mercoledì 29 aprile 2020

Vita volatile

Quanto la vita ti sovrasta
e non sei capace
non puoi essere capace
d'improvviso,
di fare un salto con l'asta

e nemmeno un volo
da rapace
che dall'alto del cielo punta
la preda presunta
e si lancia e la spunta

non ti resta
che un salto
non quello dalla finestra
(ho la fortuna di abitare a pianterreno)
bensì quello della quaglia
che saltella
torno torno
prima essere spiumata
e messa in forno.

O il passo della gallina
che esce di rapina
dal dominio sociale del gallo
e becchetta sassi e lombrichi
sola in disparte e si china
e non sente la volpe vicina.

Però oggi ho visto le rondini
svolazzare per qua:
qualcosa vorrà dire
se dire qualcosa il volo
della vita vorrà.


martedì 28 aprile 2020

La trombola del Conte

Qui lo scrivo e qui lo cancello: voglio Mario Draghi presidente del consiglio, così, almeno per il gusto di lottare contro un capo del governo intelligente.

Oppure, al limite, un Conte Tris.

sabato 25 aprile 2020

Memo 25 aprile

E ricordatevi che è ancora in vigore il decreto di confino e di clausura, perché sennò noi italiani andavamo in gita fuori porta a fare il pic-nic. Per questo, perché il governo e le autorità costituite ci vogliono bene, a noi italiani (che di norma siamo degli irresponsabili che fanno per natura quel che a loro torna comodo), per questo e non per altro che ancora sono in vigore queste restrizioni e sono concesse solo delle timide aperture, tipo pasta e cappuccino da asporto. Per questo, sicuramente, dal 4 maggio in poi, saremo ancora contenuti con norme che terranno a freno la nostra voglia matta di fare quel che cazzo ci pare, per esempio sputare in terra, starnutire in faccia alle persone, scaccolarci e poi lasciare il contenuto appiccicato alle pensiline del tram. Bene. Al momento, in fondo, ci è sufficiente spargere ai bordi delle strade guanti in lattice, mascherine e fialette di disinfettante, senza che nessuno ci dica niente, tanto non ci vede mica nessuno quando lanciamo gli oggetti dal finestrino.
Abbiamo così tanta voglia di fiatarci addosso, di radunarci, assembrarci, unirci e quindi contagiarci che è giusto che ci tengano a freno, che ci diano regole perché noi siamo sregolati di natura. In fondo dobbiamo aspettare che la scienza ci dia certezze, come ha detto quel ministro che se aggiungi una sillaba (-to) al suo cognome sarebbe doveroso rimandare in prima elementare. 

Insomma, buona Festa della Liberazione, sì, ma.

giovedì 23 aprile 2020

Vorrei essere un formichiere

Stavo per scrivere un post su uno che non voleva dilungarsi, ma stava venendo lungo, il post, troppo lungo,  sicché ho cancellato e ho deciso di farlo breve: vaffanculo te e la logica del formicaio.

Sempre breve restando, aggiungo solo, rivolgendomi a tutti coloro che dicono di accettare di buon grado il confino, non ravvisando alcun problema con lo stato di eccezione, con il movente di fare questo per i vecchi, dico soltanto due cose: la prima, un avvertimento a futura memoria, che, se un giorno sarò vecchio anch'io, agli adulti che un giorno diranno che faranno certe cose per la mia categoria di vecchio, dico subito, mettendo le mani avanti: fatevi i cazzi vostri, mirmidioni del cazzo, che ne sapete che cosa vogliono i vecchi, dopo averli impauriti a dovere, gliel'avete chiesto a tutti i vecchi se sono contenti di non poter uscire, di stare rinchiusi, di non potersi bere un caffè da soli, o fare una passeggiata, da soli, come sempre da soli sono i vecchi, nel parco? Non pensate che i vecchi, certi vecchi, in queste interminabili settimane chiusi in casa, non siano diventati più vecchi, più rincoglioniti, più incattiviti con la vita di quanto fossero prima, compatrioti che vi inorgoglite stando a casa perché lo ordina il governo?

Ma non voglio dilungarmi, io. Sicché vi rimando affanculo ricordandovi solo che, a volte, anche le formiche, nel loro piccolo, s'incazzano. 

lunedì 20 aprile 2020

In bocca al lupo

La crescente ansia delle limitazioni della libertà non si esaurisce; per ora, sebbene un po' attenuata dal callo veloce delle abitudini, resta stabile, con tendenza al rialzo, soprattutto quando qualcuno avvisa che la Fesa 2 (di tacchino) non sarà una sagra della primavera, no. Piuttosto, in una fase ancora in cui la sovranità appartiene ai virologi, soprattutto a quelli che hanno più audience in tv, sarà una fase in cui l'esercizio del potere probabilmente sperimenterà nuove e maggiormente esecrabili forme di controllo che saranno introdotte per stato di necessità, mediante il tramite di decreti governativi d'urgenza.

Io non mi fido, e peno. Si sono spinti troppo avanti e sono arrivati a un punto in cui, come i demoni di Gerasa, è più facile il precipizio anziché la marcia indietro. Ma il problema è che non saranno i demoni a buttarsi di sotto, a cominciare da tutti coloro che hanno trasformato una emergenza in una tragedia, a tutti coloro che hanno diffuso e diffondono quotidiani bollettini di guerra e che spargono panico piuttosto che concio, per sfamare il popolo con verità scientifiche indiscutibili.

Se poi esagero e, a fine maggio, potremo liberamente déjeuner sur l'herbe, tanto meglio: verrò qui a dire mea culpa, mea culpa, eccetera. Ma per il momento faccio parte di una minoranza di preoccupati per qualcosa che la maggioranza non percepisce (e quindi non teme). E non sono neanche tanto le app di mappature e controllo che mi allarmano, quanto che, nei più, è già stato inoculato via etere o via social, il virus del controllo, del poliziotto dentro, del «guarda quello lì senza mascherina, come si permette?», del «e chi sarebbe quello che è venuto in paese oggi, da dove viene, dove andrà?», del «lei non rispetta la distanza sociale: guardi chiamo la volante», del «chi sono quei due che respirano qui?».

Sarà dura riguadagnare un minimo di decenza e di urbanità. Sarà difficile almeno finché non saremo liberi di starnutire con qualcuno accanto che ti dice “salute!” e non crepa.

sabato 18 aprile 2020

Quasi inutile


A Rimini la spiaggia com'è vuota, quasi inutile, di aprile.

Variazione gucciniana a parte: vero che il crollo verticale del traffico stradale urbano ed extraurbano libera le forze dell'ordine per vigilare altre irrispettosità riguardanti decreti governativi emergenziali di dubbia costituzionalità. Tuttavia, non è evidente la sproporzione? Era meno plateale bombardarlo dall'elicottero, il povero Cristo disposto, à la Mantegna, a prendere il sole sulla spiaggia.

Ma dove sono finiti i principi fondamentali della carta costituzionale più bella del mondo?

A quando l'hastag #aveterottoilcazzo ?




venerdì 17 aprile 2020

Il potere di far niente


Oggi, dopo un mese di fermo e brevi camminate con il cane nei dintorni, ho fatto una corsetta, duecento metri sotto casa, lungo il perimetro di un campo di grano recintato da un filo elettrico anti-cinghiali. Cinque giri, due chilometri e mezzo, un passo lento, tra sterrato ed erba, tra pietre scartate e cacca di un gregge che passa di qua. E tutto questo verde intorno, questo privilegio di abitare la campagna - come se uno schiaffo di benessere mi avesse colpito e rinfrancato. 
Non va tutto bene - non sto a dire perché - ma va tutto bene ed ho detto perché. 
Perché ho fatto qualcosa che facevo anche prima e fanculo a chi ripete in coro che niente sarà come prima. Perché l'ansia fottuta è ritornata sotto le ali di una pacata rassegnazione e il pessimismo esistenziale si è sciolto nel brodo di quello cosmico, molto più rassicurante, giacché dissolve l'io nella polvere prima che la polvere si posi, come su un soprammobile, su di lui.
Il peso del participio passato (‘stato’ anche con l'esse maiuscola) si è trasformato in una sostenibile leggerezza del participio presente (‘essente’). Finalmente, ho potuto far niente. 
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La vita
dovresti poterla
ricordare
come un viaggio all'estero

e con gli amici o le amiche
parlarne poi
e dire

è stata una bella cosa,
la vita,
e vedere frammenti di donne, segreti
e paesaggi

e appoggiarti contento allo schienale
ma i morti non si appoggiano agli schienali.

Non possono fare proprio niente.

Cees Nooteboom, Niente, dalla raccolta Luce ovunque, Einaudi, 2016 (traduzione di Fulvio Ferrari) 



giovedì 16 aprile 2020

Un tal Luis

Questo blog, nato nel 2007, deve il nome a due autori (due e mezzo, via - e quel mezzo sono io). E i due autori sono uno argentino, Julio Cortázar; e l'altro cileno, Luis Sepúlveda.

Ora, dato che ho conosciuto il primo grazie al secondo - in particolare: ho scoperto un libro che aveva scritto il primo (un libro sublime) perché citato dal secondo; ma soprattutto perché, per il sottoscritto mezzo autore, un racconto del secondo autore (incidentalmente morto oggi) è stato decisivo per l'apertura di questo blog, allora ecco di seguito, ricopiato per intero, il racconto stesso, Un tal Lucas. Buona lettura.

________________
N.B.
Ho rimandato a un link esterno, Medium, per una migliore formattazione. Noto tuttavia che, a un primo clic, la pagina non si apre. Ma alla seconda ricarica sì. Boh. Nel caso, per riserva, il racconto l'ho messo anche qui.

mercoledì 15 aprile 2020

Strategie comunicative

Tramite un tweet di Luigi Castaldi, leggo di «Una proposta per riaprire l'Italia, gestendo in modo sicuro la transizione da pandemia a endemia», messa a punto dal «virologo Roberto Burioni insieme a diversi esperti e con la sottoscrizione di Fnomceo, Enpam e Fimmg, nonchè della Società italiana di virologia e la Società italiana di malattie infettive e tropicali».

La suddetta proposta è articolata in cinque punti. Sui primi quattro non dico pio, perché non ho competenze in merito, anche se quando sento parlare di « mandato legale » (alias: poteri speciali), un po' di preoccupazione, forse esagerata, serpeggia.
È sul punto cinque,
5) Condivisione della strategia comunicativa con l’Ordine dei Giornalisti e i maggiori quotidiani a tiratura nazionale, nonché le principali testate radio-televisive pubbliche e private per evitare i danni potenziali sia dell’allarmismo esagerato che della sottovalutazione facilona o addirittura negazionista (utilizzando anche l’esperienza sul campo nel rapporto medico-paziente).
invece, che nutro qualche dubbio, per il fatto stesso che il primo dei firmatari della proposta è uno dei principali attori sulla scena dell'emergenza in corso. Infatti, per il Burioni, ancor più della sua professione di virologo, per conquistare lo palco, ha pesato la sua indiscussa fama di influencer su Twitter e su Facebook, anziché la sua esperienza sul campo nel rapporto medico-paziente; ma, soprattutto, la mia perplessità deriva dal fatto che il Burioni stesso è stato prima un negazionista (si ricordi il suo tweet di fine febbraio in cui affermava che in Italia, in quel momento, aveva più senso preoccuparsi dei meteoriti che del virus), e poi, nel volgere di pochi giorni, un superallarmista dei più accesi. Come si può dunque, con un tipo umano del genere, condividere una siffatta strategia comunicativa volta a evitare i pericoli sopra esposti?

Poi, per carità, i miei dubbi sono infondati, anche perché tra i firmatari non vedo il dottor Fabio Fazìo o la dottoressa Lilli Grubèr.

martedì 14 aprile 2020

E facciamo la barriera

Segnalo, nell'uggia decretata d'urgenza, la lettura di due articoli di Bruno Latour che, in questi tempi decrescenti, potrebbero risultare interessanti. 

Del primo, evidenzio questo passaggio:

«...le crisi sanitarie non sono una novità, e l’intervento rapido e radicale dello Stato non sembra finora particolarmente innovativo. Basta vedere l’entusiasmo del presidente Macron nell’assumere la figura di capo di Stato che finora gli mancava in modo così flagrante. Molto più degli attentati – che in fondo si riducono a una questione di polizia –, le pandemie risvegliano, tra i governanti come tra i governati, una sorta di evidenza – “noi dobbiamo proteggervi”, “voi dovete proteggerci” – che rinsalda l’autorità dello Stato e gli permette di pretendere ciò che, in qualsiasi altra circostanza, sarebbe accolto con una rivolta »
Mentre del secondo, invito a leggere e a rispondere a “una piccola lista di domande” che Latour pone a coloro i quali credono (o sperano) che, dopo l'emergenza, nulla sarà come prima, che vi saranno cioè dei mutamenti radicali, anche se non riescono a immaginare quali. Ebbene, le domande di Latour possono dare uno stimolo all'immaginazione, ma non per
«esprimere le prime opinioni che vi vengono in mente, ma piuttosto di descrivere una situazione e se possibile di trasformarla in una breve inchiesta.»
Perché in fondo, per quanto possa risultare un vuoto esercizio fine a sé stesso, e per quanto la critica di Latour sia certamente una critica laterale del sistema economico e produttivo (per esempio: mai ch'egli nomini, neanche una volta, la parola capitalismo... il solo ‘nemico’ per lui è la globalizzazione), è interessante una cosa che Latour nota, questa:
« Ciò che rende la situazione attuale così pericolosa non sono solo le morti che si accumulano ogni giorno di più, ma è la sospensione generale di un sistema economico che offre, a coloro che vogliono andare molto più lontano nella fuga fuori dal mondo planetario, una meravigliosa opportunità per “rimettere tutto in discussione”. Non dobbiamo dimenticare che ciò che rende i globalizzatori così pericolosi è che sanno evidentemente di aver perso, che la negazione del cambiamento climatico non può durare all’infinito, che non esiste più possibilità di conciliare il loro “sviluppo” con le varie sfere del pianeta in cui sarà necessario finire per inserire l’economia. Questo è ciò che li rende pronti a tentare qualsiasi cosa per ottenere, un’ultima volta, le condizioni che permetteranno loro di durare un po’ più a lungo, di proteggere se stessi e i loro bambini. Il “blocco del mondo”, questa frenata, questa pausa inaspettata, offre loro l’opportunità di fuggire più velocemente e più lontano di quanto abbiano mai immaginato. I rivoluzionari, al momento, sono loro. »
Ecco, l'idea che 
« La borghesia non può esistere senza rivoluzionare continuamente gli strumenti di produzione, i rapporti di produzione, dunque tutti i rapporti sociali. »
mi sembra ancora un'idea da tenere di buon conto.

lunedì 13 aprile 2020

Oltre alle notizie

Secondo me all'ossigenazione del cervello fa più male vedere tre ore di una trasmissione come quella di Fazio, che vedere trenta secondi di servizio (magari di repertorio) di tg in cui mostrano code ai caselli autostradali provocate dai posti di blocco di carabinieri, polizia stradale e municipale, finanzieri, bersaglieri, per controllare persone che, forse - per essere sicuri, fatevelo dire poi dal ministero degli interni - stanno andando nelle seconde case.

Tuttavia, se il problema fosse "circoscrivere e isolare" solo Fazio... Dappertutto siamo circondati dai diffusori di notizie un tanto al clic; e, quindi, non sarebbe sufficiente - in questi giorni, per prendere un po' d'aria - salire sul tetto, smontare la parabola e lanciarla a frisbee dove va, va (discorso parabolico).
Bisognerebbe, al contempo, dare martellate sui cellulari e sui tablet (i pc no, giacché la tastiera estesa potrebbe servire a scrivere testamenti o lettere d'amor).
Infatti, sotto il banner "previsioni del tempo" del mio telefono, stamani ecco una simpatica news mattutina (tratta dal Corriere):


Premesso che, per domani, mi aspetto siano riportati anche gli studi dei pedagogisti, dei sociologi, degli psicologi dell'età evolutiva e degli ufologi, confesso il mio rammarico, giacché, da ingenuo qual sono, nelle ultime settimane, contrariamente a prima dell'emergenza, ogni volta che vedo un tir passare provo un senso di sollievo perché qualche merce vera circola, oltre alle notizie.

sabato 11 aprile 2020

Notarelle in pinzimonio

1. Ho comprato dieci carciofi di Paestum, duri come l'essere parmenideo.

2. Ho sognato il popolo delle sardine che si trasformava in popolo di orche e scendeva in piazza, per respirare.

3. Vittorio Colao (da colatura di pesce azzurro simile a... vedi sopra), ex amministratore delegato di Vodafone, è stato designato dal governo a dirigere la task force per la Fase 2 perché esperto di ricariche.

4. La Ministro dell'Interno Lamorgese lancia l'allarme: «Rischio di tensioni e focolai estremisti». I celerini da sempre sono attrezzati con la mascherina.

5. In Germania, nonostante l'emergenza, oltre alle librerie, tengono aperte anche le fattorie.

6. Uno degli esperimenti sociali più interessanti determinati dall'emergenza in corso, di cui mi sembra si parli troppo poco, è la sospensione del gioco del calcio. 

7. Il medico oftalmologo di Lione, dottor Iannone, mi sembra abbia avuto - anche se è una goccia nel mare - un'ottima idea.

Lord si nasce e io modestamente

Riporto per intero un commento di Lord Sumption, scritto qualche giorno fa per il Times e tradotto da Milano Finanza, perché, con chiarezza estrema, esprime un sentire che io ho subito avvertito, fin dal primo momento, dalla prima restrizione delle libertà personali che sono (dovrebbero essere) a fondamento della società liberale e democratica. E, credo - non so quanto a torto -, che non solo Signori si nasca, ma anche liberali (o libertari) o quantomeno allergici a ogni forma di sopruso che il potere - di qualsiasi tipo, anche di quello che ti dice di fare le cose per il tuo bene, anzi proprio ancor più di quello - impone ed esercita con l'uso e la prerogativa della Forza (legge, sanzione).

Per scelta e per diminuire il livello di ansia e terrore trasmessi dai megafoni mediatici, non ho potuto tener conto dei celerini in paillettes e lustrini e mascherina vip, a cominciare dalla truppe scelte della 7 o della Rai, Sky e Mediaset. Ne vedo solo i riflessi sulle pagine di "amici" social che riportano, retwittano o condividono.
Dei blogger - oramai una sparuta pattuglia - solo Malvino e Olympe de Gouges ravvisano con acume e grande chiarezza, la pericolosità estrema della situazione, la tragicommedia in corso della commistione politica, sociale, mediatica, sanitaria.
Prendo a esempio solo uno come il Giglioli che dalla sua comoda poltrona di telelavoro e stipendio fisso (forse lauto, ma non importa) decanta lodi alle misure restrittive, parla di fine maggio facendo paralleli con il Piave, si fa paladino delle chiusura delle attività economiche perché tutti i lavoratori sarebbero a rischio - e mai, dico, mai a uno così, che gli si presenti un grillo parlante a dirgli, ma sei proprio sicuro, non cominci a temere niente? Oppure trionfa solo il maoista che in te?
E penso a tutti quelli de sinistra che applaudono le forze dell'ordine se vedono arrestare uno che corre.
E penso a tutti i delatori che filmano e denunciato se uno esce da solo con il cane e fa quattrocento metri anziché la metà.
Io penso a tutto questo e ho più paura, letteralmente più paura di questo che del virus.
Perché il virus almeno non può essere tacciato di imbecillità, di ottusità, di cretineria, di stronzaggine e cattiveria. Si è fatto di un'emergenza sanitaria, un disastro sociale. A cominciare dal considerare l'emergenza uguale in ogni regione e provincia, come se fosse realmente in corso lo stesso tipo di allarme sanitario dalla provincia di Enna a quella di Bergamo.
E mi fermo perché sono stanco di spiegare cose che o si sentono oppure no. Non voglio convincere nessuno. Con tutti i distinguo del caso, e senza offendere le vostre sensibilità da Giorno della memoria (un giorno, poi basta), vi dico che vivete, voi che osannate i decreti d'urgenza, sia pure in sedicesimo, il medesimo condizionamento autoritario che vissero i nostri nonni e bisnonni ai tempi del fascio. Avete bisogno di uno che conduca e che vi dia limiti e che vi faccia arrivare i treni in orario (ma ricordate che domeniche e festivi il trasporto pubblico è sospeso). Io continuerò finché posso a ripetere che, per questo, basta un capostazione.

«"L'unica cosa che dobbiamo temere è la paura stessa - un terrore senza nome, irragionevole, ingiustificato, che paralizza gli sforzi necessari per convertire la ritirata in progresso". Le parole sono di Franklin D Roosevelt. La sua sfida era la recessione, non la malattia, ma le sue parole hanno una risonanza più ampia.
La paura è pericolosa. È il nemico della ragione. Sopprime l'equilibrio e il giudizio. Ed è contagiosa. Roosevelt pensava che il governo facesse troppo poco. Ma oggi è più probabile che la paura spinga i governi a fare troppo, dato che i politici democratici corrono a nascondersi di fronte al panico pubblico. Il coronavirus è l'esempio più recente e dannoso?
Le epidemie non sono una novità. La peste bubbonica, il vaiolo, il vaiolo, il colera, il tifo, la meningite, la meningite, l'influenza spagnola hanno avuto un pesante tributo ai loro tempi. Una generazione precedente non avrebbe capito l'attuale isteria per Covid-19, i cui sintomi sono più lievi e la cui mortalità in caso di malattia è inferiore a qualsiasi di questi.
Che cosa è cambiato? Da un lato, siamo diventati molto più avversi al rischio. Non accettiamo più che giri la ruota della fortuna. Diamo per scontata la sicurezza. Non tolleriamo tragedie evitabili. La paura ci impedisce di pensare ai costi più remoti delle misure necessarie per evitarle, misure che ci possono portare a disgrazie ancora più grandi e di natura diversa.
Abbiamo anche acquisito un irrazionale orrore della morte. Oggi la morte è la grande oscenità, inevitabile ma in qualche modo innaturale. I nostri antenati hanno vissuto con la morte, un fatto sempre presente che hanno compreso e contestualizzato. Hanno vissuto la morte di amici e familiari, giovani e vecchi, generalmente in casa. Oggi la morte è nascosta negli ospedali e nelle case di cura: lontana dalla vista e dalla mente, innominabile fino a quando non colpisce.
Sappiamo troppo poco di Covid-19. Non ne conosciamo la vera mortalità a causa delle incertezze sul numero totale di infetti. Non sappiamo quanti di coloro che sono morti sarebbero morti comunque - forse un po' più tardi - a causa di altre condizioni di fondo.
Ciò che è chiaro è che Covid-19 non è la peste nera. È pericolosa per chi soffre di gravi condizioni mediche, soprattutto se è anziano. Per altri, i sintomi sono lievi nella stragrande maggioranza dei casi.
Il primo ministro, il segretario della sanità e il principe di Galles:  tutti hanno preso la malattia e stanno bene e rappresentano il modello normale. I decessi, molto pubblicizzati ma estremamente rari, di giovani in forma sono tragici, ma sono fuori dal comune.
Eppure, i governi hanno adottato, con il sostegno dell'opinione pubblica, le misure più estreme e indiscriminate. Abbiamo sottoposto la maggior parte della popolazione, giovane o anziana, vulnerabile o in forma, alla detenzione domiciliare a tempo indeterminato. Ci siamo impegnati ad abolire la socializzazione umana in modi che portano a un disagio inimmaginabile.
Abbiamo dato alle forze dell'ordine poteri che, anche se rispettano i limiti, creeranno un modello di vita autoritario del tutto incoerente con le nostre tradizioni. Abbiamo fatto ricorso alla legge, che richiede una definizione esatta, e abbiamo bandito il buon senso, che richiede un giudizio.
Queste cose rappresentano un'interferenza con la nostra vita e la nostra autonomia personale che è intollerabile in una società libera. Dire che sono necessarie per fini sociali più ampi, per quanto preziosi possano essere, è trattare gli esseri umani come oggetti, meri strumenti di politica.
E questo prima ancora di arrivare all'impatto economico. Abbiamo messo centinaia di migliaia di persone fuori dal lavoro e bisognosi di credito universale.
Recenti ricerche suggeriscono che stiamo già spingendo un quinto delle piccole imprese verso il fallimento, molte delle quali avranno impiegato una vita di onesta fatica per arrivare fino a quel punto. Si prevede che la proporzione salirà a un terzo dopo tre mesi di blocco. Le generazioni a venire saranno gravate da alti livelli di debito pubblico e privato. Anche queste cose uccidono. Se tutto questo è il prezzo per salvare vite umane, dobbiamo chiederci se ne vale la pena.
La verità è che nelle politiche pubbliche non ci sono valori assoluti, nemmeno la conservazione della vita. Ci sono solo pro e contro. Non permettiamo forse di circolare con le automobili, tra le armi più letali che siano mai state concepite, anche se sappiamo con certezza che ogni anno verranno uccise o mutilate migliaia di persone? Lo facciamo perché riteniamo che sia un prezzo che vale la pena pagare per muoversi in velocità e comodità. Ognuno di noi che guida è una parte tacita di quel patto faustiano.
Un calcolo simile sul coronavirus potrebbe giustificare un periodo molto breve di blocco e di chiusura dell'attività, se aiutasse la capacità di assistenza critica del sistema sanitario a recuperare il ritardo. Può anche darsi che misure di distanziamento sociale severe siano accettabili, in quanto applicate solo alle categorie vulnerabili.
Ma se gli scienziati iniziano a parlare di un mese o anche tre o sei mesi, entriamo in un regno di sinistra fantasia in cui la cura ha preso il sopravvento come la maggiore minaccia per la nostra società. Nella migliore delle ipotesi, le misure di isolamento sono comunque solo un modo per guadagnare tempo. I virus non se ne vanno e basta. In definitiva, usciremo da questa crisi quando acquisiremo una qualche immunità collettiva, o di gregge. È così che le epidemie si estinguono. E quel momento arriverà, in assenza di un vaccino, solo quando una parte sufficiente della popolazione sarà esposta alla malattia.
Non sono uno scienziato. La maggior parte di voi non è uno scienziato. Ma possiamo tutti leggere la letteratura scientifica, che è perfettamente chiara, ma ha evidenti limiti. Gli scienziati possono aiutarci a valutare le conseguenze cliniche dei diversi modi di contenere il coronavirus. Ma non sono più qualificati di noi per dire se valga la pena di mettere sottosopra il nostro mondo e di infliggergli gravi danni a lungo termine. Tutti noi abbiamo la responsabilità di mantenere il senso delle proporzioni, soprattutto quando molti stanno perdendo il loro.»

giovedì 9 aprile 2020

Ridatemi Greta

«Anche durante il fascismo il confino era sostanzialmente presentato come una misura preventiva»

Dove abito - in campagna, da più di vent'anni - non siamo raggiunti dalla rete idrica comunale (in gestione, tra l'altro, a un'azienda privata) e usufruiamo, per casa, dell'acqua di un pozzo non controllata. Tale acqua, probabilmente buona da bere, anche se molto calcarea (ogni volta che la facciamo bollire, essa rilascia un notevole rigagnolo biancastro sul pentolame), dato che non è analizzata, la usiamo semplicemente per cucinare, lavare, lavarsi e scaricare il wc. Abbiamo sempre ritenuto che sia troppo oneroso un controllo sistematico e periodico come quello offerto da una rete pubblica. Così, per bere, da più di vent'anni, vado alle fontanelle del paese dove giunge acqua "termale" senza aggiunta di cloro, a caduta, da una sorgente il cui maggior quantitativo è imbottigliato da uno stabilimento di cui è proprietario Pierre Cardin.
Tali fontanelle si trovano all'interno di un piccolo parco cittadino che, dato il decreto in corso, è stato chiuso.

Che acqua usare per bere, dunque? Dato che, nel comune dove abito, verso la montagna si trovano numerose sorgenti con acqua pubblica gratuita, pensavo che, restando all'interno del territorio comunale, io potessi ivi recarmi per prendere dell'acqua da bere. Tuttavia, prima di farlo, per non infrangere decreti d'urgenza, ho pensato di rivolgermi alle forze dell'ordine, e stamani, per l'appunto, davanti al municipio, ho visto una pattuglia di carabinieri forestali (vestiti da carabinieri oramai: ahimè, mi piacevano di più le divise grigie) e a loro ho chiesto - rispettando la "distanza sociale" - se, dato che a casa non ho acqua potabile, potessi fare qualche km in auto, restando all'interno del territorio comunale, verso quelle fonti per prendere acqua. E loro mi hanno risposto di no, che non è un giustificato motivo, perché io comunque l'acqua a casa ce l'ho, che dovrei dimostrare di non avere acqua del tutto, e che comunque già ieri sono stati costretti a denunciare due persone che si erano recate a prendere l'acqua lassù.
Ora, siccome non volevo mettermi a discutere, tirare in ballo avvocati, carte costituzionali più belle del mondo eccetera e dimostrare alcunché, gli ho semplicemente risposto che, ahimè, va bene, comprerò l'acqua in bottiglia al supermercato, soltanto che andassero loro a dirlo a Greta Thunberg, se in queste settimane aumenterò considerevolmente il consumo di plastica.

Mi hanno risposto: «Greta chi?».

mercoledì 8 aprile 2020

Fuori dalla mascherina

Negli spazi di vita sospesa
gioco a tennis senza rete
con le mie palle sgonfie
e faccio ace al vuoto.

Passa un bombo e mi sembra
sia contento di posarsi
sul viola dei fiori di rosmarino
per succhiare a più non posso.

E io invece dove mi poso
nelle pause della sospensione?
Quante cose avrei in animo di fare
e invece non faccio niente.

I sonnambuli potrebbe risultare
la lettura più indicata proprio ora
se non fossi disgregato già di mio
dai valori che propinano in tv.

Cammino sovente nella notte e,
a occhi chiusi, trovo il bagno e
orino e sto cinque minuti seduto
finché la testa mi ciondola sul muro.

La vita è bella è un predicato
senza copula, dicono i grammatici
stanchi di fare correzioni a una lingua
che, come una sirena, veicola paura.

Sicché non parlo: motteggio
quartine indipendenti, scarne,
senza rime perché non ho voglia
di cantare, solo di sputare un po'

di parole fuori dalla mascherina.

domenica 5 aprile 2020

Ci sarebbe solo la strada

Stamani, nel silenzio e nel deserto delle strade del paese, per la prima volta in vita mia ho desiderato fortemente avere in macchina uno di quegli impianti stereo da migliaia di euro con degli altoparlanti da discoteca, belli pompati, che sparano decibel di musica a palla, per far sentire un inno diverso, meno patriottico, più umano, semplicemente più umano e rivoluzionario. 
Purtroppo, camminando nel breve tratto di strada verso l'edicola, al mio fischiettare non si è affacciato nessuno. 
È passato solo un vigile in macchina, con la mascherina sul collo, e ha sorriso.
Nel caso oggi, come d'abitudine, sull'altoparlante dell'auto di servizio, anziché la voce del sindaco e il gracchiante, inascoltabile inno di Mameli, volesse far ascoltare la canzone che avevo in mente, eccola, gliela segnalo qui:




venerdì 3 aprile 2020

Sulla punta dei piedi

Uomini, donne. Anzi: donne, uomini: vi piacciono i passatempi sani ed economici? Dopo la rinomata Settimana, questi del blog sono gli intellettualmente più sopraffini dribblatempi d'inizio millennio. Soprattutto quanto non si attardano su temi di cocente attualità (come i sassofoni), giacché non amano scottarsi.

- Hai salato l'acqua?
- Non mi ricordo.
- Assaggiala.
- Ma è a bollore!
- Allora si va alla sorte.

Buona pasta e ceci, vero? Preferite i ditali o i tagliolini?

E intanto, sopra le nostre teste distratte, a ciel sereno, due elicotteri svolazzano scoppiettando in direzione Tirreno Adriatica.

Quando arriveranno - se arriveranno - le rondini, dovranno stare a nido o potranno svolazzare duecento metri in linea d'aria sopra, sotto, davanti e dietro?

Ho tempo, tanto tempo per passare il tempo, ma non ho tempo per passarlo a tempo perché sono in disaccordo e nessuno che mi dia il La.

- A te darei il Lao Tzu
- Benissimo, sentiamo:

XXIV
Sulla punta dei piedi non si sta ritti.
Con le gambe larghe non si cammina.
Se ci si esibisce, non si brilla.
Se ci si afferma, non ci si manifesta.
Se ci si vanta, non si riesce.
Se ci si gloria, non si diventa il capo.
Di tale atteggiamento nei confronti della Via si può dire: «Un nutrimento sovrabbondante e delle azioni ripetute fino alla nausea certamente ripugnano a (tutti) gli esseri».
Perciò colui che possiede la Via non se ne occupa.

- Non male, grazie. Solo un rilievo: sei sicuro che delle azioni ripetute sino alla nausea certamente ripugnino tutti gli esseri?
- Non saprei. Stare a casa coi frigo e le dispense piene non è un'azione.


giovedì 2 aprile 2020

Natura morta con frutta

Può darsi non sia più connesso
con quello che il mondo insiste a offrire
e spesso
mi nasconda fino a sparire
come se tutto non accadesse
o sembrasse un frutto
dipinto da Giorgio Morandi
che ti sta lì davanti
morto senza morire.

Quante voci si sentono intorno
ma non una che non abbia qualcosa da dire.
Parole su parole più oscene di un porno
ostinate ognuna ad asserire.

Di quanto silenzio avrei bisogno?
Di quanta parte di orizzonte che si chiuda?

E scappo.
Nella fortuna di braccia vicine
dove lascio cadere come nel vuoto
la mia anima nuda.