lunedì 30 gennaio 2012

I am very happy without radio

Ogni tanto la radio festeggia un anniversario per dire che no, non è morta, che anzi è viva vivissima, che ci gira e ci canta e ci parla gente ganza, gente figa, colla barba o colla parrucca, l'importante è che parli, e che parli sempre senza che quello che dice intervenga veramente nella vita che scorre e che passa, una grassa risata dietro il microfono s'intende. E poi consigli per gli acquisti, numerosi acquisti, gingle e spot, reclame e pubblicità, sponsor e messaggi promozionali, l'è tutto un vendere tanto qualcuno che compra c'è sempre, hai voglia che tanto chi ha i soldi ascolta la radio, che alla radio passano i messaggi subliminali, le vere rivoluzioni di costume, i veri sommovimenti di corpo, alla radio si scoprono tendenze, si dettano mode, alle radio ironiche, alle radio di quasi contestazione, alle radio di prime pagine da sfogliare che tanto ho tutto quel tempo per leggere poi gli articoli di fondo, e le telefonate, avete mai voi telefonato in diretta e interloquito ironicamente col conduttore, avete mai voi mandato affanculo qualcuno in diretta radiofonica, io no, sono sempre stato educato, persino quando a prima pagina c'è l'acuto Giorgio dell'Arti, hai capito, quello del foglio dei fogli che giustificava Berlusconi, tanto intelligente quell'uomo rubrica, e piglio il meglio io, mica i ganzi di radio debenedetti. A me piace Radio Capitale con la e finale. O Radio Pazienza, Andrea intendo, la radio a fumetti. O Radio Plutonio in diretta dal Giappone. Non ascoltare la radio è più importante che ascoltarla, giacché la radio dà l'impressione ruffiana di colloquiare in diretta con te e non è vero affatto. Tu di là, ovunque tu sia, in auto oppure mentre stai facendo un lavoretto e vuoi che qualcuno tenga compagnia alla tua mente, hai la falsa impressione che quelli al microfono si rivolgano a te con la loro sequela di cazzate e di informazioni. E invece no. Essi si parlano addosso, diarree di parole virali che infettano la mente e spegni di corsa quell'apparecchio, buttalo in terra e fracassalo pensando a una faccia da radio qualsiasi e impara a mettere musica e parole da te.

10 commenti:

astime ha detto...

Dissento, sommessamente.
A me piace tantissimo, per esempio, ascoltare la voce di Massimo Bacchetta a radio pop. Potrebbe anche leggere il bugiardino dell'aspirina che a me piacerebbe lo stesso. Mi piace il suono della sua voce.
Rispetto alla musica adoro le sorprese: ascoltare musica che non conosco per poi cercare in rete riferimenti e ascolti mirati: la mia musica, a volte, mi annoia.

E che dire dei concerti della RSI? :)))

Buona serata

p.s. captcha: weris. :))

Luca Massaro ha detto...

Se tu dissenti io son contento e non mi adiro certo, anzi.

È che "ogni tanto spesso" queste celebrazioni mirate della radio mi irritano. Mi irrita poi la sua autoreferenzialità.
La radio, mia impressione parzialissima, è un mondo chiuso, dove la condivisione è radio-comandata, ed è un momento questo di mia vita che sopporto poco le passività mediatiche.

Sarà anche poi che ascoltare i concerti della RSI da solo mi mette tristezza? Chissà, forse in compagnia (prese moglie un frate, dixit) ;-)

giovanni ha detto...

Nooo, non è vero loro parlano proprio con me.

Luca Massaro ha detto...

Ok, Giovanni... come non detto, non vorrei rovinare... un'emozione ;-)

Marco Fulvio Barozzi ha detto...

Io la radio l'ho fatta, per anni, ai tempi in cui la radio era "libera, ma libera veramente". Non so adesso, che non le ascolto più, ma all'epoca c'era veramente voglia di trasmettere idee, era militanza, oltre che un gran divertimento perché si metteva la musica giusta. Eppure, anche a metà degli anni '70, la prima radio alla quale collaboravo fallì per motivi economici, perché i commercianti della zona non facevano la pubblicità su una radio di comunisti. I dischi erano i nostri, i microfoni erano stati rubati da qualcuno in una chiesa, il mixer e il trasmettitore erano arrivato non so come, ma la corrente e il telefono dovevano essere pagati, e i soldi non c'erano. Radio Pop era a Milano, in città, e si salvò con la cooperativa. Noi sciammannati di periferia dovemmo chiudere. Ma che bell'esperienza!

Luca Massaro ha detto...

Per forza i commercianti smisero di darvi i soldi: anziché "mangiare" i loro prodotti, mangiavate bambini!

melusina ha detto...

Perché, forse la tele sta meglio della radio? Stanno entrambe facendo, secondo me, la fine dei piccoli commercianti strozzati dalla grande distribuzione, che in questo caso è il web. E come la grande distribuzione il web è più comodo e più vario, e persino più a buon mercato. Il web te lo programmi tu in base ai tuoi gusti e ai tuoi orari, e ci trovi tutto: informazione e intrattenimento, entrambi con beneficio d'inventario, si intende, ma almeno con maggiore possibilità di scelta. Mi scuso se ho detto un'ovvietà, ma è per partecipare al fastidio di certe autocelebrazioni del tutto inappropriate.
Ah: mi sono permessa di dedicarti questa mia fanfaluca di oggi, frutto in gran parte delle sensazioni suscitate dal tuo seriggio di qualche giorno fa. Grazie ancora.

Luca Massaro ha detto...

Non hai niente da scusarti, ho io qualcosa di cui ringraziarti: della tua gentilezza e della tua deliziosa fanfaLuca.
P.S.
Ho agganciato il tuo feed nel mio reader. Ciao

Olympe de Gouges ha detto...

i microfoni erano stati rubati da qualcuno in una chiesa

eh no, caro Pop, non ricordi bene, i microfoni erano stati presi a prestito dalla chiesa per scopi di utilità sociale. non furono poi restituiti in quanto l'esigenza sociale non venne mai meno

sicuramente ora ricorderai meglio

:-)

Marco Fulvio Barozzi ha detto...

Ciumbia, Olympe, hai ragione! Mi erro proprio dimenticato lo scopo della gita dei miei amici in Umbria!

Melusina, i ricordi non sono autocelebrazioni. Certo, non tutti hanno vissuto quegli anni straordinari (stavo per dire formidabili), e magari prova un po' di invidia, dovuta.