domenica 24 gennaio 2016

Dobbiamo cambiare il modo in cui

"La crisi dei rifugiati, dalla mia personale prospettiva, un po' o la va o la spacca", ha spiegato la numero uno del Fmi. Allora le è stato chiesto se "la va o la spacca" per lo spazio di libera circolazione europea di Schengen. Lagarde ha risposto: "Sì, penso". In Europa l'integrazione dei migranti - spiega - potrebbe avere un impatto positivo sul Pil nell'ordine dello 0,2% in Europa. E aggiunge: "Dobbiamo cambiare il modo in cui guardiamo all'economia, ci sono molti fattori che non misuriamo bene". - Intervista a Christine Lagarde

Bene, proviamo a cambiare questo modo di vedere l'economia:

1.
«È un privilegio avere un lavoro precario e sfruttato, ma sono centinaia di milioni quelli che non hanno nemmeno questo tipo di privilegio, i più poveri tra i poveri. Ad ogni modo la guerra condotta dal capitale riguarda tutta quella umanità sul cui sfruttamento e sulle cui sofferenze fonda il processo di accumulazione capitalistico. I terroristi che ne sono a capo, che hanno dalla loro parte il denaro, i media di cui sono proprietari e la forza della legge, si sono riuniti in un loro covo in Svizzera (e dove sennò?). Non hanno bisogno di pezzi di carta e di timbri per circolare, non c’è frontiera o barriera che li possa fermare, anzi, viaggiano con jet privati o di Stato e sono accolti con onori e protetti in alberghi e residence extra lusso.»
Olympe de Gouges, 23 gennaio 2016

2.
«In realtà non si tratta affatto di bloccare l'accesso di qualche "altro capitale a livello nazionale", al contrario, l'obiettivo dichiarato è quello di "mantenere aperto" il mondo alle multinazionali e non più al capitale "su base nazionale". E' proprio in questo che si riflette la distruzione della "sovranità". Lo Stato non è più il "capitalista globale ideale" di uno "stock di capitale nazionale", ma il capitale e lo Stato si separano sempre di più nel processo di crisi della globalizzazione. Gli interessi dei consorzi transnazionali non sono territoriali, ma mirati; lo Stato, al contrario, rimane basato sul paradigma territoriale. Gli Stati non possono più agire come istanze globali nell'arena capitalistica mondiale, ma solo reagire come pilastro riparatore e come polizia ausiliaria nei processi indipendenti dei capitali transnazionali, dal cui processo di valorizzazione rimangono dipendenti.
[...]
In queste condizioni di globalizzazione [...] l'isolamento delle regioni di crisi e il contenimento del flusso di rifugiati costituisce un interesse materiale concorrenziale perfettamente autonomo dello sciovinismo del benessere collettivo dei lavoratori salariati [guerra tra poveri, nota mia], dei dirigenti e della classe politica dell'Occidente. Nei limiti del modo di produzione capitalista, fa semplicemente parte dell'interesse superiore dello "imperialismo globale ideale" mantenere con la forza la forma capitalista dell'interesse in quanto tale, insieme ai suoi presupposti (prevedibilità delle relazioni giuridiche ecc.), benché, per la maggioranza dell'umanità, tale forma sia diventata impossibile da vivere o possa esprimersi ormai solo nella forma dell'economia di saccheggio. In questo modo si acutizzano i paradossi della relazione del capitale come relazione mondiale immediata; tuttavia, la razionalità interna capitalista e le motivazioni del suo interesse non scompaiono, ma assumono soltanto nuove forme.»
Robert Kurz, Exit, aprile 2001

3.
Un altro modo per guardare l'economia si può leggere, lateralmente, anche in questo post di Miguel Martinez, blogger fiorentino di lungo corso.

«E siccome siamo appena all’inizio della crisi e dell’inutilizzazione della maggior parte dell’umanità, diciamo pure che ci finiremo in tanti [all'Albergo popolare di Firenze]. Ho visto un sacco di gente proprio come te, che leggi queste parole, finirci, quindi non fare il finto tonto.»

Non faccio il finto tonto e neanche faccio il finto Madia che sbandiera licenziamenti con quella faccina linda da sceriffa vogliosa di far rispettare la legge. Penso soltanto che siamo in una fase storica che produce un'innumerevole quantità di scarti umani, semplici «fattori» che, chi comanda, non riesce «a misurare bene» e dunque gestisce mettendoli agli angoli, non ce l'hanno fatta poveri in questo bengodi di opportunità, è colpa loro, non gli è andata bene, hanno spaccato.

4.
«Oh, yeah. One final thing that deserve mentioning: this mechanism for keeping jobs from going away is what broke down in 2008 — so, yeah, we’re fucked

3 commenti:

lozittito ha detto...

il punto due mi trova in totale disaccordo
il manifesto accelerazionista ( http://www.euronomade.info/?p=1328 ) pure

Luca Massaro ha detto...

Gradito (mi) sarebbe sapere, anche dalle tue parti, perché e dove ti trovi in disaccordo (totale) con le tesi ivi sostenute da Kurz, esimio e principale esponente della Critica del valore.
Del manifesto accelerazionista (nome orribile) leggerò poi.

lozittito ha detto...

non sono affatto d'accordo su come Kurz delinea il rapporto Capitale-Stato e ancora meno rispetto all'imperialismo, mi riferisco, più che alle poche righe sopra pubblicate, ai suoi vecchi articoli reperibili qui

http://www.exit-online.org/text1.php

il concetto di Engels riguardo allo stato era, per quel che so, "capitalista collettivo ideale" ed aveva una sua valenza dialettica tuttora vigente -e per alcuni tutta da capire, pensa alla Cina ma anche, in scala microscopica, alle pasticciate riforme renziane