sabato 28 febbraio 2015

Di ventotto ce n'è uno

rinchiuso nell'armadio
l'aquilone
vola nella mia mente

28.2.1982

Antonio Porta, Invasioni (28.2.1982 - 8.1.1983) in, Tutte le poesie, Garzanti, Milano 2009


venerdì 27 febbraio 2015

Art Attack





Che lo zelo religioso abbia completamente annebbiato la mente dei militanti dell'ISIS è dimostrato vie più dalla distruzione delle statue e dei bassorilievi del museo di Ninive.
Infatti, più del distruggerle, non sarebbe stato maggiormente redditizio fare di tali opere d'arte facile merce di riscatto? Anche per vedere se i capitalisti di oggi hanno la stessa stoffa di un John Pierpont Morgan.

giovedì 26 febbraio 2015

Dovrò abituarmi

Guardando al volo le cronache politiche di un paio di telegiornali serali, ho avuto analoga impressione a quella che può avere un vecchio che vede intorno a sé un mondo di vecchi claudicanti, semi infermi - mentali e mobili - gli stessi coetanei coi quali, un tempo, credeva di essere al centro del tempo e della storia e adesso invece più, ai margini, in attesa del sipario.

E l'amarezza che assale la salivazione, l'assenza di ogni plausibile consolazione. Verrebbe quasi da piangere, se le lacrime portassero conforto. La mente si chiude e diventa un muscolo involontario. Cosa è successo ieri? Chi è quella faccia di cazzo che ha detto che non sono operazioni politiche ma di mercato? Vendi cose dello Stato, che lo Stato ha costruito coi soldi estratti dal prelievo fiscale, fai cassa e poi, cosa ci ripaghi e cosa resterà di noi, del transito terrestre, di tutte le stronzate che hanno fatto, fanno e faranno in questa vita?

Penso in ispecie a quei cronisti prezzolati che seguono come ombre il viavai e il vaevieni de’ vari presidenti da seguire, narrandone le gesta con voce piana e suadente. Il volgo sappia, per non sapere niente. Che tutto accada come fosse pioggia, vento, semplice rotazione sull'asse inclinato. Potesse servire a qualcosa sperare nell'eclissi. 

mercoledì 25 febbraio 2015

Salmo per il popolo sovrano

Al Maestro dei cantori
su strumenti a corda
Salmo di Lucas

Rivoglio il mio voto,
rivoglio il mio voto indietro:
non me lo rendete?
Usurpatori.

Possano rincorrervi
duecento bufali
inferociti
ammaestrati dall'Angelo del Signore.

Disgrazia e tribolazione,
sciagura e tormento
circondano i vostri festini
di presunte riforme d'Egitto.

Sono sfinito dal gridare (69, 4)
che siete portatori di rovina
meritevoli di calarvi
unti di miele
in un nido di calabroni.

Invoco la giustizia del Signore
ma il Signore non risponde
ha paura anch'Egli
della responsabilità civile.

Rivoglio il mio voto
rivoglio il mio voto indietro.
Non me lo rendete?
Bucaioli.

__________________________
A me la stabilità governativa non fa niente bene, provoca alitosi più dell'olio di oliva raffinato presente nel tonno in scatola e bevuto con la cannuccia per lubrificare l'ugola provata dalle imprecazioni espresse in memoria del me medesimo, il quale, una trista domenica del febbraio 2013, appose una croce sopra il simbolo del Partito Democratico, e di questo ancora non riesco a farmene una ragione, anche se una ragione c'era: sperare finalmente di togliersi di mezzo quello che ritenevo fosse, sino a quel momento, lo scandalo permanente della non donna di province ma bordello, Italia; e, due anni dopo, ricordo ancora come stetti male la sera dello spoglio a contare gli zeri virgola, nel tema che il partito del pregiudicato ottenesse quella fottuta maggioranza parlamentare che gli avrebbe consentito chissà quali fuochi di artificio, gli stessi che attualmente produce l'attuale governo in carica, la cui maggioranza, nel ramo parlamentare della Camera, poggia, ricordiamolo, su un architrave incostituzionale, in quanto edificato con un premio ottenuto con una legge elettorale dichiarata ufficialmente fuorilegge.
Riprendo fiato, anche se poco fiato e per poco, perché è con un filo di voce che ammetto il mio disappunto, quello di sentirmi, appunto, seppur in minima parte, complice: confesso al popolo poco potente e a voi fratelli che votando il PD ho molto peccato e di questo mi pento e mi dolgo con tutto il cuore perché peccando ho meritato questi castighi e molto più perché ho offeso te, democrazia, perché ho creduto per tanti anni che votare significasse amarti e rispettarti, e invece no, tutto il contrario, giacché votando ci si rende complici dei tuoi nemici, i quali si fanno beffe di te e di noi, poveri illusi, che abbiamo creduto e magari crederemo ancora che votando si possa glorificarti e renderti grazie ed esercitare il nostro potere sovrano.

Sovrano una sega.

Rivoglio il mio voto, 
rivoglio il mio voto indietro: 
non me lo rendete? 
Usurpatori.

Traiettoria divina deviata

Buonanotte Signore.
Buonanotte signore.
L'ho detto prima io.
Sì, ma io ho risposto con la minuscola.
Ah, dal timbro della voce non l'avevo notato.
Allora buonanotte.
Cioè, vuoi subito interrompere una conversazione appena iniziata?
Beh, pensavo che esordire con ‘buonanotte’ significasse un saluto rapido e perentorio.
No, ‘buonanotte’ perché siamo nel cuore della notte e non potevo usare un altro saluto.
Tu no, io sì, essendo io ovunque, per me è sempre giorno e sempre notte.
Giusto. Ma dimmi, in questo momento parli solo con me o sostieni altre conversazioni?
La seconda che hai scritto.
È difficile parlare con molti interlocutori nello stesso momento?
Sì, se sono pallosi come te.
Dunque ce ne sono anche di divertenti. Quali sarebbero?
Quelli che fanno poche domande e credono a tutto e di più; tanto solerti da estendere oltremisura il significato delle Scritture.
Tu credi alle Scritture?
No, mica le ho scritte io. Ne sono il protagonista involontario, nel senso che io non c'entro un cazzo con le storie di popoli eletti, di profeti e figli miei putativi.
Eppure tanti lo credono.
Eh, lo so. Purtroppo io, sebbene sia il Signore, sul credere non ho alcun potere d'interdizione, né diritto di veto. Siete liberi di credere. E voi, in maggior parte, credete. Perché la libertà di non credere è più faticosa da esercitare. Siete dei pigri.
Se smettessimo di crederti, spariresti?
Felicemente.
Eppure, stante quanto scrisse da qualche parte Kierkegaard: «Che l'esistente postuli Dio è una necessità», la vedo ben dura la tua sparizione.
Già, mi tocca restare in ballo e ballare: da solo.
Musica?

martedì 24 febbraio 2015

Un beato imprinting



«Diese unmittelbare Erfahrung des lebendigen Aktes fordert dazu auf, gewohnte Wahrnehmungsformen zu reflektieren.» [via]

Sarà un bambino molto incoraggiato a riflettere sulle forme abituali della percezione.

lunedì 23 febbraio 2015

Et la bêtise regne

«Ha detto che una volta era una secchiona: ma perché studiava veramente così tanto? Cioè: si diventa ministri dell'istruzione studiando così tanto?»
«La stupisce? Io credo che l'allenamento sia fisico che intellettuale sia la base per qualunque prestazione [che aspiri a] essere la migliore possibile. Non me ne vergogno; è sempre stata una mia caratteristica». [via]

Alcuni giorni fa, in conversazione privata, un caro amico ha dichiarato:
 «oltre il 70% dell'umanità è stupida; è un dato di fatto non una congettura».
Mi sa che ha ragione: trattasi di stupidità diffusa che colpisce trasversalmente ogni ceto sociale. In Italia soprattutto il fenomeno è conclamato: da tanti anni il Belpaese è governato da un gruppo dirigente scemo che comunque riesce a rappresentare, a difendere e a fortificare determinati interessi di classe, senza ottenere altra risposta che una sorta di ebetudine stuporosa (formula usata da Ernesto De Martino in altro contesto: «La crisi del cordoglio»).

In Italia è accaduto che:
«La publicité, [...] rivale directe de la philosophie», elle a gagné le match de la formation et de la santé mentale des gens.
______________
N.B.
Qui un più ampio stralcio con la trascrizione dell'intervista a Gilles Deleuze.

domenica 22 febbraio 2015

Io non sono un artista


«Chi ha le idee non le può dare in pasto così!» esclama Marco aperte virgolette Morgan chiuse virgolette Castoldi.
Nessun pasto è gratis, è legittimo che un autore veda tutelate le proprie idee e ancor più le opere del suo ingegno sotto gli aspetti patrimoniale, economico, morale - come si evince dalla legge speciale del 22 aprile 1941 n. 633 tanto cara a Gino Paoli (il quale, come dicono le cronache, pare preferisse un riconoscimento del valore artistico un tantino meno formale, senza emissioni di fattura).
Nondimeno, sarò pedante, occorre fare un distinguo, giacché un conto è quando l'artista subisce un furto, per esempio di carattere informatico, e vengono artatamente divulgate idee ed opere (vedi il recente caso di Madonna). E un conto, invece, quando un'artista, di sua sponte, condivide pubblicamente le sue idee perché vuole esplicitare senza fraintendimenti il significato ultimo della sua poetica.


Kate Perry
Ma ritorniamo al «dibattito dialettico imparagonabile» tra le macchine e Marco aperte virgolette Morgan chiuse virgolette Castoldi, «a livello di quantità di eventi, rispetto a quello tra [lui] e le persone» e domandiamoci: ché nel dibattito sia è implicata anche questa macchina?
Apollo Automatic Power Pump
Hai voglia a “storare” dati.

I figli di Pannella



Uno, forse due.

sabato 21 febbraio 2015

Divertitevi

via Avvenire
Ci manca solo che diventino musulmani e poi siamo a cavallo.

Lo so, lo so che in questo senso convertirsi significa riconoscere i propri peccati, pentirsi sinceramente, fare ammenda, cospargersi il capo di cenere e cercare, per quanto possibile, di espiare il male perpetrato. So anche che, prima di Francesco, Giovanni Paolo II disse ai mafiosi la stessa cosa e con un tono molto più irato e severo (minacciando altresì il giudizio divino).

E tuttavia, da un mero punto di vista formale, i mafiosi, gli 'ndranghetisti, i camorristi, i santisti (si chiamano così gli affiliati alla Sacra Corona Unita?) sono tutti cattolici in regola coi sacramenti, dal battesimo alla sacra unzione. Anzi: molti di loro si raccomandano in continuazione non solo alla Santissima Trinità e alla Madonna, ma anche a un folto numero di santi verso i quali nutrono profonda devozione.

Dunque, se fossi il Papa, ai mafiosi chiederei di pentirsi e di mettersi sulla retta via, con fermezza sì, ma senza tanto insistere da farli impermalire, soprattutto in questa fase storica in cui feroci jihadisti, che si trovano a sud di Roma, hanno più volte dichiarato che son pronti a profanare, baionetta in canna, il soglio di Pietro. In buona sostanza, per l'economia del cattolicesimo, conviene più che i cristi e le madonne in processione facciano l'inchino alle finestre dei boss trattenuti in casa dagli arresti domiciliari, anziché rischiare di vedere i boss inchinarsi loro in direzione della Mecca.

venerdì 20 febbraio 2015

Questa volta la cambiamo davvero

Mentre mi passavo il filo interdentale tra i premorali e i canini superiori, pensavo: le riforme previste dal DDL Concorrenza sono veramente incisive. A maggior tutela dei... oddio! Ho perso il soggetto della specificazione.

Io mi ricordo che, per un tempo piuttosto breve, diciamo un biennio, ho creduto nelle virtù taumaturgiche della concorrenza. E ne ho approfittato, cambiando, in diversi momenti, diverse tipologie di forniture elettriche, telefoniche, assicurative.
Sono state esperienze che mi hanno indubbiamente arricchito: di rompimenti di coglioni, molti; di spese accessorie, ancor più.

Comunque, aldilà dei risvolti personali che hanno poco valore statistico (o epidemiologico), va rilevato come il governo Renzi, con queste riforme, contribuisca a stimolare non poco l'intorpidita economia nostrana. Dipende per andare dove, lo stimolo.

Io mi sono fatto una certa idea.

giovedì 19 febbraio 2015

Pensierino

Oramai gli studiosi ci hanno battezzato con questo nome, però credo sarà giusto che gli antropologi del futuro, se ci saranno antropologi e se ci sarà futuro, tolgano l'aggettivo qualificativo che accompagna il nome della nostra specie Homo, perché più passano gli anni e più è dimostrato che perseverare negli errori non è segno di intelligenza né tantomeno di sapienza.

Perché, suvvia, ricreare ad arte le condizioni che precipiteranno la nostra specie nel baratro di un conflitto mondiale è un evidente segno di imbecillità, di mancanza di fantasia, di ottusità piena e conclamata, di stordimento mentale, di ignoranza profonda, di stronzaggine assoluta.
Di sicuro la chiameranno necessità, canteranno in coro che «la guerra è bella anche se fa male» e riusciranno a coinvolgere legioni e popoli.
Provocheranno l'abisso per mere ragioni di crescita: la distruzione crea vuoti che poi potranno essere riempiti. Le vulve e i culi finti non bastano. 

mercoledì 18 febbraio 2015

Pi greco


Stasera sono stato al bagno turco. Mi sono spogliato e, come D'Alema vorrebbe per la politica economica europea¹, ho posto l'accento sulla crescita. Meno male ero solo. Non ho avuto bisogno di chiedere un prestito ponte. Ho assunto una posa plastica, non certo bronzea, per capire quanta parte ellenica viva nel mio corpo caduco. Oso rispondermi: uno zero virgola. Altamente poco peripatetico; eppure, da par mio, l'indole ci sarebbe, oh se ci sarebbe. Soprattutto quando per celia - oggi poi che sono le ceneri è giusto proseguire il carnevale - indosso quei mono tanga usa e getta che sostengono giusto il sostenibile, mentre il filo non di Scozia posteriore s'incunea infra la cavità centrale di separazione posta tra il gluteo destro e il gluteo sinistro. Fa un certo effetto. Accenno un movimento di samba, ma, senza piume, si muove solo il pennino. E i calamai. 

***
Ahimè, ci vorrebbe ben altro che politiche keynesiane per risollevare lo stato! Chissà cosa ne pensava John Maynard del mercimonio della prostituzione. Secondo me, di sicuro, il barone pensava che tale commercio doveva rientrare nel calcolo del Pil. Ma come fa lo Stato a contare una cosa legalmente incalcolabile? Va per approssimazione?
E sia, poniamo che tutti i movimenti contabili delle attività illegali calcolati arbitrariamente dallo Stato non discostino di molto dalla realtà. E con ciò? Ché, per esempio, le prostitute d'alto bordo investono i loro risparmi in bot e cct? Può darsi. Ché si preoccupano per la loro vecchiaia comprandosi fondi pensione blackrock? È verosimile. 
Da ciò si evince che, tutto sommato, l'illegalità non nuoce allo Stato. Ecco perché essa è, sotto sotto, tollerata. Per lo Stato, i problemi economici principali sono: la stasi economica; la metastasi politica che vive sulla groppa dello Stato. Sia la prima che la seconda sono ben tollerati da coloro che muovono i fili del capitale. La stasi perché giustifica una politica industriale alla Marchionne. La metastasi politica perché consente d'indirizzare facilmente l'odio popolare verso i fantocci che, a turno, ricoprono incarichi legislativi e governativi.

***
Ma se la Grecia facesse valere i diritti sul Pi greco, la Merkel, su pressione dell'industria automobilistica tedesca, verrebbe a più miti consigli?

¹Così D'Alema ha risposto a Lilli Gruber in finale di 8½ di stasera.

martedì 17 febbraio 2015

Ma è pensare, questo?

6. Lui dice: « Adesso voglio uscire », poi improvvisamente dice « No », gli è improvvisamente venuto in mente che prima voleva... – Ha detto « No »; ma lo pensava anche, quel « No »? Non pensava, appunto. A quell'altra faccenda? Si può dire che ci stava pensando. Ma per far questo non aveva bisogno di esprimere un pensiero, né a voce alta né in silenzio. – Certo, più tardi avrebbe potuto rivestire di una frase la sua intenzione. Nel momento in cui ha cambiato idea può darsi abbia avuto in mente un'immagine, oppure non ha detto soltanto « No », ma una qualche parola, l'equivalente dell'immagine. Se magari prima voleva chiudere l'armadio, può darsi che abbia detto: « L'armadio! »; se prima voleva lavarsi le mani, se le sarà magari guardate storcendo la faccia. « Ma è pensare, questo? ». – Non lo so. Tuttavia in un caso del genere non si dice forse che la persona ha fatto una ‘riflessione’, ha cambiato ‘idea’?
Ludwig Wittgenstein, Osservazioni sulla filosofia della psicologia, Adelphi, Milano 1990 (pag. 322).

Per quel che mi riguarda, avverto che, durante molta parte del giorno, ho la mente occupata da questo genere di pensieri e di riflessioni che tengono la vita sospesa nell'irresolutezza, nell'attesa (di che cosa?), nel dare tempo al tempo, nel dire alla mente stessa: «Aspetta a pensare a cose serie, traccheggia, stai sul vago, non piombarmi dentro l'inquietudine, lasciami sospeso».

È chiaro che, con questi imperativi, il pensiero fluttua nell'indecisione, nel tentennamento: la concentrazione viene meno e i frutti della mente restano acerbi. Sono un immaturo, infatti. Non che non sia facile cogliermi. Essendo colto, nevvero. È il raccolto ch'è scarso (e ignudo). Tipo le olive della scorsa stagione. Meno male c'era la Grecia per ungere le ruote d'Europa.

lunedì 16 febbraio 2015

Stato soppressato

Quando l'Isis si sarà stabilizzato - se lo faranno stabilizzare in forma di stato riconosciuto formalmente da chi già sotto banco lo finanzia fornendogli armi e vettovaglie varie - si dovrà dare una struttura statale con tutti i corollari annessi. I codici: penali, civili, stradali, eccetera. La Sanità: vero che adesso son tutti baldi giovani con gli ormoni in circolo, che sfogano l'eccesso di testosterone sparando proiettili anziché seghe - ma un giorno avranno bisogno di qualche controllino, mica tutti possono andare nelle cliniche svizzere come fanno gli emiri e i principi sauditi. La Scuola e il problema della carta igienica. Eccetera.
Pongo tali questioni perché l'autoproclamato Stato islamico non sorge (se è sorto) dalle ceneri di un altro stato, come accadde, ad esempio, alla Repubblica islamica iraniana. Quindi deve partire da zero, dandosi prima una Costituzione (basata sulla sharia) e poi, a seguire, tutto il resto.
Poi, un giorno, diciamo dopo una settantina d'anni, arriverà un Renzi anche da loro a fare le riforme (e, se sono fortunati, persino uno Speranza in parlamento).

P.S.
Se l'Isis conquistasse l'Italia, che fine farà il prosciutto di Parma?

domenica 15 febbraio 2015

A sud di Roma

Appena quelli dell'Isis han detto che sono a sud di Roma, ho pensato che fossero a Fondi, dai mentalisti islamici dell'ortofrutta.
Invece sono ancora in Libia. 
Attenzione alla tattica: se facessero come Annibale? Il problema è che il traforo del Gran San Bernardo costa un botto, anche solo andata. 
La storia non si ripete. Infatti, dopo aver ammazzato Saddam Hussein, ammazzarono Gheddafi, due cose diverse. Alla terza, poco prima che stessero per far fuori Assad, udendo il canto del gallo, piansero amaramente.
Non serve a niente rinfacciarglielo. Sputargli in un occhio, meglio.

Comunque, da un punto di vista della tradizione, questi conflitti, che riportano in auge le guerre di religione, manderebbero in brodo di giuggiole pensatori à la Guénon. Il materialismo! la mancanza di ideali! il confondere sacro e profano! Ecco donde deriva la crisi della civiltà occidentale, una società che si è voluta privare non tanto del sacrificio umano (basta buttare un occhio a quanti sacrificati ci sono in giro), quanto della virtù taumaturgica del sacrificio espressa dalle e nelle pratiche religiose. 

Come continuare a dare in pasto il corpo di Cristo quando più nessuno crede, mangiandolo, di mangiare vera carne e vero sangue del Signore?

Una facile tregua

Una facile tregua, un fucile, una mira perfetta. Il problema è la scelta. Sapere individuare i bersagli giusti senza alcuna commissione giudicante. Dice: me l'ha detto Dio. Dice: me l'ha ordinato il dottore. E sin qui nulla di strano: obiettivi sbagliati. Assolutamente. Casi in cui i colpi, pur se fanno centro, non fanno centro. 
Qual è la linea che separa Breivik da Schettino? Cinque anni di carcere in più per il primo (definitivi). Due ‘mostri’: uno volontario, l'altro involontario. Uno se tornasse indietro rifarebbe ciò che ha fatto. L'altro se tornasse indietro, starebbe al largo dall'isola.
«38. C'è chi prova più dolore alla vista di un danno inferto a un animale che a quella di un danno inflitto a un uomo. Il fatto che l'animale non ha la possibilità di testimoniare secondo le regole umane per stabilire il danno e di conseguenza ogni danno è come un torto e fa dell'animale una vittima ipso facto. Ma, se mancano del tutto i mezzi di testimoniare, non c'è neppure danno, o almeno Lei non può stabilirlo. - Ciò che Lei dice definisce esattamente quel che io intendo per torto: Lei pone il difensore dell'animale di fronte al dilemma. Per questo l'animale è un paradigma della vittima». Jean-François Lyotard, Il dissidio, Feltrinelli, Milano 1985 (traduzione di A. Serra).
Cerini in mano che bruciano. Nessuno li ha accesi, tranne gli ultimi.

venerdì 13 febbraio 2015

Fermopost

Carissimo, 
in effetti doverci fare i conti è dura. Avevi ragione. La consumazione di cellule che si dipartono dai corpi come forfora e altre scorie porta inevitabilmente allo sbattimento totale, al disfarsi, al vedersi prepotentemente trascinati via in modo assai peggiore di quanto invece accadde nell'annunciarci al mondo con un pianto. Lo so, non ti dico niente di nuovo, tu lo dicevi da tempo, che cosa si ricorda, cosa si tiene, quale attaccamento al vivere .
Sono stanco a vedere tutti quegli anni messi assieme, tutta la consunzione, quelle ossa che si sfiniscono ricoperte da una pelle allentata, di macchie piena, glabra, riflettente il colore dello scheletro che affossa.
Mi piglia il torcicollo tanto fisso lo sguardo alla parete su cui è appeso un quadro che scimmiotta la scuola cubista, alla cornice del quale l'autore ha posto in bella vista il biglietto da visita, caso mai fossimo tentati di portarcelo a casa. Non ce la faccio a fingere allegria, sorriso ebete ottimista, esclamare invocazioni ultraterrene. Già tengo a freno imprecazioni, bestemmie, e il ghigno della ribellione e questo perché appunto non ha senso prendersela con qualcuno, non è una questione di colpa, non c'è causa e non c'è effetto, c'è questa cazzo di vita intera che presenta il conto dopo la consumazione del tempo, la voglia impellente di farle uno shampoo, rivederla coi bigodini in testa, il mattarello, il grembiule, la cottura del tuo piatto preferito. 
Mi sono rotto i coglioni, non ho pazienza, il bastone della vecchiaia te lo caccio in culo, Edipo. Basta. Basta. È difficile, ma la calma è tutto. La calma. La salma. È una fortuna morire appena un attimo prima che si sia tentati d'invocare la morte. E che la vita ti porti a questa tentazione è una gran puttanata, non trovi? Ce ne fossero due, tre, quattrocento di vite per dire basta, basta, facciamo passo, riposiamoci un po' e poi si ricomincia. E invece tutto dentro una vita sola, tutto. Senza scampo o vie d'uscita. 
Le chiamano fasi di passaggio. Io è da un po' di tempo che ho smesso di fare l'autostop. 

giovedì 12 febbraio 2015

Gravi perdite

[*]
Se dovessero arrestarmi, sappiate che sono innocente. Dicono tutti così, non mi sottraggo nemmen io, nonostante sia anch'io, seppur in infinitesimale parte, responsabile.
Non ci sono alibi: ricordo ancora oggi come fosse ieri, una decina d'anni fa, una bella cassiera dai denti storti e dalle tette dritte mi propose di comprare un'azione, dico una, del valore di circa dugento euro, per così diventar socio di cotal banca, in modo da avere decurtate le spese di pratica gestionale del conto corrente e avere, addirittura, i giorni in cui era convocata, la possibilità di andare a votare l'assemblea direttiva, che si teneva presso la sede centrale, ogni tot di anni. Mai ci sono andato e mal me ne incolse. Il mio voto poteva essere decisivo per eleggere un direttorio più onesto e probo.
Così se domattina all'alba i commissari di Bankitalia dovessero presentarsi a casa con un mandato di arresto, per favore, vi scongiuro, ditegli anche voi, da parte mia, che si tratta soltanto di ipermenorrea. 

martedì 10 febbraio 2015

Il movimento del capitale è senza misura

«Anche se, come nel mio caso, si è tecnicamente impreparati a “leggere” dentro l’enorme bolla delle opacità finanziarie». Michele Serra.
Quanto sono irritanti queste parole di occlusione mentale: anni buttati al vento a sventolare bandierine rosse e la riprova dell'inesorabile inutilità della sinistra italiana che, oltre a citare Piketty, rifiuta in blocco la sola spiegazione, l'unica teoria in grado di rivelare perché avviene questo accumulo e come mai gran parte d'esso preferisce rimpozzare nei laghi svizzeri piuttosto che scorrere lietamente nei letti dei fiumi europei:

«La circolazione semplice delle merci - la vendita per la compera - serve di mezzo per un fine ultimo che sta fuori della sfera della circolazione, cioè per l'appropriazione di valori d'uso, per la soddisfazione di bisogni. Invece, la circolazione del denaro come capitale è fine a se stessa, poiché la valorizzazione del valore esiste soltanto entro tale movimento sempre rinnovato. Quindi il movimento del capitale è senza misura.
Il possessore di denaro diventa capitalista nella sua qualità di veicolo consapevole di tale movimento. La sua persona, o piuttosto la sua tasca, è il punto di partenza e di ritorno del denaro. Il contenuto oggettivo di quella circolazione - la valorizzazione del valore - è il suo fine soggettivo, ed egli funziona come capitalista, ossia capitale personificato, dotato di volontà e di consapevolezza, solamente in quanto l'unico motivo propulsore delle sue operazioni è una crescente appropriazione della ricchezza astratta. Quindi il valore d'uso non dev’essere mai considerato fine immediato del capitalista. E neppure il singolo guadagno: ma soltanto il moto incessante del guadagnare. Questo impulso assoluto all'arricchimento, questa caccia appassionata al valore è comune al capitalista e al tesaurizzatore, ma il tesaurizzatore è soltanto il capitalista ammattito, mentre invece il capitalista è il tesaurizzatore razionale.
Quell'incessante accrescimento del valore, al quale tendono gli sforzi del tesaurizzatore quando cerca di salvare il denaro dalla circolazione, viene raggiunto dal capitalista, più intelligente, che torna sempre di nuovo ad abbandonarlo alla circolazione.» 
Karl Marx, Il Capitale, Libro primo, Sezione II, Capitolo IV, “La trasformazione del denaro in capitale

L'occultamento dei capitali è soltanto una delle maniere, tra le più redditizie, per accrescere il valore del denaro. Soprattutto quando esso è solo la parte che affiora dei capitali sicuramente abbandonati (chissà dove perché non Italia) alla circolazione.

Aggiornamento mattutino, 11 febbraio.

Conclude Serra:
«Il denaro è come l’acqua, se ristagna puzza, se scorre produce vita. Ammesso che sia “sterco del demonio”, sparso per il mondo fa da concime. Esiste, invece, una specie di circuito stagno dentro il quale, al riparo da sguardi indiscreti, il denaro è al servizio del denaro, riproduce se stesso, elude la società. Ogni buco aperto in quelle tubazioni segrete è aria che torna a circolare.»
Smettere di interrogarsi completamente sul funzionamento sistema economico e produttivo capitalista - che, oramai, è dato come l'unico naturale possibile, il solo confacente alla vita umana - fa sì che si producano analisi moralistiche che non servono a nient'altro che a purificare le coscienze di coloro che, in fondo, si sono ben adattati al sistema e divenuti funzionali a esso. Mangiare alla mensa del capitale produce questi effetti: ogni critica radicale è elusa e e si scrivono soltanto corsivi o manuali di bon ton: divorare il mondo va bene, ma senza bava alla bocca o defecare fuori dal vaso...

lunedì 9 febbraio 2015

Apologetica diretta e indiretta

«Mentre l'apologetica diretta si preoccupa di nascondere, di contestare in modo sofistico, di far sparire le contraddizioni del sistema capitalistico, l'apologetica indiretta prende le mosse proprio da queste contraddizioni, ne riconosce l'effettiva esistenza e l'impossibilità di negarle come dato di fatto, ma ne dà un'interpretazione che – nonostante tutto questo – torna a vantaggio della conservazione del capitalismo. Mentre l'apologetica diretta s'ingegna di presentare il capitalismo come il migliore degli ordinamenti, come la vetta suprema e definitiva dell'evoluzione dell'umanità, l'apologetica indiretta mette in rilievo senza riguardo i lati cattivi e gli orrori del capitalismo, ma afferma che essi non sono proprietà specifiche del capitalismo, ma della vita umana, dell'esistenza in generale. Ne consegue necessariamente che la lotta contro questi mali appare fin da principio non solo come vana, ma come qualcosa di assurdo, come un tentativo di distruggere l'essenza stessa dell'uomo».

György Lukács, La distruzione della ragione, Einaudi, Torino 1959 ( pag. 208, traduzione di Eraldo Arnaud)

Se avessi un forziere elvetico, è presumibile sarei un pessimista cosmico, alla Schopenhauer. Se invece non ce l'avessi - come di fatto non ce l'ho - allora più che asciugarmi le lacrime col velo di Maya, comincerei oltreché a sfanculare contro i figli di troia che affamano il mondo, a meditare sul perché pochi d'essi riescono a farlo in bella guisa senza che nessuno dica pio. Se non lo facessi e continuassi a credere che, lo dico a stronco, il mondo è volontà e rappresentazione, che è naturale ch'esistano superòmini che ciucciano il ciucciabile e il resto, la ciurma di contorno, mangi macedonia di polvere e catrame, allora, lo dico francamente, mi sentirei nel fondo, non dico colpevole, ma un po’ complice sì, leggermente, perché mi sentirei di soffiare sulle vele di chi già ha il vento in poppa e in culo - e scorreggia sul  mondo, il mondo che non è rappresentazione, no, prova a strusciare il cazzo contro un muro, Arturo, e senti come brucia.

domenica 8 febbraio 2015

Globuli e parole

[*]
Poi tutto diventa facilmente traducibile in una sorta di non senso - e lo cogli. Profuma, oh se profuma. Ti ci inebri. Mi do del tu perché parlo a me stesso in seconda persona, quindi se ti dico qualcosa sappi che parlo di me. A te. Te che mi leggi proprio mentre sto scrivendo e che segui lo scorrere del non senso. Sappi che ti conosco e la so più lunga di te. Non ridere. Ridi. Non ridere. Ridi.
Ricordi? Circa un cinque lustri or sono, hai mandato una plaquette poetica intitolata Il lestofante a due editori: Einaudi (Torino) e Garzanti (Milano). Einaudi ti rispose dicendo che non erano interessati (in una splendida lettera elegante scritta con i medesimi caratteri garamond che usano per i loro libri), mentre Garzanti stette sì zitto, ma con ciò non acconsentendo (e fece bene).
Da quel momento hai superato l'ostacolo e la tua roba ha avuto sempre un carattere privato (o diciamo meglio: un a tu per tu) Anche in treno con Raboni, ricordi? Nonostante il viaggio comune (in forma splendidamente casuale) su un rapido verso Milano, non osasti prendere dalla tua valigia le fotocopie elegantemente rilegate destinate in Svizzera (eri l'unico coglione a quei tempi a portare oltreconfine versi anziché mazzette) quand'egli ti chiese se per caso scrivevi e rispondesti di «sì, talvolta», e lui t'invitò a inviargli qualcosa, ma tu non inviasti niente perché avevi capito che quelle parole avevano bisogno di un risciacquo nel topexan.

Al momento scrivi per una mera funzione catartica. Anziché trapanarsi il cervello, dare aria all'encefalo tramite la digitazione. Fa indubbiamente meno male e comporta meno rischi (pur tuttavia, non essendo un medico, prendete questa indicazione col beneficio d'inventario).
C'è troppa complicità tra lo scritto e il letto; e questo addormenta. Io ritengo sia un bene. Il tasto Pubblica in alto a destra è una sorta di liberazione. Meglio: di respiro. Come quando al mattino si aprono finestre per cambiare aria. Ossigenazione, c'est tout.

sabato 7 febbraio 2015

Aujourd'hui je suis tranchant


La politica imperiale statunitense è il problema a monte di tutti i problemi di destabilizzazione mondiali. Quello che succede in Ucraina ne è una dimostrazione. 
L'Europa è disposta a marcire in una guerra mondiale per una questione territoriale del genere? Fino a che punto salirà la tensione e faranno a gara a mostrare chi ce l'ha più grosso?

Già immagino come tenteranno, nel caso di avvicinamento al baratro della guerra, di rimbecillirci con la falsa retorica nazionalista, della patria e di stocazzo. Vadano a fanculo tutte le bandiere del mondo. A cominciare da quella a stelle e strisce. Amen.

Discorso un po' più complicato e forse troppo intelligente per essere compreso dai governanti ucraini.
Ma se gli lasciassero ogni cosa agli indipendentisti, a parte l'iniziale senso di frustrazione, non capiscono che perdere tali regioni riottose “filorusse” sarebbe per loro un vantaggio enorme? Un po' come se l'Italia perdesse tutto d'un tratto una delle sue Regioni più improduttive e a rimessa (leggi: regioni autonome o città metropolitane che fungono anche da Capitale) e non avesse più niente da spenderci, ma niente niente, niente, cazzi loro. Sai che sollievo al bilancio dello Stato. Lo riconoscono anche gli attivisti ucraini in mezzo a questo frangente:
«Nessuno vuole andare nel paradiso della Dnr»
Appunto. L'Ucraina anti russa si fida dell'Europa e degli Usa? Allora stiano tranquilli, facciano subito la tregua e diano ai secessionisti quello che chiedono. Non si ricordano la divisione della Germania dal dopoguerra al 1989? Secondo le magnifiche sorti progressive del capitalismo liberista, bastano pochi decenni affinché popolazioni sfinite dagli stenti bussino ai muri d'Occidente per bere una cocacola e riempire il carrello al supermercato. Quindi abbiano fede. Entrino nel paradiso della Ue e il Donbass si ciucci la Federazione Russa. 
Già. Non capisco perché non ci abbiano ancora pensato; forse perché temono di finire come la Grecia?

A state of easy and liberal dependence

«La gente che ha un patrimonio indipendente deve questo patrimonio quasi esclusivamente al lavoro altrui, non alla propria capacità, che non è assolutamente migliore di quella degli altri; non è il possesso della terra e del denaro che distingue i ricchi e i poveri, ma il comando sul lavoro (the command of labour)... Quello che è accetto al povero non è una situazione abietta e servile, ma un rapporto di dipendenza comodo e liberale (a state of easy and liberal dependence) e alla gente che ha proprietà, influenza e autorità sufficienti su coloro che lavorano per essi... Tale rapporto di dipendenza è necessario, come sa ogni conoscitore della natura umana, per il conforto degli stessi lavoratori». Sir F.M. Eden, The State of the Poor, 1797.
«Sir F.M. Eden, sia detto di sfuggita, è l'unico allievo di Adam Smith che durante il secolo XVIII abbia fatto qualcosa d'importante». Karl Marx, Il Capitale


giovedì 5 febbraio 2015

Prova versi

Hai dieci minuti per comporre
il numero giusto che raggiunga
la persona ingiusta.
Una volta trovata
fatti giudicare
fatti emettere una sentenza su misura
comminare una pena
tradurre.

Tempo immobile
chiuso, senza stagioni
mutevolezza trattenuta.

Io so. Io sono. Io no.
In quest'ora d'aria tradotta.
Non serve chiudersi:
pensa alla felicità degli orifizi.

Allo scorrimento.
Al circuito chiuso del tuo sangue.

Fatti un taglio, va’, fatti respirare.
Fatti male a una falange comprimendola
sulla L, una lettera anulare.

Non sei raccordo con te stesso.
È inevitabile sbagliare strada.
Girare a vuoto.

Esaurire un desiderio.


mercoledì 4 febbraio 2015

Fra bestemmie e facezie

«Una sera la sua compagnia fu portata in prima linea. Era una solida posizione trincerata, a cui si accedeva per lunghi camminamenti coperti. Nei ricoveri regnava una sporcizia indescrivibile, il suolo era tutto costellato di sputi di tabacco freschi e disseccati, sulle pareti c’erano strisce di urina, e non si poteva distinguere se puzzasse di feci o di cadaveri. Huguenau era troppo stanco per capire chiaramente che cosa offendesse gli occhi e il naso. Mentre trotterellavano in fila indiana, avevano già tutti il senso di essere cacciati dall’asilo del cameratismo e della solidarietà; e per quanto avessero fatto il callo alla mancanza di ogni pulizia e non sentissero troppo l’assenza di quei civili espedienti con cui l’uomo cerca di difendersi dagli odori della morte e della putrefazione, e sebbene questa vittoria sul ribrezzo sia sempre il primo passo verso l’eroismo – da qui una strana affinità con l’amore –, e sebbene l’orrore nei lunghi anni di guerra fosse diventato per molti di loro l’ambiente consueto, ed essi preparassero il loro giaciglio fra bestemmie e facezie, tuttavia non c’era nessuno che non sapesse di essere qui esposto – solo con la sua vita solitaria e la sua morte solitaria — a un’assurdità prepotente e inconcepibile, che al massimo potevano definire sporca guerra.»

Hermann Broch, Huguenau o il realismo, I Sonnambuli, Einaudi, Torino.

***
- Madonna che puzzo di merda, ma cosa gli danno da mangiare?
- [ridendo] In verità non lo sento, forse, dietro la porta dove sono, il puzzo non arriva. Riguardo al mangiare: che vuoi che ti dica: cibo da ospedali.
- Appunto: dovrebb'essere roba leggera, scondita, quasi in bianco. E invece sembra la merda prodotta da un tribunale.
- Forse sarà che stando fermi, poverette, digeriscono peggio. Forse tardano troppo a cambiare il pannolone. Forse qualcuna s'è liberata da poco: giustappunto prima ho sentito la signora chiedere all'infermiera che le facessero un clistere.
- Speriamo aprano la finestra.

***
- Hai dormito stanotte?
- Sì, più o meno, diciamo di sì.
- Perché più o meno?
- La signora davanti ha russato e scorreggiato tutta la notte. Meno male oggi la dimettono.

***
- Allora, Mattarella? L'è un democristiano ma sembra una brava persona. È un po' gobbo, tuttavia. A proposito, che ha fatto la Fiorentina?
- Pare abbia vinto ma non chiedermi cosa e con chi.
- Ma dimmi: è vero che quei mussurmani del cazzo hanno bruciato vivo quel pilota militare giordano?
- Sì, pare di sì.
- Che vigliacchi assassini. Poverino, mi sembrava tanto Cocciolone dalla faccia. Ma a lui andò meglio. Tutta colpa di Bush, ricordatelo, tutta colpa di quello stronzo americano del cazzo, ché se lo lasciavano fare al suo posto, il Saddam Hussein, non c'era tutto questo puttanaio.
- Lo so, ma’, lo so. Vuoi che scriva una lettera all'ex Direttore per ricordarglielo?
- Ma vaffanculo te, lui e Berlusconi. Va’ a casa, va’.

martedì 3 febbraio 2015

Say Ceronimo

[*]
Make this leap.

Dal diario del 2 febbraio

... così hai fatto tardi a parlare di complicanze amministrative senza senso, svilenti, illogiche, chiaramente entropiche. Finalmente hai preso coraggio e ti sei alzato dalla sala, pur costringendoti a passare davanti allo schermo che proiettava l'immagine di una cartografia cittadina.
In un lampo i tuoi passi hanno addentato il suolo addormentato sotto una lieve coltre di neve. Hai indugiato soltanto a leggere due volte un annuncio mortuario per risalire dal nome alla persona che lo portava. Gli anni, i fiori che non si devono portare, piuttosto siano opere di bene. La mano ben addentrata nella tasca del piumino ha spinto la punta delle dita nella direzione testicolare: scacciare la morte con una toccata di palle fa sempre bene, stasera poi che le hai ben piene dopo aver ascoltato dibattiti senza costrutto e spessore. 
E poi, finalmente a casa, tolte le scarpe e la giacca, un breve riassunto di una giornata da ricordare, tra cui: il racconto di una badante polacca che verteva sulla sua esperienza di cameriera d'albergo a Gioia Tauro; i leggins neri di un'infermiera in borghese che rientrava in reparto a turno finito per aver dimenticato qualcosa...

domenica 1 febbraio 2015

Que podemos?

«Gli ultimi 12 mesi sono stati quelli in cui i grandi patrimoni, dall'America alla Cina hanno scommesso sulla Spagna, con oltre 1,7 miliardi di euro di investimenti».  di Giovanni Vergezzi - Il Sole 24 Ore 
Dati 1,7 miliardi di euro di investimenti e data una popolazione di 46,5 milioni di abitanti, quanti euro investiti dai grandi patrimoni esteri in Spagna entreranno in circolo nelle vene degli spagnoli? 
Podemos calcular el cociente.

Questo problemino, presumibilmente demagogico e malposto, mi fa porre una domanda, ingenua domanda: com'è che la specie umana, che tanta parte della propria natura ha modificato nel corso della sua evoluzione, molto spesso per scampare determinate pressioni ambientali che mettevano a rischio la sua sopravvivenza, non è stata ancora capace di elaborare uno strumento, una sorta di termostato che impedisce l'accumulo spropositato della ricchezza nelle mani di pochi, un sistema, insomma, che regoli il flusso della ricchezza prodotta nel mondo, e la ripartisca a seconda dello sforzo compiuto per la sua produzione, sforzo, beninteso, indicato dall'ingegno e dal lavoro messo in atto da parte del produttore di valore?

- Quando parli di umanità, chi intendi? I capitalisti non sono umani? Non sono stati forse loro a inventare un meccanismo capace di assorbire pro domo sua il plusvalore prodotto? Qui non è più questione di strumenti di regolazione: il capitalismo è questa roba qua. La pressione ambientale che impone al pianeta presto o tardi sarà insostenibile...

Se non sai la storia

C'è un modo sicuro per raccontare una storia: saperla. Dunque, se non sai la storia, inutile tentare di raccontarla, peggio: d'inventarne una come se fosse vera, ché tanto si capisce subito ch'è falsa, quindi premettere sempre che, in ogni storia scritta e non saputa, ogni riferimento a fatti o avvenimenti realmente accaduti è puramente casuale.
È stato infatti un caso ritrovare una lettera in cui si diceva che tu mi amavi, mi amavi, mi amavi: già alla terza capii che non era vero, a quell'epoca ero fresco di catechismo. Però stetti zitto e feci finta di crederci, la speranza di un pompino era dietro l'angolo e io abbastanza maturo per riceverlo senza venirti subito in bocca come un ragazzetto qualsiasi. E difatti restasti sorpresa della durata. Io non detti peso alla cosa, restai impassibile, come qualcuno che la sa lunga e non manifesta facili entusiasmi. Dovevo difendermi in qualche modo, non dare la soddisfazione di farti capire che eri la prima a farmi scoprire certe cose, altrimenti avresti preso su di me un vantaggio incolmabile. 
Niente da fare, capisti subito che baravo, tu sì che la sapevi lunga: nonostante la durata, al climax sembravo una trota fuor d'acqua che si dibatte tra la tropp'aria e il ti amo ti amo ti amo. Te lo dissi tre volte, ti imitavo in tutto, ma invece di una gallina ci bussò al finestrino una signora sui quaranta, formosa, le tette palpitanti per la corsa affannata. «Aiuto, aiutatemi: un cane grosso m'insegue, fatemi salire vi prego, son tutta un tremito». E salì. E vide una cintura slacciata, delle labbra bagnate, degli occhi sognanti.
Non ricordo se il cane arrivò, né se riportammo la signora in paese. Ricordo però la tua mano che accarezzava piano la mia gamba per trattenere il tremito del piede sull'acceleratore.