venerdì 30 ottobre 2015

I nostri uomini

Non so se è interessante sapere che mentre il Partito Democratico dimette ventisei consiglieri del comune di Roma di modo che il sindaco Ignazio Marino decada per forza, allo stesso tempo, il Partito Democratico, che ha la maggioranza assoluta alla Camera dei deputati in vizio di una legge elettorale incostituzionale (il caro Porcellum) e una maggioranza relativa al Senato, cosa che gli consente di essere il principale partito di governo, immette nuovi soldati, sì da aumentarne il numero, nel contingente afgano.

Il sottosegretario alla difesa, Domenico Rossi, ha dichiarato alla Camera:
«L'Italia, da molti anni presente in Afghanistan in una missione che ha senza dubbio garantito, rispetto alle condizioni del passato, un più elevato livello di sicurezza, partecipazione democratica e progresso sociale ed economico del Paese sta completando il processo di valutazione tecnica e politica relativo all'ipotesi di proseguire nel proprio impegno. Dall'esito di tali valutazioni il Governo informerà tempestivamente il Parlamento, così come sempre avvenuto, per consentirgli di poter esercitare le prerogative di competenza. L'eventuale disponibilità del Paese a continuare la missione dovrà comunque tenere conto delle valutazioni e delle decisioni che saranno collegialmente prese in ambito NATO fin dai prossimi incontri. Solo in tale sede, infatti, sarà possibile valutare e pianificare le esigenze da soddisfare e le misure più opportune da adottare da un punto di vista operativo e, soltanto in conformità a tali valutazioni, anche l'Italia potrà meglio individuare il contributo da rendere disponibile. Ogni soluzione, comunque, terrà conto delle sempre prioritarie esigenze di tutela della sicurezza dei nostri uomini»
Infatti: i “nostri uomini” sono più al sicuro a Kabul che al Campidoglio.

Intanto, il cardinale Angelo Bagnasco, ha così commentato la vicenda della decadenza forzata dell'ex sindaco Ignazio Marino:
«Roma ha bisogno di un'amministrazione, della guida che merita, perché è una città che merita moltissimo, specialmente in vista del Giubileo che è alle porte. Ci auguriamo che Roma possa procedere a testa alta e con grande efficienza»
Specialmente in vista del Giubileo che è alle porte, i nostri uomini del Partito Democratico affideranno la guida della città a un Commissario, il Gabrielli visto che lo è già[*], con pieni poteri democratici, sul tipo degli stessi che tengono di diritto in piedi questo simpatico governo del fare.
Che tipo di fare è meglio non dire perché sarebbe come azionare in una cloaca un ventilatore.

Quando c'era Berlusconi riuscivo bene a sfogare quella sorta di rabbia che naturalmente scaturiva dalla vicende politiche dell'epoca. Adesso la rabbia non c'è più, o se c'è resta carsica, perché è un sentimento troppo nobile da spendere per l'attuale, clamorosa ignominia.

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 [*] Previsione Tronca.

Ricordati di ricordare

« La missione dell'uomo sulla terra è ricordare... Perché ridemmo così sgangheratamente quando gli uscì di bocca questa frase? Fu l'aria che aveva quando la pronunciò, la bocca mezza piena e la forchetta sospesa a mezz'aria come un lunghissimo indice? Era troppo sentenziosa per quella tranquilla giornata di pioggia, per quel sordido, insignificante ristorante ai margini del tredicesimo arrondissement?
Ricordare, dimenticare, decidere quale dei due. Non abbiamo scelta, ricordiamo tutto. Ma dimenticare per ricordare meglio, ah! Passare da una città all'altra, da una donna all'altra, da un sogno all'altro, senza curarsi né di ricordare né di dimenticare, ma sempre ricordando, eppure non ricordando di ricordare […]
A volte mi basta toccare il guanciale perché riaffiorino le scene più incantevoli. Si formano dietro la retina come ragnatele. Dalla cantina al solaio sono tutto una tela scintillante d'incanto visivo. Chiudendo gli occhi, mi lascio strangolare da autentici festoni di ricordi. Li porto già perché siano rimessi a posto dal tirannico psicopompo chiamato Metamorfosi […] »

Henry Miller, Ricordati di ricordare, (1947), Einaudi, Torino 1965 (traduzione di Vincenzo Mantovani).

Una volta, diciamo all'inizio, quando cominciai per la prima volta a riflettere sui vissuti, pensavo anch'io che ricordare fosse uno dei compiti principali del vivere. Poi, gradualmente, ho cambiato idea, non tanto sul ricordare quanto sulla missione. Una parola che non mi piace. Mi sa tanto di religioso e di militare, due attività umane che ingabbiano i vissuti nei perimetri della fede.
Ricordare non è dunque una missione, né un compito. È una vana lotta contro il secondo principio della termodinamica. Tipo respirare. Finché esiste aria per farlo, si ricorda. Ho cambiato verbo apposta perché i vissuti si inspirano e i ricordi si espirano. Anidride carbonica, c'est tout. Si potrebbe metaforicamente proseguire con la fotosintesi, ma non è il caso, no, ora che è autunno.


mercoledì 28 ottobre 2015

Fate la nanna coscine di pollo.

Mi dà una certa ebbrezza con l'auto fare tunnel ai rospi che attraversano la strada, sì come tanta tristezza mi prende se disgraziatamente ne arroto qualcuno, soprattutto udendo quel rumore sordo e goffo che non rende grazia all'élan vital del rospo in circolazione.

***
La carne di rospo com'è classificata? Verde? E quella umana è carne rossa? Dipende dalla razza? I visi pallidi sono come polli da batteria? 

***
Gente che fa dell'ironia indignata sul fatto che abbiano hanno dato 24mila euro a Varoufakis per l'intervista a Fazio. Ché li ha estorti con un diktat?

martedì 27 ottobre 2015

Chercher? pas seulement: créer

« Je pose la tasse et me tourne vers mon esprit. C'est à lui de trouver la vérité. Mais comment? Grave incertitude, toutes les fois que l'esprit se sent dépassé par lui-même; quand lui, le chercheur, est tout ensemble le pays obscur où il doit chercher et où tout son bagage ne lui sera de rien. Chercher? pas seulement: créer. II est en face de quelque chose qui n'est pas encore et que seul il peut réaliser, puis faire entrer dans sa lumière. » Marcel Proust, Du côté de chez Swann

Posata la tazza dell'orzo solubile (gusti rozzi, ne convengo) mi rivolgo al mio spirito e gli domando se se la sente di trovarmi una verità, anche mezza, per stasera.
«Intanto vai svuotare la vescica, ché dopo si ragiona meglio».
Grave distrazione, la mia: tutte le volte che lo spirito sarebbe potenzialmente pronto a superare se stesso e portarmi in una dimensione conoscitiva superiore, ecco che lo tengo occupato con impellenze corporali inopportune che lo trattengono a terra, come una zavorra. E dire ch'ero così vicino a cogliere le significanze ammonticchiate del mio io interiore, tal quali alle paia di mutande e ai calzini scombinati del mio guardaroba.
«Cercare in cotesta confusione? Già tanto sarebbe rammendare» osserva, critico, il mio spirito le non infrequenti sdruciture d'animo che lo contraddistinguono.
Essere davanti a qualcosa che ancora non si è affacciato e che soltanto io, cioè tu, potrai far affacciare affinché sia conosciuto anche da te, sotto questo balcone a contemplare la meraviglia del già scritto.

lunedì 26 ottobre 2015

Carni riposate


Sarebbe interessante sapere dai supermercati che andamento avranno le vendite delle carni lavorate la settimana ventura; e altrettanto interessante sarebbe che questo dato venisse confrontato coi risultati ottenuti dallo stesso comparto la settimana precedente.

Siccome è facilmente prevedibile un calo delle vendite, sarebbe curioso dipoi conoscere verso quali diversi generi alimentari si orienteranno i consumatori. Energia cosmica compresa.


domenica 25 ottobre 2015

Una storia da raccontare



Avevo un amico, più vecchio di me, che beveva e fumava così. È morto, un cancro alla gola. Avevo un amico e, nonostante non fosse un intellettuale e leggesse soltanto la Nazione e parlasse quindi soltanto di cronaca e di sport, lo stavo ad ascoltare volentieri, molto volentieri, perché non era importante per me quello che diceva, ma come lo diceva, quanta parte di sé metteva in scena parlando, quanta vita consumata narrava. E ripeteva, ripeteva sempre le stesse cose, le stesse storie e io facevo finta di non averle mai ascoltate, mi piaceva sentirle dando l'impressione che fosse la prima volta, e in un certo senso lo era perché ogni volta si rinnovava il piacere dell'ascolto. Poi, a un certo punto, le quaranta sigarette (unite forse al vino da tre soldi) gli tolsero la parola. Fu operato e perse la voce. Gli restava soltanto un gracchio in gola e per capire quello che diceva bisognava osservare attentamente i movimenti delle labbra. Sembrava una rana o un pesce quando parlava e io non lo capivo più, faticavo a seguirlo e, peggio ancora, provavo come una sorta di fastidio ad ascoltarlo, era più forte di me. Mi dispiaceva, non lo facevo apposta, non riuscivo più a comprendere quello che mi raccontava, né ci mettevo la medesima partecipazione. Mi affidavo alla memoria delle storie già raccontate, ai gesti, alla sua intramontata mimica facciale. Delle volte s'incazzava pure perché facevo finta di aver capito, quando invece avevo capito fischi per fiaschi. Fatto sta che dopo un po' mi faceva fatica stare a sentirlo. Io avevo poco da raccontare, come sempre, la nostra amicizia si era sviluppata così: con lui che parlava e io che ascoltavo. E ora lui non aveva più voce e io non avevo più orecchie. Era diventato meno piacevole stare insieme, sia per lui che per me. 
Poi un giorno, era luglio e faceva un gran caldo, gli prese una gran febbre e fu ricoverato d'urgenza a Careggi. L'ultima volta che l'ho visto era disteso in un letto della sala di rianimazione, con un polmone artificiale che lo faceva respirare al posto suo. Aveva la faccia perfettamente pulita e serena. Sorrideva quasi, e sotto le palpebre chiuse mi sembrava scorressero i sottotitoli di un'ultima storia da raccontare. La sua.

sabato 24 ottobre 2015

Nichi il necroforo

Non per mettere in dubbio quanto asserito oggi da Nichi Vendola:
«Il centrosinistra non c'è più, è stato ucciso da Matteo Renzi»,
ma per completezza d'informazione è doveroso aggiungere che Renzi non ha fatto altro che uccidere un defunto; ricordiamoci quante riforme simpaticamente mortifere sono state fatte in Italia nei begli anni gioiosamente funebri di Prodi, D'Alema, Amato e poi ancora Prodi: dalla Sanità alla Scuola, dalla Giustizia alla Difesa, dalla Pubblica Amministrazione ai Beni Culturali tutte cose magnificamente imbalsamate, tanto che, se non ci fossero state nel mezzo le parentesi governative berlusconiane, l'Italia sarebbe diventata la Penisola Scandinava (con gli italiani sempre affetti dalla sindrome di Stoccolma).

Epperò è vero: Renzi non ha avuto alcun riguardo nel cacciare un punteruolo in petto alla salma. Su questo Vendola ha ragione: vile, dunque, il Renzi ché ha ucciso un (?) morto.

Nondimeno, sarebbe bene che Vendola (esponente di spicco del fu centrosinistra) - in base alla precettistica evangelica - si mettesse a seppellire il cadavere.

venerdì 23 ottobre 2015

Netflics


Aggiungo soltanto che Éloge de la Fuite est l'un de mes livres de chevet.
E che il film si trova anche doppiato in italiano (purtroppo, chi l'ha caricato ha disattivato il codice da incorporare per la condivisione).

Se vi va, buona visione.

giovedì 22 ottobre 2015

Filosofia della gestione

«Di questo nesso tra teoria e politica si sente oggi la mancanza.
Ma è finito, è finito completamente. Questo è vero non solo per l’Italia. [...] Forse perché è venuta meno la centralità della politica. Perché questa non è una crisi della filosofia secondo me, ma una crisi della politica. Siamo in una dimensione in cui la politica non conta più nulla, non ha più in mano la gestione del mondo e allora diventa tecnica amministrativa. Forse non si tratta di un venir meno della filosofia quanto proprio della politica.» via

Compito di un filosofo (teoretico o politico che sia) dovrebbe essere quello di indagare perché avvengono certi fenomeni, come si determinano i cambiamenti, come si sciolgono i nessi, in questo caso il motivo per cui la politica non conta più niente.
Una volta accantonato, storicizzato, Marx - dopo averne fatto cattivo uso, tra l'altro - mica gli passa in mente al filosofo Cacciari che la teoria marxiana è l'unica in grado di spiegare le ragioni per cui la politica non conta più nulla, ovvero conta solo nella misura in cui riesce a garantire gli affari dei gestori del mondo, i cui interessi sono chiari: D→D', ossia dal Denaro ottenere più Denaro, con - ancora, a tratti - la mediazione della Merce. È questo lo scopo finale dei gestori, più che altro del soggetto automatico capitalista che ha imbrigliato l'azione umana in questa logica assurda. 
E questo punto fondamentale, dirimente, viene sistematicamente ignorato e quindi escluso e dalla politica e dalla filosofia forse perché, come osserva Cacciari:
«in Marx vi era una critica dell’economia politica dalla quale non si poteva dedurre la dimensione più propriamente politica»
La politica di stocazzo: indeducibile, infatti.

Altri esercizi

Giornata lunga. Tardino. Non mi sono messo in pari con letture e pensieri, ho da farmi pediluvio, filo interdentale, disciogliere la mente nel sonno, riposarmi: ce la farò a scrivere due o tre cose sensate a commento di un passo dell'editoriale di Gustavo Zagrebelsky pubblicato su Repubblica di oggi?
«A modellare una società in senso democratico, non basta però che i diritti siano riconosciuti. Occorre che siano esercitati. Che cosa contano, se non se ne fa uso? È forse libera una società in cui alla scienza, all’arte, all’insegnamento, alla stampa, ecc., è riconosciuto il diritto di essere liberi, se poi gli scienziati, gli artisti, gli insegnanti, i giornalisti rinunciano a farne uso? Lo stesso è per il diritto di voto. È forse democratica una società in cui tutti i cittadini hanno il diritto di votare, ma non ne fanno uso? È democratica una società in cui la maggioranza rinuncia ad esercitare il proprio diritto di voto? Non sono costretti a rinunciare da leggi antidemocratiche; lo fanno volontariamente. Ma è forse questo meno grave? Al contrario, è più grave, poiché la rinuncia volontaria all’esercizio del primo e basilare diritto democratico sta a significare che la frustrazione della democrazia è stata interiorizzata, è entrata nel midollo della società.»
No, non ce la faccio a stare sul pezzo.
Ascoltavo la Vita di Galileo di Brecht alla radio e a un certo punto ho sentito la voce di Strehler-Galileo dire che lui riusciva a fare scienza soltanto se aveva la pancia piena, se aveva ben mangiato e ben bevuto, altrimenti non riusciva a fare matematica, fisica, astronomia.
Fottuto materialista che sono, anche se mangio e bevo poco al confronto.
La finzione dello Stato borghese, dentro la quale siamo cresciuti ed educati, ha di fatto palesato la valenza «del primo e basilare diritto democratico». Rinunciare a votare sotto questo cielo è un atto altamente politico e finemente democratico. Non è frustrazione, anzi: è cercare di togliere, in maniera  assolutamente pacifica, legittimità al potere. È liberarsi da un ricatto: quello dell'esercizio di un diritto-dovere posto a fondamento di un patto sociale che non sta più in piedi, che occorre rivedere, riformulare, ridiscutere, ri...
Avevo detto che avevo cose più urgenti da fare.

martedì 20 ottobre 2015

Il vero è un momento del falso

Guy Debor, La società dello spettacolo, Parigi 1967, (traduzione italiana 1974, volume di editore senza nome - davvero! - trovato in un vecchio fondo di biblioteca comunale).

Uscirne. Da questa società spettacolare.
Da quale porta, in vita rimanendo? Monasteri, monadi? 
Sono un mona.
Lo sapevo.
Da un punto di vista del peso politico, dello spettacolo (non solo letterario), a Erri De Luca conveniva essere condannato.
Forse ne avrebbero giovato anche i no-Tav.
Pensa il clamore internazionale sulla eventuale sentenza di condanna.
Di sicuro, candidatura ufficiale a nobel.
Immagina: Bernard-Henri Lévy che imbocca trafelato il Tunnel del Monte Bianco a bordo di una Lexus ibrida, arriva a Torino e si toglie la camicia davanti al tribunale.
Vive la libérté!
In una società dalle cosiddette radici cristiane i martiri o sono condannati o non sono.
I giudici queste cose le sanno. Sanno, cioè, che è preferibile vittimizzare anonimi invisibili e non spendibili (come causa, essendo cause perse), anziché nomi visibilissimi, nomi spettacolari.
Sarò stringente: sono contento che Erri De Luca non sia stato condannato anche perché, in virtù dello stare decisis, qualora in quanto blogger dicessi pubblicamente che è legittimo e necessario sabotare opere pubbliche tipo la Tav, gli inquirenti non mi rompano i coglioni e vadano affanculo camminando saranno pregati di andare a inquisire da un'altra parte e non disturbarmi.

lunedì 19 ottobre 2015

Attenzione battaglione

Euronews

«La piccola e instabile Cerasia dell’Est è stata invasa dal vicino stato di Kamon in un conflitto strategico per le risorse idriche che rischia di coinvolgere il mondo intero. La Nato interviene con una missione militare lampo per ristabilire gli equilibri geopolitici della regione. Non parliamo di un videogame di guerra o di una trama hollywoodiana, ma dello scenario fittizio di “Trident Juncture 2015”, la più grande esercitazione della Nato dal 2002, con 36mila militari da 30 paesi, 190 aerei e 60 unità navali, che coinvolgerà anche la base militare del 37esimo stormo di Trapani Birgi. Da mercoledì 21 sino al 6 novembre, circa 500 militari italiani, oltre 200 stranieri, 30 aerei tra caccia F16 greci, polacchi e canadesi, Amx, Eurofighter, Tornado italiani e un C130 da ricognizione canadese, saranno attivi nello scalo trapanese che aveva già fornito supporto strategico per il conflitto in Libia del 2011. La scelta di Trapani "è stata presa in considerazione per motivi eminentemente logistici, operativi e di distanze percorribili per ottimizzare le risorse a disposizione", fanno sapere dall’Aeronautica Militare.» Repubblica.

Problema:
Quale sarà l'obiettivo da depilare in Cerasia?

Dati generali:
36.000 militari da 30 paesi.
190 aerei
60 unità navali

Dati peculiari la base di Trapani Birgi:
500 militari italiani
200 militari stranieri
30 aerei da caccia: F16 (greci, polacchi, canadesi), Amx, Eurofighter, Tornado italiani
1 C130

Soluzione:
Speriamo che su Marte ci sia acqua davvero.

domenica 18 ottobre 2015

Questioni balcaniche




Through eroticism, the human attempts to make himself equal with the gods. In Balkan folklore, men and women sought to preserve indestructible energies through the use of the erotic. They believed that erotic energy was something non-human that could only come from higher forces. 

Various explicit acts were performed for a variety of purposes; to promote the growth of crops, to heal a sick child, to protect against evil spirits and so forth. 

Abramovic's interest lies in what can be learned from these ancient traditions viewed now in a contemporary context.


Rare volte, svincolato da qualsivoglia tradizione, è successo che, in solitaria, preso da un irrefrenabile impulso di manifestare energia erotica, mi sia ignudato, ad esempio in una radura boschiva ricolma di giacinti e tarassachi (e punteggiata da innocui bombi indaffarati) - e tuttavia mai, in quei frangenti, ho pensato di stabilire un contatto con gli dèi ulteriori; per contro, richiamavo alla mente una dea particolare, la stronza che se n'era andata e m'aveva lasciato con tutta quella voglia addosso, la stessa che di tanto in tanto mi aveva sussurrato, inorgogliendomi, di sapere di millefiori. E in un trionfo di desiderio e di rimpianto mi esprimevo con l'unico linguaggio possibile: quello delle mani. A terra no, non mi ci buttavo più: mi ero stufato delle zecche.

sabato 17 ottobre 2015

Gianrobertus


Un'oretta fa, sul palco del Raduno del Movimento Cinque Stelle, Gianroberto Casaleggio, con un paletot grigio e un paio di sneaker di marca, leggendo i suoi appunti, a un certo punto ha detto che il giorno in cui il Movimento sarà al governo il loro sarà un programma pluriennale, perché per governare seriamente ci vuole programmazione, solo con la programmazione si può, per esempio, prendersi realmente cura del territorio per far sì che non si ripetano le alluvioni come quelle occorse - è cronaca di questi giorni - a Olbia, a Taranto, a Benevento, 
«come potrebbe accadere un domani anche qui a Imola».
Il pubblico - iscritti e simpatizzanti del Movimento - è rimasto in silenzio per una trentina di secondi: era impegnato nella più grande toccata di palle collettiva della storia.

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A parte.
Gianrobertus mi fa pensare a

venerdì 16 ottobre 2015

Rebus

« Perché, nonostante la tendenza storica all’oligarchia, i lavoratori sappiano sempre meno di esserlo, è forse possibile arguire da varie osservazioni. Mentre, oggettivamente, il rapporto dei proprietari e dei produttori all’apparato produttivo si consolida e diventa sempre più rigido, la soggettiva appartenenza di classe diventa sempre più fluttuante. Questo processo è favorito dall’evoluzione economica stessa. La composizione organica del capitale esige, come è stato spesso constatato, il controllo di dirigenti tecnici piuttosto che quello dei proprietari. Questi erano, per cosi dire, la controparte del lavoro vivo, mentre quelli corrispondono alla quota delle macchine nel capitale. Ma la quantificazione dei processi tecnici, la loro suddivisione in minuscole operazioni, largamente indipendenti dalla cultura e dall’esperienza, fa della competenza dei nuovi dirigenti - in larga misura - una pura illusione, dietro la quale si nasconde il privilegio dell’ammissione. Il fatto che lo sviluppo tecnico ha raggiunto una fase che consentirebbe letteralmente a tutti di esercitare tutte le funzioni, questo elemento potenzialmente socialista del progresso è sottoposto, nel tardo industrialismo, a un travestimento ideologico. L’accesso all’èlite sembra aperto ad ognuno. Si attende solo la cooptazione. La qualifica consiste nell’affinità, dall’adesione libidinosa al mestiere, attraverso un sano spirito tecnocratico, fino ad un’allegra Realpolitik. Esperti, si, ma esperti solo del controllo. Il fatto che tutti potrebbero diventarlo, non ha condotto alla loro fine, ma alla possibilità - per ognuno - di essere chiamato. Viene preferito chi si adatta meglio. Certo, gli eletti restano un’infima minoranza, ma la possibilità strutturale basta a mantenere con successo l’apparenza di una chance uguale nel sistema che ha eliminato la libera concorrenza, che viveva proprio di quell’apparenza. Il fatto che le forze tecniche consentirebbero lo stato senza privilegi, è considerato tendenzialmente da tutti, anche da quelli che sono in ombra, come un argomento a favore dei rapporti sociali che ne impediscono l’avvento. In generale, la soggettiva appartenenza di classe dimostra oggi una mobilità che fa dimenticare la rigidezza dell’ordine economico: ciò che è rigido è sempre, nello stesso tempo, ciò che si può spostare. Anche l’impotenza del singolo a prevedere il proprio destino economico contribuisce a questa consolante mobilità. Della caduta non decide l’inabilità, ma una struttura gerarchica impenetrabile, in cui nessuno, forse neppure le somme sommità, può sentirsi sicuro: uguaglianza sotto la minaccia. Quando, nel film di successo dell’anno, l’eroico capitano-pilota torna per farsi tormentare come drugstore jerk da caricature di piccoli borghesi, non soddisfa soltanto l’inconsapevole malignità degli spettatori, ma li conferma nella coscienza che tutti gli uomini sono veramente fratelli. L’estrema ingiustizia diventa la falsa immagine della giustizia: la degradazione degli uomini il simbolo della loro uguaglianza. Ma i sociologi si trovano di fronte alla questione ferocemente comica: dov’è il proletariato? »

T.W. Adorno, Minima moralia, (124.), Einaudi editore, Torino 1954

Il brano sopra riportato è posto in diretta continuazio [continuazione]

Update, sabato 17 ottobre
Ieri sera ho lasciato a metà la frase suddetta: chiedo venia. Sono crollato dal sonno. L'artigianato bloggheristico non prevede caporali che ti alzino a forza le palpebre. Insomma: il brano di Adorno - come ha ben commentato sotto Lo Zittito - «parla di noi». I lavoratori - per esteso: i proletari - sanno sempre meno di esserlo. Quello che, secondo il curatore o il traduttore einaudiano dell'opera adorniana annotava alla parola “proletariato” - «È chiaro che l'Autore pensa soprattutto alla società americana» - vale per società globale tout court.
In seguito, se avrò voglia, in un post successivo cercherò di commentare il brano frase per frase.

giovedì 15 ottobre 2015

Faraoni



Poi si può parlare delle buche nell'asfalto, della riforma costituzionale, degli scarichi delle Volkswagen, di tutto. Ma se in questo "tutto" manca lo sguardo verso la cima dell'Olimpo, manca tutto. 
Una volta i mortali avevano un rapporto cogli immortali: li nominavano, li pregavano, a essi si raccomandavano e sottomettevano apertamente. E la mediazione tra cielo e terra operata dai chierici funzionava. Adesso, invece, i mortali fanno finta che gli dèi non esistano, che siamo tutti uguali di fronte alla legge, tutti sovrani. Sovrani. 
I chierici, d'altro canto, sono diventati soltanto dei parafulmini al servizio degli Invisibili, degli Innominabili, di Entità astratte che rifiutano le preghiere dei mortali e restano pure insensibili dinnanzi ai loro atti di devozione e ai sacrifici. 
Stare in alto o in basso è tutta una questione di natura: in cima arrivano e stanno esclusivamente i meritevoli e i predestinati.
Facciamogli un applauso.

mercoledì 14 ottobre 2015

Come un'onda

È bene che io lasci il corpo occuparsi da solo di se stesso, almeno qualche giorno, mi lasciasse stare, con questi richiami continui della fame della sete della voglia di certe mani che lo prendano e lo impastino per farlo lievitare come i monaci che digiunano negli altipiani del Pamir.
Abbandonarlo purtroppo non posso, ché oramai ha deciso da sempre di seguirmi come un'ombra. Ho provato anche a respingerlo fisicamente, a cantargli, da stonato, fatti più in là, uh uh: tutto inutile. La mattina il fratello Bandiera mi porta sempre dritto sulla tazza del cesso per orinare, la bocca a bere succo di mirtillo ristoratore e quindi a manducare distrattamente la solita colazione accompagnata da un caffè. Quante albe tutte uguali e non dico il resto passato al suo servizio.
Oh come vorrei che per qualche settimana egli si dematerializzasse, diventasse completamente aereo, incorporale, e lasciasse libera la mente di galoppare dove più ella desidera, sola finalmente, a esprimersi in purezza, senza contaminazioni corporali, senza quegli incavi profondi che la legano alla terra, alla carne, allo sperma.
La mente senza corpo non si consuma non deve più niente al ricambio organico, alla resistenza contro la consumazione. La mente da sola fa un passo fuori dal tempo, diventa pura comunicazione…
Ma che cazzo sto dicendo? Che cosa vuoi comunicare senza il corpo? Prefigurare un destino robotico che sperimenti la voglia opposta di carne e di saliva? È così bello mettersi una mano tra le palle e non pensare a niente, grattarsi, cosa che equivale a pensare soltanto a ciò che il corpo pensa, di sé, del suo stallo, del suo inavvertito avanzamento nel tempo.

Dunque, ricominciamo daccapo: è bene che lasci la mente sola a occuparsi di se stessa, per farla riposare, per farla non pensare a niente se non a pregustare quei piccoli piaceri che il corpo chiama per sentirsi meglio, per ricordare quello che è e che riesce a dare a sé e, passasse il caso, agli altri che lo sanno intercettare.

martedì 13 ottobre 2015

Frammento di politica

......
......
......
......
......

Il bruco contorsionista

e blatta e rospiciattolo
in quella sua merdosa gimkana di distinguo
per scartare il fetore
di tutti i morti ammazzati dalla sua parte

Che vedi - ti spiegavo

contarli a milioni non serve
perché anche immenso il numero è astrazione
mentre ogni vita presa ad una ad una
è irripetibile opera d'arte

La spia il delatore che tuteggiavo

per equivoco di buon cuore
quando sapevo che il mio dovere morale
con in pugno la Walther calibro nove lungo
era sparare.

Giovanni Giudici, O beatrice, Mondadori, Milano 1972

Il Senato s'è morto. Ammazzato.
Amen.

Impostazioni

Il castello di carte del capitale.
Le aziende, che si quotano in borsa vendendo gioiosamente le proprie azioni, dovrebbero ricordarsi che:

  • Stanno vendendo se stesse.
  • Il capitale morto su cui depositeranno la ricapitalizzazione è uno zombie che mortificherà il nuovo denaro fresco.
  • Dovrebbero ragionevolmente mettere in conto di restituire quandunque i soldi incassati dagli azionisti qualora quest'ultimi li rivolessero indietro per ottenere un guadagno o per impedire una perdita.
  • Il vento soffia dove vuole.
Inoltre, va osservato che per le aziende a partecipazione pubblica dovrebbe essere previsto un eventuale ritorno anche per il pubblico, ricavato dagli eventuali guadagni ottenuti dall'operazione di vendita.
Troppi "dovrebbe".

lunedì 12 ottobre 2015

Alla berlina


Festa grande per i single.

Si vede che una volta leggevo Cuore.

A parte ciò.

Stamattina ho sentito cinque minuti Gian Antonio Stella a Prima Pagina, Radio Tre, rispondere a un ascoltatore - il quale era intervenuto sulla situazione in Turchia, osservando che la responsabilità dell'Europa è enorme nel non aver ostacolato (boicottato) la politica di Erdogan - che, è vero, «Erdogan è un lupo travestito d'agnello» che «alla lunga ha l'obiettivo di trasformare la Turchia in qualcosa di diverso, mille miglia lontano da quello che era stato fondato da Ataturk. Però c'è poco da fare: che cosa fai? Purtroppo la Turchia ci mette davanti alla nostra [di europei] impotenza, a prescindere dalla lentezza d'intervento dei leader occidentali. Che fai?». 

Aspetta Stella che ti dico cosa fare, così poi magari lo dici in diretta domani mattina (oppure lo scrivi sul Corsera).

«E l'orgoglio deriva dal fatto che questa [la Nuova Fiat Tipo] è una quattro porte completamente nuova, "concepita fin dall’inizio come berlina a tre volumi, secondo il concetto "Born to be Sedan", che permette di esaltare le forme bilanciate del design italiano garantendo personalità senza compromessi sulla funzionalità" spiegano proprio al centro stile Fiat italiano, dove la macchina è nata per poi essere prodotta nello stabilimento Tofas a Bursa (nascono qui le Linea, Qubo , Nuovo Doblò, Fiorino e Doblò Cargo) uno dei più innovativi siti industriali del mondo come attesta la medaglia d'Oro World Class Manufacturing,».

Hai capito Stella cosa si potrebbe fare? Come, non sai che Bursa (anticamente Prusa) è una ridente città industriale della Turchia, situata a sud del Mar di Marmara e appoggiata alle pendici del Monte Uludağ? E quindi? Quindi uno va a prendere per il bavero quel gran genio col golfino che lavora acca ventiquattro tra Detroit e Blonay e gli dice: «Senti bellino, perché non andate a produrla a Mirafiori o a Melfi la nuova berlina tre volumi Treccani, data la linea enciclopedica?». 
Dici, o Stella, che non si può fare e, forse, nemmeno dire? Allora, la prossima volta, evita la domandina retorica («Che fai?») che presume che non ci sia una risposta, perché, come vedi, una risposta c'è: che l'Unione Europea imponga alle industrie che hanno sede legale in Europa di trasferire i loro siti produttivi ubicati in Turchia altrove, per esempio in Armenia. Vuoi vedere che in una settimana Erdogan fa Baglioni?

domenica 11 ottobre 2015

Quando uno scrive

Dunque, quando uno scrive s'immagina di avere davanti un lettore foss'anche solo se stesso. Altrimenti non scriverebbe se non fosse obbligato da qualcuno a scrivere, come a scuola quando gli studenti devono scrivere testi per i maestri e i professori. 
Dunque, se uno scrive, scrive di proposito, avendo in mente un destinatario. Anche il confine ristretto di un diario privato è, a mio parere, una scrittura pubblica. Perché scrivi sapendo che ti rileggi, per forza ti rileggi, sennò non scrivi e se scrivi senza rileggerti scrivi comunque cazzate anche se fossero scritte da Joyce.

La scrittura è insieme specchio e finestra: ti guardi e sei guardato.

Io qui dentro, da circa otto anni, mi specchio e mi affaccio. Mi guardo e sono guardato. È chiaro che qui è chiamato in causa un giudizio. Il mio, severo, dice: hai perso, stai perdendo sostanzialmente tempo, anche se è un perderlo indispensabile perché - ecco perché giudico severamente il mio esercizio quotidiano - altrimenti non sapresti come esprimere te stesso al mondo là fuori, senza la mediazione del quotidiano, la gratificazione che si ricava dai rari applausi che ogni tanto senti arrivare, lontani e poi il silenzio, e quindi di nuovo in scena, nuova rappresentazione, forse nuovo applauso... un teatrino, insomma. O anche - e, in questo caso, il giudizio è bonario - il tentare di ordinare i pensieri altrimenti disordinati, spersi in balia del quotidiano, che danno una definizione del mondo e dell'epoca in cui vivo. Una specie di testimonianza per improbabili posteri, insomma.

Comunque sia, non mi obbliga nessuno, tranne me stesso, la stessa persona.

C'è una parte buona: il fatto che non devo onorare alcun contratto verso chicchessia. 

Penso a certi scrittori che pubblicano a cadenza regolare romanzi o saggi o che cazzo ne so, e cosa ne esce fuori, massimamente irrispettosi di se stessi e dei lettori. Hanno allevato lettori così. Vendono quattrocentomila copie. Bravi bravi bravi.

Ora capite cosa abbia provocato questo post sconclusionato. Ho visto Serra presentare il suo nuovo romanzo da Fazio, Ognuno potrebbe, Feltrinelli. Non avrei scritto niente su questa presentazione se non avesse letto una pagina. Ascoltandola, ho immaginato le facce dei lettori che accorreranno ad acquistare il libro e ho provato un certo imbarazzo. Per l'autore e per i lettori. Per l'autore perché si compiace di rivolgersi a lettori che apprezzeranno la trama, lo stile, la caratterizzazione dei personaggi di siffatto libro. Per i lettori che si compiaceranno di trovare nel libro parole e situazioni alle quali avevano anche loro pensato ma che non avevano mai espresso, ma che sagoma, ma che genio questo Serra, eh

Ecco perché scrivo: perché io non sono uno di quei lettori e non sono uno di quegli autori. Chiunque io sia, testimone della mia epoca o no, sappiate che io non c'entro. Sto parlando ai posteri.

Aria in bottiglia


Stamani mi sono alzato con un certo piglio imprenditoriale. Siccome appartengo a una generazione che tutto farà fuorché liberarsi di un sistema economico e produttivo schiavo del denaro, bisogna pure che qualcosa intraprenda anch'io, che la produca e che la venda, visto che non ho mai intrapreso, prodotto e venduto un cazzo (a parte, di tanto in tanto, una certa quantità di forza lavoro e poco più).
L'idea m'è venuta stamattina, raccogliendo marroni in un castagneto vicino casa, sotto un cielo prevalentemente grigio con qualche squarcio d'azzurro che si apre tra la coltre di nubi in movimento. Soffia un grecale discontinuo e dal terreno sale una miscela di odori: muschio, timo, tannino, funghi che fanno capolino tra le foglie lanceolate dei castagni. Che aria buona, che bel respirare.
Ecco l'idea - e so benissimo che non è un'idea inedita: imbottigliare quest'aria boschiva in delle bombolette spray, venderla nelle farmacie e nei supermercati delle varie città del mondo soffocate dallo smog, città che richiamano alla revisione le Volkswagen nuove di pacca e invece tengono ancora accesi e in circolazione motori euro -2 e -12, persino le apine piaggio e gli scooterini due tempi che friggono il respiro con quella fetida benzina frammista a olio...
Prima che me lo scippino la Nestlè o la Coca Cola o la Glencore, mi metto hic et nunc alla ricerca di finanziatori del progetto. In buona sostanza: c'è qualcuno disposto a cacciare li sordi ché, temo, le banche commerciali e i crediti cooperativi non saranno propensi a scucire quelle cento o duecento mila euro per avviare la produzione? Si accettano danari anche da parte di qualche dirigente della Buitoni, già benefattore [*], dal suo buen ritiro svizzero.

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[*] È davvero penoso che non sia lo Stato (o, in sua vece, un Ente Locale) a finanziare in prima istanza e per intero un capolavoro dell'arte rinascimentale.

Un Massaro stanco

sabato 10 ottobre 2015

Lo schifo de La Repubblica



Anche il motore della macchina della merda, se si tiene pigiato troppo l'acceleratore, va fuorigiri e sparge nell'aere un tanfo nausebondo.
Mandano un inviato a fare un'inchiesta giornalistica a gesùmmorto per capire adesso se il sindaco di Roma aveva commesso delle malefatte più di dieci anni fa, quando era chirurgo. Presumo che il prossimo passo sarà mandare un inviato dall'ostetrica che annodò l'ombelico del piccolo Ignazio, per sapere se di nodi ne fece due. Gli sprechi della malasanità.

Comunque, bando all'ironia. Siamo in presenza di un giornalismo da testedicazzo. E siccome Marino è persona garbata e non lo farà, lo faccio io, da qui, dato che mi cresce un'ingente salivazione dovuta allo sdegno: vado a sputare in giardino su una foglia di fico dalle fattezze di Ezio Mauro. E vadano affanculo lui, Scalfari e De Benedetti. E tutti gli editorialisti che non si dissoceranno da siffatta impresa. 

P.S.
Della vicenda in sé ho letto poche cose, per via della nausea. Ho tuttavia apprezzato questo riassunto.

venerdì 9 ottobre 2015

Shelf marketing

«Tanto lo so poi come vanno a finire certe cose.»
Hai ragione, lo sai.
Io, invece, non so se lo so, ma cerco di immaginarlo. Due corpi che, presi da un reciproco desiderio di conoscersi, si danno, si dannano, si intrecciano, dipendono per un certo frangente l'uno dall'altro e viceversa e poi si rendono, si riprendono, si slacciano, tornano alla propria indipendenza, allo specchio, a quella vaga, gratificante sensazione di esser stati all'altezza, di essere esistiti, di aver tratto, in breve lasso di tempo, quanto più nettare possibile dalla vita, oppure presi da una graffiante delusione per aver perso tempo, per aver   non si sa bene contro chi o che cosa  peccato, verso se stessi, sicuramente.
Quindi, hai ragione:
«Tanto lo sappiamo poi come vanno a finire certe cose.»
Sì, nella spazzatura.

Tuttavia – sappilo – noi, se siamo qui, e ci guardiamo negli occhi, è perché abbiamo imparato a riciclare certe cose. Certe cose non possono finire sotterra, dimenticate, impoverite, come l'uranio. Certe cose arricchiscono la vita, infondono in essa quella sorta di radiazioni che danno, per un attimo, l'impressione di mantenersi eterni. Perché, sii sincera, quale cosa è maggiormente piena di vita di due persone che si guardano nel profondo intuendo una sorta di naturale intesa che sospende lo scorrere del tempo e che anzi lo moltiplica?
Pensa al contrario, pensa a quando invece non riusciamo a guardare negli occhi l'altro, quando lo fuggiamo e ce ne allontaniamo come fosse un semplice suppellettile di contorno al proprio vivere. Conosci una maniera peggiore di disperdere tempo oltre a quella di aver a che fare con persone che non riesci a guardare negli occhi? Tempo sprecato, devi ammetterlo. Tempo da discarica, non riciclabile.
Cosa, questa, che non posso dire di noi. Nemmeno tu puoi dirlo. Non mi credi? Sbagli. Se fosse stato tempo perso, non sarei qui a pensarti, adesso, a ripensare al modo con il quale ci siamo guardati nonostante fossimo – senti come parlo al passato – due sconosciuti.
Tranquilla: non do affatto per scontato che anche tu faccia lo stesso, ora, impegnata come sei a buttare via cose nella spazzatura. Ma tutto potrai gettare tranne quei dieci minuti interminabili in cui ci siamo guardati, il nostro guardarsi negli occhi rimasto nello scaffale, inconsumato.

giovedì 8 ottobre 2015

L'estro politicante

"Dopo tanta miseria che la parola torni al più presto al popolo sovrano: elezioni il prima possibile"
ha detto Brunetta, con entusiasmo. 
Una frase rivelativa.
Dopo tanta miseria
è un chiaro riferimento alla miseria della parte politica che non ha potuto, negli ultimi anni, amministrare direttamente la capitale.
che la parola torni al più presto al popolo sovrano
A parte che i romani parlavano e parlano di Marino un giorno sì e l'altro pure, nella fattispecie il passo citato dimostra con esattezza che i politici tengono a che il popolo parli soltanto nelle tornate elettorali. Poi basta. Il popolo dopo, durante il mandato, taccia, tanto se parla chi cazzo l'ascolta.
elezioni il prima possibile
Nei politici, l'odore delle elezioni alza il livello del testosterone: sanno che presto gli eletti tromberanno. Non chiedetemi chi.

mercoledì 7 ottobre 2015

Pazza Europea

« A colpo d'occhio, l'Europa assomiglia a una maison de fous: sembra che gli stessi europei non sappiano mezz'ora prima chi sono quelli che andranno combattuti e con chi, invece, bisognerà fraternizzare. Nondimeno, una constatazione si eleva dalla fitta coltre di nebbia del caos [attuale]: la responsabilità criminale del mondo borghese… La monarchia, l'aristocrazia, le varie chiese, la burocrazia, la borghesia, l'intellighenzia professionale, i padroni delle ricchezze del mondo e i detentori del potere – sono loro che senza tregua alcuna hanno preparato gli avvenimenti incredibili che fan sì che oggi, la vecchia Europa coltivata e cristiana, sembri davvero un manicomio ».

Lev Trotskij, Scritti militari, (1917), L'Herne, Paris 1967 (traduzione - dal francese - mia).

Nella matassa ingarbugliata delle complicazioni che si succedono nel Vicino Oriente (Medio, come il dito, vale per gli USA), è di una palmare evidenza che il novanta per cento dei nodi inestricabili sono stati fatti, appunto, dagli americani.
Tuttavia è l'Europa, la vecchia Europa, che si trova chiamata in massima parte a scioglierli. E anziché darci un taglio, come i russi, e tentare una politica estera effettivamente autonoma a salvaguardia dei propri interessi, gli europei, o meglio: l'establishment europeo resta avviluppato nei desiderata geopolitici d'oltreoceano. Provare a emanciparsene, no, vero?


martedì 6 ottobre 2015

Scrivere di quelle cose

« Non camuffare nulla, non nascondere nulla, scrivere di quelle cose che sono più vicine al nostro dolore, alla nostra felicità; scrivere della mia goffaggine sessuale, delle agonie di Tantalo, della profondità del mio scoraggiamento – mi sembra di intravederlo nei miei sogni – della mia disperazione. Scrivere delle stupide agonie dell'ansia, e quando terminano, di come si rinnova la nostra forza; scrivere della nostra dolorosa ricerca di noi stessi, messa a repentaglio da uno sconosciuto a un ufficio postale, da un volto intravisto dietro il finestrino di un treno; scrivere dei continenti e dei popoli dei nostri sogni, dell'amore e della morte, del bene e del male, della fine del mondo. »
John Cheever, Una specie di solitudine. I diari. Feltrinelli, Milano 2012, traduzione di Adelaide Cioni (pag. 190)

Inutile ora ripresentare alla mente lo scambio di occhiate improvvise di due sconosciuti, che avrebbero avuto potenzialmente qualcosa da dirsi e che invece non si sono detti niente e, probabilmente nell'una e sicuramente nell'altro, hanno fantasticato sulla possibilità del perdurare degli sguardi dai quali sarebbe scaturito un sorriso e da esso uno scambio di due o tre frasi minime, convenevoli, che ne dici di un caffè rapido, hai tempo, ho tempo, due tempi, fuori piove e appunto il caffè è necessario per rendere timidi questi sguardi prima furtivi adesso un po' troppo esuberanti, la fantasia unita al desiderio precipita gli eventi, non c'è più tempo, c'è la fatica, resta soltanto l'ombra di un sorriso che si sfoca.


Molto meglio Donald Duck

[*]

Questo simpatico figuro, il presidente del consiglio della Unione Europea, sta parlando al Parlamento europeo e sta dicendo una cazzata continentale.
Chissà se qualche parlamentare europeo di qualsiasi "razza" e colore gli domanderà: «E se invece di Assad vincesse l'Isis, a quanto ammonterà l'ondata di profughi? A trenta milioni? Ma vattene affanculo camminando sulla via di Damasco, va'».

lunedì 5 ottobre 2015

Povere risorse umane

via
Scene simili sarebbe meglio averle viste, vederle adesso in Alitalia nei confronti di tutti i responsabili che hanno spolpato la ex compagnia di bandiera facendo scempio del pubblico denaro.
I francesi, su questo fronte, hanno sempre qualcosa da insegnarci, ma.
Serve a qualcosa la caccia all'uomo? L'aver preso a brani il responsabile nominale della programmata "ristrutturazione aziendale" di Air France, farà cambiare idea al consiglio di amministrazione del quale fa parte, in massima parte, anche lo Stato francese?
Ammettiamo e speriamo che i dipendenti in agitazione ottengano soddisfazione alle loro rivendicazioni; che la protesta rientri e che il sistema prosegua indisturbato, magari facendo anche pagare qualche tassa in più ai viaggiatori o, più estesamente, alla fiscalità generale, seguendo l'esempio di scuola italiana: prepensionamenti alla win of life con liquadazioni alla gratta e vinci per qualche migliaio di fortunati e al resto della plebaglia i lupini sotto sale della mobilità.
Possibile non ci si renda conto che questo è un sistema a somma zero dove giocoforza alla fine chiunque sarà sacrificato (e al novantanove per cento dei casi, i sacrificati sono coloro che stanno nei bassifondi della scala sociale) non farà che differire l'impatto definitivo con la crisi di sistema?

Credo che se questa tipologia di linciaggi estemporanei si diffonderà, avrà lo stesso effetto dell'intensificarsi dei sacrifici umani che Montezuma praticava per fermare l'avanzata di Cortes.
Comunque vada, i lavoratori, come gli azteschi, saranno una civiltà destinata al fallimento, anche se riusciranno a far fuori quanti più manager (CEO e vari addetti alle risorse umane) possibile.

E questo perché il vero dio da abbattere, il sistema economico e produttivo, il soggetto automatico, resta ben piantato in terra, inamovibile, come il monolito di 2001 Odissea nello Spazio. Attenzione ai selfi.

domenica 4 ottobre 2015

Domani è lunedì

« Lavorate, lavorate proletari, per accrescere la ricchezza sociale e le vostre miserie individuali, lavorate, lavorate; diventando più poveri, avrete più ragioni per lavorare ed essere miserabili. Questa è la legge inesorabile della produzione capitalista.
Dal momento che, dando credito alle parole menzognere degli economisti, i proletari si sono dati anima e corpo al vizio del lavoro, non fanno che precipitare la società intera in quelle crisi industriali di sovrapproduzione che sconvolgono l'organismo sociale. Allora, per eccesso di merci e penuria di compratori, le fabbriche chiudono e la fame sferza la popolazione operaia con la sua frusta dalle mille code. I proletari, abbrutiti dal dogma del lavoro, non comprendendo che il superlavoro che si sono inflitti nei periodi di pretesa prosperità è la causa della loro miseria presente, invece di correre ai granai […], invece di assediare i [grandi] magazzini […]
Invece di approfittare dei momenti di crisi per una distribuzione generale dei prodotti e un benessere universale, gli operai, con i crampi della fame, vanno a sbattere la testa contro i cancelli della fabbrica. […]
Se le crisi industriali seguono inevitabilmente ai periodi di sovrapproduzione, come la notte al giorno, provocando la disoccupazione forzata e la miseria più nera, portano anche all'inesorabile bancarotta. Finché l'imprenditore ha del credito allenta la briglia al furore del lavoro, si indebita e si indebita ancora per procurare la materia prima agli operai. Continua a produrre senza pensare che il mercato si satura e che, se le sue merci non vengono vendute, le sue cambiali arriveranno alla scadenza. Messo alle strette, va a implorare al [finanziere], gli si getta ai piedi, gli offre il suo sangue, il suo onore […]
Ma prima di arrivare a questa conclusione gli industriali percorrono il mondo alla ricerca di sbocchi per le merci che si ammassano; spingono il loro governo ad annettersi i vari Congo, a impadronirsi dei vari Tonchino, ad abbattere a cannonate le muraglie della Cina per smerciarvi i loro tessuti di cotone. Nei secoli scorsi era un duello a morte tra Francia e Inghilterra per assicurarsi il privilegio esclusivo di vendere in America e nelle Indie. Migliaia di uomini giovani e vigorosi hanno arrossato i mari col loro sangue durante le guerre coloniali dei secoli XV, XVI e XVII.
I capitali abbondano come le merci. I finanzieri non sanno più dove piazzarli; allora vanno [in altre] nazioni […] a erigere fabbriche e importare la maledizione del lavoro. E questa esportazione di capitali […] termina un bel giorno a causa di complicazioni diplomatiche […]
Queste miserie individuali e sociali, per grandi e innumerevoli che possano essere, per eterne che possano sembrare, spariranno come le jene e gli sciacalli all'avvicinarsi del leone quando il proletariato dirà: “Io lo voglio”. Ma perché giunga alla coscienza della propria forza è necessario che il proletariato si metta sotto i piedi i pregiudizi della morale cristiana, economica, libero-pensatrice; è necessario che ritorni ai suoi istinti naturali, che proclami i Diritti dell'ozio, mille e mille volte più sacri e nobili degli asfittici Diritti dell'uomo escogitati dagli avvocati metafisici della rivoluzione borghese; che si costringa a non lavorare più di tre ore al giorno, a non fare niente e a bisbocciare per il resto del giorno e della notte. »

Paul Lafargue, Il diritto all'ozio, (1880), edizione Il Ponte, Firenze 2015, traduzione di Lanfranco Binni.


Ci fosse un'alluvione di non lavoro generalizzato in tutti i continenti, è probabile che molti umani darebbero un senso ai propri giramenti (di rotazione e di rivoluzione).
Qualcheduno si adombrerebbe di sicuro: gli Zarathustri, per esempio, i cosiddetti superòmini del cazzo, gli dèi di fatto, i prenditori di lavoro e spargitori di merda, tutti coloro i quali gozzovigliano facendo lavorare gli altri, per intendersi. Tutta gente tolemaica. Ghigliottinarla non avrebbe senso: basterebbe farla girare, girare, girare, come la Terra, appunto.

sabato 3 ottobre 2015

Riforme astrali

«L'articolo 2, definito il cuore della riforma, stabilisce che il futuro Senato sarà "composto da novantacinque senatori rappresentativi delle istituzioni territoriali e da cinque senatori che possono essere nominati dal presidente della Repubblica". I nuovi senatori saranno formalmente eletti dai consigli regionali che dovranno sceglierli "tra i propri componenti e, nella misura di uno per ciascuno, tra i sindaci dei Comuni dei rispettivi territori". La ripartizione dei seggi tra le Regioni sarà "in proporzione alla loro popolazione" e nessuna Regione potrà avere meno di due senatori. Due senatori spetteranno anche a Trento e Bolzano.»

Se - e capite bene che questo "se" la dice lunga - quanto sopra fosse stato approvato ai tempi in cui a capo del governo c'era Berlusconi, è  probabile che sarebbe venuto giù il mondo, mediaticamente parlando, e anche agorafobicamente berciando, a girotondare, a bellaciaare una mattina mi son svegliato, e le Monde e the Guardian e el Pais e la Frankfurter Allgemeine a fare l'eco che gli italiani correvano un serio rischio democratico, appelli, firme, palme d'oro, premi nobel, forza, non lasciamo solo il Belpaese.
E, lo confesso, se questa modifica costituzionale fosse stata fatta da Berlusconi mi sarei indignato molto di più anch'io, ne avrei scritto un giorno sì e l'altro pure, avrei infamato questa e quello, per sfogare la rabbia e l'impotenza.
Adesso, invece, no: l'impotenza rimanendo, la rabbia è scemata, per le seguenti ragioni: 

  • seppur con deplorevole ritardo, ho appurato, diciamo dal 2013 in poi, che quali che siano le maggioranze al potere e quale che sia il conduttore col microfono in mano, l'Italia potrà solo essere peggiorata, con maggiore o minore velocità. Il governo Renzi ha il merito di accelerare sulla via del peggio, facendo della Repubblica, non solo fattivamente, ma anche formalmente, una repubblica sempre meno pubblica e sempre più cosa 'e merda.
  • a parte l'abbaiare inutile delle minoranze bisognose di dog-sitter, questo governo rappresenta al meglio i reali e concreti interessi della classe dominante perché compatta le opposte fazioni con la messa in opera delle migliori e più persuasive procedure di legge per lo sfruttamento della classe dominata; classe sociale, quest'ultima, che - dati i tempi - si trova di fatto sprovvista di un soggetto politico che ne rappresenti gli interessi, per il fatto stesso che, all'interno di una società basata sulla forma valore, quale che sia il partito (di sinistra, di destra, o grillista) si trova di fronte gli stessi problemi determinati dalla crisi generale del sistema produttivo capitalista: vendere il proprio debito pubblico con uno spread basso, favorire il mercato interno e, soprattutto, esterno.
  • A mio parere, la nuova forma costituzionale che si va prefigurando disincentiva ancor di più la partecipazione politica delle masse: in altri termini, è probabile che, alle prossime elezioni, si assista a un ulteriore calo della percentuale dei votanti. Questo, a mio avviso, sarà un bene. All'obiezione di coloro i quali dicono: e vabbè, questi comanderanno e fotteranno lo stesso, mi viene da rispondere: prima o poi il problema della legittimità dovrà essere posto, e se non si porrà allora, beh, ci meritiamo i Renzi altre cinque legislature.
  • Dal dopoguerra ad oggi, nelle "democrazie" occidentali mature, o meglio, granny, assistere a una riforma costituzionale è un po' come assistere al passaggio di una cometa. Uno alza gli occhi al cielo e si dà una grattata alle palle. Gli occhi al cielo sono per la cometa. 

Sesso orale

«Se […] ci rivolgiamo all'effige di Battista Sforza ci pare che l'intuizione fondamentale di forma risieda nell'aver tratto, da quel presentarsi di lato del viso, la possibilità di proporlo come una sezione, come una “metà” vagamente emisferica, che, per naturale esigenza simmetrica, viene a suggerire l'altra.
E quando, di fatto, si venga a scoprire che la curva al sommo del capo e le massime prominenze del così detto “profilo”, ora combaciano, ora si dimostrano tangenti a un'inclusione circolare, s'intenderà meglio come quel lento incurvarsi della tempia d'avorio, della grave mandibola quasi equina, del nastro che va fasciando l'alto del capo come una doga in un astrolabio, calamitandovi il prezioso satellite di un enorme gioiello, e quei cautissimi accenni di piani a segnare appena l'orbita e le nari, non diano che maggior forza a quel suggerimento sferico. Il capo di Battista appare ora veramente, come nel verso di Giovanni Santi, “… di tutte virtù lucente sfera”; una gran fiala vitrea appannata, deposta sulla base di nero, grigio ed oro del giubbetto, ornata nel collo come da un fregio sottilmente policromo; e, per quanto è della sintesi cromatica, soffiata all'improvviso sulle campiture del celo e della terra.»


Roberto Longhi, Piero della Francesca, (1927), ed. Sansoni, Firenze 1963


giovedì 1 ottobre 2015

A scoppio ritardato


Esiste il cancro, esiste la rabbia. Una volta cercano di convincerci che è fondamentale lottare contro il cancro e della rabbia nessuna parola; un'altra volta, invece, prioritaria è la guerra contro la rabbia, essendo il cancro, in quel frangente, meno urgente da combattere.

E così la patrie des droits de l'homme ha avuto bisogno di un fotografo fuggitivo per accusare Assad di crimini contro l'umanità.
Sono quindici anni che Bashar al-Assad è presidente della Siria e ciò nonostante i politici (e i giornalisti e gli intellettuali) francesi hanno continuato a fare colazione tutte le mattine.

E tuttavia è probabile che stamani gli sia andato di traverso il cafè au lait quando hanno appreso che anche i russi hanno iniziato a bombardare in Siria, forse perché quest'ultimi hanno più contezza contro chi sparare?