sabato 30 agosto 2014

Le caratteristiche del capitalismo

«È una caratteristica del capitalismo, sia esso fascista o democratico, di far scontare alle popolazioni che vivono in tale sistema i propri errori, non soltanto in termini economici e sociali ma turbandone anche le coscienze, generando inquietudini e paure. E, come quarant'anni or sono, neanche ora ci viene risparmiato il solenne rituale coro degli imprenditori e dei loro economisti, degli uomini politici imprevidenti e corrotti e dei loro laquais, che predice la catastrofe, la fine della civiltà (occidentale), il tramonto dei “valori”». Lucio Villari*

Quarant'anni fa, esattamente il 30 maggio 1974, Giovanni Agnelli, detto Gianni, diventava presidente della Confindustria. Dal suo discorso d'insediamento, estraggo:

«Più di una volta, nella storia, grandi difficoltà sono diventate grandi occasioni. Quando si sono affrontate le difficoltà con l'impegno dell'intelletto e la costanza della volontà, con il coraggio e l'umiltà di riconoscerne le cause prima di proporne i rimedi. Anche tra noi, parlando da imprenditore privato a imprenditori privati, la prima grande occasione da cogliere è quella della verità, e bisogna che essa venga riconosciuta ed accettata da sostanziali consensi. Il momento è il più difficile degli ultimi decenni, non solo per l'economia, ma per tutta la nostra società civile. I prossimi sei mesi saranno ancora peggiori. La situazione congiunturale è gravissima, ma ancor più pericolosi sono i mali che minano la struttura del sistema economico, politico e sociale e l'ambiente entro il quale operiamo. Il maggior reddito monetario, di cui le famiglie sono da qualche anno venute a disporre, ha attutito finora la sensazione della drammaticità di questo momento.
Ma per questa assemblea le cifre sono evidenti e non ammettono discussioni. Tutti i dati portano a concludere che all'Italia restano solo margini di pochi mesi per tentare di avviare un serio processo per correggere le sue storture. Per qualsiasi paese, infatti, l'essere insolvibile nei confronti dell'estero non ha solo conseguenze economiche, ma anche e sempre un prezzo politico. In qualsiasi paese, qualora si ponga la scelta tra la fame (non ancora dimenticata) e la libertà, è sempre quest'ultima ad essere in pericolo.
Entrambe queste prospettive sono oggi all'orizzonte dell'Italia. Dobbiamo utilizzare tutte le nostre energie per invertire la spirale della crisi. Oggi non bastano più pochi e opinabili provvedimenti di austerità, inviti a “consumare di meno ed investire di più”, a “produrre per esportare”, appelli alle imprese perché mantengano bassi i prezzi e ai sindacati perché moderino le richieste salariali. Sono questi palliativi che attenuano e, forse, confondono i sintomi, senza incidere sulla causa del male.».

Per ora interrompo la trascrizione, troppo lunga per un post, ma anche per lasciare la suspence su quale fosse, per il mitico Gianni, la causa del male.


*In Il capitalismo italiano del Novecento, a cura di Lucio Villari, Vol. 2, Laterza, Roma-Bari 1975). Introduzione al discorso di Agnelli, pag. 709.