sabato 29 agosto 2020

La pomodora

Oggi sono andato nell'orto (che non faccio io perché non ho il pollice né l'indice verdi e perché la terra l'è bassa e l'orto vuole l'uomo morto sottoterra) e, previo permesso parentale, ho raccolto degli ortaggi, che ho pulito e lavato e inserito in un tegame d'acciaio inox nel seguente ordine: una cipolla dorata, tagliata grossolanamente; due carote, tagliate in due per lungo e quindi a piccole mezzelune piuttosto fini, ma senza esagerare; una trentina di pomodori ciliegini aperti a metà più un grosso cuore di bue molto maturo (faceva sangue) tagliato in pezzi; odori: ciuffi di foglie di sedano, di prezzemolo, di basilico in fior; al tutto ho aggiunto un pizzico di sale grosso e olio evo e adama a occhio facciamo tre cucchiai. 
Quindi, ho coperto il tegame con un coperchio e l'ho messo sul gas a fuoco medio, su per giù un venti minuti, passati i quali, ho sollevato il coperchio e, con una forchetta, ho tolto gli odori e, dipoi, dopo la cottura, ho versato il contenuto dentro un passaverdura a mano manovella ci passò una lepre bella, posato su piatto fondo (per non perdere le jus de tomate cuit) per poi posizionarlo sul tegame ora vuoto. Ecco il momento di girare la manovella prevalentemente in senso orario, con qualche ritorno indietro delle lancette per meglio convogliare le verdure meno propense (le carote ribelli) dentro il setaccio.
Una volta ottenuta la salsa, la rimetto sul fuoco aggiungendo un pizzico di sale fino, un cucchiaino di zucchero, una puntina di peperoncino in polvere, due foglioline di basilico; quando raggiunge l'ebollizione, abbasso il fuoco e lascio cuocere lentamente una decina di minuti per ottenere una consistenza fluida ma avvolgente. E spengo.

Intanto, a lato, è l'ora di scolare 200 grammi (mia dose libidine) di sedani rigati di grano duro Senatore Cappelli e versarli - non prima di aver riempito un bormioli da mezzo litro e aver lasciato una quantità sufficiente di salsa - dentro il tegame per mantecarli con una grattata di parmigiano e alcuni cubetti di fiordilatte.

Infine, con una salivazione degna di un canide, mangiare e godere di uno dei piatti che preferisco in assoluto. 

giovedì 27 agosto 2020

Parlamentare pallido

Tempo fa, ero uso, in questo blog, parlare di politica e, in particolare, del Partito Democratico. Mi capitava anche di rivolgermi a Veltroni. E a Bersani. Poi basta. Poi successe di Monti - ricordate? - di Napolitano bis - ricordate? - di Renzi prima segretario Pd e poi Presidente del consiglio - non ricordate? - e fu così che ho smesso non di ricordare, ma di parlarne. Afonia politica: non riesco a fonare alcunché. Solo offese e bestemmie - e siccome sono un tipo a modo, non mi lascio prendere la voce e la tastiera da grevi empietà. 
Comunque sia, due cose sensate (!) e pie (!!) mi escono di tastiera:
1) Per quel che vale il Parlamento, sono contro il taglio del numero dei parlamentari. Anzi: io sarei non solo per il raddoppio, ma persino per decuplicarli, perlomeno farli arrivare a un numero corrispondente a quelli dei circa ottomila comuni d'Italia.
2) Allo stesso tempo, sono favorevole al ritorno di una legge elettorale proporzionale pura, senza sbarramento, perché in Parlamento possano entrare tutti, anche i tonni (in scatoletta o senza).

P.S.
Beppe Grillo non è più incisivo come una volta: è diventato una cariatide.


martedì 25 agosto 2020

Senza codice a barre

॥॥॥॥
La vidi e le dissi:
«Ti vedo e ti dico». 
E lei mi rispose: 
«Che vedi? Che dici?». 
Con gli occhi chiusi, le chiesi:
«Posso toccarti le due vertebre cervicali ove hai tatuato un rosone?».
Con gli occhi aperti, rispose:
«Posso strizzarti i genitali, coglione?»
Le gambe mi fecero arrocco.
«Come sei sciocco», ridendo, mi disse.
«Credevo dicessi sul serio» timidamente, giustificai la mia mossa.
«Forse desideravi davvero che stringessi quello che adesso tu stringi tra le cosce».
«Le pere?».
«Che dici? Che intendi?»
«Le pere cosce in offerta adesso al reparto ortofrutta».
Silenzio.
«Ma due sconosciuti potrebbero avere un siffatto dialogo mentre fanno la spesa?»
«No, resterebbero muti. Le parole inespresse dentro il carrello ricolmo di derrate».
«Andiamo pure alla cassa: le parole non dette non hanno il codice a barre e non vanno pagate».


domenica 23 agosto 2020

La direzione dello sguardo

Scrivo e leggo poco. Corro di più. Stamani
«forse in paesaggi toscani ai tempi dei guelfi e dei ghibellini [su uno] scenario mobile come la luce che scorre sulla battaglia fra due nuvole nere, denudando e occultando reggimenti e retroguardie, scontri faccia a faccia con pugnali o alabarde, visione anamorfica data solo a colui che accetti il delirio e cerchi nel profilo della giornata il suo angolo più acuto, il suo coagulo tra esalazioni e defezioni e gonfaloni»¹
 ho percorso 21,0975 km, la mia prima mezza maratona, in un'ora e cinquantasei minuti.

Piana di Campaldino e, sullo sfondo, il Castello di Poppi


¹ Julio Cortázar, Un tal Lucas, 

sabato 22 agosto 2020

La banalità del correre

Epilogo. Non amo il dovere, soprattutto se associato ad alcuni verbi, essere e fare su tutti - e il resto di conseguenza. Amo di più il dov'eri tu quella sera che mi ha lasciato da solo in birreria a bere un succo di pera biologico di una fattoria di Cuneo? Poi piansi lacrime dolci. 
Ho sempre avuto un volere debole: le cose, aspetto che mi vogliano loro - io non le rincorro, a parte quelle a pagamento e dove posso, pagando, arrivare. Sarà per questo che non ho mai il becco di un quattrino? Piuttosto il petto di tacchino, tagliato a fesa, e del becco e del bargiglio non più alcuna traccia dell'animale che arriva sempre implume al banco frigo del supermercato. 
Volare? È quello che mi sembra, quando, di buon passo, corro per un falso piano di vera discesa non accidentata. 
Il potere non ne ho e non lo esercito. Lo avessi, data la mia natura antimilitarista, di ogni tipo di milizia imporrei dimissioni. All'estero. La dimissione in Afghanistan, in Libano, in Iraq. Lo (art. det. m. s.) esercito, perché dovrei mandarlo laggiù avessi il potere? Affatto. Avessi il potere, poterei le spese militari - non come le vigne o altre piante da frutto, nella speranza che le piante ricrescano e prendano più vigore e diano frutti migliori, ma proprio le taglierei alla radice. Obiettivamente, pour parler, uno Stato senza spese militari potrebbe spendere le spese in altri modi. Odi, tu lettore, che mi stai a sentire o mi odi solo perché magari hai un parente nell'aviazione?

- Eh, la fai facile: lo Stato, senza esercito, potrebbe essere invaso.
- Invaso? Temo più l'esercito di uno stato guidato da un invasato. E poi, in Italia, ci sono ancora numerose basi americane (armi e soldati). Alle brutte, se ma li turchi avessero voglia... scapperebbero: gli americani, non i turchi.

***
Saltare di palo in frasca, pisciare a Lapo in testa (e al fratello John). Ergersi su un piede e su uno stallo. Yoga: la posizione dell'albero. Attenzione alle motoseghe, meno alle seghe a mano. Avendo le braccia distese e le mani giunte sopra la testa, chiedo la collaborazione. Anche l'albero deve dare i suoi frutti (i semi sono dentro al frutto).

***
Basta Murakami Haruki. Ma chi me lo fa fare di leggere un libruncolo insulso pieno di stereotipi, di un egotismo insipido e piuttosto banale per lo meno per il grado mio di sopportazione della banalità?Esempio finale - perché poi riporto il libro in biblioteca e amen:

«Ora vorrei tornare alla scrittura [che cazzo, sei nel mezzo di un libro scritto e vuoi tornare alla scrittura? Ma sei scemo?].
Quando rilascio un'intervista, a volte mi viene posta la domanda: "Qual è la qualità più importante per uno scrittore?". La qualità più importante per uno scrittore, non c'è nemmeno bisogno di dirlo [e allora perché cazzo lo dici?], è il talento [!]. Se uno non ha il minimo talento letterario può scervellarsi finché vuole, metterci tutto il suo ardore, non scriverà mai nulla di valido. Più che una qualità necessaria, questa è una condizione preliminare. Senza carburante, neanche l'automobile più bella non va avanti».

Ecco, dopo tali considerazioni - pur con tutti i distinguo del caso - provo un analogo sentimento a quello che Hannah Arendt ebbe nel trovarsi di fronte ad Adolf Eichmann, vale a dire a un individuo che, sebbene non sia affatto stupido, difetta della fondamentale capacità (perlomeno per uno che scrive) di immaginare quello che sta scrivendo¹:
«Non era stupido: era semplicemente senza idee (una cosa molto diversa dalla stupidità), e tale mancanza di idee ne faceva un individuo predisposto a divenire uno dei più grandi *scrittori* di *questo* periodo»². 

______________
¹ Immagino la dura vita degli editor di scrittori affermati: ma qui c'è anche la colpa del traduttore: e tradisci, cazzo: talento, scrittore, carburante, automobile, nonna, ruote, carriola, fottiti. 
² Hannah Arendt, La banalità del male, Feltrinelli. In luogo di *scrittori*, in riferimento ad Eichmann, la Arendt scrive criminali, e in luogo di *questo*, quel.

martedì 18 agosto 2020

Come si fa

Come si fa
a scrivere una poesia
senza avere davanti
una nuvola, un po' d'azzurro
vari tipi di verde
qualche tocco di rosso
e il fumo del kerosene
bruciato di un aereo che emigra
verso sud?

Non si scrive. Si tace.
Si cerca la pace 
tra i tassi assetatati
del cimitero, con gli arilli
che brillano come il sangue
inchiodato sulla croce.

Elì, Elì, lemà sabactàni:
è fatto permesso assoluto
l'ingresso agli umani:
sdraiati per terra o murati
ognuno ha risolto
nel silenzio più muto
l'inconveniente di essere nati.

Come si fa 
a scrivere una poesia?

sabato 15 agosto 2020

Accattoni

Riguardo all'infermiere che si è fatto fotografare sul posto di lavoro - reparto anti-covid, protetto dal casco e dalla tuta sulla quale ha scritto col pennarello «Ve la mettete la mascherina, li mortacci vostra», foto che poi ha postato con un commento su Facebook, - non ho niente da dire, né elogio né critica, solo riconosco piena legittimità al suo dare visibilità e quindi espressività a sé stesso sui socialmedia (li hanno fatti apposta). 

Il punto è un altro: i media (agenzie di stampa, giornali, televisioni, eccetera) che uno dopo l'altro danno risalto e diffusione a tale forma narcissica che è, di fatto, una non notizia - e fanno ciò per piegare la realtà ai propri interessi di bottega, in questo caso, mantenere alto il livello di allarmismo sul covid perché conviene in termini di incassi pubblicitari - hanno avuto il garbo di dare almeno un gettone d'oro all'autore? 

«Macché, manco l'amicizia m'hanno chiesto».

Correre otto

Repetita iuvant: quanto di seguito è un semi riscrittura de L'arte di correre di Murakami Haruki.

8. Nessuno mi chiede a cosa penso mentre corro. Le persone che non mi fanno questa domanda di solito se ne fregano se corro, quanto corro e dove corro. Comunque, ogni volta che non me lo chiedono, vi rifletto da solo profondamente. Già: a cosa penso mentre corro? Boh. Se devo essere sincero, non me lo ricordo nemmeno a cosa penso quando corro. Non è vero. Me lo ricordo. Penso: sto correndo, adesso avanzo senza fatica. Adesso avanzo con fatica. Adesso aumento il passo. Adesso rallento il passo. Adesso: se trombassi di più, correrei meno (come diceva Madonna a Bruce Springsteen? Lui è born to run io invece sono born to fuck. Io non sono Madonna, ma non sono nemmeno Bruce Springsteen). Poi, verso la fine, penso: quanto manca alla fine?

Nei giorni freddi, in una certa misura penso: certo ch'è freddo. Nei giorni caldi penso: certo ch'è caldo (pensare al meteo è una costante dei corridori, in particolare dei corridori scrittori). Quando sono triste penso a Firenze lo sai, non è servito a cambiarla, la cosa che ho amato di più è stata l'aria. Quando sono felice penso a Rudy Marra, apro le finestre al cielo, guardo su nell'universo. In una certa misura. Quale misura? Come ho già scritto (ho già scritto?) mi succede anche di tornare con la mente a corsa ad avvenimenti passati, così, alla cazzo di cane. A volte, anzi no: quasi mai, mi vengono in mente delle idee per i libri che non scriverò. «Tuttavia, posso affermare che non ho pensieri molto coerenti». Infatti.

Quando corro, corro. Così come quando cammino, cammino. Anche quando sto fermo, sto semplicemente fermo. E così via. In teoria nel vuoto, scrive Murakami. In pratica nel pieno, scrive Massaro (ho le palle piene di leggere questo libro e sono al primo capitolo). «In quella sospensione spazio-temporale, pensieri ogni volta diversi si insinuano naturalmente nel mio cervello. È naturale, perché nell'animo umano non può esistere il vuoto assoluto. Il nostro spirito non è abbastanza forte per concepire il nulla, e inoltre non è coerente». E scrive libri, Murakami. E scrive post, Massaro. Insomma, i pensieri che si avvicendano nella mente di Murakami mentre corre sono semplicemente dei derivati del nulla, mentre quelli che rimbalzano nella mente di Massaro mentre corre sono meno semplicemente derivati delle palle piene. Gli uni si formano intorno al nulla; gli altri intorno sennò mi viene l'orchite.

Ecco il lirismo di Murakami:

«Somigliano alle nuvole che vagano nel cielo. Nuvole di grandezza e forma diverse che arrivano, e se ne vanno, semplici ospiti di passaggio. Ciò che resta è soltanto il cielo, che è sempre lo stesso. Che è qualcosa che esiste, e al tempo stesso non esiste. Che ha una sostanza e al tempo stesso non ne ha. Noi non possiamo fare altro che constatare la situazione - l'esistenza di quell'immenso contenitore - e accettarla».

Ecco il lirismo del Massaro:

«Ma vaffanculo, Murakami. I pensieri non somigliano alle nuvole, non sono ospiti, ma un flusso di informazioni prodotte dal cervello dopo che, a sua volta, ha assorbito informazioni prodotte da altri cervelli e dal mondo esterno in generale, rielaborati anche e soprattutto sulla base della condizione storica, sociale e psicofisica dell'individuo che li alberga. Dunque, il cielo non c'entra un cazzo, e poi che un meteoropatico dica che il cielo sia sempre lo stesso è un controsenso. E il resto sono puttanate metafisiche: arivaffanculo».

giovedì 13 agosto 2020

Come si calcola percentuale tra due numeri

 

[via]



Come si calcola la percentuale tra due numeri? 
Se si ha un numero A (per es. 20.500.000) e un numero B (per es. 7.600.000.000 che è la stima approssimata abitanti del pianeta) e si vuole capire a quale percentuale di B corrisponda A, cioè si voglia calcolare il rapporto tra i due numeri, allora dovremo applicare questa formula:

A : B = X : 100

A sta a B come X sta a cento. In breve, si deve dividere 20,5 milioni per 7,6 miliardi e moltiplicare il risultato per 100. 

20.500.000 : 7.600.000.000 = 0,002697368 →0,0027 x 100 = 0,27

Facendo questo calcolo risulta quindi che 20,5 milioni di casi nel mondo corrispondano allo 0,27% del totale degli abitanti umani del pianeta.

Ma io continuerò a portare la mascherina là dove richiesto; continuerò a lavarmi le mani; cercherò, per quanto possibile, di evitare assembramenti e di rispettare il distanziamento sociale. Magari accenderò qualche focolaio per cuocermi due salsicce ma questo è un altro discorso.

L'Ansa riporta stralci di un'intervista di uno dei coordinatori del CTS (rilasciata a Repubblica) ove egli dichiara:
Un nuovo lockdown nazionale "è decisamente improbabile"Ma le chiusure locali "possono diventare inevitabili se la situazione sfugge di mano, se il controllo del territorio e degli infetti sfugge di mano". E il rischio esiste, perché "c'è sempre una festa danzante o un barbecue da fare, un funerale da celebrare". Così il coordinatore del Cts, Agostino Miozzo, sottolineando che "400 casi al giorno non sono tanti né pochi. Dicono che il virus c'è ed è presente in tutto il paese. Siamo ancora in una situazione governabile. Però è una situazione precaria e il passaggio, il salto quantitativo, può essere molto veloce, questo è il rischio vero".
Come vedete, il mio riferimento ad accendere un focolaio non è fuoriluogo, in quanto se sui 400 casi al giorno, una "seria" agenzia di stampa titola 925 focolai, vorrà pur dire che qualcuno salsicce, rosticciana e bistecche le sta cuocendo davvero.

mercoledì 12 agosto 2020

Domande a corsa

A proposito delle seicento euro: i carabinieri di Piacenza come stanno? Al prossimo referendum sul taglio dei parlamentari, oltre che con la propria tessera elettorale, occorrerà presentarsi con un paio di forbici? E le mascherine all'aperto, anche e soprattutto se si è da soli, come Parigi adesso insegna, quando? E il vaccino russo di quello che lo fa prima alla figlia e mica per sé, obbligatorio (un cazzo) come dice il signorino van bischero di Rignano conterrà abbastanza mercurio da diventare noi stessi metalli liquidi sì da misurarci costantemente la febbre? Al bollettino quotidiano del Ministero della Salute, costantemente divulgato, che riporta i dati sul coronavirus, saranno affiancati altri bollettini di analogo monitoraggio su altri tipi di malattie che purtroppo non godono del medesimo trattamento pubblicistico e pubblicitario? Non sarebbe preferibile, al sierologico, un'illogica allegria?



lunedì 10 agosto 2020

Correre sette

7. «Come ho detto, in luglio ho corso trecentodieci chilometri». Io no: io ne ho corsi quasi la metà, centoquarantotto per la precisione. Ciò nonostante, come Murakami per i suoi 310, anch'io ritengo che i miei 148 non siano un risultato disprezzabile. «No, nient'affatto disprezzabile».

«Quando ho allungato la distanza, ho cominciato a dimagrire: in due mesi e mezzo ho perso sette libbre ed eliminato il grasso che aveva cominciato ad accumularsi intorno alla pancia. Sette libbre sono più di tre chili. Immaginate di andare dal macellaio, comprare tre chili di carne e tornare a casa a piedi con il pacchetto in mano. Tanto per farvi un'idea concreta di che peso costituiscano. Al pensiero che me li ero portati addosso per tutti quegli anni, mi sentivo piuttosto confuso».

Aldilà del fatto che, primariamente, per un giapponese sarebbe stato più opportuno scrivere subito chili e non libbre (si fottano gli americani con le loro libbre, i loro galloni, le loro miglia e i loro fahreneit); e, secondariamente, per un romanziere supporre che i chili che abbiamo addosso non siano fatti soltanto di carne ma anche di altre componenti (liquide, solide e aeriformi: vi è mai capitato, per esempio, di sentirvi più leggeri dopo un rutto o un peto, o anche, meno prosaicamente, di percepire il peso della propria anima?); anch'io, da quando ho cominciato a correre, ho perso un paio di chili - e per me sono tanti, giacché ne ho pochi addosso -, e dai miei 62 (!) sono sceso a sessanta (!!). Sono magrissimo: se fossi un pugile sarei tra i superpiuma e i leggeri, ma siccome andrei subito ko, diciamo che sono un peso risorto: asceso al cielo a la mancina del pater, m'involo come un amata phegea (o paraculo, come si chiama la fegea dalle mie parti) e, sebbene sia facile da acchiappare, al primo refolo di vento, appunto, ascendo (Nabokov, aripijame te). 

A proposito del mio peso, della mia costituzione o consistenza: potrei adesso fare una digressione che mi porterebbe lontano assai dal presente ordinario autoritratto di un blogger che s'è messo a correre. Purtuttavia - sarò stringente come una XS - qualche parola occorre scriverla - e la scriverò, sì, sì, ma prima devo auto-complimentarmi dell'impresa compiuta ieri: diciassette chilometri (con una sola pausa di 30 secondi a fine andata per orinare) di corsa (trail running) durante la quale ho percorso in poco meno di due ore (1h 59' andata e ritorno), un tratto del Sentiero 00, sul crinale montano dell'Appennino tosco-romagnolo che Dante chiamò il Gran Giogo (la Giogana, Purg. V). «Bravo Massaro, che bestia». «Grazie».


sabato 8 agosto 2020

Sentieri (correre 6)

Lunedì 3 agosto.

Mi fanno male i piedi. E lo sento stasera, non ieri sera. Indolenzimenti a effetto ritardato. Sarà perché ieri mattina (domenica) ho corso su un sentiero di montagna, molto bello e, in certi tratti, assai sassoso. È il Sentiero dei Tedeschi, circa dieci km a/r in curva di livello, tra i 1100 e i mille metri d'altitudine, immerso nei boschi del Parco Nazional. È la mia terza corsa trail (si fa per dire) e, se correre mi piace, correre tra boschi e strade di montagna mi piace ancor di più, particolarmente in questo periodo estivo. Ho iniziato il giro verso le nove, non c'era nessuno. Al via strada piuttosto larga; dopo due chilometri sentiero puro, molto stretto anche se ben tracciato (ogni tanto interrotto da qualche ruscello). In due non ci si scambia se non scansandosi a valle o a monte. Così faccio, al passare di un gruppo di ciclisti in mtb. Così fanno, due camminatori, vedendo me arrivare a passo di corsa. La diplomazia tra camminanti e corridori. Quando non si conosce una strada, non ci si rende conto bene quando finisca cosicché, al prossimo incontro, decido di chiedere. È una donna, con un collie al guinzaglio. «Scusi, quanto manca al termine?». E lei: «Two kilometres to the end». Bene, fin lì (percorrenza e inglese) ci arrivo. E ci arrivo. Solo che, al termine dell'andata, anziché ripercorrere il medesimo sentiero, ne prendo un altro che indica l'Anello della linea Gotica. Cazzo, questo sale, ammazza se sale.
Con tale pettata mi è impossibile correre. O anche: corro dieci passi e mi fermo cento secondi per respirare. Allora cammino finché non spiana, rincuorato dal fatto che, dipoi, per ricongiungermi al sentiero precedente, visto quanto ho salito, dovrò scendere. Dopo poco, arrivo a un bivio al quale mi fermo per leggere che cosa indicano i cartelli del Cai. Riecco la donna con il collie, sorridente. Mi fa i complimenti per l'impresa di essere lì (almeno credo: ho l'arabo nullo, ho scarso l'inglese come scrive Fortini in una sua Canzonetta del Golfo). Risorrido, e chiedo se anche lei andava di corsa. «No, today I'm walking, but often run too». Mi dice che posso parlarle in italiano, lo sta studiando, anche se mi risponderà in inglese («But my english is very bad», le annuncio, sì che possa essere comprensiva se rispondessi fischi per fiaschi). Ma cii si intende, insomma. Cinque minuti di conversazione (ne approfitto per recuperare) dalla quale apprendo che lei è Rachel, australiana (un'australiana nel mezzo di un bosco toscano, apperò), sposata (il marito inglese è un professionista del trail), con prole, e che abita al momento nei dintorni, svolgendo quest'attività qua

La saluto e riprendo il cammino.

La discesa di ricongiunzione è assai impervia e con ciottoli grossi e appuntiti. Reimmesso nel Sentiero dei tedeschi, trovo una comitiva in mtb: pedalano lenti, più del mio passo e dunque li supero e arrivo, di buona lena, alla fine. 


Mercoledì 5 agosto, pomeriggio.

Ciclopedonale. Quattordici chilometri, mio record di percorrenza. 

Venerdì 7 agosto.

Sentiero 80. Da Ponte alla Fabbrica, lungo un torrente chiamato Gorgone, sino al Passo della Calla. 6+6. km (a/r). Dislivello notevole: dai poco più di seicento metri alla partenza, sino a quasi milletrecento in cima al passo. Percorso interamente all'ombra, fresco, pista sassosa, a tratti umida, compreso l'attraversamento (facile) del corso d'acqua. È un bel correre qui, anche se io non disdegno qualche sprazzo di sole. Quando sono tornato a dove avevo lasciato la macchina, mi sono messo a guardare la briglia del Gorgone d'epoca fascista (credo) sotto la quale una splendida pozza d'acqua fredda, sebbene accaldato, non mi invitava certo a fare il bagno (a senso, la temperatura esterna sarà stata poco sopra i venti e quella dell'acqua forse poco sopra i dieci gradi). Mentre mi cambiavo le scarpe un po' infangate, ecco che arriva una macchina che gratta sotto a causa dello scalino tra l'asfalto della statale e il parcheggio del posto. Scende un signore che indica alla moglie (che è alla guida) di proseguire, oramai la grattata è fatta. Conosco entrambi i signori, ci salutiamo. La signora (sebbene sui sessanta, è ancora una bella donna) dice che, siccome le fa caldo, tanto caldo, è venuta a fare un bagno nella pozza suddetta. M'invita anche a seguirli, ma il marito - sebbene sorrida - non dice niente, sta zitto e per me chi tace sta zitto e basta. 
Ma dove ho lasciato Murakami? Affacciato sul fiume Charles, a Cambridge, Massachusetts. Sono passati dieci anni - scrive - dall'ultima volta «ed è il caso di dire che di acqua sotto i ponti ne era passata tanta. Soltanto il fiume non era cambiato. La sua corrente impetuosa avanzava verso la baia di Boston [...] come un'idea che non conosce esitazioni dopo aver superato tante verifiche, se ne andava in silenzio verso il mare, senza fretta, senza mai riposarsi». Tralasciando tali patetiche forme di lirismo, secondo voi i fiumi con la corrente impetuosa avanzano in silenzio? Secondo me no. 

[un po' di foto sparse dei tre giorni]

venerdì 7 agosto 2020

Vaffanculo a me

In un contesto di relazioni sociali, pubbliche o private, a che cosa serve avere ragione se poi questa ragione diventa solo una spilluccia da appuntare sui testicoli (magari fossi masochista), sì che non c'è alcuna soddisfazione, né ragione per cui farne un vanto?

Appunto, oggi, mi sono punto le palle quando ho letto che il 7 marzo scorso il capo del governo prese la decisione politica del lockdown totale, sebbene il CTS affermasse che erano sufficienti le restrizioni in ampie zone del Nord Italia e che non importava estendere il confinamento a tutta l'Italia.



Oramai è andata così e non è che con questo post io voglia sbandierare il tristemente famoso io ve lo avevo detto. Io non ho detto niente. Soprattutto quando, nel pieno dell'emergenza, certe cose andavano dette, sono stato zitto a deprimermi, a comportarmi per bene, a non uscire dal mio comune, a non andare a prendere l'acqua alle sorgenti, a non correre sulla ciclopedonale, a non far uscire mia mamma da casa per tre settimane, a subire quell'altoparlante del Comune o della protezione civile o dei carabinieri che passavano nel silenzio surreale del paese a dire State a casa e gracchiando l'Inno nazionale senza mandarli a fare in culo, come ora faccio, che non serve a niente.

Ecco, se avessi preso l'altoparlante in quel frangente per ribellarmi, allora sì potrei vantarmi e sentirmi un piccolo eroe. E invece... sono stato a casa. Vaffanculo a me.

martedì 4 agosto 2020

Delle cose nascoste sin dalla fondazione della Repubblica

Quando lo Stato secreta qualcosa, vuol dire che ha qualcosa da nascondere.
Generalmente, quando qualcuno, sopratutto se questo qualcuno è lo Stato, vuole nascondere qualcosa, significa che questo qualcosa, se rivelato, se fosse "pubblico", lo metterebbe in imbarazzo (come minimo).
Ne sia prova, infatti, una dichiarazione dell'avvocatura dello Stato, la quale, motivando il ricorso del Governo contro sentenza del TAR del Lazio, ha affermato che, se le cose segrete fossero rivelate, si avrebbe un

"danno concreto all'ordine pubblico e alla sicurezza che la conoscenza dei verbali del C.T.S., nella presente fase dell'emergenza, comporterebbe sia in relazione alle valutazioni tecniche che agli indirizzi generali dell'organo tecnico".

Detto altrimenti: se gli italiani sapessero perché sono stati rinchiusi, forse, come accade anche alle formiche, nel loro piccolo, s'incazzerebbero. O no?


Aggiornamento del 6 agosto: pare che il governo ci abbia ripensato. Meglio così.

domenica 2 agosto 2020

La sinistra multista




Tanti di coloro che sostennero a spada tratta le ragioni governative del confinamento degli italiani, proseguono, indefessi, nella loro richiesta di ordine e disciplina, soprattutto tra le file di quelli del Bar Casablanca, intellettuali di sinistra progressisti e - si pensava, a torto - libertari. 
Ma libertari non lo sono più perché, come gli insegna Mattarella, «non bisogna confondere la libertà con il diritto di far ammalare gli altri», e quindi s'incazzano se qualcuno entra nei negozi o alle poste senza mascherina perché gli alita addosso. 
Io rimango assai perplesso, forse perché non abito in una città, tantomeno in una grande città, sicché raramente entrando in un negozio o alle poste, trovo la "ressa", quindi è assai difficile che qualcuno mi aliti addosso. Per la verità, neanche nei grandi supermercati cittadini ho mai visto la gente alitarsi di proposito addosso, né prima né dopo la pandemia. Gli unici che vedo non portare la mascherina per manifesto dissenso politico contro il governo (sovente lettori del Giornale, di Libero o della Verità), non li ho mai visti alitare in faccia alle persone che la mascherina la indossano, spesso lasciando il naso scoperto.  Di norma, alitarsi addosso prevede un certo grado di intimità che difficilmente si raggiunge tra sconosciuti, ancor più difficilmente se almeno uno dei due respiratori indossa la mascherina e rispetta un minimo di distanza sociale.
Comunque, per precauzione, se uno vuole rispettare le regole e avere un margine maggiore di sicurezza respiratoria, metta la mascherina comme il faut, là dove serve, rispetti le altre norme igieniche e poi, a posto, non stia a invocare contravvenzioni a mezzo social. Soprattutto: se uno invoca siano messe le regole davanti all'inciviltà, dovrebbe almeno avere la decenza di essere un po' civile per non diffondere più lo stesso tipo di panico che copiosamente ha sparso la scorsa primavera.

«Oggi in Italia 5 morti di COVID-19, con 43 malati in terapia intensiva (1.1% del picco) ed i ricoveri ospedalieri totali a quota 705 (MINIMO STORICO da mesi, mentre al picco erano oltre 29.000). I nuovi casi sono 295, quindi un po’ meno dei giorni scorsi, ed i casi totali attivi sono al momento 12.457 (al picco erano oltre 108.000). Situazione quindi sotto controllo [...]

Una doverosa riflessione: come sappiamo, in Italia ogni giorno muoiono circa 2.000 persone. Il che vuol dire che ieri ne sono morte 5 di COVID-19 e 1.995 di altre cause. Cerchiamo di ricordarci anche di loro» (Guido Silvestri).

sabato 1 agosto 2020

Correre e cinque

5. Alla fine di maggio non mi sono trasferito a Cambridge, nel Massachusetts, e da allora correre non è tornato a essere uno dei momenti essenziali della mia giornata. Corro poco, non mi sono davvero messo d'impegno, neanche alla fine di quel fottuto confinamento dettato dal governo per via della pandemia. Cosa intendo dire con queste parole? Nient'altro che, contrariamente a Murakami, io non corro sei volte a settimana, dieci km a botta. No. Al massimo corro tre volte, se va bene quattro. E sopra i dieci chilometri lo faccio solo una volta a settimana. Va bene così, mi sembra accettabile, non voglio forzare la mano, anzi: le gambe.
Pare che l'estate nel New England, contrariamente all'estate hawaiana, sia molto più calda e afosa. 
- E allora? Allora, visto che c'eri, potevi anche restare alle Hawaii, o no? 
- No, altrimenti non avrei potuto dire che l'estate nel New England è molto più opprimente di quanto possa immaginare chi non ne ha fatto l'esperienza. 
- Ma noi ti crediamo sulla parola, e ci potevi credere anche tu: bastava una telefonata. Per esempio: «Ehi, tu, cittadino di Cambridge, nel Massachusetts, fa caldo da coteste parti d'estate?» E loro ti avrebbero risposto: «Sì, più caldo di quanto tu possa immaginare». 
- Eh, ma io sono uno scrittore e non riesco a immaginare se davvero l'estate da coteste parti sarà così opprimente. 
- E allora fa che cazzo ti pare, vieni pure, posto c'è per tutti, soprattutto per gli scrittori giapponesi meteoropatici.
Ma vabbè.
Comunque, per dire, è successo anche a me, in questi giorni molto caldi, di sudare come una bestia e sentire, sotto i raggi del sole, intorpidirsi la mente. Ma io, contrariamente a Murakami, nel mentre, riuscivo a formulare pensieri, tipo: «T'avevi a stare a casa, oppure a venire prima a correre, anziché ora alle 10». Il fatto è che io, all'alba, sebbene mi alzi all'alba, non ci riesco a essere "pronto" per correre. Mi ci vuole un po' di tempo per ingranare. Sicché finisco sempre per tirar tardi e l'unica maniera per correre decentemente è farlo in alta quota, sui sentieri immersi nel parco nazionale, cosa che ho fatto per esempio giovedì mattina, un'ora di corsa, che vi racconterò.
Ma prima.
Murakami ha iniziato a correre nel 1982 e ha scritto questo libro più o meno nel 2005. Ha corso tanto e partecipato anche a 23 maratone (dato del 2005). Io, ripeto, ho iniziato a correre lo scorso autunno, quindi non c'è gara. Non credo riuscirò mai a percorre una maratona, ma come lui mi sento dire che correre è un'attività che mi rende piuttosto felice (o meglio: contento), perché correre è consono al mio carattere, giacché, tra tutte le attività di esercizio fisico "sportivo", è quella che mi appaga di più dopo averla praticata. Anche il nuoto, per la verità, ma nuotare - non abitando vicino al mare - è più complicato.
Mi piace tenermi in allenamento. Prima di correre, per otto anni, sono andato in palestra a fare "pesi" e una specie di ginnastica a corpo libero (trazioni alla sbarra, piegamenti, un po' di kettlebell). Ho smesso perché la palestra dove andavo, lo scorso autunno ha diminuito in modo considerevole l'offerta di apertura oraria senza diminuire di conseguenza il costo degli abbonamenti. E, al contempo, hanno aperto il tratto di ciclopedonale lungo l'Arno dove abito. Non ho rinnovato quindi a settembre l'abbonamento. Poi tanto a dicembre il gestore a chiuso l'attività perché non ci andava più nessuno...