martedì 6 luglio 2021

Una verità e mezzo

«Quando non si sa scrivere, un romanzo riesce più facile di un aforisma»
Karl Kraus

Credetti a poco. Cedetti a meno. Poi mi collocai all'ufficio di collocamento, dove mi rilasciarono un librettino verde, scritto a penna e timbrato con l'inchiostro nero, a inizio e a fine incarico. Il primo lavoro ufficiale furono tre settimane a luglio presso un tessitore che produceva maglioni di lana colorati, forse anche per Benetton, ma forse ricordo male. Erano macchine strane, diverse dai telai come uno se li immagina: quelle ruotavano, come i calcinculo, solo che, al posto delle seggioline, c'erano i supporti sui quali  noi apprendisti caricavamo le rocche quando si esaurivano; il resto era tutto programmato.
Guadagnai, mi ricordo, ottocentomila lire. Il tecnico specializzato che regolava tutto il processo di produzione, programmando le macchine e intervenendo prontamente a ogni guasto, prendeva - mi ricordo - sui tre milioni al mese. Lui aveva il Volvo. Io la centoventotto di mio babbo.
Con le ottocentomila lire non ci feci niente, forse una vacanza a Milano Marittima dove conobbi una svedese bassina dai capelli castano scuri, con la quale ci scambiammo dei baci a stampo, timbrati, come il bollo dell'ufficio di collocamento. 
La sera andavamo a Brisighella per cercare il fresco e mangiare prosciutto e melone con la piadina di accompagnamento. Poi ci abbracciavamo senza convinzione: d'altronde, non eravamo innamorati, ma entrambi intuivamo, già da giovani, quanto fosse importante il calore per la digestione. Fumavo? Fumava? Forse sì, ma lontano dai baci. Bevevamo birra, anche parecchia e per fortuna la campagna romagnola, di notte, concedeva il lusso di orinare senza troppe complicazioni, soprattutto per lei, ché quelle maschili sono meno complicate.
La vacanza finì con gli indirizzi scambiati: giusto per ricevere e per spedire una cartolina prima dell'inizio dell'autunno. Poi basta. Quei due che eravamo non esistono più, esiste un ricordo che parla giurando di essere vero, ma il ricordo - come l'aforisma per Kraus - non coincide mai con la verità: o è una mezza verità o una verità e mezzo.

8 commenti:

Anonimo ha detto...

Mi piace tanto leggere questi piccoli pezzi di vita, che immagino siano vissuti da te, ma anche se non è così, è bello lo stesso. La descrizione dei momenti crea simpatia perché è descritto bene l'attimo vissuto e sembra quasi di vederlo. Bravo. Vale la pena leggerti.
Fiona

Luca Massaro ha detto...

Grazie Fiona di passare di qua.

Anonimo ha detto...

I ricordi non muoiono mai. Vagano fra miliardi di neuroni, trasportati avanti e indietro, depositati, poi recuperati e poi lasciati di nuovo cadere. Se ne possono solo ritrovare i frammenti e gridare disperati perchè quei frammenti una volta eravamo noi.
Quattrocani

Luca Massaro ha detto...

Ci sarà occasione in cui recupererò quanto ai scritto, caro Quattrocani, e lo scriverò tra virgolette.

Marino Voglio ha detto...

io mi so' scordato tutte le svedesi bassine e le venete cicciotte... beato me.

Luca Massaro ha detto...

Ginkgo biloba: e ti ricordi di tutte le madonne d'Europa

Luca Massaro ha detto...

P.S.
Te ce voleva un Leporello

Marino Voglio ha detto...

ma mejo de no... pensa se me ricordasse la distinzione fra tutte quelle che alla fine non, e le poche altre.