martedì 17 febbraio 2015

Ma è pensare, questo?

6. Lui dice: « Adesso voglio uscire », poi improvvisamente dice « No », gli è improvvisamente venuto in mente che prima voleva... – Ha detto « No »; ma lo pensava anche, quel « No »? Non pensava, appunto. A quell'altra faccenda? Si può dire che ci stava pensando. Ma per far questo non aveva bisogno di esprimere un pensiero, né a voce alta né in silenzio. – Certo, più tardi avrebbe potuto rivestire di una frase la sua intenzione. Nel momento in cui ha cambiato idea può darsi abbia avuto in mente un'immagine, oppure non ha detto soltanto « No », ma una qualche parola, l'equivalente dell'immagine. Se magari prima voleva chiudere l'armadio, può darsi che abbia detto: « L'armadio! »; se prima voleva lavarsi le mani, se le sarà magari guardate storcendo la faccia. « Ma è pensare, questo? ». – Non lo so. Tuttavia in un caso del genere non si dice forse che la persona ha fatto una ‘riflessione’, ha cambiato ‘idea’?
Ludwig Wittgenstein, Osservazioni sulla filosofia della psicologia, Adelphi, Milano 1990 (pag. 322).

Per quel che mi riguarda, avverto che, durante molta parte del giorno, ho la mente occupata da questo genere di pensieri e di riflessioni che tengono la vita sospesa nell'irresolutezza, nell'attesa (di che cosa?), nel dare tempo al tempo, nel dire alla mente stessa: «Aspetta a pensare a cose serie, traccheggia, stai sul vago, non piombarmi dentro l'inquietudine, lasciami sospeso».

È chiaro che, con questi imperativi, il pensiero fluttua nell'indecisione, nel tentennamento: la concentrazione viene meno e i frutti della mente restano acerbi. Sono un immaturo, infatti. Non che non sia facile cogliermi. Essendo colto, nevvero. È il raccolto ch'è scarso (e ignudo). Tipo le olive della scorsa stagione. Meno male c'era la Grecia per ungere le ruote d'Europa.

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