domenica 23 ottobre 2016

La solitudine

Ho letto un esteso articolo di Toni Negri che non sono riuscito del tutto a comprendere, anche per i richiami a certe correnti, tra cui l'operaismo, che conosco soltanto di striscio e rinterzo, quindi non posso fare una critica esauriente di quanto egli scrive, ma posso, se è permesso (è permesso?), dire in breve l'impressione che ho avuto, questa:

Negri non spiega per niente, sulla base della scienza marxiana, come funziona il sistema economico e produttivo capitalista e, di conseguenza,
Negri non fa neanche un accenno al fatto che restando dentro il sistema capitalistico nessuna rivoluzione è possibile.
Negri, infatti, parla – scusate la lunghezza della citazione, ma mi è necessario – di una fantomatica «ontologia della storia operaia».
«cioè di quell’essere costruito – sempre, continuamente – dall’uomo che opera, dal “lavoro vivo”, dalla soggettività moltitudinaria che componendosi, cooperando vive e produce. In questo quadro risalta l'ontologia marxiana dei rapporti di produzione: essa legge il mondo, riconoscendo in un’ontologia materialista e storica non solo le forme della sua produzione ma anche le leggi di un ordine stolto ed ingiusto che lo attraversano e di una divisione del lavoro, della ricchezza e della felicità che è frutto di subordinazione nel produrre e di gerarchia nell’esperienza/esercizio di potere. L’ontologia marxiana, dunque, è costituita e continuamente rinnovata dalla lotta di classe, dall’antagonismo materiale che distribuisce le consistenze dell’essere reale.»

Negri, mi par di capire, non mette in discussione il capitalismo in sé, ma il fatto che tale sistema è ordinato da leggi ingiuste e stolte che determinano una iniqua distribuzione delle «consistenze dell'essere reale».
Ergo, per Negri, la lotta di classe serve a invertire le gerarchie, non a porre le basi per un diverso sistema di produzione (e consumo). La ricchezza sarà sempre data dal produrre merci, dal venderle, dal fare profitti ma nel ripartirli in modo più giusto ed equo. Anche i futuri operai felici dovranno vedersela con il mercato.
Ecco perché, continua Negri,
«Dentro questi intrecci e questi scontri si costituisce un paesaggio sul quale si sviluppano produzioni di soggettività e figure di emancipazione, adeguate alle forze materiali che le esprimono. Come si potrebbe lottare per una vita migliore e per un ordine più giusto se non si tenessero i piedi dentro un essere materiale che è comprensivo della vita (così come è data) e della possibilità/capacità/forza di trasformarla? Antagonismo e lotta di classe agiscono dentro la materialità dell’essere, non sono potenze che si iscrivono su una superficie il cui fondamento è immobile: sono potenze e movimenti del “tutto che c’è“, e lo segnano su una superficie che è anche un fondamento dinamico – sono potenze espressive di moltitudini di desiderio.
In buona sostanza, le «moltitudini di desiderio» dovranno esprimersi all'interno di un essere sociale già dato che prevede turni di lavoro comprensivi di progettazione, produzione, vendita e consumo, tal quale a quanto accade adesso, soltanto a passare all'incasso non saranno i capitalisti, ma - appunto - «potenze e movimenti del “tutto che c'è”.»
«Senza questa immagine, machiavellica, spinozista, marxiana dell’ontologia non si comprende come si possa sviluppare lotta di classe. Nella coscienza di ogni militante della lotta di classe vive questa laica religione dell’essere, si esprime questo rispetto delle potenze materiali, s’incarna l’emancipazione. È allo sviluppo di una teleologia materialista che qui assistiamo – dove il telos è costruito dalle lotte.»
Rispetto per le potenze materiali? Che vuol dire? Rispetto del capitale variabile nei confronti del capitale costante? Caspita che emancipazione. Caspita che bella religione laica del cazzo che si riduce a un comunismo camuffato da «antagonismo materiale che distribuisce le consistenze dell’essere reale», in pratica un sociologismo marxista semplice semplice che pensa di togliere il grasso del capitale e distribuirlo alle masse per un bengodi diffuso.

Questo ho capito. Se non ho capito un cazzo, ditemelo.

Poi, vabbè, Negri parla anche di altro, sempre rimescolando il concetto di moltitudine (che a me non va troppo a genio perché mi piacciono le poppe della Pausini).

1 commento:

Anonimo ha detto...

Rileggerò il tutto con calma . Sono tardo ,ormai !
Ma a me sembra che questa "ontologia in movimento" sia una contraddizione.
Mi sembra e tu hai fatto bene a sottolinearlo, che per la "vecchia" ontologia ,ancora non siano scaduti i termini chiave.
Poi su organizzazione e quant'altro si può sempre discutere e litigare.
In tutti i casi non mi sembrano che non vi siano delle novità in Negri rispetto a quanto sempre affermato in passato.
Di certo Lui non ha creato nuova ontologia : "e come farebbe , è sempre in movimento"

caino