giovedì 13 marzo 2014

Selfie

Non doveva succedere, anche se ero preparata, anche se lo sapevo, cioè: me lo immaginavo da tempo, in fondo, ho sempre sperato che tu restassi, e invece sei voluto partire, andartene, provare a rifarti una vita altrove, con un'altra compagna che non ami, tra l'altro, almeno a quello che tu mi hai detto e, nonostante tutto, ti ho creduto sincero. Hai ceduto alle lusinghe di qualcuna che ti ama più di me, questo è sicuro. Ti comprendo ma, allo stesso tempo, ti biasimo, perché tu sai benissimo che, così facendo, coltiverai la tristezza e la disperazione in qualcun altro. Ma inutile tornare sui soliti discorsi, è tardi, devo andare a lavorare, mica posso prendere un giorno di ferie perché tu te ne vai, cosa dico al capoufficio: «Sa, mio marito stamani si è alzato con la valigia pronta, pronto per andare via dalla mia vita». No, non lo butto via un giorno di ferie per questa stronzata, va' pure, facciamo finta che tu parta per il lavoro, ti concedo questo intero giorno per ripensarci e poi stop, cambio la serratura, abbandono del tetto coniugale, non ci sono cazzi, la casa resta a me.

E così Paola esce di casa per andare a lavorare in perfetto orario. Mezzo chilometro di passi, la stazione, il treno che arriva, si ferma, lei sale e si accomoda seduta vicino alla porta d'uscita del vagone, in uno spazio in cui ci sono soltanto due posti a sedere, e l'altro è vuoto, ci mette subito la borsa e il cappotto per fare in modo, per quanto possibile, di restare sola.
Il treno parte, Paola non pensa a niente, limitandosi a guardare con più attenzione il paesaggio solito fuori dal finestrino.
Alla stazione successiva, il treno si riempie di gente. Paola prova a resistere, tenendo la sua roba sul sedile di fronte, ma per poco: senza tanti scrupoli, una ragazza le chiede se il posto è libero e lei non può far altro che rispondere di sì, meglio lei che quel bel signore che seguiva, non avrebbe avuto voglia di rispondere ai sorrisi che di solito gli uomini le fanno, sempre, essendo Paola una bella donna dallo sguardo accogliente e non respingente, con la quale viene spontaneo per un uomo conversare.
La ragazza davanti a lei è bella, truccata eccentricamente e abbondantemente, labbra color magenta, una profonda scollatura che mette in evidenza un fresco e sostanzioso seno, i capelli tirati indietro allo spasimo e fermati da una coda di cavallo tenuta al centro della volta occipitale. In più, come se non bastasse, la ragazza indossa una mini gonna con delle calze a rete, rotte nei punti giusti, proprio in quelli dove fuoriesce il rosa fucsia dei petali di un tatuaggio floreale.
Per un attimo, Paola pensa se, in quarant'anni, si è mai vestita una volta così, non tanto per qualche ballo in maschera ai tempi dell'università, né per Carnevale – quello lo ha fatto anche lei, mascherarsi, e fu anche divertente – bensì per andare al lavoro o a fare la spesa.
No, la risposta è no. Ma pazienza. Non è un rimpianto questo, non mi fa né caldo né freddo se qualcuno si veste in modo provocante, forse è una divisa specifica e sta andando al lavoro anche lei, chissà – non certo a una festa in maschera, Carnevale è finito, è un mercoledì mattina di fine inverno, il sole è pallido, e l'unico spettacolo che si preannuncia non sarà qui, in questo tratto di ferrovia, ma a Palazzo Chigi nel pomeriggio.

Il treno riprende la sua corsa e Paola, nonostante non sia granché invogliata, estrae dalla borsa il suo e-reader per provare a leggere qualcosa. Ma invano, non tanto perché presa dai pensieri del marito che sta per andarsene, quanto perché la ragazza di fronte inizia ad autofotografarsi col suo smartphone, per ogni scatto assumendo una posa diversa, facendo compiere alle labbra mille smorfie, tutte apparentemente seducenti, e gli occhi poi: da gatta, da cerbiatta, da iena, da vampira, da leonessa, da colomba, da pitonessa, da cagna – tutta la fauna al completo, insomma.
Paola guarda divertita, senza farlo trasparire, forse solo il suo sguardo rivela la sua ironica commiserazione. Il bello è che non può fare diversamente, dato che la ragazza continua il suo gioco come fosse su un set e Paola stessa l'aiuto regista costretta a guardare le sue prove.
Il climax del selfie arriva quando la ragazza estrae dalla sua borsa Braccialini una banana: la sbuccia giusto sino a metà ed inizia il suo blow-job, prima passando la lingua sulla punta e sull'asta del frutto, poi inserendo la metà nella sua bocca – il magenta delle labbra si fonde sul bianco della banana mentre lei, flan flan flan, si fotografa a ripetizione.
Paola zitta, soltanto uno sguardo ancora più divertito e leggermente più fisso su di lei. La ragazza, allora, forse per dimostrarsi più emancipata e sicura di sé, si rivolge a lei in modo strafottente, dicendole:

- Fa invidia, eh?
E Paola:
- No. Fa tristezza.

La ragazza morde la banana e ripone il telefono. Paola rituffa lo sguardo là, fuori del finestrino, verso qualcosa in più del niente.

2 commenti:

Massimo ha detto...

Bello ed essenziale. Il selfie è un ulteriore oltraggio al già traballante senso della realtà di quest'epoca. Tanti poveretti che si illudono di essere protagonisti delle loro vite. Bello il contrasto tra le due ragazze: da una parte la lucidità del distacco, dall'altra la cecità di se stessi.

Luca Massaro ha detto...

Grazie Massimo.