sabato 31 gennaio 2009

Euridice

Pansa, tetîs e cul
la dona del Friûl

Euridice dai sopraccigli maldepilati,
dai ruvidi ginocchi, dagli occhi
ironici e neri - specchio
ai miei inerti desideri!

Ah come tutto l'adulta voglia involgarisce.

Ridicola mitologia,
quando ognuno capisce
che tu fosti la mia
giovanile ossessione,
sprecata da coglione!

Ah come tutto l'adulta scienza finisce.

Euridice dal nero grembiule
mia principessa di Tule!
In quante dovrò rivederti,
in quante dovrò rivolerti,
perduta per non averti
spogliata!

Mia pèsca in sogno addentata!

Ah come il niente l'adulta memoria marcisce.

E nelle mani nessun calore
di te nessun odore,
sulle labbra un ricordo di labbra a malapena
sapore d'un sapore
del tuo amore finito a coda di sirena - ah

come tutto ferisce!

- con poche tette e niente pansa e cul
e senza l'altra cosa che non dice
la canzone de la dona del Friûl,
o mia vecchia Euridice!

Giovanni Giudici, Autobiologia, Mondadori, Milano 1969

Piccole vedette lombarde



Se possedessero un minimo di acume malviniano, le camicie verdi potrebbero avvistare partenze di migranti dalle coste nordafricane a occhio nudo, da Cernusco sul Naviglio.

venerdì 30 gennaio 2009

Una tua parola su tutto questo



Sua Santità, mi posso permettere di consigliarLe questa (ri)lettura?

30 aprile 1944.

La questione paolina, se la
περιτομή [circoncisione] sia condizione della giustificazione, oggi secondo me equivale a chiedersi se la religione sia condizione della salvezza. La libertà dalla περιτομή è anche libertà dalla religione. Spesso mi chiedo perché un «istinto cristiano» mi spinga frequentemente verso le persone non-religiose piuttosto che verso quelle religiose, e ciò assolutamente non con l’intenzione di fare il missionario, ma potrei quasi dire «fraternamente». Mentre davanti alle persone religiose spesso mi vergogno a nominare il nome di Dio - perché in codesta situazione mi pare che esso suoni in qualche modo falso, e io stesso mi sento un po’ insincero (particolarmente brutto è quando gli altri cominciano a parlare in termini religiosi; allora ammutolisco quasi del tutto, e la faccenda diventa per me in certo modo soffocante e sgradevole) - davanti alle persone non-religiose in certe occasioni posso nominare Dio in piena tranquillità e come se fosse una cosa ovvia. Le persone religiose parlano di Dio quando la conoscenza umana (qualche volta per pigrizia mentale) è arrivata alla fine o quando le forze umane vengono a mancare - e in effetti quello che chiamano in campo è sempre il deus ex machina, come soluzione fittizia a problemi insolubili, oppure come forza davanti al fallimento umano; sempre dunque sfruttando la debolezza umana o di fronte ai limiti umani; questo inevitabilmente riesce sempre e soltanto finché gli uomini con le loro proprie forze non spingono i limiti un po’ più avanti, e il Dio inteso come deus ex machina non diventa superfluo; per me il discorso sui limiti umani è diventato assolutamente problematico (sono oggi ancora autentici limiti la morte, che gli uomini quasi non temono più, e il peccato, che gli uomini quasi non comprendono?); mi sembra sempre come se volessimo soltanto timorosamente salvare un po’ di spazio per Dio; - io vorrei parlare di Dio non ai limiti, ma al centro, non nelle debolezze, ma nella forza, non dunque in relazione alla morte e alla colpa, ma nella vita e nel bene dell’uomo. Raggiunti i limiti, mi pare meglio tacere e lasciare irrisolto l’irrisolvibile. La fede nella resurrezione non è la «soluzione» del problema della morte. L’«aldilà» di Dio non è l’aldilà delle capacità della nostra conoscenza! La trascendenza gnoseologica non ha nulla che fare con la trascendenza di Dio. È al centro della nostra vita che Dio è aldilà. La chiesa non sta lì dove vengono meno le capacità umane, ai limiti, ma sta al centro del villaggio. Così stanno le cose secondo l’Antico Testamento, e noi leggiamo il Nuovo Testamento ancora troppo poco a partire dall’Antico. Attualmente sto riflettendo molto su quale aspetto abbia questo cristianesimo non-religioso, e quale forma esso assuma; te ne scriverò presto ancora e più a lungo. Forse a questo proposito a noi che ci troviamo al centro tra est ed ovest tocca un compito importante. Adesso devo veramente chiudere. Come sarebbe bello sentire finalmente una tua parola su tutto questo. Per me significherebbe molto, più di quanto presumibilmente tu possa valutare. Leggi eventualmente Prov. 22,11.127*. Vi trovi un argine contro qualsiasi fuga camuffata da atteggiamenti pii.

Dietrich Bonhoeffer, Resistenza e resa: lettere e appunti dal carcere.

*Il Signore ama chi è puro di cuore
e chi ha la grazia sulle labbra è amico del re.
Gli occhi del Signore proteggono la scienza
ed egli confonde le parole del perfido
.



P.S.
Per far prima ho tratto questa traduzione trovata per caso qui, che mi sembra abbastanza aderente a quella di Sergio Bologna pubblicata da Bompiani nel 1969.

giovedì 29 gennaio 2009

Benedetto e le Fave lesse

Nella vicenda della riconciliazione coi seguaci del vescovo Lefebvre, Malvino ha colto proprio il punto su cui porre l'attenzione, senza farsi troppo avvolgere dalle nebbie mediatiche dell'antisemitismo (pur preoccupanti, per carità).
Da profano, la mia opinione a caldo è che la riammissione di questi quattro vescovi, con le loro idee inquisitorie, servirà a far apparire moderata la posizione vaticana nel vario commercio umano, dalla pillola all'eutanasia ecc. Lo scopo è questo; diranno i portavoce papalini: «Guardate come Nostra Madre Chiesa ha al suo interno variegate posizioni su molteplici temi "sensibili"; da chi vuole donne-sacerdote a chi invece rivuole la cintura di castità. Chiaramente il Santo Padre dovrà tener conto di tutte queste posizioni e quindi fare una sintesi».

E la sintesi sarà quella di chi ha paura di perdere posizioni di potere, di chi rinserra le fila, di chi crede davvero al magistero temporale della Chiesa nel mondo. E pensare che fondano il loro potere su Colui che ha fatto di tutto per non averlo (vedi le Tentazioni del deserto).


Nota a margine: consiglio altresì la lettura di questa breve intervista ad Hans Küng.

L'ultimo capo indiano



Su Facebook ultimamente ci vado poco perché mi annoia; comunque ho conservato l'iscrizione e, ogni tanto, ricevo sulla casella di posta messaggi dei vari gruppi di cui sono fan. Quella che riporto qui è la lettera aperta di uno dei miei cantautori preferiti, Piero Marras.

A TUTTI GLI AMICI DEL MIO “Face”

PER CHI ANCORA NON LO SAPESSE, SONO CANDIDATO NEL LISTINO DI RENATO SORU “LA SARDEGNA CHE CAMBIA” E NE SONO ONORATO
HO RITENUTO PRENDERE POSIZIONE E SCHIERARMI IN PRIMO LUOGO PERCHE’ CONSIDERO UN DOVERE MORALE E CIVILE DICHIARARE APERTAMENTE LE PROPRIE IDEE, LE PROPRIE CONVINZIONI, COME DEL RESTO HO SEMPRE FATTO IN PIENEZZA DI CUORE E CERVELLO ATTRAVERSO LE CANZONI.
NON NEGO CHE UNA ACCELERAZIONE A QUESTA MIA ATTIVA PARTECIPAZIONE ALLA COMPETIZIONE ELETTORALE IN CORSO L’HA DATA LA FINE MISERANDA CHE ALCUNI PICCOLI FACCENDIERI DELLA POLITICA HANNO FATTO FARE AL FU-GLORIOSO ”PARTITO SARDO D’AZIONE” (IN VERITA’ I SEGNI DELLA DECADENZA POLITICA E MORALE DELLA DIRIGENZA DI QUESTO PARTITO LI AVEVO GIA’ DENUNCIATI DA TEMPO. VEDASI “ISTRALES” DEL 1995.)
VI CONFESSO CHE HO AVVERTITO UN SORTA DI MOTO DI RIBELLIONE INTERIORE, COME UN IMPETO IMPROVVISO A FARE QUALCOSA, FRUTTO DI UNA RABBIA DA TROPPO TEMPO SOPITA. VEDERE IL PARTITO DI LUSSU, DI BELLIENI, DI MOSSA, DI TITINO E MARIO MELIS, IL PARTITO DEI COMBATTENTI SARDI DEL 1921 ASSERVITO ORMAI COMPLETAMENTE AL “VERBO BERLUSCONIANO” PRONO AL SUO VOLERE, E DISINVOLTAMENTE SINTONIZZATO SUL FRONTE DI DESTRA, IN TOTALE DISPREGIO DELLE SUE ORIGINI, DELLA SUA STORIA E DELLA SUA STESSA IDENTITA' MI HA CONVINTO A PARTECIPARE ALLA BATTAGLIA E FARE IL POSSIBILE E L’IMPOSSIBILE PERCHE’ LE SORTI DI QUESTA TERRA NON VENGANO AFFIDATE AD UN MAGGIORDOMO, MA AD UN UOMO.
AD UNA PERSONA CAPACE DI RAPPRESENTARCI DEGNAMENTE, CHE PRIVILEGI IL BENE COMUNE RISPETTO A QUELLO DEI SINGOLI. CHE CI RENDA ORGOGLIOSI DI APPARTENERE A QUESTO POPOLO. CHE NON FACCIA SCONTI A NESSUNO, TANTOMENO AL GOVERNO ITALIANO, RIVENDICANDO I NOSTRI DIRITTI COME HA GIA’ FATTO IN PIU’ OCCASIONI. CHE SAPPIA PROSPETTARE UN FUTURO POSSIBILE PER LE NUOVE GENERAZIONI, CHE SIA OCULATO NELLA GESTIONE DELLE RISORSE, CHE SAPPIA RINNOVARE LA NOSTRA CLASSE POLITICA, CHE CONSIDERI LA NOSTRA CULTURA UNA RISORSA PRIMARIA, CHE ABBIA LA FORZA, LA TENACIA E LA TESTARDAGINE NECESSARIA PER RESISTERE ALLE LUSINGHE, AI SORRISI E ALLE PACCHE SULLE SPALLE DEL POTERE CENTRALE.
INSOMMA CHE SIA UN SARDO VERO.
TUTTE QUESTE CARATTERISTICHE LE TROVO RIASSUNTE OGGI IN UN'UNICA PERSONA: RENATO SORU.
SE OGNUNO DI NOI LO AIUTA , SONO SICURO CHE VINCERA’.
NON E’ CERTO FACILE, MA SE OGNUNO DI NOI DA' IL SUO CONTRIBUTO POSSIAMO RAPPRESENTARE TUTTI INSIEME UNA GRANDE FORZA DI CAMBIAMENTO. I TEMPI SONO MATURI PER INVERTIRE LA ROTTA E COMINCIARE A CREDERE CONCRETAMENTE IN UNA “SARDEGNA CHE CAMBIA”.
E’ ARRIVATO IL MOMENTO DI AGIRE. NON E’ PIU’ TEMPO DI STARE IMMOBILI AD OSSERVARE QUELLO CHE ACCADE. DOBBIAMO PARLARE CON TUTTI. SENZA LASCIARE NIENTE DI INTENTATO.
I TEMPI CHE STANNO ARRIVANDO NON SARANNO SEMPLICI DA AFFRONTARE ANCHE SE VOGLIONO CONVINCERCI DEL CONTRARIO. ANCORA NON CI SIAMO RESI CONTO DELLA CRISI GLOBALE CHE E’ IN ATTO.
DOBBIAMO ESSERE PRONTI A PARARE IL COLPO E PER FARLO ABBIAMO BISOGNO DI PERSONE CAPACI CHE PENSINO E AGISCANO CON LA LORO TESTA E NON CON QUELLA ALTRUI.
PERSONE DI CUI POTERSI FIDARE. PERSONE NON SOTTOMESSE E NON COMPROMESSE CHE AGISCANO PRIMA DI TUTTO NELL’INTERESSE DI TUTTI I SARDI.
CHE NON VADANO A ROMA CON IL CAPPELLO IN MANO, MA SAPPIANO FAR VALERE I NOSTRI DIRITTI (LAVORO IN PRIMIS) E NON CONFIDINO NELLE SOLITE IPOTETICHE, OFFENSIVE E BENEVOLE ELARGIZIONI.
AL FASULLO CAVALIERE DELLA LIBERTA’, DI CUI SOPRA, IO PREFERISCO QUELLO BEN PIU’NOBILE DEI “ROSSO MORI”’CON ESPLICITO RIFERIMENTO ALL’OMONIMO LIBRO DI GIUSEPPE FIORI SUL GRANDE EMILIO LUSSU.
ROSSO MORI E’ IL NOME SCELTO PER LA LISTA CIVICA CHE SOSTIENE SORU, CREATA INSIEME AI “SARDI E SARDISTI NON IN VENDITA” OVVERO A TUTTI COLORO CHE COME ME HANNO A CUORE LE SORTI DI QUESTA TERRA E NON INTENDONO ASSERVIRSI ALL’IMBONITORE DI TURNO.
I ROSSO MORI SONO PRESENTI IN QUASI TUTTI I COLLEGI DELLA SARDEGNA
NELLA LISTA TROVERETE TUTTE PERSONE CHE FANNO DELLA COERENZA , DELLA ONESTA’ INTELLETTUALE, DELLA DIGNITA’ E DEL ”SENTIMENTO DI APPARTENENZA” UNA COMPONENTE PRIMARIA ED ESSENZIALE DEL PROPRIO VIVERE QUOTIDIANO. PERSONE COMUNI, COME NOI, CHE NON SI TIRANO INDIETRO QUANDO E’ NECESSARIO.
GRAZIE

A NOS BIDERE SEMPER SARDOS

PIERO MARRAS

Forza sardi, votate Marras, votate Soru che io non posso (ma vorrei).

mercoledì 28 gennaio 2009

Il rombo della sedizione



Stasera è tardi per infrenarmi in un difficile discorso sulla giustizia. Mi limito dunque a dire due o tre cose, a margine di quando detto qui da Ivo, che spero un giorno di poter rielaborare alla luce di quei pochi studi fatti in merito.
Succede un crimine, vergognoso e terribile come lo stupro. Si trovano quasi subito i responsabili. Siamo in uno stato di diritto: si arrestano, si conducono in carcere, li si accusa del reato suddetto, gli si affida un avvocato per difendersi, si stabilisce un processo che, prima o poi, si terrà. Si differisce la vendetta, ovvero si cerca la giustizia che si basa sul nostro codice penale. La vittima, vedendo questo, si sente ancor più impotente e non può che essere desiderosa di vendetta immediata; la folla bramosa reclama lo scalpo, si foga in un vero e proprio linciaggio. Ma siamo in uno stato di diritto. La giustizia deve essere amministrata da un organo statale quale la magistratura. I presunti colpevoli devono essere sottratti dalle mani della folla inferocita, pena il ritorno allo stadio primitivo dell'uomo, dove la catena delle violenze portava alla catastrofe comunitaria.
Le Erinni devono necessariamente trasformarsi in Eumenidi. Le Erinni infatti rappresentano l'omicidio collettivo; e se, in questo caso, il linciaggio avesse avuto luogo, cosa sarebbe restato nelle mani dei linciatori se non brandelli insanguinati dei presunti colpevoli, trasformando questi in ulteriori vittime? L'euforia, l'effetto dionisiaco della vendetta tremenda che avrebbe calmato la folla non sarebbe durato che un istante, senza portare nessuna riconciliazione, macchiando per sempre le mani di altri individui. Oramai il meccanismo vittimario è una macchina imballata che non riesce più a riportare giustizia, a portare la pace, la riconciliazione. Le Eumenidi sono la nostra necessità per sfuggire al caos dell'indifferenziazione violenta.

martedì 27 gennaio 2009

Che cosa esige la giustizia



Come erano sistemati i viaggiatori nella slitta?

Sul sedile posteriore c'erano la moglie dell'epistolografo con i figli, e su quello anteriore, accanto al cocchiere, c'era l'autore della lettera, la guida dell'esodo, il capitano della nave, l'esiliato.
In che cosa erano avviluppati i viaggiatori?
Quelli del sedile posteriore in due coperte, di cui la più sottile era di cotone e la più spessa di pelo di cammello, mentre quelli del sedile anteriore avevano le gambe e le reni anch'esse avvolte in coperte di pelo di cammello.
Di che cosa odoravano le coperte?
Di cavallo e di orina.
Di che cosa parlavano il capitano della nave E.S. e il primo timoniere di nome Martin?
Del tempo, del fronte orientale, della ammirevole partecipazione dei reggimenti ungheresi alle ultime operazioni militari, della razze equine, del peperoncino sotto spirito, del gulasch, dell'acquavite di pesca, della penuria di certi articoli di prima necessità come gas, burro, candele steariche, lamette da barba, calzature, ecc.
Quale osservazione degna di essere menzionata fece E.S.?
Che un grosso naso adunco non è necessariamente una caratteristica degli ebrei, perché vi sono spesso eccezioni evidenti.
Come fu accolta dal timoniere di nome Martin?
Con sospetto, incredulità, disapprovazione.
Quale materiale probatorio accampò il timoniere a sostegno della sua tesi sugli uccisori di Dio?
L'uomo-dio crocifisso avvolto di neve sul ciglio della strada, con gli occhi azzurri come l'azzurro del cielo e le palme insanguinate coperte da un impiastro di fiocchi gelati, con una corona di spine simile al triste nido vuoto di una cornacchia; l'uomo-dio crocifisso che gelava sul limitare del villaggio, dimenticato da tutti.
Il capitano uccisore di Dio e il timoniere (uccisore degli uccisori di Dio) trovarono argomenti di conversazione sui quali essere d'accordo interamente e senza riserve?
L'aglio come mezzo efficace per riscaldare il sangue e regolare la digestione, l'aumento dei prezzi, la penuria di certi articoli di prima necessità, ma soprattutto e innanzi tutto si trovarono d'accordo sull'acquavite di pesca, che riscalda il sangue e migliora la circolazione, ringiovanisce, rasserena, rallegra, eccita, ed esala tutti i profumi di questo mondo.
Quando si furono scolate la borraccia del capitano, col tappo a vite, e la bottiglia del timoniere, chiusa con un tutolo, come si riscaldarono?
In vista ormai del porto e prossimi alla meta, fecero sosta in un'osteria a Baksa, dalla signora Klara, dove ordinarono cinque decilitri di acquavite d'albicocca, sul conto del capitano, come esigono le buone maniere e le leggi non scritte.
Quale fu l'ultima immagine che apparve loro al momento in cui viaggiatori e carrettiere si separarono?
L'ano rossastro del cavallo, simile a una rosa, che nella corsa proiettava sulla neve piccole sfere di colore verdognolo.
Perché i viaggiatori non vennero condotti fino a destinazione?
Perché E.S. non riuscì a mettersi d'accordo col carrettiere. Questi, infatti, riteneva che, a causa della stanchezza dei cavalli e dell'ora tarda, non sarebbe riuscito a tornare in tempo a Lenti, e chiedeva perciò che il cliente gli pagasse anche il viaggio di ritorno, mentre quest'ultimo giudicava la cosa un vero ricatto, perché non se n'era parlato all'inizio del viaggio.
Che cosa esige la giustizia?
La giustizia vuole sostenere la sua verità fino all'estremo, e per questo il pensiero dell'epistolografo torna sul luogo dove si separò dal cocchiere e dove lo sorprese all'ultimo istante, quando già aveva tirato le redini e sollevato la frusta, ritto in piedi, come congelato, pietrificato.
Che cosa disse E.S. al cocchiere?
Scostò la cartella dal petto dove l'aveva tenuta stretta fino a quel momento e gli indicò, senza una parola, nella costellazione del torace, nella regione del mediastino, ben visibile nell'oscurità invernale, la stella di David.

Danilo Kiš, Clessidra, Adelphi, Milano 1990, pagg. 54-56

domenica 25 gennaio 2009

La profezia di Dietrich

30 aprile 1944

«Il problema che non mi lascia mai tranquillo è quello di sapere che cosa sia veramente per noi oggi il cristianesimo o anche chi sia Cristo. È passato il tempo in cui si poteva dire tutto agli uomini tramite le parole (fossero parole teologiche o pie), così come è passato il tempo dell'interiorità e della coscienza, cioè il tempo della religione in generale. Andiamo incontro a un'epoca completamente non religiosa; gli uomini, così come sono, non possono più essere religiosi. Anche coloro che si definiscono sinceramente "religiosi" non lo praticano assolutamente; per "religioso" essi intendono probabilmente qualcosa di completamente diverso. L'intera nostra predicazione e teologia cristiana del ventesimo secolo è costruita sull' "apriori religioso" dell'uomo. Il "cristianesimo" è sempre stato una forma (forse la vera forma) della "religione". Ma quando un giorno sarà evidente che questo "apriori" non esiste affatto ma che è stato una forma espressiva dell'uomo, storicamente determinata e transitoria, quando cioè gli uomini diventeranno realmente non religiosi in maniera radicale [...] che cosa significherà allora questo per il "cristianesimo"? Viene sottratto il terreno su cui poggiava finora tutto il nostro "cristianesimo", e la religiosità funziona ancora soltanto con alcuni "ultimi paladini" e con qualche individuo intellettualmente disonesto. Che siano questi i pochi eletti? Dovremmo gettarci proprio su questo dubbio gruppo di persone per poter vendere la nostra merce, pieni di zelo, seccati o indignati? Dovremmo forse aggredire un paio d'infelici nei loro momenti di debolezza e per così dire violentarli religiosamente? Se noi non volessimo nulla di tutto ciò, se infine dovessimo giudicare la forma occidentale del cristianesimo nient'altro che il preambolo a una totale non-religiosità, quale situazione risulterebbe per noi, per la Chiesa? Come può Cristo diventare il Signore anche dei non religiosi?»

Dietrich Bonhoeffer, Resistenza e resa, Bompiani, Milano 1969

La pertinenza di queste parole mette a nudo il modus operandi della Santa Sede, dei suoi zelanti corifei e la "violenza religiosa" da essi perpetrata.

sabato 24 gennaio 2009

Il Dio della comunicazione

Dopo l'accordo fatto con Google, Papa Benedetto XVI ha scritto un messaggio dal titolo:

«Nuove tecnologie, nuove relazioni. Promuovere una cultura di rispetto, di dialogo, di amicizia.»

Consiglio di leggere tale messaggio, anche perché contiene innegabilmente degli aspetti positivi. Io qui mi limito ad analizzare alcuni passaggi:

«Quando sentiamo il bisogno di avvicinarci ad altre persone, quando vogliamo conoscerle meglio e farci conoscere, stiamo rispondendo alla chiamata di Dio...»

Non sarà ch'Egli chiami quando ho il cellulare spento?

«...– una chiamata che è impressa nella nostra natura di esseri creati a immagine e somiglianza di Dio...»

Ora, se Dio ci ha creato e poi ci consente queste cose, Egli è proprio brutto.

... il Dio della comunicazione e della comunione.

Che la Santa Sede stia preparandosi a lanciare un'Opa su Telecom?

«Il desiderio di connessione e l’istinto di comunicazione, che sono così scontati nella cultura contemporanea, non sono in verità che manifestazioni moderne della fondamentale e costante propensione degli esseri umani ad andare oltre se stessi per entrare in rapporto con gli altri...»

Tra queste manifestazioni vanno inserite anche conquistare, razziare, violentare, torturare?

«... In realtà, quando ci apriamo agli altri, noi portiamo a compimento i nostri bisogni più profondi e diventiamo più pienamente umani
. Amare è, infatti, ciò per cui siamo stati progettati dal Creatore...»

Dio progettista? Io credo che come progettista Dio non avrebbe superato nemmeno la prova di maturità all'Istituto Tecnico Geometri.

«Naturalmente, non parlo di passeggere, superficiali relazioni; parlo del vero amore, che costituisce il centro dell’insegnamento morale di Gesù: "Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza" e "Amerai il tuo prossimo come te stesso" (cfr
Mc 12,30-31).»

Ora, io sarò anche un diavolaccio, ma penso che non si possa, salvo che tra correligionari, amare Dio e amare il prossimo nelle maniere sovra esposte, dacché se il tuo Dio non è il mio Dio tenderò sempre a convertirti, quindi a non amarti.

«Il dialogo deve essere radicato in una ricerca sincera e reciproca della verità, per realizzare la promozione dello sviluppo nella comprensione e nella tolleranza. La vita non è un semplice succedersi di fatti e di esperienze: è piuttosto ricerca del vero, del bene e del bello. Proprio per tale fine compiamo le nostre scelte, esercitiamo la nostra libertà e in questo, cioè nella verità, nel bene e nel bello, troviamo felicità e gioia. Occorre non lasciarsi ingannare da quanti cercano semplicemente dei consumatori in un mercato di possibilità indifferenziate, dove la scelta in se stessa diviene il bene, la novità si contrabbanda come bellezza, l’esperienza soggettiva soppianta la verità.»


O bravo Benedetto, una volta tanto son d'accordo.

«Vorrei concludere questo messaggio rivolgendomi, in particolare, ai giovani cattolici, per esortarli a portare nel mondo digitale la testimonianza della loro fede. Carissimi, sentitevi impegnati ad introdurre nella cultura di questo nuovo ambiente comunicativo e informativo i valori su cui poggia la vostra vita! Nei primi tempi della Chiesa, gli Apostoli e i loro discepoli hanno portato la Buona Novella di Gesù nel mondo greco romano: come allora l’evangelizzazione, per essere fruttuosa, richiese l’attenta comprensione della cultura e dei costumi di quei popoli pagani nell’intento di toccarne le menti e i cuori, così ora l’annuncio di Cristo nel mondo delle nuove tecnologie suppone una loro approfondita conoscenza per un conseguente adeguato utilizzo. A voi, giovani, che quasi spontaneamente vi trovate in sintonia con questi nuovi mezzi di comunicazione, spetta in particolare il compito della evangelizzazione di questo "continente digitale". Sappiate farvi carico con entusiasmo dell’annuncio del Vangelo ai vostri coetanei! Voi conoscete le loro paure e le loro speranze, i loro entusiasmi e le loro delusioni: il dono più prezioso che ad essi potete fare è di condividere con loro la "buona novella" di un Dio che s’è fatto uomo, ha patito, è morto ed è risorto per salvare l’umanità. Il cuore umano anela ad un mondo in cui regni l’amore, dove i doni siano condivisi, dove si edifichi l’unità, dove la libertà trovi il proprio significato nella verità e dove l’identità di ciascuno sia realizzata in una comunione rispettosa. A queste attese la fede può dare risposta: siatene gli araldi! Il Papa vi è accanto con la sua preghiera e con la sua benedizione».

Non c'è niente da fare: per diffondere memi son maestri. Duemila anni non si "schiodano" facilmente. Comunque, cari araldi, il Papa par che vi dica: "andate avanti voi giovini, che io non ho tanta voglia di farmi le seghe (mentali e non) davanti a questi schermi a cristalli liquidi.

venerdì 23 gennaio 2009

Vendemmia di verità



Avrei voluto essere più di quanto sia stato:
un essere a mezzo del guado, del grado
del certo e dell'incerto, del fiato che perso
annebbia la scia degli aeroplani - e la pelle
delle mani mi si secca e se ti accarezzo
ti graffio e tu gridi fastidio, disprezzo.
Cerco dell'olio e della creta polverizzata:
li mescolo ad acqua piovana e le mani
ci tuffo e mi sporco e lascio l'impronta del me
su un pezzo di stoffa lisa, offuscata;
e sul parabrezza mi vedo riflesso:
un io disorientato (impaziente non è vero?)
che non sa ancora quanto con sé sia sincero.
La vendemmia di verità si farà nei prossimi anni
quando i capelli saranno ingrigiti: chissà
che riserva verrà fuori col mio sangue tardivo.
E tu che mi berrai, futura luce,
inganna pure gli astanti, dì: ottima annata.

giovedì 22 gennaio 2009

Hanno messo dei sacconi davanti alla finestra



«L'uomo è un animale religioso, e questo non è certo un complimento. Aristotele, che io non mi stanco mai di citare e che venero, ha detto una sola volta una cosa che è veramente una... - va be', non si può dire una bischerata quando si tratta di Aristotele, ma comunque. Quando dice: "
L'uomo è un animale che desidera il sapere", afferma il falso. L'uomo non è un animale che desidera il sapere. L'uomo è un animale che desidera la credenza, che desidera la certezza di una fede, da cui deriva l'autorità delle religioni e delle ideologie politiche.»

Cornelius Castoriadis, Post-Scriptum sur l'insignifiance, Editions de l'Aube, La Tour d'Aigues 1998 (traduzione mia)

Noticina a margine.
Il titolo del post va letto sulle note de L'anno che verrà. Ho omesso "di sabbia" ché, secondo me, tali sacchi son pieni di un altro materiale, di colore più scuro.

mercoledì 21 gennaio 2009

Guerre filateliche



Arriva il francobollo italiano per il bicentenario della nascita di Darwin.

Quale sarà la contromossa dello Stato Vaticano?

(Sempre che il Ministro Sacconi non intervenga a bloccare l'emissione).

Buona fortuna



L'astronomo e gesuita americano Guy Consolmagno, che opera presso l'Osservatorio vaticano a Castel Gandolfo, in un articolo apparso sulla Domenica del Sole 24 ore di domenica scorsa dal titolo: «Quanti mondi, per Dio!», afferma:

«A mano a mano che risolviamo ogni problema scientifico, acquisiamo nuovo sapere da sommare alla comprensione dei misteri. Mentre scaviamo sempre più in profondità in ogni mistero è possibile che sorgano in noi nuovi interrogativi, alcuni dei quali forse suscettibili di analisi scientifica. E mentre ogni passo ci conduce più vicino alla Verità, ci conduce anche più vicino al Creatore della Verità.»

Buona fortuna.

A margine di tale sicurezza epistemologica, vorrei notare che uno dei motivi del mio crescente agnosticismo è proprio dovuto a questo: più si scoprono verità sulle cose del mondo, più ci si accorge che, in tutto questo ammasso di mondo detto universo, Dio non ha alcuna parte, men che meno di quella di Creatore. Dunque, per conto mio, riformulerei la frase finale così:
E mentre ogni passo ci conduce più vicino alla verità, ci conduce anche più lontano dal Creatore della verità.

domenica 18 gennaio 2009

Un eroe del nostro tempo



Secondo me a quest'uomo andrebbe fatto un monumento: ha preso in giro per anni migliaia di supermilionari, li ha fregati, gli ha spillato quattrini con una facilità tale tanto che erano loro a cercarlo per investire i loro patrimoni. Ha infinocchiato tutti, di qualsiasi razza, ceto, nazionalità: ebrei, arabi, russi, europei, americani; armatori, attori e registi hollywoodiani; industriali, petrolieri, gasificatori, capi di governo, colonnelli, scrittori. Ci ha mostrato come questi superricconi (che certo non son caduti in miseria) abbiano così tanti soldi che, a un certo punto, non sappiano più come spendere il loro immenso, inesauribile patrimonio se non in cazzate inaudite.
Tutto questo, devo ammettere, m'è venuto in mente leggendo quanto guadagnerebbe il calciatore Kaka se accettasse il trasferimento in Inghilterra. E alla domanda intelligente di come farà a spendere tutta quella massa di soldi (va da sé, che se c'è qualcuno che glieli darà, questo qualcuno ha a disposizione almeno cento volte tanto), va risposto: speriamo che incontri un altro Madoff, un altro sublime truffatore, dacché di fronte a certe quantità di cifre, insondabili come le stelle dell'universo, è sempre bene che ci sia qualcuno che sappia goderne.
Che tipo straordinario, ha messo in crisi da solo mezzo pianeta finanziario dichiarando tranquillamente a tutti che non ha più i soldi che gli avevano affidato. E intanto s'è pagato una cauzione supermilionaria per uscire dal carcere e godersi gli arresti domiciliari nel suo splendido attico. Ho sentito che i suoi figli, anch'essi ignari del sistema paterno, abbiano rifiutato gli splendidi regali natalizi ch'egli gli avrebbe offerto. Che ingrati! Avere un padre così, altro che Antonio Di Pietro.

Nota a margine
Per una maggiore e migliore riflessione intorno all'argomento vi suggerisco di andare qui.
Infine: di questa vicenda, mi spiace solo per i piccoli risparmiatori incastrati da operatori finanziari che investivano i loro soldi da Madoff.

Democrazia e formaggio



Probabilmente, sarà una sciocchezza; ma io, se fossi Obama, la prima cosa che farei il 21 gennaio è di togliere i dazi doganali che penalizzano spropositatamente il Roquefort. Questo per cominciare a porre rimedio a una delle ultime nefandezze fatte da Bush.

E per evitare che José Bové metta a soqquadro tre McDonald's.

sabato 17 gennaio 2009

Lettera aperta a Walter Veltroni



Caro Walter,
lo so ch'è difficile definire se stessi; e tanto più lo è se si ha la convinzione che tutte le convinzioni siano fedi e che tutte le fedi siano cosa da buttare per essere uomini. Quindi dico questo senza convinzione, senza fede, perché a mala pena riuscirei a definire me stesso. Ma tu perché, caro Walter, non ci provi a tracciare una netta linea di confine nel dire cosa sia il Partito Democratico senza nessun ma anche?
Forza, su, vieni fuori, una volta per tutte, a viso aperto, e sii chiaro. Di' «noi siamo questo e questo e soprattutto non scambiateci per altro». All'interno di questo sarai libero di dire ciò che vuoi, di essere carne o di essere pesce, purché tu dica di essere qualcosa. Non fare confusioni, non fare miscellanee di pensiero. Sii esclusivo, taglia, fottiti del politically correct, e mostra cosa sei. Un partito per valere deve avere un'anima, una spina dorsale: ma una sola, una soltanto. Non si può conciliare l'inconciliabile. Non si può sempre fare la sintesi di due posizioni divergenti.
E allora forza, sbrigati, fallo prima che tutto vada perduto. Non hanno importanza gli amministratori corrotti, le stesse facce che si perpetuano in sæcula sæculorum. Non è questione di persone, ma di ideali. Un'idea, un concetto un'idea, maremma supermaiala, prova a far sì che non sia soltanto un'astrazione. Poi tu puoi anche fondarti su ideali che non condivido: ti rispetterò, continuerò a volerti bene e potrò anche permettermi di dirti vaffanculo. Ma così, nello stato in cui si trova il PD ora, non posso nemmeno fare quello, perché non si può parlare con l'insensatezza, con l'insignificanza.
Con affetto.

Vignetta tratta da Rododentro

venerdì 16 gennaio 2009

Nostalgia di Strasburgo



Premetto che io non guardo Michele Santoro. Non riesco a sopportare molto le sue trasmissioni. I pochi spezzoni che riesco a vedere sono dovuti a Blob.
E stasera Blob ha appunto mandato in onda due momenti di Anno Zero. Nel primo c'è il conduttore che sbraita come un invasato sull'impotenza della politica (soprattutto quella del Partito Socialista Europeo, mi par d'aver capito). «E la politica che fa, e la politica che fa?» - urla - «Niente fa, niente». Ma come, dico fra me; egli era stato eletto parlamentare europeo e si è dimesso... Non poteva continuare il suo mandato per tentare di "fare" qualcosa?
Nel secondo ritaglio invece v'è lo scontro con Lucia Annunziata. Beh, a me in questo caso Santoro m'è parso di molto villano, scortese, permaloso e incivile.
Quand'è che Berlusconi andrà in visita diplomatica a Sofia?

giovedì 15 gennaio 2009

L'uomo di formato ridotto


Momò Calascibetta - La folla - cm.50 x 35 - acrilico 1978*

Il prossimo, l'uomo medio, quello di formato ridotto, l'ottimista a tutta prova, quello che grida Barabba, quello che vuol vivere bon et propre, al pranzo di mezzogiorno le troie soddisfatte, gli accattoni moribondi cacciati all'ospedale -, il grande cliente dell'utilitarista -: misura e scopo di un'epoca.


Gottfried Benn, Pietra, verso, flauto, Adelphi, Milano 1990, pag. 190

Proposta Spot per l'UAAR



Se Dio ci fosse
ci sarebbero meno fosse.

(o ci sono troppe fosse perché c'è troppo Dio nella testa di noi umani?)

mercoledì 14 gennaio 2009

Nemmeno più



Nemmeno più quale mestiere faccio mi ricordo.
Rispetto l'orario ricevo un giusto salario.
Il piede del mio signore è lustro come uno specchio.
Ogni brusìo di questi topini l'intendo al tatto.

Nemmeno più quale amore se amare mi ricordo.
Nemmeno più quale Dio se pregare.
Nemmeno più quale parlare se parlare - nemmeno più
a che strappi essere sordo.

Giovanni Giudici, Autobiologia, Mondadori, Milano 1969

Nota a margine:
Dedico questa poesia a tutti gli impiegati del catasto.

martedì 13 gennaio 2009

Figli di



Ottimo articolo, sorprendente per forza e passione politica, del teologo Vito Mancuso su Repubblica di oggi (letto nell'edizione cartacea, in rete l'ho trovato qui).
Vorrei aggiungere solo una riflessione "critica" (sicuro anche che mastro Malvino farà più acutamente di me, presto, un post al proposito) a margine di questo passo:

«... in Italia i più ritengono che il singolo sia più importante della società, e per il bene del singolo non si esita a depredare il bene comune della società».

Più che il singolo, mi viene da dire che per gli italiani la famiglia è più importante della società. Da qui deriva il malcostume clamoroso del nostro paese del familismo e/o del nepotismo, che impedisce qualsiasi tipo di mobilità sociale. L'Italia è massimamente il paese dei figli di (o nipoti di), sia nel senso della frase "tengo famiglia", sia nel senso che, per ogni professione, siamo evolutivamente indotti a percorrere le stesse orme dei nostri padri; dall'agricoltura all'industria; dal dirigente all'operaio; dal farmacista al politico; dalla scuola al commercio, dal musicista all'avvocato o notaio eccetera eccetera. A volte con buoni risultati nel ricambio; ma perlopiù con lo scadimento naturale del sistema. Mi vengono, all'impronta, pochi esempi in cui questo non avvenga; uno è la poesia: non conosco nessun poeta figlio di un poeta (ma son pronto a ricredermi).

lunedì 12 gennaio 2009

Le sublimi vette della tornitura



In margine alle sue pungenti dichiarazioni, l'onorevole Ministro Brunetta ha confessato:
«Anch'io da grande avrei voluto fare il tornitore alla Ferrari. Ma non ci arrivavo, al tornio».

domenica 11 gennaio 2009

XII. L'educazione cattolica

Governoladro ioboia - più spesso con tutta la D
- chi eri voce blasfema
nel coro ferroviario - sbattevano le porte
su quell'aria d'inverno di sigari tanfo di sonno
- piccola verità mi facevi tremare
- chi eri maestro e donno?

La bella ti chiese permesso.
Tu la lasciasti passare.
Un culo è sempre un culo e il duce è un fesso
- mi dicesti all'orecchio
- e anche questo
io dovevo imparare.

Giovanni Giudici, La vita in versi, Mondadori, Milano. 1965

sabato 10 gennaio 2009

La vera libertà è dentro la società. Grazie Signor Englaro.



Fabio Fazio: «Perché signor Englaro per difendere la volontà e la libertà di sua figlia Eluana ha scelto sempre, sin dal primo momento, la strada del diritto? Non ha mai pensato di, ehm, staccare il sondino da solo?»
Beppino Englaro: «La vera libertà è dentro la società. Si è liberi insieme ad altre persone libere che condividono gli stessi principi di libertà e di autodeterminazione».

A parte qualche lieve imprecisione (non avevo penna e foglio a portata di mano, quindi mi può esser sfuggita qualche parola, ma il senso e la frase che dà il titolo al post sono sicuramente esatti) questo è uno dei passi della bella intervista che il Signor Englaro ha rilasciato stasera a Fabio Fazio durante la trasmissione Che tempo che fa su Rai Tre.
Se fossi Veltroni, mi batterei a fianco della famiglia Englaro nella stessa maniera con la quale si è battuto per la famiglia Betancourt. E dalla Sede Nazionale, così come da ogni Segreteria Regionale e Provinciale, stenderei un drappo con l'immagine di Eluana con su scritto: "Liberatela".

venerdì 9 gennaio 2009

Fiato perso



Potevo sembrare me stesso e non ero che io
quel povero fesso che cercava dei sensi
precisi di significanza, negli intensi
attimi di mani aggrappate alle reni: o perdio

quanto lontano il sudore che spargemmo
annebbiando parabrezza di un centoventisette
riempito di biossido d'amore di carezze di strette
così forti da far credere estate l'inverno.

E ti bevvi, mi bevesti, ci bevemmo
finché un giorno la sorgente si spense:
restammo a secco sulla strada del lago.

M'illusi di ritrovarti come uno stupido mago
che rivuole la stessa sostanza perduta
gli stessi vetri appannati, le stesse condense.

giovedì 8 gennaio 2009

Fratelli nemici



Se ricerchiamo filosoficamente l'origine della guerra, non è nell'attacco che vediamo sbocciarne il concetto, poiché esso non ha per scopo assoluto la lotta quale presa di possesso; ma ha invece origine nella difesa, poiché questa ha per scopo assoluto la lotta, essendo il respingere l'attacco e il combattere una cosa unica...
È dunque naturale che colui il quale introduce per primo nell'azione l'elemento della guerra, da cui scaturisce l'esistenza iniziale di due antagonisti, stabilisca anche le prime leggi della guerra; e questo è il difensore.

Carl von Clausewitz, Della guerra, (trad. it di A. Bollati e E. Cancevari) Mondadori, Milano 2007, pag. 473

Israele ha scatenato questa nuova (?) guerra per difesa. Tutte le guerre ormai sono condotte per difesa. Nessuna nazione nella nostra epoca scatenerebbe una guerra di conquista. Questo è il paradosso, la tragicità (se non ci fosse dolore, sofferenza morte potremo dire: la comicità) della guerra, della violenza oggi. Chi attacca lo fa per difendersi. Chi si difende vuole la guerra. Quello che sta accadendo in Israele e in Palestina è il laboratorio di sperimentazione apocalittica della nostra specie.
È il luogo della tendenza all'estremo.

Ci troviamo di fronte a una scoperta antropologica della massima importanza: l'aggressione non esiste. Fra gli animali vi è la predazione e forse la rivalità genetica per le femmine. Ma se nessuno tra gli esseri umani prova la sensazione di aggredire è perché tutto si svolge sempre nella reciprocità, dove la minima differenza, in un senso o nell'altro, può provocare una tendenza all'estremo. L'aggressore è già stato aggredito, sempre. Perché i rapporti di rivalità non sono mai avvertiti come simmetrici? Perché le persone hanno regolarmente l'impressione che sia stato l'altro ad attaccare per primo, che non siano mai stati loro a farlo, quando invece, in un certo senso, sono sempre loro a incominciare.

René Girard, Portando Clausewitz all'estremo, (trad. it. Giuseppe Fornari), Adelphi, Milano 2008, pag. 49

martedì 6 gennaio 2009

Io nuoccio, tu nuoci, egli nuoce...



In una recente intervista al settimanale Chi, l'indimenticato centravanti Aldo Cantarutti, è stato zitto facendo parlare solo il suo cognome.
Il giornalista ha provato allora ad intervistare il difensore Fabio Cannavaro, capitano della nazionale italiana: e lo sventurato ha risposto.

Isola



isola seduta culo in terra gambe all'indiana
sulla moquette tenera le spalle poggiate
porto sicuro sul materasso duro come
mi piace la schiena baciata distesa riposata
pace un sussulto prepara memoria uno
scaffale di ricordi in continuazione la vita
la vita le note che invadono sì leggere
gli scalzi ondulare làsciati làsciati andare
sciolto da tutto un filo soltanto ma vola
vola aquilone vanto del cielo bacia le nubi
tranquille sedere sul prato affascinati su
su in fretta a corsa a corsa è ora di partire
ma una parte rimane migliore migliore
e che parte magnifica arte richiami si sale
si scende le scale un fischio veloce i piedi
senti tremare ripiglio il mare indeciso isola

lunedì 5 gennaio 2009

Senza pubblicità



Da stasera, nella fascia oraria che va dalle 20 alle 6 del mattino successivo, sulle televisioni pubbliche francesi non ci sarà alcuna pubblicità.
Questa decisione, voluta con forza dal Presidente M. Nicolas Sarkozy, potrà un giorno essere presa anche in Italia, sia pure per una sola rete pubblica?
I detrattori di questa iniziativa sostengono che essa penalizzerà le rete pubbliche a favore delle reti private. Ma come? Le reti private saranno obbligate per legge, con una tassa specifica, a devolvere parte dei loro introiti pubblicitari a favore delle reti pubbliche.
Provate a immaginare la Rai libera da ogni vincolo pubblicitario. A portar soldi a viale Mazzini ci dovrà pensare solo Mediaset che sarà sì padrona assoluta del mercato, ma schiava totale degli inserzionisti; e per far contenti questi, cercherà d'inseguire l'audience a tutti i costi. Mentre la Rai si libererà da questa schiavitù dell'auditel e potrà cercare soltanto di produrre programmi qualitativamente elevati, culturalmente profondi, seriamente educational (forza Vulvia).
Ma in Italia non siamo pronti. La Rai, oltre che a esser schiava della pubblicità, è schiava ancor più della politica, e della politica peggiore.

domenica 4 gennaio 2009

Disprezzo per l'uomo?



Il pericolo di lasciarci trascinare a disprezzare l'uomo è molto grave. Sappiamo benissimo di non averne alcun diritto e che in tal modo finiremmo per porci in un rapporto quanto mai sterile con l'uomo. Possono difenderci da questa tentazione le seguenti riflessioni: disprezzando l'uomo incorriamo proprio nell'errore maggiore dei nostri avversari. Chi disprezza un uomo non potrà mai cavarne fuori qualcosa. Nulla di ciò che disprezziamo nell'altro ci è completamente estraneo. Quante volte noi aspettiamo dall'altro più di quello che noi stessi siamo disposti a fare! Perché abbiamo continuato a considerare con così scarsa obiettività l'uomo, la sua facilità a cedere alle tentazioni, le sue debolezze? Dobbiamo imparare a considerare gli uomini non tanto per quello che fanno o non fanno quanto per quello che soffrono. L'unico rapporto fecondo con l'uomo - e in particolare con il debole - è l'amore, cioè la volontà di mantenere con lui una comunione. Dio stesso non ha disprezzato l'uomo, ma si è fatto uomo per gli uomini.

Dietrich Bonhoeffer, Resistenza e resa, Bompiani, Milano 1969, pag. 64-65

sabato 3 gennaio 2009

Come una pera matura



IO. Stamani mi sono alzato con il pensiero di Te, o Altissimo.

DIO. Perché usi tutte queste maiuscole? E poi: cosa ti fa pensare ch'io sia alto?

IO. Mah, di solito, quando ti penso, ti penso appunto nell'alto dei cieli.

DIO. E ti sbagli: casomai fossi Dio, sarei dappertutto, in tutte le cose; sarei uno Sparpagliato: cieli, terra, sottoterra, acqua, aria, catrame, fogne, tubi di scappamento, vie di fuga. E poi, sarei anche Bassissimo, Larghissimo, Strettissimo... Mi fermo sennò andrei avanti all'infinito. Ma dimmi un po', hai detto che stamani hai avuto un pensiero di me.

IO. Sì, infatti. Ti pensavo per chiederti quasi scusa.

DIO. Scusa per cosa?

IO. Perché mi sto allontanando da te.

DIO. Mmmh, forse è il contrario.

IO. Cioè? Sei tu ad allontanarti da me?

DIO. Può essere.

IO. Come può essere?

DIO. Vedi, se io esistessi, non sarei mai ciò che voi umani pensate che sia. Lo fate in molti modi, dall'alba dei tempi. Mi avete visto in ogni fenomeno naturale. Mi avete dato forma animale, umana, o una miscela delle due. Mi avete moltiplicato, poi ha vinto (perlomeno pare l'idea predominante) l'ipotesi che io sia uno (qualcuno dice uno e trino e vabbè). Per non dimenticare poi chi mi ha sempre negato, o meglio, ha negato la mia esistenza, ma avendomi sempre in mente. Insomma, mi avete pensato in tutti i modi possibili a disposizione della vostra mente. Ma una cosa è certa: se io fossi non sarei mai nessuna delle cose che voi dite che io sia. Io sono altro, ovvero io non sono altro.

IO. E dunque tutte le fedi religiose attualmente presenti sulla terra sono in errore? Nessuna davvero ti rappresenta o si avvicina in qualche modo a ciò che tu sei (sempre che tu sia)?

DIO. Sì, in un certo senso le cose stanno in questi termini.

IO. Ma come fanno allora tutte le Chiese a perdurare nel tempo, a resistere al tempo e alla storia, senza che nessuno si accorga di aver fede in un'idea sbagliata?

DIO. Be', questi sono problemi vostri, cioè sono inconvenienti della vostra natura. Vedi, come “nulla ha senso in biologia se non alla luce dell'evoluzione”, così nulla in religione ha senso se non alla luce della parola Dio. Questo per dire che se davvero voi umani vi accorgeste che dietro ogni credo esiste il nulla, il non senso, il vuoto, allora crollerebbe ogni corollario della fede, e tutta la struttura portante delle religioni cadrebbe come una pera matura al suolo.

IO. Oddio!

DIO. Ascolta, ti rivelo un segreto. Io per essere, devo sparire. Sparire dalle vostre menti. Dovete dimenticare che io esisto. Dovete dimenticare il mio nome, dovete smetterla di immaginarmi come non sono e come vorreste che fossi, sempre dalla parte di qualcuno. E Dio qui e Dio là, tutto questo tirarmi la giacca mi ha stufato. Quanto più mi vorrete tra voi e con voi, tanto più io sarò altrove. Io non sono di nessuno. Io sono Dio, e che ca..., scusa, mi stavo innervosendo. E soprattutto: smettetela di pregarmi, smettetela di inginocchiarvi, di rivolgervi qui o là, a nord a sud o in alto. Io non sono in nessun luogo. Ripeto, io sono altrove.

IO. E allora, se per caso io o qualcun altro dovesse proprio pensarti o, malauguratamente nominarti, come ti dovrebbe chiamare?

DIO. Chiamatemi Marcello.

venerdì 2 gennaio 2009

Lontano lontano...



Lontano lontano si fanno la guerra.

Il sangue degli altri si sparge per terra.

Io questa mattina mi sono ferito

a un gambo di rosa, pungendomi un dito.


Succhiando quel dito, pensavo alla guerra.

Oh povera gente, che triste è la terra!


Non posso giovare, non posso parlare,

non posso partire per cielo o per mare.


E se anche potessi, o genti indifese,

ho l'arabo nullo! Ho scarso l'inglese!

Potrei sotto il capo dei corpi riversi
posare un mio fitto volume di versi?


Non credo. Cessiamo la mesta ironia.

Mettiamo una maglia, che il sole va via.

Franco Fortini, Composita Solvantur, Einaudi, Torino 1994

giovedì 1 gennaio 2009

Il cielo protegga i bimbi dalle sciabole


CRITICONE. [...] Il cielo protegga i bimbi dalle sciabole, che diverranno uno strumento di punizione domestica, e dalle bombe portate in casa come giocattoli. 
 OTTIMISTA. Certo è pericoloso per i bambini giocare con le bombe. 
CRITICONE. E gli adulti che lo fanno non si vergognano nemmeno di pregare con le bombe! Ho visto un crocefisso ricavato da una granata. 
  OTTIMISTA. Sono fenomeni secondari. Del resto, la guerra non sempre ha avuto in lei un così convinto denigratore. 
  CRITICONE. Neanche in lei io ho sempre trovato un così convinto fraintenditore. In altri tempi la guerra era un torneo della minoranza, e ogni esempio aveva la sua forza. Oggi è un rischio meccanizzato della collettività intera, e lei è ottimista. 
  OTTIMISTA. L'evoluzione delle armi non può restare indietro rispetto alle conquiste tecniche dell'età moderna. 
  CRITICONE. No, ma la fantasia dell'età moderna è rimasta indietro rispetto alle conquiste tecniche dell'umanità. 
  OTTIMISTA. Ma forse che le guerre si combattono con la fantasia? 
  CRITICONE. No, perché se si avesse questa, non si farebbero più quelle. 
  OTTIMISTA. Perché no? 
  CRITICONE. Perché in tal caso le suggestioni di una fraseologia che è il residuo di un ideale tramontato non avrebbero la possibilità di annebbiare i cervelli; perché si potrebbero immaginare anche gli orrori più inimmaginabili e si saprebbe in partenza come si fa presto a passare dalla bella frase luminosa e da tutte le bandiere dell'entusiasmo al dolore in uniforme; perché la prospettiva di morire di dissenteria o di farsi congelare i piedi per la patria non mobiliterebbe più alcuna retorica; perché quanto meno si partirebbe con la certezza di pigliarsi i pidocchi per la patria. E perché si saprebbe che l'uomo ha inventato la macchina per esserne dominato e non si supererebbe la follia di averla inventata con l'altra peggiore di farsi ammazzare da essa; perché l'uomo sentirebbe di doversi difendere da un nemico di cui non vede altro che il fumo che sale, e intuirebbe che il fatto di rappresentare la propria fabbrica d'armi non offre sufficiente garanzia contro la merce offerta dalla fabbrica d'armi nemica. Perciò, se si avesse la fantasia, si saprebbe che è un delitto esporre la vita al caso, che è peccato svilire la morte al livello della casualità, che è follia fabbricar corazzate quando si costruiscono torpediniere per affondarle, costruire mortai quando per difendersi si scavano trincee dove è perduto soltanto chi mette fuori la testa per primo, e cacciare in topaie uomini in fuga davanti alle proprie armi, e poi lasciarli in pace soltanto sottoterra. Se al posto dei giornali si avesse la fantasia, la tecnica non sarebbe un mezzo per complicare la vita e la scienza non mirerebbe a distruggerla. 

  Karl Kraus, Gli ultimi giorni dell'umanità, Atto Primo, Scena XXIX, Adelphi, Milano 1980