venerdì 31 maggio 2019

Sciogliere il silenzio

«È vero, credetemi è accaduto»: ho scritto poesie e per questo, raggiunto un certo gruzzolo, ho pensato di raccoglierle e di credere che tale raccolta potesse possedere la dignità di un libro. E mi sono, nel privato specchio dello schermo del pc, pavoneggiato. Ho un libro! Ho un libro! E l'ho scritto io! Io? Un libro? Ma che cazzo dico?

Infatti.

La bontà di alcune amiche e alcuni amici (pochissimi, non specialisti e, soprattutto, non poeti laureati) che hanno avuto la sventura di vedersi recapitare il file di siffatta raccolta, non ha fatto altro che avvalorare, non il mio entusiasmo, bensì la mia già anticipata disillusione.

Per carità, qualcosina di buono e dignitoso ci può anche essere tra quello che sono andato (e vado) componendo, ma - nel caso - ciò è bastante a darmi la soddisfazione debita di aver raggiunto, in quel momento stesso, l'apice del mio artigianato - e un mezzo sorriso interno di compiacimento è sufficiente riconoscimento.

Oh, non posso nascondere il fatto che una contenutissima selezione dei miei versi abbia avuto la faccia tosta di recarsi, via aere telematico, nella casella di posta di un paio di redazioni di riviste poetiche online. Me ne vergogno ma, a mio discarico, confesso solo che ho peccato due o tre volte, limitandomi soltanto all'atto impuro (non ho ottenuto, cioè, alcun riscontro; senza raccomandazioni - ho appurato - porte e finestre restano chiuse e non fanno entrare alcuno soggetto estraneo alla cerchia poetica).

Insomma, per farla breve: ho scritto poesie, ma non ho un libro di poesie. Sono un grafomane, ma ho contenuto tale patologia nei confini del blog.

E dunque, se non me ne cruccio, perché questo pippone?

Perché ultimamente, da quando il mondo dei blogger si è quasi del tutto trasferito, armi e bagagli, su Twitter e Facebook (e, in tali socialmedia, non riesco a seguire i contenuti) per non far patire al mio feed la mancanza di aggiornamenti, ho indicizzato l'indirizzo di alcuni siti e/o portali di poesia contemporanea e non, edita ed inedita, di autori famosi e perfettamente sconosciuti.

Tra questi luoghi, ve n'è uno che ha un disclaimer assai particolare (non linko per non diffondere il tedio):


«Gentili Autrici e Autori,

ringraziando per l’attenzione e per quanto sottopostoci fin qui, abbiamo deciso di non dare corso, a partire dal 1 luglio 2018, a nuove proposte di pubblicazione/recensione di testi editi o inediti, quando tali proposte ci pervengano spontaneamente (cioè non sollecitate da uno o più redattori).
Valuteremo invece quanto pervenutoci prima di tale data, col consueto termine indicativo di 90 gg. dall’invio, trascorso il quale senza un giudizio espresso, la proposta di pubblicazione dovrà intendersi declinata.
Grazie per la Vs. comprensione,
la Redazione.»


Vedete un po' se non mi sono deciso tardi a essere spontaneo. Dunque, se volessi tentare la sorte, dovrei passare il vaglio di uno o più redattori (simpatia? corteggiamento? bustarella?) e quindi sperare di essere segnalato. E, successivamente, sperare che entro novanta giorni mi diano una risposta, altrimenti...

Altrimenti, limitarsi a leggere e basta, per avere una sorta di polso generale della realtà poetica circostante.

Oggi, occasione buona. Alcune poesie inedite di un Autore mai sentito nominare prima, nonostante la molteplicità di pubblicazioni da poeta, da scrittore, da saggista e da drammaturgo. E giù, in nota biografica, una sfilza di titoli, ne ho contati nove o dieci, tutti editi da case editrici diversamente conosciute. L'ultimo, edito nel 2018. Nonostante questa caterva di pagine stampate, l'epilogo della biografia, in calce ai componimenti pubblicati, recita che l'Autore
«Da poco ha deciso di sciogliere di nuovo il silenzio, con una serie di poesie uscita sul n. ["] della rivista ["""]»
Da poco egli ha deciso di sciogliere il silenzio. Immagino che nodo fosse, stretto assai come quello delle scarpe da ginnastica dei bambini.

E vabbè: anch'io oggi - cioè ieri notte, ma mi è preso un colpo di sonno che mi ha impedito di digitare pubblica - ho sciolto il silenzio. E ho tirato lo sciacquone.

martedì 28 maggio 2019

Dopo la tombola

Concluse le elezioni europee, si contano non soltanto i voti per ogni partito, ma anche le preferenze per ogni candidato. L’Italia elegge 76 membri al Parlamento europeo. Il governo italiano notificherà al Parlamento 73 eletti più le tre riserve che subentreranno se e quando ci sarà Brexit. Lega si conferma primo partito con 29 eurodeputati, il Pd 17, il M5S 14, Forza Italia 7 e infine Fratelli d’Italia con 6. [via]

Tutto questo puzzo per 73 (più forse tre) che, va' a ripìgliali, non dico tra cinque anni, no, tra cinque settimane come si saranno ben posizionati alti ai piani del privilegio. Loro, altroché quelle creature del grande fratello, dovrebbero essere ripresi 24 ore su 24, su in Europa, per vedere quanto è stato bello eleggerli, una goduria.

E per quanto sia tedioso sentire tutte le volte le solite ritrite critiche democratiche sull'importanza del voto - e sui nostri padri, nonni, prozii che hanno lottato per questo!, sull'orgoglio di esprimere il proprio potere sovrano almeno una volta ogni x!, - io da un po' di tempo mi compiaccio di non aver votato e quindi - in un certo senso minimo - posso rivendicare di non aver contribuito, neanche con un pelo pubico, a eleggere i suddetti fortunati novelli eurodeputati - piccolo, banale, insignificante moto di orgoglio, paragonabile a tenere la tv spenta e di non sapere, se non per l'inevitabile inquinamento massmediatico, che ancora va in onda il Grande Citrullo.


lunedì 27 maggio 2019

Vomitare verde

Mi avvalgo, disse un alluce, e fu.

Su un crinale montano dalle pendici ricoperte di faggi ed abeti piovigginava, e la nebbia che filtrava dava al verde delle foglie un colore politico.

D'improvviso, tra i fusti e i rami, a un pellegrino che ivi camminava, apparve la faccia di Salvini.

Il pellegrino vomitò verde, non tanto per lo spavento, quanto perché gli era rimasto sullo stomaco il panino al tonno comprato alla foresteria dei frati. 

Il tonno era pinna gialla.

Il pellegrino riprese il cammino. Dopo mezzo chilometro, una lepre apparve improvvisa sul ciglio della strada e, prima di prendere la fuga, per un secondo o due, lo guardò fisso negli occhi.

«Lepre maggiolina non mi freghi», le urlò dietro.

Da dietro un abete secolare sbucò una fata, anzi due che gli dissero: «Fa' te».

E lui, infatti, fece alcune cose. La prima e la seconda, poi basta. La terza si riposò e poi la quarta pensò. Non all'Italia, non voleva inquinare cervello e polmoni. Non all'Europa, non voleva sfinirsi i coglioni. Non al mondo fatto e finito. No. Lui pensò al bosone di Higgs, giusto qualche nanosecondo.

Quando il sole della cultura (della politica, della società) è basso, anche i nani (primi e secondi) hanno l'aspetto dei giganti [Kraus].

Infine, si sedette su un sasso ricoperto di morbido muschio e prese a infilare perline di futuri rosari.

Ne voleva regalare uno al vincitore di turno, dopo averlo inzuppato nel piscio di vacca.

«Godi popolo,» - disse - «ché io godo a modo mio».




Per salvare le pensioni



Chissà se nell'idea che il diciottenne grigionese ha proposto per il concorso Cambia la Svizzera! è suggerito di indurre al consumo di cannabis quella parte di popolazione che in pensione c'è già.

La fusione dei motori

«Il governo francese si dice "favorevole" alla fusione, mentre per la maggioranza di governo italiana parla il presidente della Commissione Bilancio, Claudio Borghi, secondo il quale è un'anomalia da tenere d'occhio il fatto che lo Stato francese abbia una partecipazione del 15% in Renault.»

Se saran fusioni, fonderanno, purché non siano i motori ad andare fusi.

Per il resto, per le dinamiche interne al sistema, non mi sembra una cattiva idea il dar vita a un gruppone di tal fatta, anche perché oramai la Fiat, a parte la Cinquecento, ha lasciato perdere il settore utilitarie, e riguardo all'elettrico non ha in listino ancora alcun modello.

Riguardo alle eventuali "anomalie", quella evidenziata dal Borghi mi pare sarebbe ampiamente compensata dalla prevista struttura dell'azionariato post fusione che:

«secondo gli analisti di Intermonte, dovrebbe vedere la Exor della famiglia Agnelli al primo posto con il 13% del capitale, davanti alla Francia e a Nissan, che avrebbero il 7% ciascuna. A seguire i fondi Tiger al 3%, Harris, Blackrock e Vanguard con il 2%, quota che avrà la stessa Renault, mentre Daimler avrà l’1%. Il restante 53% resterebbe in mano al mercato.»

Casomai, anomalo è il fatto che entrambe le parti sarebbero concordi nell'ubicare la sede del nuovo gruppo in Olanda. Chissà che cosa avrà mai di particolare l'Olanda... Forse la presenza dei Coffee Shop?

sabato 25 maggio 2019

Épater le bourgeois

«Ora dobbiamo riuscire a recuperare il Tfr, la tredicesima e la quattordicesima, lo stipendio di maggio e degli ultimi dieci giorni di aprile, mese in cui era stato attivato il concordato preventivo e quindi debiti e crediti erano stati bloccati. Riteniamo – conclude Turcotto – che chi abbia avallato la vendita dei punti vendita alla Shernon Holding abbia compiuto una leggerezza e fatto una scelta tutt’altro che lungimirante. Dichiarando fallimento dopo soli sette mesi, l’azienda ha dimostrato di non avere le capacità né le possibilità per poter andare avanti su ‘gambe’ solide, che evidentemente non c’erano nemmeno al momento dell’acquisizione. Ciò è confermato anche dalla totale assenza di interventi di rilancio dei negozi o di campagne pubblicitarie. L’azienda ha rilevato i negozi ricorrendo ai debiti e poi non ha pagato quanto dovuto ai dipendenti: come al solito, a compensare le mancanze ci dovrà pensare lo stato, con il fondo di garanzia dell’Inps».

In un contesto come questo, se a qualche lavoratore della Mercatone Uno venisse in mente l'idea dell'esproprio proletario, manderebbero subito - e in forze celeri - la polizia.
Certo, non è che con un armadio, un divano o un comodino ci si sfami abbastanza... epperò i dipendenti potrebbero vendere tutto a metà prezzo, incassare i ricavi e recuperare parte del dovuto senza aspettare gli eventuali, e di molto scarnificati, quattrini che saranno (forse e chissà quando) ottenuti dai tribunali con le aste giudiziarie.

Ma tanto, come al solito, si farà prima a battere all'asta qualche titolo di Stato.


mercoledì 22 maggio 2019

La Cina non è piccina

Poco più di un mese fa, ho comprato un nuovo smartfono, uno Huawei. Come gli altri precedenti apparecchi di altre marche, ho inserito la sim, l'ho acceso, sta funzionando.
Ieri mattina ho sentito che Google, in seguito all'ostilità dell'amministrazione Usa contro Huawei, ha sospeso la licenza per gli aggiornamenti di Android, software di sistema grazie al quale il telefono gira.
Stamattina ho sentito che il governo americano ha sospeso per tre mesi la messa al bando dell'azienza cinese.
Stasera, oltre agli aggiornamenti delle varie app che partono in automatico quando l'apparecchio è in ricarica, mi è stato notificato che era disponibile un nuovo aggiornamento del sistema Android.
E, seppur di notte, si è aggiornato.

Non so con quanta pertinenza, ma ho pensato prima all'Olivetti e poi alla Fiat e al fatto che la Cina no, non è piccina come l'Italia.

lunedì 20 maggio 2019

Un copione da variare

Vado avanti perché indietro. 
C'è molto mondo laggiù, ne vorrei meno.


Bisognerebbe che gli scontri dei manifestanti con la polizia si trasformassero in happening; ad esempio: dato che i poliziotti sono preparati a difendersi e a contrattaccare, e per questo sono muniti di attrezzature per l'offesa e la difesa, è inutile quindi incaponirsi e prendere manganellate a ufo e respirare fumo di lacrimogeni, molto meglio effettuare una disposizione scenica alogica, in cui si canta, si scherza, si dialoga, si monologa con o senza teschi in mano, si recita a soggetto, si scorreggia, ci si struscia, si bivacca, si fona Dante con la supervisione di Gianfranco Contini.

Ahi serva Italia di dolore ostello
nave sanza nocchier in gran tempesta
piena di figli di puttana da bordello [variante in onore di Forza Nova]

E se proprio l'happening prendesse una brutta messa in piega, per vie traverse sparpagliarsi, perdere la forma di raduno, individualizzarsi, tornare cadauno, far sì che la carica celerina non si scarichi e resti tutta dentro le armature e le sacche testicolari degli agenti antisommossa i quali, a giusto titolo, potranno ritornare la sera a casa con le palle piene.

Le polluzioni dei poliziotti.

Argomento a piacere.


Oh, facinorosi a ufo, sappiate: in democrazia, non c'è cosa più preziosa che la noia delle forze dell'ordine.

Misteri sovranisti

« In Italia, al tempo del fascismo, ci si divertiva a immaginare l'Europa fragile, decadente, corrotta, disfatta. È contro questa immagine dell'Europa che il fascismo reagì. Non che esso suggerisse un'altra Europa, giovane e forte. Secessionista, esso era per l'anti-Europa. Una rivista scelse persino di intitolarsi: Antieuropa. La dirigeva un personaggio del regime, Asvero Gravelli, che poteva vantare un'impressionante somiglianza con Mussolini. E non era la sola a fare professione di sentimenti anti-europei. Altre riviste, culturalmente meno rozze, conducevano con più brio e sottigliezza una polemica anti-europea che oggi noi saremmo tentati di definire "ecologica".
La campagna, pura e luminosa, era esaltata in contrasto alla vita malsana, opprimente e crepuscolare della città. La città era il cosmopolitismo, era l'Europa. Gli "strapaesani" di "Strapaese" (Soffici, Maccari, Longanesi), e gli "stracittadini" di "Stracittà" (Bontempelli, Malaparte), furono gli uni contro gli altri in una disputa letteraria. Nei fatti la polemica anti-europea si ridusse a una polemica anti-francese. Il complesso d'inferiorità si trasformò nel suo contrario, si proclamò una superiorità che si volgeva più alla buona salute, alla forza fisica e alla crescita demografica, che all'intelligenza e alla cultura. In compenso, nel campo dell'intelligenza o della cultura, chiunque propendesse per l'Europa era, quasi automaticamente, sospettato d'antifascismo. Quando Giorgio De Chirico e Alberto Savinio rientrarono in Italia (nel 1934, credo), nei confronti dei due italiani più europei del momento, Il Selvaggio, settimanale "strapaesano", scoccò questa freccia: "La Francia ci offende non quando li prende, ma quando li rende". »

Leonardo Sciascia, Didattica della fragilità, Le Monde e Il Mattino, giugno 1979, in La palma va al Nord, Gammalibri, 1982,

Ieri, sul palco a Milano, misteri dolorosi a parte, la cosa visiva che più mi ha colpito (visiva, perché non ho udito alcun comizio) è stato il cartellone Prima l'Italia, il buon senso in Europa che ha fatto da sfondo alla presenza dei leader sovranisti europei. Ora, se andava bene per Salvini, mi chiedo come potesse andare bene per l'olandese (l'austriaco... no l'austriaco era impegnato altrove) e per la Le Pen. O quando sono apparsi i leader stranieri il cartellone si modificava in automatico con Prima l'Olanda, oppure Prima la Francia eccetera?

sabato 18 maggio 2019

Fondere sgarbi


Nella mia, poco onorevole, carriera di blogger, mi vanto di non aver mai parlato di Vittorio Sgarbi (ho controllato: ho elencato il suo nome solo un paio di volte in riferimento a qualcos'altro e non a lui).

Oggi, un'eccezione, che poi non è tale, in quanto il nuovo proprietario dell'opera di Koons, oltre a chiedermi di preparargli un brodo di coniglio nella pentola ricavata dalla fusione, mi ha chiesto di domandare al pubblico italiano come cazzo mai potranno riciclare, loro, i libri dell'accredidato critico internazionale e, ancor meno, i vaniloqui ammorbanti che hanno impestato l'aere mediatico italiano nelle ultime decadi di tv commerciale.

E come ultima considerazione mi ha pregato di fare il conto di quanti soldi statali, in quanto parlamentare o funzionario di governo o sindaco, sono stati elargiti all'attuale deputato di Forza Italia e di considerare, date le risultanze effettive sulla cosa pubblica, che cosa mai potremmo fondere con ciò noi italiani.


venerdì 17 maggio 2019

Io cambio

Lasciò la malavita per passare a miglior vita: fu assunto come custode, a tempo determinato, presso una scuola primaria di Badia Tedalda, luogo della disidentificazione. Trovò tre stanze a trecento euro al trimestre, sicché ebbe modo di mettere da parte, anche se stesso. Usciva poco, giusto per recarsi al lavoro e fare un po' di niente, giacché c'era più gente in casa che fuori: fuori, infatti, non c'era nessuno; in casa, almeno, c'era lui. Si parlava e, per rispetto, a volte si dava del voi. «Vi ho in pugno», diceva per celia ai suoi coglioni. Si cucinava il passato di delitti contro il patrimonio, il matrimonio e la quiete pubblica, aggiungendo curry, come con la minestra di zucca. Digeriva. Aveva tempo, anche se se lo lasciava scorrere addosso, come sabbia in una clessidra (per questo, con fatica e molti fiaschi, tentava spesso la verticale: per ribaltare il tempo, ripartire daccapo).

Un giorno si soffermò un po' più a lungo del solito davanti allo specchio e non si riconobbe. Provò a chiamarsi al telefono, ma risultava occupato. Si messaggiò e scrisse: «Io non sono più io, ma un altro. Domani andrò a cambiare generalità all'anagrafe».

E fu domani. 

All'anagrafe, la gentile impiegata originaria di Acireale, gli spiegò che non era così semplice dimostrare di essere un altro, a meno che non avesse cambiato sesso o le autorità gli avessero concesso una nuova identità per sfuggire alle grinfie di qualche organizzazione criminale.
«Ma io non sono sfuggito né da grinfie né dai miei genitali. Semplicemente non sono più io. Io sono un altro. Facile da capire, no?».

«No», rispose la gentile impiegata originaria di Acireale. «No, non è facile da capire».

«Allora le spiego».

Ci fu bisogno di una pausa caffè, anche da parte del redattore della presente.

lunedì 13 maggio 2019

Benvenuto Matteo, non t'aspettavo

Fu l'intuito politico di Bossi a imporre a Berlusconi un ministro dell'interno leghista, perché al Viminale si controllano cose.
E dato che, all'epoca, il secessionismo manifesto della Lega era controllato dai servizi, i leghisti (forse fu Gianfranco Miglio a suggerire) si dissero: se ci siamo noi secessionisti (all'acqua di rose del Po) a capo dei servizi, possiamo controllarci da soli.

Ritornata al governo, la Lega - il suo segretario non ha avuto un attimo di esitazione a riservarsi tale incarico.

E adesso che la parola secessione è solo un vocabolo perso tra i lemmi del Battaglia, adesso che la Lega è diventata nazionale, il connubio con gli Interni si è legittimato a tal  punto che il capo della polizia Gabrielli, candidamente, ha potuto dichiarare che loro, i poliziotti, sollecitano e autorizzano twitti a favore del ministro, e fanno pure rimuovere (ai pompieri) striscioni non offensivi esposti alle finestre di abitazioni private.

Ma il dilemma più pressante per me è: come mai se a Salvini, volente o volente, riesce bene riesumare quei beccamorti dei fascisti (FN e CP), Renzi non è stato capace di risvegliare neanche un comunista?

Tranne me.

I lovve Matteo.

domenica 12 maggio 2019

Ma come


La gallina di Gadda


« In quel punto, come evocata di tenebra, dall’usciolo socchiuso della scaluccia approdante in bottega […], si affacciò, e poi zampettò sul mattonato freddo qua e là con certi suoi chè chè chè chè tra due cumuli di maglie, una torva e a metà spennata gallina, priva di un occhio, e legato alla zampa destra uno spago, tutto nodi e giunte, che non la smetteva più di venir fuora, di venir su: tale, dall’oceano, la sàgola interminata dello scandaglio ove il verricello di poppa la richiami a bordo e tuttavia gala d’una barba la infronzoli, di tratto in tratto: una mucida, una verde alga d’abisso. Dopo aver esperito in qua in là più d’una levata di zampa, con l’aria, ogni volta, di saper bene ove intendeva andare, ma d’esserne impedita dai divieti contrastanti del fato, la zampettante guercia mutò poi parere del tutto. Spiccicò l’ali dal corpo (e parve estrinsecarne le costole per una più lauta inspirazione d’aria), mentre una bizza mal rattenuta le gorgogliava già ner gargarozzo: una catarrosa comminatoria. A strozza invelenita principiò a gorgheggiare in falsetto: starnazzò spiritata in colmo alla montagna di que’ cenci, donde irrorò le cose e le parvenze universe del supremo coccodè, quasi avesse fatto l’ovo lassù. Ma ne svolacchiò giù senza por tempo in mezzo, atterrando sui mattoni con nuovi acuti parossistici, un volo a vela de’ più riusciti, un record: sempre tirandosi dietro lo spago. Parallelamente allo spago e alla infilata dei nodi e dei groppi, un filo di lana grigio le si era appreso a una gamba: e il filo pareva questa volta smagliarsi da reobarbara ciarpa, di sotto al ridipinto ciarpame. Una volta a terra, e dopo un ulteriore co co co co non si capì bene se di corruccio immedicabile o di raggiunta pace, d’amistà, la si piazzò a gambe ferme davanti le scarpe dell’allibito brigadiere, volgendogli il poco bersaglieresco pennacchietto della coda: levò il radicale del medesimo, scoperchiò il boccon del prete in bellezza: diframmò al minimo, a tutta apertura invero, la rosa rosata dello sfinctere, e plof! la fece subito la cacca: in dispregio no, è probabile anzi in onore, data l’etichetta gallinacea, del bravo sottoufficiale, e con la più gran disinvoltura del mondo: un cioccolatinone verde intorcolato alla Borromini come i grumi di solfo colloide delle acque àlbule: e in vetta in vetta uno scaracchietto di calce, allo stato colloidale pure isso, una crema chiara chiara, di latte pastorizzato pallido, come già allora usava. »

Carlo Emilio Gadda, Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, Garzanti, Milano 1957 (capitolo 8).

Mi capitata raramente di piegarmi in due dalle risa per una lettura. Ancor più raramente mettermi ad applaudire e, subito dopo, a ricopiare quanto ho letto.
E festeggiare la madre: lingua.

Le condizioni democratiche

«Come era già accaduto, la democrazia dà vita al fascismo. Una volta, Adorno ha detto che si preoccupava non tanto del fascismo contro la democrazia, quanto del fascismo nella democrazia. Al di là di Adorno, tuttavia, il fascismo va visto come il proseguimento della democrazia fatto con altri mezzi. Questo diventa chiaro quando si capisce che la democrazia ha come condizione di essere sottomessa al movimento di valorizzazione del capitale e che, nella crisi, la famosa democrazia si riduce perciò a quello che è il suo nucleo repressivo. Che a partire da ogni euro, bisogna farne due e che le persone che non possono più essere utilizzate per il "posto di lavoro" (così miserabile ed insensato quanto lo è per quegli "eletti" che diventano sempre meno numerosi) devono crepare più in silenzio possibile, in quanto queste sono cose che non possono più essere negoziabili democraticamente. Tutto dipende dalla sostenibilità finanziaria, e in fin dei conti, la priorità è che lo Stato si affermi nella concorrenza globale. » Thomas Meyer, Editoriale del n. 16 della rivista tedesca Exit.

L'articolo è lungo, ma è un quarto d'ora (anche meno) speso bene. 
Al netto di alcuni errori di battitura e di qualche virgola fuori posto, va ringraziato Franco Senia per la traduzione.

Insomma, finché lo Stato potrà permettersi di pagare le forze dell'ordine per mantenere l'ordine sociale esistente, l'involucro della società aperta, liberale e democratica sarà - con molte manganellate, fermi preventivi e identificazioni fuori luogo - conservato; quando invece finanziare l'ordine sarà insostenibile, entreranno in scena gli sgherri fascisti o nazionalisti o maoisti (tipo Cina, perché da quelle parti, sebbene sia della stessa sostanza, la repressione ha un colore diverso), perché lo Stato, per quanto possa dichiararsi democratico, prima della libertà e della dignità dell'individuo, deve garantire la libertà del Capitale. 

venerdì 10 maggio 2019

Salute maggio

Mi addentro, fuori restando, in questioni superficiali, dove le ali sbattono solo per alzare la polvere, come quelle della gallina. 
Quando mi chiamano in causa rispondo di no, non sono interessato all'offerta, grazie lo stesso, la prego di non insistere. 
Oramai ho fatto il callo, mi è facile sopportare i miei difetti così come sono, tanto nessuno li ama, posso anche fare a meno di coltivarli, come certi formicai con certi funghi.
Scrivo per immagini perché immagino quello che scrivo; prima che me ne dimentichi, scatto: vengo sempre mosso. Frasi brevi, senza subordinate: non amo servire, ma neanche essere servito (laudato sia il self service). E vado avanti finché.
Non ho risposte, ma non importa: tanto nessuno fa domande, intelligenti o no che siano. Non c'è più curiosità, ecco tutto. Devono essere i lustri che, da soli, sono sufficienti a illustrare la questione: avere più anni che soldi fa il resto, dentro gli stretti confini della propria condizione sociale. Ma non dispero. Diospero semmai, anche fuori stagione. E poi, in fondo, se non sei al o non sei escluso dal Salone del Cazzo non t'incula più nessuno (fuor di metafora un cazzo, s'intende).
E si prosegue senza preavvisi, bastano facce predisposte ad accogliere i propri pensieri.
Aldilà di tutto: mi piace il tempo variabile, come il maggio di quest'anno offre. Piove, poi no. Nuvole che vanno e vengono in molteplici forme e colori. E poi il sereno. E poi di nuovo nuvolo. Soffia un vento propizio alla masturbazione dei soffioni. Dna che vola come se ci fosse un domani per tutto. E mi ricordo proprio adesso che sono vivo e che è bene esca, porti a spasso me stesso e il cane, respiri e saluti il senso della vita con uno starnuto.
Salute.

mercoledì 8 maggio 2019

Lo sturbo fascista

Viviamo in una società ipermercificata e ipersessualizzata - e io rimango solo, qui, con una sega e un carrello in mano.
È ora di sfrondare le aiuole, vocali comprese. Resti solo una L, per abbreviare la firma.
Tornando a noi, cioè a lei, alla società, di cui faccio parte, seppur in disparte. Quanto sesso, quanta merce, c'è in giro, signori miei, quanto fanno girare il mondo, il sesso e le merci, quanto sono finalità dell'agire umano?
Abbandonando per un momento le merci al loro destino di sovrapproduzione, mi rivolgo al sesso e e penso: sebbene sia una pratica praticabile in privato, quella sessuale è una pratica  allusa pubblicamente in ognidove: in primo luogo, è argomento principe dei media; della pubblicità, ma anche delle pause caffè lavorative, dei discorsi tra congeneri, in margine a cene da fari o da dispari, a seconda, dipende dalla prepotenza, persino negli scenari razzofascisti  come quel pezzo di merda che per minacciare la «prendi questa mano», le ha detto "te strumpo", il rutto umano, je pijiasse 'no sturbo e secco lì, sul posto, senza pippi e senza franchi a soccorrere (soccorri stocazzo, stronzo bburino).
Ma sesso a parte (ma non tanto da parte): come mai a Roma e dintorni è annidato sociarmente tanto fascismo der cazzo?
Ché è corpa de li ormoni? Der testosterone testadicazzeggiante, de la gnoranza schifa della suburbia infame e stronza? Che ddèh, o Roma, che dici in tua discorpa? Possibile che il Merda romagnolo morto fucilato ed esposto appeso abbia ancora (!) tanta presa?, che il fascino fascistico eserciti a Casalbruciato tanta attrazzzione con tre zeta? Ma non vi viene il vomito diodiddio, che cazzo avete in corpo, viscere di lucertole schiacciate da suvve tedeschi cor motore elettrico? Vu schiantassi subito, e amen.

«Al casello, detto da taluni di Casal Bruciato, lo si attendeva ogni giorno, una volta al giorno, con l'algebrica certezza e la trepidazione d'animo con cui alla specola di Arcetri o all'osservatorio di Monte Palomar, ogni settantacinque anni, il ricorrere della cometa di Halley». Gadda, Quer pasticciaccio brutto de via Merulana (cap. 9).

Non riesco a comprendere come nell'umana miseria della ggente ci sia questo bisogno del Grande Stronzo, del mascellismo virillico e sburroso, del tragicomico esercizio della comando unito al patetico desiderio di sottomissione alla disciplina organizzata dal merdificio della razza attestadicazzata, rasata pure, a vorte. E che di sicuro je puzza l'ascella.

E domando, giusto per perdere tempo: perché compensare la propria condizione sottosotto proletaria o borghesuccia avvizzita da due lire dapparte, con i din don pavloviani di una ideologia idiota? 

Perché il fascismo promette tutto e subito, come ai caporali?

domenica 5 maggio 2019

Pioveva

Camminavo sotto i portici, pioveva: ho comprato la Repubblica, due euro e mezzo, compresa una copia de l'Espresso. 
Non ho letto Scalfari, non ho letto De Gregorio, neanche Saviano. Due righe dell'intervista di Gnoli a Mughini (che palle, Mughini), praticamente ho guardato solo i titoli e i sottotitoli. E le pubblicità.


Chissà quanto viene via, al centimetro, uno spazio pubblicitario nella prima pagina domenicale del giornale (sono andato a vedere chi cazz'è er sor Forchielli e, a occhio, coi tempi che corrono, dato che quarche sordarello da parte l'avrà puro messo er conzulente der congresso ammerigano, secondo me se l'è pagata da solo la pubblicità, ché Bardini e Castordi nun ciànno mica li sordi)

Comunque.

Altra pubblicità:

Ancora con 'sta filosofia. E ancora Severino che racconta, coi pantaloni alla zuava pure lui. Ma chi le compra 'sti volumi? Non saranno mica bischeri come me gli adolescenti autodidatti d'oggi, me che, dato che al liceo non studiavo, mi rifacevo con le dispense enciclopediche della Curcio. E vedi i risultati.

Ultima, ma non ultima, anzi medaglia d'oro, è la seguente pubblicità:


Ora, io con tutto il rispetto per la danza e per Roberto Bolle (butta la pasta), proprio non riesco a immaginare i potenziali acquirenti di tale collana spettacolare. Soprattutto non mi figuro come, ancora oggi, vi sia qualcuno che compri un dvd per guardarselo a casa. Ma tutto può essere. Come è stato possibile che oggi abbia comprato la Repubblica. Pioveva.

sabato 4 maggio 2019

Vorrebbe reintrodurre

Da notare lo sfondo ansiogeno

Glande Salvini: l'unica difficoltà è metterlo sopra a quello che gli alunni (infanzia e primaria) indossano di già.

P.S.
Per lo meno dalle mie parti i bambini di tali scuole sono tutti obbligati a indossare il grembiule. Hanno il permesso di toglierlo solo per fare ginnastica o quando fa molto caldo. 
Suggerimento: potrebbe essere unificato il colore, al momento variabile, da scuola e scuola. All'infanzia è previsto il rosa per le femmine e il blu per i maschi (per il genere X sarà chiesto un parere a Sebastian Coe). Alla primaria, invece, ogni istituto ha un colore, generalmente blu, o nero (io, alle elementari, lo avevo nero, con il fiocco rosso però). Certo, per Salvini sarebbe sconveniente proporre il nero; ma il verdano potrebbe andare benissimo.

venerdì 3 maggio 2019

MeToo

via

Momenti edificanti della storia umana, debitamente segnalati, senza nessun cenno di riprovazione o sgomento, dalla stampa. Epperò:


Salvini (che mi sta sulla punta della fava perché così, sovente, faccio finta di scrollarmelo di dosso) avrebbe bisogno di qualche lezione di educazione civica - e sia.
Ma il Re della Taillandia, invece, un calcio in faccia no? Di punta, onorevole Boldrini, di punta.

L'età e il genere

Quando Sebastian Coe gareggiava ero un bambino e mi ricordo che tifavo per lui. Certo non mi chiedevo come si allenasse, quale alimentazione facesse, quali "integratori" (ancora leciti) assumesse. Correva forte, vinceva, stabiliva record.

Adesso lui, il baronetto, non corre più: presiede. E dichiara, a proposito della squalifica dell'atleta sudafricana Semenya (squalificata per l'alto livello di testosterone presente naturalmente - sembra non ci siano dubbi al riguardo - nel suo corpo):

«L'atletica leggera ha due classificazioni: ha l'età ed il genere, siamo altamente protettivi nei confronti di entrambe e sono davvero grato che la Corte di Arbitrato abbia confermato questo principio».

Ecco, o nobile baronetto, altamente protettivi un cazzo. Infatti, se riguardo all'età l'atleta Semenya è nella norma, riguardo al genere, invece, siete in grado di affermare e certificare che lei non è una donna? E se non lo è, a quale genere appartiene? Al genere X? E questo le/gli è stato notificato sulla carta d'identità ? O è forse il politicamente corretto che non vi permette di affermare, con chiarezza, che per i transessuali - ammesso e non concesso che Semenya lo sia - l'atletica leggera non è consentita?

Se la Semenya non ha altra colpa che quella di una fisicità estrema, di una forza e possanza atletica determinata da un ormone che gli frulla in corpo in grande quantità perché è così che madre natura ha voluto, lasciatela gareggiare, vincere medaglie, stabilire record: sarà  l'età, anche per lei, a mettere un fermo alla sua carriera e magari, un domani, a farle presiedere incarichi attualmente ricoperti da miserabili baronetti.

mercoledì 1 maggio 2019

Aradio

Signori che vi prodigate a chiedere sia salvata Radio Radicale coi soldi dello Stato (e non, come sarebbe più opportuno, e ben più nobile, mettendosi una mano in tasca per offrire un sostanzioso obolo da sostenitore, come suggerisce, saviamente, Luigi Castaldi), perché - qualora il finanziamento pubblico, dopo tanto piangere, fosse nuovamente erogato a una radio privata per svolgere un servizio pubblico - perché non chiedete l'immediata chiusura di Rai Gr Parlamento, canale di un ente pubblico che svolge la medesima funzione di trasmissione radiofonica dei dibatti parlamentari? Meditate: con tale chiusura si libererebbero frequenze per scongiurare la chiusura di Rai Movie. Il cinema alla radio potrebbe essere un buon trampolino di lancio per la rinascita del neorealismo italiano.