lunedì 27 luglio 2020

Correre 2

2. «Siamo in estate e quindi fa caldo». Cazzo, disse la marchesa. È opinione diffusa che nell’Italia centrale d’estate faccia caldo, soprattutto nei mesi di luglio e agosto. Poi, va bene, ci sono anche le altre stagioni, ognuna con le sue caratteristiche che non importa descrivere qui, perché scrivere sul tempo è scrivere di niente, un niente uguale a quando due persone che non hanno niente da dirsi iniziano a conversare sul tempo che fa – e si sentono, dopo averne parlato, più imbarazzate di prima, perché non hanno parlato di niente.
Qui dove abito non siamo alle Hawaii. Qui non soffiano gli alisei. Durante il dì (dalle 10 fino alle 20) fa caldo poi, se va bene (e quest’estate sinora è andata bene) la sera rinfresca e le temperature scendono abbastanza da sopportare una felpa, per uscire, o una coperta leggera sopra le lenzuola, per dormire. 

Da quando abito qui, cioè da sempre, ossia da quando sono nato, e sono nato più di mezzo secolo fa, ho preso a correre da poco, dallo scorso autunno. Niente di che, soltanto due o tre volte alla settimana. Ma quando sono in ferie di più, anche quattro o cinque volte a settimana. Io devo saltare un giorno o due, per riposarmi e soprattutto per non sfinirmi dato che sono magro come un’acciuga sotto sale e dopo ogni corsa, sebbene cerchi di reintegrare mangiando e bevendo quanto riesco e posso, perdo sempre un po’ di colatura. Almeno mi sembra. Mi asciugo, dunque mi acciugo. E struggo, come in un soffritto.

«Stamattina ho corso per un’ora e dieci minuti ascoltando sul mio walkman due album dei Lovin’ Spoonful». Io no, stamattina non sono andato a correre, ma ieri sì. Ho corso per circa un’ora e dieci minuti senza ascoltare alcuna musica. Talvolta le cuffie altoparlanti esterne classiche, a casa davanti al pc, le metto, ma gli auricolari proprio non li sopporto neanche da fermo, figuriamoci per correre. E poi, a pensarci bene, non riesco più a tollerare la musica perenne di sottofondo, quale che sia. Preferisco il silenzio, o meglio: il rumore, a volte anche piacevole, di ciò che mi circonda. Soprattutto: il respiro e il tonfo sordo dei passi. Una volta sola, correndo, mi è capitato di mormorare una canzone, tra i denti, perché forse avevo bisogno di carica: Everybody needs somebody to love.

«Sono nella fase in cui devo lavorare sulla resistenza e aumentare la distanza che percorro, mentre il tempo che impiego è irrilevante. Basta che copra in silenzio il numero di chilometri che mi sono prefisso, mettendoci le ore necessarie». Anch’io, uguale uguale, salvo che in silenzio, come ho detto, i chilometri li faccio davvero, senza gli auricolari e la musica attaccata alle orecchie.

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N.B.
Tutte le frasi «tra virgolette» (tranne dove diversamente indicato) sono tratte da L'arte di correre di Murakami Haruki, Einaudi, Torino 2009

3 commenti:

Marino Voglio ha detto...

che invidia.

(me sento come uno che guarda un porno)

Luca Massaro ha detto...

(la carne è all'osso)

siu ha detto...

Invidia al cubo, al vostro cospetto, sentendomi come una che non ha manco gli occhi per guardare un porno...

Un affettuoso pat pat ai tuoi polpacci, caro Lucas (e anche all'osso).