sabato 8 giugno 2013

La vera discussione è aperta, qui va concentrata

«– Ma... è un assurdo! – esclamò [Aljòsa], arrossendo. – Il tuo poema è l’elogio di Gesú e non la condanna... come tu volevi.» F. M. Dostoevskij, I fratelli Karamazov.

Dobbiamo ringraziare il professor Francesco D'Agostino per aver ricordato, su Avvenire di oggi, la «strutturale funzione sociale» del matrimonio, criticando - a mio avviso a ragione - il disegno di legge sulle “unioni omoaffettive” presentato dall'onorevole Giancarlo Galan.
In poche parole, D'Agostino attacca l'esponente politico berlusconiano per il tentativo di questi di offrire, alle coppie omosessuali, una sorta di matrimonio depotenziato, non chiamandolo tale, ma usando un eufemismo - e proprio da qui il professore parte all'attacco di Galan, dichiarando quanto segue:
«Mi sembra quindi necessario tornare a spiegare al nostro parlamentare (e a coloro che insieme a lui hanno firmato il disegno di legge o che comunque ne condividono le aspirazioni) che quando si discute sul matrimonio gay la posta in gioco non è emotiva, non è psicologica, non concerne i sentimenti, non riguarda affatto la "sensibilità" (né meno che mai la fede religiosa, come Galan sembra supporre), ma è invece rigorosamente sociale.»
Appunto, «rigorosamente sociale», conveniamo. Tuttavia, il Parlamento tenta di legiferare sulla materia unione delle coppie omosessuali, con dei disegni di legge che cercano di ottemperare alla presunta sensibilità da cristiani della domenica del popolo italiano; essi, sostanzialmente, propongono che si conceda alle coppie gay il diritto di essere riconosciute legalmente, sì, ma sino a un certo punto, con particolari diritti e con minori doveri, puntando più sull'«affettività» che sulla «funzione sociale» del dichiararsi uniti di fronte alla legge.
«L’affettività coniugale è preziosissima, ma non ha rilievo giuridico, né per ciò che concerne il costituirsi del matrimonio, né per quel che riguarda il suo eventuale scioglimento. Quello che conta per il diritto è che il patto matrimoniale sia stipulato tra persone consapevoli e libere, responsabilmente proiettate in un futuro generativo. Coloro che non possono (per ragioni biologiche) o non vogliono intenzionalmente assumere impegni che di principio abbiano un carattere generativo di solito non individuano ragioni adeguate per sposarsi, oppure, se si sposano, (come avviene nel caso di alcune coppie che arrivano al matrimonio in tarda età) lo fanno per rendere un omaggio al valore simbolico della coniugalità e non certo per negarne la sua strutturale funzione sociale.»
Ora, se è vero che, con «futuro generativo», il prof. D'Agostino intende, da buon cristiano, solo quello tra uomo e donna in vista del generar prole, senza troppo fatica si può, laicamente, intendere  che anche il prendersi cura di eventuali figli adottati, i quali, secondo la legge, ad adozione avvenuta, diventano figli legittimi a tutti gli effetti sui quali «assumere impegni che di principio [hanno] carattere generativo» [diciamo questo nella prospettiva remota di permettere alle coppie omosessuali di adottare legalmente figli]*. 
«Che la tutela che Galan vorrebbe riconoscere alle "unioni omoaffettive" non sia finalizzata a rispondere a reali esigenze sociali ma solo a soddisfare esigenze simbolico-psicologiche e non sociali di convivenza (esigenze che non nego possano essere rispettabili, ma che ricadono al di fuori del diritto) è mostrato anche dal fatto che nel suo disegno di legge le unioni “omoaffettive” sarebbero sostanzialmente analoghe a quelle coniugali, ma più semplificate, meno burocratiche: basterebbero tre mesi di separazione per poterne avviare lo scioglimento. Non potrebbe esserci prova migliore del fatto che queste unioni non si proiettano nel futuro (come quelle coniugali), ma vivono solo nel presente e del presente.»
Perché allora legalizzarle in senso matrimoniale, correndo il rischio, molto concreto, che in tal modo per una sorta di inevitabile effetto mimetico si aprano ulteriori strade alla legalizzazione non solo del cosiddetto "divorzio breve", ma addirittura di un divorzio "brevissimo"? 
Ed ecco: là dove D'Agostino teme che le "unioni affettive", se approvate dal Parlamento, destabilizzeranno - per effetto omeostatico -  l'istituto del matrimonio “classico”, in quanto anche le coppie “normali” pretenderanno nuovi diritti (esempio: divorzio breve), noi invece, ringraziandolo nuovamente per la spinta propulsiva, vediamo con chiarezza che l'unica soluzione possibile al riguardo è fare come hanno fatto prima Spagna e, da poco, in Francia: concedere alle coppie omosessuali la possibilità di unirsi in matrimonio alla stessa stregua delle coppie eterosessuali, con gli stessi diritti e gli stessi doveri, con la stessa rottura di palle e di soldi per divorziare quando scompare l'«affetto», ma permane il vincolo sociale.
Insomma, con buona pace di D'Agostino e del mondo cattolico (e reazionario) si apra in Parlamento una discussione intorno all'articolo 29 della Costituzione perché, a nostro avviso [stasera scrivo come il mago Otelma], già in esso è contenuta la possibilità di concedere il diritto di sposarsi alle coppie dello stesso sesso. L'unico elemento che potrebbe essere interpretato malamente dalla Corte Costituzionale è il concetto di «famiglia come società naturale»; ma esso, è pacifico, dovrà essere rivisitato alla luce del pensiero filosofico e scientifico contemporaneo (Nature or Nurture).

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1 commento:

Luisa ha detto...

Che sarebbe il valore simbolico per quelli della tarda età non ho capito ?
Riuscissi a trovare un fesso, mica è per simbolo che me lo sposo !!!