalina, si fosse espresso così:
"Veda, egregio Papa, noi italiani abbiamo un profondo desiderio di tornare nel bosco, addentrarsi in esso e ad esso affidarsi completamente. Per sfuggire definitivamente dai legami subdoli e pervasivi coi quali incatenate, da millenni, il suolo di questa povera Penisola. Via dunque nel bosco, nel bosco ad alto fusto, a colpi d'ascia. Colpi secchi, precisi, definitivi per liberare, per far nascere, finalmente, la nostra Repubblica."

Fortezza 19.

Siano visioni o parli
Ai muri quando non sia
Più probabile un crescersi
Fuor di senno per compagnia:
Balbettamenti nessun indizio di senso
Quasi lui si rivolga
A specie d'una lingua non più lingua
Scavata su dai secoli del cuore:
Accendete ascolti scrivete
Le pazze parole -
Cadrà se non è un un'anima nella rete
Sarà una radio nell'unghia strappatela via

7-8 dicembre 1988

Giovanni Giudici, Fortezza, Mondadori, 1990

Povero Pastore, il gregge non segue.



Domanda: se l'evoluzione (pardon, la Creazione) ci avesse messo gli organi genitali in faccia si sarebbe tutti meno teste di cazzo?

Grazie a G.O.D. per l'immagine.

venerdì 3 ottobre 2008

La nouvelle fragrance d'Italie



made in Rododentro

Fortezza 18.

E con un malizioso sventolìo
Al passo svelto della gonna blu
Scìa d'un fumé di seta che assottiglia
Le tese austere gambe alla caviglia -
Così che appena immaginato fu
Il suo più-in-su l'ambìto
Misterioso di lei:
In questo freddo frugarlo
Io che nemmeno oserei

3-7 dicembre 1988

Giovanni Giudici, Fortezza, Mondadori, 1990

mercoledì 1 ottobre 2008

Dobbiamo parlare



Eppure dobbiamo parlare; e non solo perché la letteratura, come i poveri, è notoriamente portata a prendersi cura dei propri figli, ma più ancora per via di un'antica e forse infondata convinzione, secondo la quale se i padroni di questo mondo avessero letto un po' di più, sarebbero un po' meno gravi il malgoverno e le sofferenze (...)
Dobbiamo parlare perché dobbiamo dire e ripetere che la letteratura è una maestra di finesse umana, la più grande di tutte, sicuramente migliore di qualsiasi dottrina; dire e ripetere che, ostacolando l'esistenza naturale della letteratura e l'attitudine della gente a imparare le lezioni della letteratura, una società riduce il proprio potenziale, rallenta il ritmo della propria evoluzione e in definitiva, forse, mette in pericolo il suo stesso tessuto. Se questo significa che dobbiamo parlare di noi, tanto meglio: non già per noi stessi, ma forse per la letteratura.

Iosif Brodskij, Dall'esilio, Adelphi, Milano, 1988, pag.14-16.

Questo brano mi sembra il giusto programma per la mia idea di blogger. Comporre un blog, leggere quello di altri ai quali ti senti vicino (affinità elettive?) fa partecipare e concorrere a ciò che Brodskij chiama "il ritmo della propria evoluzione".
Il mondo dei blog è uno dei luoghi possibili per un nuovo umanesimo.

Fortezza 17.

Dategli vino e più
Che ne chieda - non vuole
Altri sollievi anima ormai semispenta
All'aspettar notizie o quella porta
Che lenta nel silenzio si apra e uno
Entri là a dirgli quanto tempo ancora:
Essenziale è che l'ignoranza persista
E in lui spandendosi un limbo
Di spiriti lo persuada:
Su adesso è tardi stai buono è meglio qui
Alla catena che in strada

27-28 novembre 1988

Giovanni Giudici, Fortezza, Mondadori, 1990

Bellezza e intelligenza


"Cosa mi preoccupa nel nostro mondo? Sarah Palin. Mi fa venire voglia di buttarmi dalla finestra. Mi spaventa che a qualcuno così, che vive nella nebbia della superstizione, e che anzi ha sposato quelle superstizioni, venga offerto un posto di così grande influenza".*

Emma Thompson.