mercoledì 27 gennaio 2016

Una coscienza faticosa e affaticata

In coda ad un'Amaca il cui soggetto è la polemica intorno alle offese sessiste e razziste scambiate da allenatori e giocatori di calcio, Michele Serra scrive:

«Conta invece, e conta molto, la novità, e proprio perché è una novità: la coscienza faticosa e affaticata, anche in un ambiente non sempre pensoso come quello sportivo, che la mentalità sociale è in movimento, che ciò che un tempo si diceva gratis oggi ha un costo etico, che ci sono nuove libertà e nuove dignità e ne conseguono nuovi problemi, di pensiero e di linguaggio. Siamo le parole che usiamo.»

Bene: io penso, invece, che in un ambiente pensoso e riflessivo come quello editoriale la mentalità delle élite non sia affatto in movimento, si arrocchi e faccia quadrato, per un verso o per un altro, a difesa del padrone - che non è altro che un eufemismo per indicare il movimento del capitale diretto sotto l'egida di particolari gruppi di potere.
Che la parola crisi sia bandita, che ogni spiraglio di alternativa al sistema cestinato. Riformismo è la parola d'ordine, perché il mondo è in movimento e quindi bisogna adeguare gli attrezzi del dominio ai bisogni del mercato (il vero Sovrano); oppure, alle brutte, come cantano da destra, si fa necessario il ritorno ai valori del passato, alla sacralità delle origini, al rifugio nell'autoritarismo.

Sempre e comunque a cincischiare sulle cazzate, i vari détour, gli scandaletti da bucaioli con gli zigomi tirati e le unghie incarnite. L'importante è distrarre l'attenzione del pubblico, fargli capire che ci sono nuove libertà e nuove dignità, si può essere omosessuali e disoccupati, zingari e vivere di stenti, tanto i nuovi problemi non sono tanto nuovi, ma gli stessi, aggravati. Per esempio, il pensiero deve accettare che i lavoratori sinora abbiano vissuto al di sopra delle possibilità che lo Stato poteva garantire. I pensionati sono diversamente giovani che rubano il salario alle generazioni future. È sacrosanto si facciano sacrifici, ci si dia una bella ridimensionata. 

«Siamo le parole che usiamo», scrive Serra, ma sottintende: «Siete le parole che vi facciamo usare»: in tanti abboccano, in movimento¹.

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¹ A proposito di movimento: anni fa, nel periodo in cui lavorai come corriere, mi capitò di passare una giornata lavorativa con un collega, se non ricordo male originario del basso Lazio, il quale, a ogni automobilista che nello scorrere del traffico rallentava, diceva: «Ma vattene a pijà 'nder culo camminando».

2 commenti:

Nessuno ha detto...

Mi piace, mi piace assai: prospettiva originale ( ma oggi anche le cose evidenti sembrano originali)e analisi lucida...anche ababstanza lirica. " siete le parole che vi facciamo usare" è veramente notevole. Riflettiamoci e scriviamone altre.

Luca Massaro ha detto...

Grazie Nessuno ☺